Rivista Anarchica Online
Dietro il boia di
Lione
di Alain Thevenet
È
in corso in Francia il processo contro Klaus Barbie, imputato di
"crimini contro l'umanità". Al di là
della spettacolarità delle udienze, emerge, accanto alla
brutalità dei nazisti, la passiva acquiescenza di tanta parte
della gente. Intolleranza e razzismo ieri ed oggi. Ad Alain
Thevenet, psicologo, redattore della rivista libertaria IRL (edita a
Lione), abbiamo chiesto una presentazione ed una lettura di questo
processo.
Klaus Barbie è
di nuovo in Francia dal febbraio 1983. Ci sono voluti più di
tre anni prima della chiusura dell'istruttoria e dell'apertura del
processo. Tenendo conto dei tempi di prescrizione l'accusa non è
quella di "crimini di guerra", per la quale Barbie è
già stato giudicato e condannato in contumacia nel 1952 e nel
1954, ma quella di "crimini contro l'umanità". La
definizione di questo concetto è una delle ragioni che hanno
ritardato l'avvio del processo. È
la prima volta che un imputato viene giudicato in Francia sulla base
di una simile accusa. Barbie dovrà rispondere dei crimini
commessi contro gli ebrei e, in seguito alle richieste avanzate dalle
associazioni della resistenza, anche di quelli ai danni dei
partigiani. Il processo in corso a Lione si basa su numerosi capi
d'accusa: l'attacco del 9 febbraio 1943 contro l'Unione generale
degli Israeliti di Francia (istituzione creata dal regime di Vichy
per controllare la popolazione ebrea) e la successiva deportazione di
86 persone; la deportazione di 41 bambini e 5 adulti che si erano
rifugiati nella colonia di Igieu, a 80 chilometri da Lione; la
deportazione di 650 persone, l'11 agosto 1944, con l'ultimo convoglio
in partenza verso i campi di concentramento; la tortura e la
deportazione di diversi membri della resistenza. Non sarà,
invece, rievocato l'arresto di Jean Moulin, sul quale tornerò
più avanti. Barbie arriva a
Lione nel novembre 1942, quando la zona cosiddetta libera in seguito
all'armistizio passa sotto il controllo diretto della Germania.
Luogotenente delle SS, Barbie è responsabile della Gestapo nei
dieci dipartimenti della regione di Lione, nonché capo del
servizio informazioni e della sezione per la lotta contro gli
oppositori politici (una sotto-sezione si occupava, più nello
specifico, dei problemi ebraici). Il "boia di
Lione" acquista subito la fama di torturatore inflessibile e
sadico. Rimasto a Lione fino alla disfatta tedesca del 1944, Barbie
viene salvato e utilizzato dai servizi segreti americani, che si
rifiutano di consegnarlo ai tribunali francesi. Rifugiatosi in
America del Sud , inizia l'attività di "commerciante",
rimanendo comunque fedele al nazismo e fungendo da collegamento tra i
vecchi nazisti esiliati e i "colonnelli" al potere. Barbie
collabora, ad esempio, a un progetto che mirava a far coltivare dai
bianchi venuti dal Sud Africa le terre abitate dagli indiani.
Resistenza e
collaborazionismo
Lione viene citata
nei manuali di storia come la "capitale della resistenza".
Senza dubbio... Ma è evidente che la Gestapo non avrebbe
potuto agire da sola, in una città straniera, senza l'aiuto di
chi le forniva le informazioni sui possibili rifugi. C'erano in primo
luogo i collaboratori ufficiali, membri francesi della Gestapo, la
maggior parte dei quali sono stati condannati dopo la liberazione. Ci
sono stati anche degli strani casi: come quello di Paul Touvier, capo
della milizia nazista a Lione, protetto e nascosto dai membri della
chiesa lionese, tardivamente ritrovato e condannato a morte, graziato
in seguito dal presidente Pompidou, dichiarato deceduto con una
dichiarazione di morte alla quale nessuno crede. Ci furono anche
coloro che cambiarono di campo al momento opportuno e non ebbero
problemi per i loro crimini precedenti. Certe voci lasciano capire
che alcuni membri della classe politica di Lione potrebbero essere
tra questi e non desiderano particolarmente che Klaus Barbie inizi a
parlare. Ci sono stati, inoltre, i membri della resistenza che hanno
parlato sotto tortura e non se ne vantano. Quelli che hanno creduto
di essere i più furbi, quelli che hanno fatto il doppio
gioco... Non bisogna
dimenticare che la maggior parte degli abitanti di Lione, come in
altri luoghi, se non collaborava apertamente, era comunque
indifferente alla sorte degli ebrei. Petain e De Gaulle sono stati
acclamati, a qualche mese di distanza, dalla folla riunita sulla
place de Terreaux. La vicenda
dell'arresto di Jean Moulin, in questo contesto, sta pesando sul
processo nonostante non sia stata apertamente evocata. De Gaulle
inviò Jean Moulin a Lione per unificare sotto la sua autorità
le diverse fazioni della resistenza, in forte conflitto tra di loro.
La riunione del 24 giugno 1944 si rivelò invece una trappola,
che non poteva essere organizzata che con complicità mai
realmente chiarite.
Razzismo e
antisemitismo
La Francia non è
quel paese fiero e coraggioso che si sarebbe sollevato in blocco
contro i barbari tedeschi. Non bisogna dimenticare che
l'antisemitismo ha trovato i suoi fondamenti negli scritti di un
filosofo francese come Gobineau. Dalla metà del XIX secolo
fino alla liberazione, l'antisemitismo è stata una costante
apertamente rivendicata dall'opinione pubblica. Si tratta della
stessa opinione pubblica che, nel 1933, è stata affascinata
dal totalitarismo hitleriano. Mentre una frangia di intellettuali
francesi era affascinata dallo stalinismo (solo André Gide,
tra gli intellettuali conosciuti, esternò le sue riserve al
ritorno da un viaggio in URSS), l'altra frangia andava in deliquio
davanti alle esibizioni naziste e diffondeva libelli antisemiti.
Alcuni di loro (Celine, Drieu la Rochelle) avevano anche del
talento... Gli intellettuali non sono tutto il popolo, ma non fanno
altro che esprimere quello che sentono della sensibilità di
una data società in un dato momento.
Il processo oggi
Quarantatré
anni possono essere un periodo sufficiente perché gli
avvenimenti, le ambiguità e le sofferenze che le accompagnano,
possono essere trasformati e affidati alla storia. I ricordi di
quelli che restano possono essere congelati. Si ha l'impressione che
tanto può essere detto ma che tutto è già
conosciuto. È come un
film spettacolare, dove ci si diletta dei crimini trasformati in
immagine e del trionfo tardivo della giustizia. È proprio a
questo che fanno pensare i dintorni del tribunale di Lione, con le
sue file di gente in attesa, i suoi giornalisti indaffarati.
Coincidenza... molti di loro lavoravano allo stesso tempo al festival
di Cannes. Il primo attore,
Barbie, il cui minimo gesto è stato immortalato dai fotografi,
si è eclissato molto rapidamente, sostenendo l'illegalità
del suo arresto e proclamando la sua nazionalità boliviana.
L'emozione dei sopravvissuti alla Gestapo è stata a sua volta
utilizzata per fare spettacolo, così come l'assenza dei loro
avvocati e le divergenze che possono sorgere tra loro. Rimane da esaminare
la personalità dell'avvocato difensore: Jacques Verges. Una
personalità ambigua, che coltiva i suoi segreti e le sue
contraddizioni. Ingaggiato a 17 anni nella resistenza, membro della
tendenza più dura del partito comunista, diventa, durante la
guerra di Algeria, l'avvocato dei principali leader del F.L.N.,
nonché attivo militante anticolonialista. Verges ha elaborato
una strategia della difesa "di rottura", che vuole
trasformare il tribunale in una tribuna, per degli accusati che, in
ogni caso, sono già stati condannati. Gli si attribuiscono
contatti con un banchiere neo-nazista svizzero, ma anche con i
Palestinesi. È sempre Verges che difende il terrorista
libanese Georges Ibrahim Abdallah. Il legale di Barbie
intende, a quanto si dice, evidenziare le contraddizioni che potevano
esistere nella resistenza e, soprattutto, fare del dibattimento un
processo al colonialismo. Verges ha voluto mettere sullo stesso piano
i crimini nazisti e quelli commessi dai francesi in Algeria, verso i
quali la denuncia per "crimini contro l'umanità" non
è stata accolta. Un processo con
molte ambiguità, dunque, dove i giochi sono mal definiti e
contraddittori. Che senso può avere dopo tutti questi anni?
"Mai più una simile cosa?". Certo , ma è
poco probabile che il pericolo venga oggi da questo lato, perlomeno
in Europa. L'antisemitismo non è più proclamato
apertamente. Per contro, il razzismo diretto contro gli immigrati non
fa che crescere. Il ministro degli interni, Charles Pasqua, che si
vanta del suo passato di ex-resistente, parla di formare dei treni
con immigrati delinquenti... Se si tratta di una provocazione, è
senza dubbio deliberata. Lo stesso Pasqua ha coperto le brutalità
poliziesche e ha preparato un charter per rinviare nel Mali più
di cento immigrati in situazione irregolare. Il totalitarismo,
il razzismo e l'intolleranza non sono ancora morti, ma hanno assunto
nuove forme. Per alcuni, condannare l'aspetto che hanno assunto nel
passato può servire per rifarsi oggi una verginità.
(traduzione
di Giuseppe Gessa)
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