Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 17 nr. 147
giugno 1987


Rivista Anarchica Online

Dietro il boia di Lione
di Alain Thevenet

È in corso in Francia il processo contro Klaus Barbie, imputato di "crimini contro l'umanità". Al di là della spettacolarità delle udienze, emerge, accanto alla brutalità dei nazisti, la passiva acquiescenza di tanta parte della gente. Intolleranza e razzismo ieri ed oggi. Ad Alain Thevenet, psicologo, redattore della rivista libertaria IRL (edita a Lione), abbiamo chiesto una presentazione ed una lettura di questo processo.

Klaus Barbie è di nuovo in Francia dal febbraio 1983. Ci sono voluti più di tre anni prima della chiusura dell'istruttoria e dell'apertura del processo. Tenendo conto dei tempi di prescrizione l'accusa non è quella di "crimini di guerra", per la quale Barbie è già stato giudicato e condannato in contumacia nel 1952 e nel 1954, ma quella di "crimini contro l'umanità". La definizione di questo concetto è una delle ragioni che hanno ritardato l'avvio del processo.
È la prima volta che un imputato viene giudicato in Francia sulla base di una simile accusa. Barbie dovrà rispondere dei crimini commessi contro gli ebrei e, in seguito alle richieste avanzate dalle associazioni della resistenza, anche di quelli ai danni dei partigiani. Il processo in corso a Lione si basa su numerosi capi d'accusa: l'attacco del 9 febbraio 1943 contro l'Unione generale degli Israeliti di Francia (istituzione creata dal regime di Vichy per controllare la popolazione ebrea) e la successiva deportazione di 86 persone; la deportazione di 41 bambini e 5 adulti che si erano rifugiati nella colonia di Igieu, a 80 chilometri da Lione; la deportazione di 650 persone, l'11 agosto 1944, con l'ultimo convoglio in partenza verso i campi di concentramento; la tortura e la deportazione di diversi membri della resistenza. Non sarà, invece, rievocato l'arresto di Jean Moulin, sul quale tornerò più avanti.
Barbie arriva a Lione nel novembre 1942, quando la zona cosiddetta libera in seguito all'armistizio passa sotto il controllo diretto della Germania. Luogotenente delle SS, Barbie è responsabile della Gestapo nei dieci dipartimenti della regione di Lione, nonché capo del servizio informazioni e della sezione per la lotta contro gli oppositori politici (una sotto-sezione si occupava, più nello specifico, dei problemi ebraici).
Il "boia di Lione" acquista subito la fama di torturatore inflessibile e sadico. Rimasto a Lione fino alla disfatta tedesca del 1944, Barbie viene salvato e utilizzato dai servizi segreti americani, che si rifiutano di consegnarlo ai tribunali francesi. Rifugiatosi in America del Sud , inizia l'attività di "commerciante", rimanendo comunque fedele al nazismo e fungendo da collegamento tra i vecchi nazisti esiliati e i "colonnelli" al potere. Barbie collabora, ad esempio, a un progetto che mirava a far coltivare dai bianchi venuti dal Sud Africa le terre abitate dagli indiani.

Resistenza e collaborazionismo
Lione viene citata nei manuali di storia come la "capitale della resistenza". Senza dubbio... Ma è evidente che la Gestapo non avrebbe potuto agire da sola, in una città straniera, senza l'aiuto di chi le forniva le informazioni sui possibili rifugi. C'erano in primo luogo i collaboratori ufficiali, membri francesi della Gestapo, la maggior parte dei quali sono stati condannati dopo la liberazione. Ci sono stati anche degli strani casi: come quello di Paul Touvier, capo della milizia nazista a Lione, protetto e nascosto dai membri della chiesa lionese, tardivamente ritrovato e condannato a morte, graziato in seguito dal presidente Pompidou, dichiarato deceduto con una dichiarazione di morte alla quale nessuno crede.
Ci furono anche coloro che cambiarono di campo al momento opportuno e non ebbero problemi per i loro crimini precedenti. Certe voci lasciano capire che alcuni membri della classe politica di Lione potrebbero essere tra questi e non desiderano particolarmente che Klaus Barbie inizi a parlare. Ci sono stati, inoltre, i membri della resistenza che hanno parlato sotto tortura e non se ne vantano. Quelli che hanno creduto di essere i più furbi, quelli che hanno fatto il doppio gioco...
Non bisogna dimenticare che la maggior parte degli abitanti di Lione, come in altri luoghi, se non collaborava apertamente, era comunque indifferente alla sorte degli ebrei. Petain e De Gaulle sono stati acclamati, a qualche mese di distanza, dalla folla riunita sulla place de Terreaux.
La vicenda dell'arresto di Jean Moulin, in questo contesto, sta pesando sul processo nonostante non sia stata apertamente evocata. De Gaulle inviò Jean Moulin a Lione per unificare sotto la sua autorità le diverse fazioni della resistenza, in forte conflitto tra di loro. La riunione del 24 giugno 1944 si rivelò invece una trappola, che non poteva essere organizzata che con complicità mai realmente chiarite.

Razzismo e antisemitismo
La Francia non è quel paese fiero e coraggioso che si sarebbe sollevato in blocco contro i barbari tedeschi. Non bisogna dimenticare che l'antisemitismo ha trovato i suoi fondamenti negli scritti di un filosofo francese come Gobineau. Dalla metà del XIX secolo fino alla liberazione, l'antisemitismo è stata una costante apertamente rivendicata dall'opinione pubblica. Si tratta della stessa opinione pubblica che, nel 1933, è stata affascinata dal totalitarismo hitleriano. Mentre una frangia di intellettuali francesi era affascinata dallo stalinismo (solo André Gide, tra gli intellettuali conosciuti, esternò le sue riserve al ritorno da un viaggio in URSS), l'altra frangia andava in deliquio davanti alle esibizioni naziste e diffondeva libelli antisemiti. Alcuni di loro (Celine, Drieu la Rochelle) avevano anche del talento... Gli intellettuali non sono tutto il popolo, ma non fanno altro che esprimere quello che sentono della sensibilità di una data società in un dato momento.

Il processo oggi
Quarantatré anni possono essere un periodo sufficiente perché gli avvenimenti, le ambiguità e le sofferenze che le accompagnano, possono essere trasformati e affidati alla storia. I ricordi di quelli che restano possono essere congelati. Si ha l'impressione che tanto può essere detto ma che tutto è già conosciuto. È come un film spettacolare, dove ci si diletta dei crimini trasformati in immagine e del trionfo tardivo della giustizia. È proprio a questo che fanno pensare i dintorni del tribunale di Lione, con le sue file di gente in attesa, i suoi giornalisti indaffarati. Coincidenza... molti di loro lavoravano allo stesso tempo al festival di Cannes.
Il primo attore, Barbie, il cui minimo gesto è stato immortalato dai fotografi, si è eclissato molto rapidamente, sostenendo l'illegalità del suo arresto e proclamando la sua nazionalità boliviana. L'emozione dei sopravvissuti alla Gestapo è stata a sua volta utilizzata per fare spettacolo, così come l'assenza dei loro avvocati e le divergenze che possono sorgere tra loro.
Rimane da esaminare la personalità dell'avvocato difensore: Jacques Verges. Una personalità ambigua, che coltiva i suoi segreti e le sue contraddizioni. Ingaggiato a 17 anni nella resistenza, membro della tendenza più dura del partito comunista, diventa, durante la guerra di Algeria, l'avvocato dei principali leader del F.L.N., nonché attivo militante anticolonialista. Verges ha elaborato una strategia della difesa "di rottura", che vuole trasformare il tribunale in una tribuna, per degli accusati che, in ogni caso, sono già stati condannati. Gli si attribuiscono contatti con un banchiere neo-nazista svizzero, ma anche con i Palestinesi. È sempre Verges che difende il terrorista libanese Georges Ibrahim Abdallah.
Il legale di Barbie intende, a quanto si dice, evidenziare le contraddizioni che potevano esistere nella resistenza e, soprattutto, fare del dibattimento un processo al colonialismo. Verges ha voluto mettere sullo stesso piano i crimini nazisti e quelli commessi dai francesi in Algeria, verso i quali la denuncia per "crimini contro l'umanità" non è stata accolta.
Un processo con molte ambiguità, dunque, dove i giochi sono mal definiti e contraddittori. Che senso può avere dopo tutti questi anni? "Mai più una simile cosa?".
Certo , ma è poco probabile che il pericolo venga oggi da questo lato, perlomeno in Europa. L'antisemitismo non è più proclamato apertamente. Per contro, il razzismo diretto contro gli immigrati non fa che crescere. Il ministro degli interni, Charles Pasqua, che si vanta del suo passato di ex-resistente, parla di formare dei treni con immigrati delinquenti... Se si tratta di una provocazione, è senza dubbio deliberata. Lo stesso Pasqua ha coperto le brutalità poliziesche e ha preparato un charter per rinviare nel Mali più di cento immigrati in situazione irregolare.
Il totalitarismo, il razzismo e l'intolleranza non sono ancora morti, ma hanno assunto nuove forme. Per alcuni, condannare l'aspetto che hanno assunto nel passato può servire per rifarsi oggi una verginità.

(traduzione di Giuseppe Gessa)