Volterra
Quei libertari dell'alabastro
di Pietro Masiello
Da alcuni anni la città toscana di Volterra vede un rinnovato interesse per la riscoperta e la valorizzazione di quella che è stata la sua principale attività economica: la lavorazione dell'alabastro, praticata sin dall'epoca etrusca. E per gli alabastrai, uomini che, con fatica operaia e spirito artistico, dai blocchi di quella pietra tenera e bianca sapevano e sanno ricavare preziosi manufatti esportati in tutto il mondo.
La parola alabastraio a Volterra
evoca un modo unico e singolare di porsi verso la vita e verso
la Storia, dove lo spirito toscano e le idee libertarie s'intrecciano
indissolubilmente. L'attività artigiana è stata
l'elemento centrale della loro vita e della costruzione della
loro identità, senza però che il lavoro diventasse
un totem a cui sacrificare tutto il resto: la vita comunitaria,
la passione politica, la curiosità intellettuale, l'amore
per la lettura e la cura anche di una cultura musicale. Si viveva
in case povere, dove il “bagno” era una botola in
cantina, ma dalle quali si usciva per portare la famiglia al
Teatro Aulo Persio Flacco ad ascoltare l'opera lirica,
le cui arie si sarebbero poi cantate l'indomani in bottega,
chini sul tornio. E sono state proprio quelle botteghe artigiane
il principale luogo di formazione politica per tanti ragazzi.
é lì che si apprende a non farsi scorrere la realtà
addosso e ad entrarci non da comparse ma da protagonisti. Botteghe
in cui si lavorava la domenica, ché la festa se la santificassero
da soli i preti, e tenute chiuse il lunedì pomeriggio,
ché incontrarsi coi compagni davanti a un bicchiere di
rosso, quello sì che è sacro.
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Sovversivi. I lavoratori dell'alabastro nel Casellario Politico Centrale (Distillerie, 2014, pp. 76), ricerca del Collettivo Distillerie sugli alabastrai nelle carte di polizia |
Con la modernizzazione della produzione nell'ottocento iniziano
a sorgere anche le prime associazioni di mutua solidarietà
tra i lavoratori dell'alabastro e a Volterra, grazie anche al
rapporto amministrativo e commerciale con città come
Piombino e Livorno, prende avvio l'attività politica
degli anarchici e dei socialisti, si diffondono idee e giornali
libertari, antimilitaristi e anticlericali. Sono in maggioranza
alabastrai i giovani, come Gino Fantozzi – un “ragazzaccio”
secondo la Regia Prefettura di Pisa - e Basso Mariani, che a
inizio '900 daranno vita al gruppo anarchico “Germinal”.
Nel 1944 a Gino i nazifascisti uccideranno il figlio Sante,
partigiano. Non sarà l'unica realtà anarchica
in Italia a chiamarsi Germinal e fa riflettere che dei lavoratori
nel dare un nome al proprio circolo (“rivoluzionario”,
segnalano preoccupate le note delle autorità) scelgano
come riferimento una (allora) recente opera letteraria, tra
le più celebri del francese Émile Zola. Ed è
sempre un alabastraio quell'Ettore Rosi che presterà
la sua unica camicia bianca a un impolverato Errico Malatesta,
dopo il difficoltoso viaggio effettuato per tenere un comizio
nella città etrusca. Le arringhe appassionate di Pietro
Gori risuoneranno anche nelle aule del Tribunale di Volterra
e poco fuori Porta Fiorentina una lapide è ancora lì
a ricordarlo, inaugurata nel 1973 alla presenza di Umberto Marzocchi.
E non è la sola a testimoniare sui muri di Volterra la
memoria libertaria, in Via Roma fanno ancora bella mostra di
sé le lapidi apposte dal “Germinal” alla
memoria di Francisco Ferrer (e realizzata dall'alabastraio Guelfo
Guelfi) e di Giordano Bruno.
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Guelfo Guelfi detto Zaffa, anarchico individualista, scultore e alabastraio |
Questo ed altro non sfugge all'attenzione del giovane Stato
italiano, che ha già messo in moto da tempo l'opera di
normalizzazione, non appena costituitosi, sotto una rigida impronta
monarchica e borghese. Anche a Volterra, provincia di Pisa,
quella Pisa dove nel 1872 Giuseppe Mazzini è costretto
a morire in clandestinità e sotto falso nome, perché
sulla sua testa pende un mandato d'arresto. È proprio
quella l'epoca a cui va fatto risalire l'inizio di sorveglianza,
controllo, schedature, repressione e persecuzione di tutti coloro
che non si rassegnano allo spegnimento delle speranze di riscatto
sociale e autenticamente democratiche presenti nei moti risorgimentali.
Quando poi arriverà la dittatura fascista, si troverà
bello e pronto, ereditato dallo Stato “liberale”,
tutto un sistema repressivo e di controllo fatto di archivi,
procedure, apparati, uomini predisposti allo scopo. E l'uso
che ne farà ci è purtroppo ben noto. Ma è
“grazie” a quegli archivi che un'associazione culturale
volterrana, il “Collettivo Distillerie”, ha potuto
far conoscere di quali e quanti volti e storie fosse composta
la lunga storia del ribellismo, del sovversivismo e dell'impegno
antifascista degli alabastrai volterrani.
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Volterra (Pisa) – L'anarchico Piero Bulleri detto Bomboniera nella sua bottega di Borgo S. Giusto |
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Volterra (Pisa), inizio Novecento – Laboratorio per la lavorazione dell'alabastro |
È stato infatti da poco dato alle stampe il volume
Sovversivi – i lavoratori dell'alabastro nel Casellario
Politico Centrale, con la prefazione dello storico e archivista
Lorenzo Pezzica e la consulenza all'immagine del fotografo Fabio
Zayed, che raccoglie le foto segnaletiche e le carte di polizia,
dall'ottocento al 1945, relative agli artieri dell'alabastro,
conservate presso l'Archivio Centrale dello Stato. Di molti
di loro si era persa memoria, di altri se ne ricordavano alcune
vicende ma non che viso avessero. Colpisce l'attenzione come
le carte di polizia testimonino della presenza e dell'azione
militante e antagonista degli anarchici e degli alabastrai volterrani
in tanti momenti significativi della storia italiana e internazionale.
Leggiamo di Edon Benvenuti, che viene arrestato per aver promosso,
il 24 aprile 1917, “una dimostrazione ostile all'Esercito,
in occasione della partenza di un gruppo di richiamati alle
armi”, ma anche di come l'insubordinazione di Antonio
Moroni e Augusto Masetti vengono fatte conoscere a Volterra
grazie alla distribuzione, il 7 giugno 1914, di “manifesti
antimilitaristi” ad opera dell'anarchico individualista
Guelfo Guelfi, noto col soprannome di “Zaffa”. Le
tracce dell'alabastro e delle idee libertarie ci portano all'estero
ed anche assai lontano: sovversivi libertari come Adamo Pasquinelli,
amico di Gori, Mario Galgani o anche Michele Cherici sono segnalati
dalla polizia a Cuba, in Messico, Colombia ed Argentina. Erano
i cosiddetti “viaggiatori dell'alabastro”. In Europa
troviamo l'alabastraio anarchico Dino Cherici, ricercato per
diserzione per essersi rifiutato di combattere in quella carneficina
di proletari che fu la prima guerra mondiale, ma che, dopo esser
stato braccato per mezzo continente, imbraccia il fucile in
Spagna in difesa della Rivoluzione libertaria del 1936. E in
Belgio, approdo di tanti esuli antifascisti, le segnalazioni
di polizia ci fanno ritrovare “Zaffa”, quel Guelfo
Guelfi a cui i compagni danno l'incarico, nel 1934, di realizzare
la lapide per l'anarchico ucraino Nestor Machno, sulla quale
ancora oggi, al cimitero monumentale del “Père
Lachaise” di Parigi, compagni russi ed ucraini ma non
solo, continuano a portare fiori e messaggi. “Sovversivi”
segue altri lavori che il “Collettivo Distillerie”
ha prodotto e promosso sul mondo dell'alabastro, tra gli altri
segnaliamo “Le cravatte nere. Storie degli anarchici a
Volterra”, il documentario in dvd “Alabastrai”,
entrambi di Duccio Benvenuti, e lo spettacolo teatrale “Alabastrai”
di Gianni Calastri.
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Alcune opere di Guelfo Guelfi. Dall'alto: Errico Malatesta su lavagna; lapide di Nestor Makhno al cimitero Père-Lachaise di Parigi; Francisco Ferrer e Giordano Bruno sulla facciata di Palazzo
Fattorini a Volterra |
Non possiamo non ricordare, in conclusione, come il mondo
degli alabastrai e più in generale quello dell'antifascismo
volterrano abbiano trovato uno straordinario cantore nello scrittore
Carlo Cassola, partigiano combattente col nome di “Giacomo”,
che con molti di loro aveva anche condiviso l'esperienza della
Resistenza. Si rileggano ad esempio I vecchi compagni
o Fausto e Anna. Vi si troveranno personaggi come Nello,
ispirato alla figura dell'anarchico Piero Bulleri, o come Baba,
dove è invece facile riconoscere il comunista Nello Bardini.
Insomma, la prossima volta che vi capiterà sotto gli
occhi o tra le mani un oggetto d'alabastro, magari realizzato
tempo fa, ricordatevelo: quelle mani che l'hanno creato, probabilmente,
spesso hanno anche tenuto stretto una bandiera rossa e nera.
E se passate da Volterra, soffermandovi nella splendida Piazza
dei Priori, fate bene attenzione: è una piazza laica.
Cioè, ci son solo palazzi civili, non c'è né
chiesa né duomo. Sono nella piazza alle spalle, in posizione
secondaria e minore. Che dite, sarà un caso?
Pietro Masiello
reclusvod@gmail.com
Per contatti e approfondimenti: www.ledistillerie.com
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