Storie di crimini e di contrainsurgencia
testo e foto di Orsetta Bellani
Secondo alcune organizzazioni filozapatiste, esiste una politica di stato finalizzata ad attaccare la popolazione civile per indebolire le basi dell'esercito zapatista e le comunità che lo appoggiano. Ad eseguire gli ordini criminali sarebbero gruppi paramilitari finanziati, addestrati e protetti dalle stesse autorità nazionali.
A partire dal 1994 nella nostra zona ci siamo preparati,
uomini, donne e bambini, a resistere pacificamente alla presenza
militare. Nell'anno 1995, un 9 di febbraio, quando il presidente
Zedillo mandò 60mila soldati per catturare la dirigenza
zapatista, molti di noi si sono dovuti allontanare dai loro
villaggi per non provocare i militari. Alcuni tornarono a rioccupare
le loro comunità, si allontanarono un mese o poco più,
ma altri rimasero molto più tempo fuori dal loro villaggio
perché l'esercito lo aveva occupato.
Anahí, membro della Giunta di Buon Governo
de La Realidad1
La chiesa di Acteal è stata costruita dopo il massacro.
È un edificio grande per una comunità così
piccola, e ha l'aria di un'opera eretta per compensare l'incompensabile.
Alle sue spalle sorge quella che prima era la cappella del paese,
una costruzione minuta e buia di assi di legno.
Me la mostrò Manuel Vázquez Luna, un giovane indigeno
tzotzil che il 22 dicembre 1997 si trovava lì
con un gruppo di persone della Sociedad Civil Las Abejas, un'organizzazione
cattolica che condivide le rivendicazioni dell'EZLN pur essendo
contraria alla lotta armata. Sapevano che il paese era sotto
minaccia di un attacco paramilitare, ma erano convinte che la
loro fede le avrebbe protette.
Così non è stato. Alle 11 del mattino un centinaio
di paramilitari del gruppo Máscara Roja, vicino al conservatore
Partido Revolucionario Institucional (PRI), entrarono nella
cappella e massacrarono 45 persone. Nove uomini, quindici bambini
e ventuno donne, quattro erano incinte. Manuel Vázquez
Luna2, che al tempo aveva tredici
anni, riuscì a sopravvivere al massacro perché
si nascose dietro un albero, da dove vide uccidere nove persone
della sua famiglia.
Nel 2005 la Sociedad Civil Las Abejas di Acteal presentò
una petizione alla Commissione Interamericana di Diritti Umani
(CIDH) in cui denuncia che, durante il massacro, la polizia
si trovava a circa 200 metri dalla comunità, ma non intervenne.
Secondo l'organizzazione cattolica filozapatista, esiste una
politica di stato “finalizzata a commettere attacchi generalizzati
e sistematici contro la popolazione civile, eseguiti da gruppi
paramilitari finanziati, addestrati e protetti dalle stesse
autorità nazionali, per indebolire le basi dell'EZLN
e le comunità che gli manifestano simpatia3”.
I gruppi paramilitari sono, per definizione, milizie irregolari
addestrate dallo stato che vengono utilizzate per fare “il
lavoro sporco” al posto dell'esercito. Le azioni più
violente che, compiute dai militari, causerebbero una serie
di lamentele e ripercussioni internazionali, lo stato le affida
ai paramilitari. Spesso, come nel caso di Acteal, i paramilitari
vengono arruolati nella stessa zona in cui vivono loro vittime.
I responsabili del massacro di Acteal non sono stati assicurati
alla giustizia. “Gli autori intellettuali del massacro
non sono mai stati processati, e si sono adoperati per fare
scarcerare gli autori materiali, pagando avvocati prestigiosi,
scrittori e giornalisti”, denuncia José Alfredo
Jiménez Pérez della Sociedad Civil Las Abejas.
“Continueremo a lottare, esigendo giustizia e rispetto
dei diritti umani, affinché il massacro di Acteal non
rimanga impunito”4.
Sessantanove dei 75 paramilitari che erano stati incarcerati
per il massacro di Acteal sono stati liberati per irregolarità
formali durante il processo o la detenzione. Nessun giudice
ne ha quindi riconosciuto l'innocenza, e la loro colpevolezza
era stata a suo tempo accertata dalla persone sopravvissute
al massacro, che difficilmente possono confonderne i visi visto
si tratta di vicini di casa.
Molti paramilitari liberati sono ritornati a vivere nei pressi
di Acteal, a stretto contatto con i sopravvissuti al massacro.
Il ritorno dei carnefici ha create nuove tensioni nella zona,
come nell'Ejido Puebla, un paese incastonato tra pareti di montagne
e raggiunto solo da una strada sterrata e malmessa.
Nell'aprile 2013 due zapatisti dell'Ejido Puebla furono accusati
dai priisti5 di aver avvelenato
l'acqua della cisterna. I conservatori iniziarono a minacciare
17 famiglie zapatiste e filozapatiste del paese, che dovettero
abbandonare le loro case.
“Alcuni paramilitari che parteciparono al massacro di
Acteal sono originari dell'Ejido Puebla. Fra loro Jacinto Arias,
che all'epoca era sindaco di Chenalhó6:
è stato in carcere 14 anni, oggi è libero ed è
tornato in paese7”, denuncia
Víctor Hugo López Rodríguez, direttore
del Centro di Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas
(Frayba), che vincola il ritorno di Arias allo sfollamento delle
17 famiglie.
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Mural nel Caracol di Oventic |
Onori e cariche istituzionali
Anche gli abitanti del nord del Chiapas, a circa 200 km da
Acteal, devono convivere con gli assassini dei loro familiari:
i paramilitari di Desarrollo, Paz y Justicia, che operano nella
zona dagli anni '90. Alcuni di loro sono stati premiati con
importanti cariche istituzionali, chi come sindaco e chi come
deputato del Congresso locale.
Nel 2004 Armando Díaz, ex paramilitare di Desarrollo,
Paz y Justicia, confessò al Centro di Diritti Umani Fray
Bartolomé de Las Casas (Frayba) che la milizia irregolare
si presenta come un'organizzazione di agricoltori per poter
ricevere i sussidi del governo, ma poi li utilizza per comprare
armi8.
La stessa organizzazione non governativa ha documentato che
tra il 1995 e il 1999 nel nord del Chiapas - fra i Municipi
di Tila, Sabanilla, Tumbalá, Yajalón e Salto de
Agua - i gruppi paramilitari hanno commesso 81 esecuzioni extragiudiziarie,
causato la sparizione di 36 persone e lo sfollamento di circa
3500.
Minerva Guadalupe Pérez López è tra le
vittime di Desarrollo, Paz y Justicia. Aveva 19 anni quando,
il 20 giugno 1996, venne sequestrata mentre andava a visitare
il padre malato nella comunità Miguel Alemán.
Secondo i testimoni, fu rinchiusa in una casa dove per tre giorni
fu picchiata e violentata da una trentina di uomini, che in
seguito la squartarono9. Nessuno
di loro è stato processato.
I crimini dei paramilitari di Máscara Roja e Desarrollo,
Paz y Justicia non sono gli unici ad essere rimasti impuniti.
Il 13 novembre 2006, una quarantina di uomini del gruppo Organización
Para la Defensa de los Derechos Indígenas y Campesinos
(OPDDIC), dotati di armi pesanti e accompagnati da circa 300
elementi della Polizia Settoriale, entrarono nella comunità
di Viejo Velasco. Uccisero cinque persone, due vennero fatte
sparire e 36 furono cacciate dalle loro case, dove non poterono
mai tornare.
I casi di Viejo Velasco e dell'Ejido Pueblo non sono isolati.
Egipto, El Rosario, Busiljá, Banavil, San Marcos Avilés,
Comandante Abel; sono altri nomi di comunità che, a vent'anni
dalla fine formale della guerra in Chiapas, continuano ad essere
vittime della violenza dei gruppi armati irregolari10.
Orsetta Bellani
@sobreamerica
Alle strategie di contrainsurgencia sarà
dedicata anche la lettera del prossimo numero.
Note
- Quaderni di testo della prima Escuelita Zapatista, Gobierno
autónomo II, pag. 22. I quaderni si possono scaricare
all'indirizzo http://anarquiacoronada.blogspot.it/2013/09/primera-escuelazapatista-descarga-sus.html.
- Manuelito, come lo chiamavano tutti, è morto nel novembre
2012 in un ospedale pubblico di San Cristóbal de Las
Casas, a causa della negligenza del personale.
- Petizione scaricabile all'indirizzo: http://bit.ly/1Ij7xP8.
- Intervista di Orsetta Bellani a José Alfredo Jiménez
Pérez, Acteal, dicembre 2012.
- Affiliati al gruppo conservatore Partido Revolucionario Institucional
(PRI).
- Acteal si trova nel Municipio di Chenalhó.
- Intervista di Orsetta Bellani a Víctor Hugo López
Rodriguez, Ejido Puebla, febbraio 2014.
- Marta Durán de Huerta, Un ex paramilitar arrepentido
revela los horrores cometidos, con respaldo oficial, contra
zapatistas en Chiapas, quotidiano elettronico Sin Embargo,
16 gennaio 2014. Consultabile in: http://www.sinembargo.mx/16-01-2014/873781.
- Bollettino n.20 del Centro di Diritti Umani Fray Bartolomé
de Las Casas, 18 años de exigencia de justicia,
18 años de impunidad, 18 años de no cansarse
de buscar a Minerva hasta encontrarla, San Cristóbal
de Las Casas, 20 giugno 2014. Consultabile in: http://www.frayba.org.mx/archivo/boletines/140620_boletin_20_minerva.pdf.
- Sui casi delle comunità di Viejo Velasco, Banavil
e San Marcos Avilés vedi: http://www.rostrosdeldespojo.org/casos/viejo-velasco/.
Le donne zapatiste e l'idra capitalista
Selena
ha 17 anni e il volto coperto dal passamontagna. Vive
nella stessa comunità in cui è nato Galeano,
il “base d'appoggio” dell'Esercito Zapatista
di Liberazione Nazionale (EZLN) ucciso in Chiapas da un
gruppo paramilitare il 2 maggio 2014. Durante l'evento
organizzato per l'anniversario della morte di Galeano
nel Caracol di Oventic, sede del governo autonomo zapatista,
la giovane racconta come era in vita.
Selena è intervenuta anche al seminario “Il
pensiero critico di fronte all'idra capitalista”,
allestito dall'EZLN a San Cristóbal de Las Casas
(Chiapas) dal 3 al 9 maggio. Un intero pomeriggio è
stato dedicato ai racconti di lotte femminili: hanno partecipato
Selena e altre “basi d'appoggio” zapatiste,
le comandantas dell'organizzazione ribelle, ma
anche donne di altre regioni del Messico e del mondo,
come il Kurdistan. Una parentesi femminile in una settimana
di partecipazioni in larga maggioranza maschili.
Sette giorni di intensi interventi dei subcomandanti dell'EZLN
Moisés e Galeano, prima chiamato Marcos, e di intellettuali
di tutto il mondo. Alcuni di loro, come Gustavo Esteva
e John Holloway, convinti che il capitalismo stia attraversando
un periodo di profonda crisi, una tormenta causata dalle
piccole azioni di resistenza quotidiane, come la creazione
di nuovi modi di vivere e relazionarsi.
Persone capaci di formare “una crepa” nel
sistema che poco a poco si allargherà fino a far
cadere un muro che sembra indistruttibile ed eterno, per
dirlo con le parole utilizzate dal Subcomandante Galeano/Marcos
durante l'inaugurazione del seminario. “Il Sistema
non teme le esplosioni, per quanto possano essere grandi
e luminose”, ha affermato il subcomandante. “Quello
che lo terrorizza è la perseveranza della ribellione
e la resistenza di chi sta in basso”.
Il seminario “Il pensiero critico di fronte all'idra
capitalista” ha analizzato le lotte per la difesa
del territorio e dei beni comuni, si è parlato
di estrattivismo e transgenici, della resistenza dei popoli
indigeni, della repressione dei governi e degli studenti
scomparsi di Ayotzinapa. Il capitalismo è stato
spesso paragonato all'idra, il mostro marino a cui crescevano
due teste ogni volta che Ercole ne tagliava una.
“I governi progressisti sudamericani ci aiutano
a capire come l'idra capitalista sia capace di rigenerarsi”,
osserva Raúl Zibechi. Secondo l'attivista e giornalista
uruguayano, le nuove classi dirigenti progressiste nate
dalla mobilitazione sociale in paesi come Argentina, Uruguay,
Equador, Bolivia, Brasile e Venezuela, utilizzano il discorso
dei movimenti sociali ma pratiche identiche ai governi
neoliberali. In Argentina durante dieci anni di governo
Kirchner, che nel discorso promuove i diritti umani, la
polizia ha ucciso dieci volte più giovani che nella
decada conservatrice. I governi progressisti, afferma
Zibechi, mettono a tacere i cittadini con programmi assistenziali
o con la repressione, e ogni dissenso popolare viene classificato
come “manifestazione della destra”.
Il potere, il rapporto con i partiti e le elezioni sono
stati fra i fili conduttori degli interventi che si sono
succeduti durante il seminario. “Le elezioni possono
minimizzare il danno che farebbe la destra”, scrive
lo storico statunitense Immanuel Wallerstein nella lettera
inviata al seminario.
La posizione dell'EZLN sui comizi messicani del prossimo
7 giugno arriva attraverso la voce del subcomandante Moisés.
“Le elezioni non ci interessano né preoccupano”,
ha affermato il leader indigeno. “Puoi votare o
non votare, la cosa importante è che ti organizzi”.
O.B. |
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