Viaggi di idee, viaggi di parole
1.
Nel 1726, sotto lo pseudonimo di Lemuel Gulliver, Jonathan Swift
pubblica un fantasioso resoconto dei suoi viaggi che, in futuro,
sarebbe stato ricordato come I viaggi di Gulliver. Nel
suo quarto viaggio, Gulliver incontra gli yahoos, popolo che
gli ripugna per fattezze e per modi e che, guarda caso, sembra
il ritratto di quella specie umana cui apparteniamo tutti noi
– Swift compreso. Nell'uso, allora, per lunghi anni, al
termine “yahoo” spetta una designazione valorizzata
in negativo. Nel 1972, Italo Calvino pubblica un romanzo, Le
città invisibili, dove Yahoo ricompare come città
infernale. Nell'era di internet, Yahoo è una nota società
di servizi e si presume che, del calco originario (se originario
lo è stato perché c'è chi dice che, a Londra,
all'epoca di Swift, fosse noto un signore di pelle scura di
nome Yaho...), abbia perso quasi tutti gli elementi costitutivi.
2.
Fra i vari saggi di George Orwell – anche questo uno pseudonimo
– raccolti nel volume intitolato Nel ventre della balena
– ce n'è uno dedicato ad un'analisi dei Viaggi
di Gulliver. Orwell non ha gran stima di Swift e non ha
tutti i torti, perché è sicuramente “uno
di quegli uomini che si fanno trascinare in una sorta di perverso
conservatorismo a causa dell'inettitudine del partito progressista
del momento” – e, presumibilmente, è anche
uno di quelli che avrebbe mantenuto la sua puzza al naso anche
se il partito progressista del momento fosse stato meno inetto
–, ma, al contempo, sembra innegabile che dal suo ampio
serbatoio di idee abbia attinto. Sia per La fattoria degli
animali che per 1984. Faccio qualche esempio. Nei
Viaggi di Gulliver si prefigura una società totalitaristica:
si allude ad uno “stato di polizia”, all'ossessione
spionistica, alla caccia agli eretici, ai processi per tradimento
e a tutte le soluzioni “pianificate per neutralizzare
il malcontento popolare trasformandolo in un'isteria di guerra”,
ipotizzando perfino l'analisi degli escrementi per scoprire
il pensiero segreto dei cittadini. Non solo: se Orwell, nel
1984, inventerà un “ministero della storia”,
Swift avrà già inventato una sorta di “ministero
della filologia” per decodificare i significati nascosti
nelle espressioni dei sudditi. E se Orwell ci descriverà
tecniche di “lavaggio del cervello”, Swift avrà
già pensato a scienziati di regime che “progettano
di abolire del tutto l'individualità asportando parti
del cervello di un uomo e innestandole sulla testa di un altro”.
3.
Anni or sono ci rimasi male nello scoprire che anche la mia
tanto amata Fattoria degli animali era basata su un calco
altrui non dichiarato. In effetti, lo storico Nikolaj Kostomarov
(1817-1885) scrisse La rivolta delle bestie intorno al
1880 e la struttura narrativa che escogitò assomiglia
in modo impressionante a quella di Orwell. Il che deve indurci
ad almeno una riflessione. Kostomarov scrive ben prima che della
rivoluzione sovietica si potesse neppure sentire l'odore; come
Swift scrive addirittura molto prima della rivoluzione francese
e della restaurazione successiva. Ed entrambi intravvedono il
totalitarismo – e, qua e là, fin qualche principio
degenerativo delle rivoluzioni. Lo stesso totalitarismo che
vedrà Orwell molti anni dopo. Dunque – questa è
la mia conclusione – non si ha poi gran bisogno di constatazioni
(prove più e meno empiriche, “dimostrazioni”
della storia, “fatti” alla mano, e via “concretizzando”)
per capire come andranno le cose. Occorre soltanto una solida
teoria con cui indagare quel pezzetto di esperienza che ci può
capitare di vivere. Occorre capacità di interpretazione
e (non è il caso di Swift) l'animo sufficientemente sgombro
per far sì che si rimanga consapevoli di quanto apporta
l'interprete di suo in ciò che interpreta.
4.
Come nel caso seguente. Nel 2015, in una parete della Milano
exposta, compare una scritta che, onde evitare penosi equivoci,
andrebbe disambiguata: “Hai detto Goebbels?”. Presupposto
è qualcuno che non crede alle sue orecchie e che chiede
conferma di quanto qualcun altro può aver affermato,
ma l'affermazione in questione resta piuttosto misteriosa. Joseph
Goebbels (1897-1945) fu il ministro della propaganda del Terzo
Reich e, pertanto, sulle prime si potrebbe pensare ad un rigurgito
di nazionalsocialismo – un rigurgito, peraltro, molto
timido, troppo timido, per essere vero. No, non ci siamo. E
neppure ci saremmo se pensassimo al compositore tedesco Heiner
Goebbels, nato nel 1952: per scrivere su un muro – per
scrivere su un muro occupandone una buona parte – occorrono
forti motivazioni e, presumibilmente, l'apporto di Goebbels
al dibattito musicologico non ha ancora prodotto effetti tali
da richiedere, in Italia, un urgente bisogno di manifestare
pro o contro le sue tesi. Altri Goebbels non ne conosco. E allora?
Ci giurerei che le cose stanno così – a ulteriore
dimostrazione della ricchezza dei processi metaforici degli
esseri umani. Nei primi anni della diffusione del gioco del
calcio nel nostro Paese, alle singole squadre di calcio, vennero
associati animali o altre figure simboliche – la lupa
alla Roma, il biscione all'Internazionale, il ciuccio al Napoli,
il toro al Torino o il diavolo al Milan – e, alla Juventus,
venne associata la zebra. Diciamo che si è trattato di
un marchingegno mirato allo sfruttamento delle antiche e radicate
competitività fra i comuni italiani. Ciò che qui
conta, però, è che la zebra in questione, per
selezione di una caratteristica fisica, venne nominata dialettalmente
come “goeba” dagli stessi tifosi juventini. Una
volta assunto l'atteggiamento contrastivo opportuno, per assonanza
e per struttura morfemica, la trasformazione in “Goebbels”
non è poi così difficile a compiersi. Basta nutrire
una buona dose di fiducia nella memoria storica dei propri interlocutori.
Ogni processo metaforico, d'altronde, è a rischio. Così
come di cose bisogna saperne per venire a capo – nei limiti
in cui se ne può venire a capo – di “yahoo”,
così di cose bisogna saperne per venire a capo di una
pubblica domanda come “hai detto Goebbels?”. Ma
sapendole, queste cose, o almeno provandoci, ecco che ci guadagniamo
una gratificazione del tutto insperata, perché una comunicazione
che poteva sembrare di “destra”, improvvisamente,
ci riappare – nei limiti in cui se ne può ancora
parlare – di “sinistra”.
Felice Accame
Nota
Nel ventre della balena di George Orwell è stato
pubblicato da Bompiani, a Milano nel 2011. La rivolta delle
bestie di Nikolaj Kostomarov si trova in Storie di Ucraina,
Odradek, Roma 2008. |