Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 1 nr. 4
maggio 1971


Rivista Anarchica Online

Azione politica o criminalità?
di Ursula Brandes

Gli "opposti estremismi" in Germania

Nella Repubblica Federale Tedesca esiste da quasi due mesi un nuovo sport popolare: la caccia ai "criminali di sinistra", cioè al cosidetto gruppo Baader-Meinhof. Neanche i liberali benpensanti possono più sentirsi al sicuro. Si sono fatte delle ricerche contro un pastore, contro dei deputati, dei giornalisti, dei professori, tutti sospetti di avere contatti con questo gruppo, che il settimanale "Der Spiegel" non ha ancora deciso se chiamare anarchico o no. Che cosa è successo? Perché questo spiegamento incredibile di forze poliziesche non riesce a trovare una decina di giovani che, come pare, mettono in pericolo l'ordine pubblico di tutto il paese? Nell'aprile 1968 Andreas Baader e Gudrun Ensslin, insieme a Söhnlein e Astrid Proll, appiccarono il fuoco in un grande magazzino a Francoforte per protestare contro la guerra nel Vietnam. Il fuoco non fece grande danno: Baader e Ensslin furono condannati ognuno a tre anni di prigione. Per sottrarsi alla pena fuggirono. Qualche tempo dopo Baader fu arrestato a Berlino, in occasione di un incidente stradale: si trovava nella macchina del giornalista Ulrike Meinhof (altri giornalisti parlano della macchina di Astrid Proll; si vede che neanche questi dettagli sono sicuri.).
Poi, il 14 maggio 1970, avvenne la famosa "liberazione di Baader". Finora non è chiaro cosa sia successo effettivamente quel giorno. Nascono sempre più dubbi sul processo che si fa attualmente contro i liberatori (o supposti liberatori) che la polizia è riuscita a prendere: i fatti si sono davvero svolti come i giornali vogliono farci credere?
I fatti certi: la liberazione fu attuata in occasione di una visita di Baader all'Istituto Centrale per i Problemi Sociali a Berlino. La visita fu accordata a Baader perché stava scrivendo un libro - insieme a Ulrike Meinhof - sull'"organizzazione dei giovani sotto-privilegiati" (Organisation randständiger Jugendlicher). Ebbe il permesso di uscita grazie all'interessamento del suo avvocato Horst Mahler che, con altri avvocati, faceva parte del "collettivo socialista di avvocati".
La mattina del 14 maggio 2 poliziotti condussero Baader ammanettato nella sala di lettura dell'Istituto, dove già l'aspettava Ulrike Meinhof. Nell'anticamera si trovavano due persone con parrucche, che tutti i giornali e la polizia sono convinti trattarsi di Irene Goergens e Ingrid Schubert. Però, il testimone sulla cui deposizione è fondata questa supposizione ha dovuto ammettere che non è del tutto sicuro di aver riconosciuto le due giovani.
In ogni caso, dopo l'arrivo di un uomo, che si suppone essere Peter Homann, cominciò una zuffa: qualcuno sparò, il supposto Peter Homann diffuse del gas lacrimogeno. Un impiegato dell'istituto rimase gravemente ferito da un colpo di pistola. Nel corso di questa zuffa, Baader e Meinhof scapparono per la finestra seguiti dagli altri tre.
Da quel giorno Baader, Meinhof e Homann non sono più stati ritrovati dalla polizia. Si tuffarono nell'"underground" di Berlino. A quel tempo la giornalista francese Michèle Ray pubblicò una intervista in cui i tre dicevano: "Quello che vogliamo fare e dimostrare è che delle lotte armate possano essere portate avanti, che è possibile fare delle azioni dove vinciamo noi e non il potere. Dove è importante, naturalmente, non essere presi". Con Baader e Meinhof era scomparso anche l'avvocato Mahler. Nell'estate il gruppo ricomparve in un campo di guerriglieri palestinesi. Poco dopo, pare, ritornarono a Berlino. Da quel tempo in poi tutti i delitti un po' clamorosi che la polizia non riuscì a chiarire furono attribuiti alla banda "Baader-Meinhof". Per esempio l'assalto quasi contemporaneo di tre banche berlinesi del 29 settembre, dove tre gruppi mascherati predavano complessivamente 271.469,45 marchi.
L'8 ottobre la polizia riuscì ad arrestare Ingrid Schubert, Horst Mahler, Brigitte Asdonk, Monika Berberich e Irene Boergens. Il resto del gruppo è ancora introvabile. Cominciava la caccia alle streghe. Ovunque si verificava una rapina ad una banca veniva ritenuto colpevole il gruppo Baader-Meinhof. La polizia cominciò una ricerca gigantesca in tutta la repubblica federale. I risultati furono veramente assurdi. Un pastore fu sospettato di aver nascosto i soldi del gruppo. In un taccuino di questo pastore si trovò l'indirizzo di un deputato del partito socialista e allora si fecero delle ricerche anche su quel deputato, e così via.
Quasi tutti i deputati o giornalisti sospetti di essere un può a sinistra dei partiti tradizionali potevano aspettarsi una perquisizione domiciliare o interrogatori da parte della polizia.
A questo punto una parte della stampa liberale-sinistra cominciò a svegliarsi un po'. Dare la caccia ai "criminali" va bene, però fare delle indagini poliziesche contro dei giornalisti "al di sopra di ogni sospetto" e contro dei deputati, contro della gente "onorata" era veramente troppo. Iniziarono quindi a denunciare questi "abusi". È necessario ricordare a questo punto che alcuni di questi stessi giornali hanno aperto per primi la via a questa caccia. Per esempio alcuni mesi fa il giornalista Claus Hinrich Casdorff ha intervistato alla televisione un uomo mascherato e questi disse di essere un "tupamaro", dichiarando inoltre: "faremo la guerra (cioè la guerra armata) anche contro i piccoli esecutori del potere". Esistono indizi sicuri che si trattava di un provocatore della polizia. Lo stesso Casdorff adesso si mostra indignatissimo per gli eccessi della caccia al gruppo Baader-Meinhof.
L'isterismo della stampa giunse al suo culmine quando fu rapito il bambino Michael Luhmer. Poco tempo prima, la polizia aveva "scoperto" il progetto del gruppo Baader-Meinhof di rapire il cancelliere Willy Brandt. Così fu subito chiaro che a rapire il bambino erano stati loro.
Adesso si sa che il bambino fu rapito da fascisti che volevano liberare in questo modo un loro detenuto. I giornali hanno scritto anche questo "onestamente" in poche righe sulla terza pagina.
Quali sono gli scopi di questa campagna ufficiale? Il quindicinale "883", giornale della sinistra più o meno anarchica (ma con forte componente marxista) di Berlino, scrive su questo argomento: "1) Rafforzamento del potere militare all'interno mediante l'aumento delle funzioni di polizia. 2) Criminalizzazione e scissione della sinistra rivoluzionaria. 3) Creazione di una situazione "americana" nella Germania dell'ovest e a Berlino".
Si cerca di svuotare tutta l'azione delle forze rivoluzionarie del suo contenuto politico e di ridurla a semplice criminalità. Esempio: il 23 febbraio 1971 la polizia scoprì un deposito di armi di un gruppo di fascisti. Il giorno dopo, il ministro degli interni della regione Nordrhein-Westfalen dichiarò in una intervista: "Gli estremisti della sinistra sono pericolosi quanto gli estremisti della destra. Bisogna combattere ugualmente la criminalità dei due estremismi".
A Berlino si svolge adesso il processo contro l'avvocato Mahler, Irene Goergens e Ingrid Schubert. Le sorprese sono all'ordine del giorno: tralasciamo le rappresaglie che si fanno contro gli accusati, tralasciamo lo "stile" di questo processo, lasciamo ai giornali liberali denunciarlo. Intendiamo precisare questo: gli indizi della polizia crollano miseramente. Dapprima tutti erano sicurissimi che il colpo di pistola che ferì l'impiegato dell'istituto fosse partito dalla pistola di uno dei poliziotti che sorvegliavano il Baader. Altro esempio: finora tutti sono stati d'accordo sulla identità delle due ragazze che si trovavano nell'anticamera della sala di lettura. Adesso il testimone principale ha dovuto ammettere che forse si è sbagliato. E così via. Però, tutti questi dubbi non cambieranno probabilmente l'opinione pubblica che si è riuscita a creare.
La scissione fra sinistra marxista-leninista e sinistra anarchica o "anarcoide" si è fatta ancora più chiara e marcata. Scrive la rivista marxista-leninista "Konkret": "... il gruppo si è tanto criminalizzato che è divenuto un pericolo grave per tutto il movimento socialista del nostro paese". "Konkret", come tutti coloro che si trovano su questa linea, si trova nell'imbarazzo tra l'obbligo di condannare la caccia alle streghe della stampa ufficiale e la necessità di non essere accomunati al gruppo Baader-Meinhof.
Per i diversi gruppi anarchici il problema se il gruppo abbia davvero usato "violenza" o no, è piuttosto secondario. In questi ambienti, l'affare ha suscitato alla fine dell'anno scorso una viva discussione teorica sulla violenza nella lotta politica. Tutti i gruppi erano d'accordo su questo: contro lo stato e il sistema esistenti l'uso della violenza è giustificato. Infatti una anarchismo chiaramente pacifista attualmente non esiste in Germania (eccetto qualche gruppo insignificante, come quello che gravita attorno al giornale "Neues Beginnen" di Amburgo). Però sul "come" e "quando" la violenza debba essere impiegata le divergenze di opinione furono abbastanza notevoli. La discussione si svolse fra due poli estremi:
1. contro la società esistente ogni forma di violenza, sia di massa, sia individuale, è giustificata, senza alcun riguardo alle circostanze. Obiettivo principale è indebolire il sistema dove possibile. Per l'individuo, ogni atto di violenza è una azione liberatrice, (i sostenitori di questa tesi prendevano spunto da alcune idee di Frantz Fanon).
2. Azioni di violenza individuale non fanno che indebolire il movimento rivoluzionario stesso, senza attaccare seriamente il capitalismo. Perciò è giustificata soltanto l'azione violenta delle masse. Nella situazione attuale la violenza non è ancora possibile, visto che da noi non esiste un movimento di massa.
Le prese di posizione dei singoli gruppi si collocavano tra questi due poli. Dato che il movimento anarchico non è ancora arrivato ad una unificazione nazionale, non si può parlare della "opinione degli anarchici tedeschi". Sì può soltanto descrivere l'opinione di un gruppo o di un altro. Per darne un esempio, ecco il risultato della discussione che si è svolta nella sede del gruppo anarchico di Colonia:
"L'uso della violenza, per noi, non è una questione di principio. Non siamo in generale pro o contro la violenza. La violenza è uno strumento di lotta come un altro. L'opportunità del suo uso dipende dalla strategia generale della lotta rivoluzionaria. È certo che la violenza non può sostituire un movimento di massa. Però, è altrettanto certo che certe azioni violente possono accelerare la costituzione di un movimento di massa. L'ostacolo più importante alla presa di coscienza delle masse è il sentimento di impotenza verso l'oppressione praticata dal sistema. Quello che manca è l'esempio della possibilità di rivolta, non basta la convinzione della validità delle teorie rivoluzionarie per fare la rivoluzione. Per questa ragione non sono buone tutte le azioni violente ma soltanto quelle che:
1. hanno la funzione di sostenere o di proteggere un movimento di massa (esempio: l'anno scorso alcune centinaia dei 5.000 operai della fabbrica Ford a Colonia si sono ribellati; poco dopo molti di essi sono stati licenziati. Questo non deve succedere, bisogna dimostrare ai padroni che non possono agire impunemente);
2. sono adatte a risvegliare la coscienza delle masse (esempio: il ratto del console Beihl in occasione del processo di Burgos);
3. indeboliscono il sistema esistente, rafforzando nello stesso tempo il movimento rivoluzionario (esempio: un furto ad una banca con lo scopo di fornire i fondi necessari al movimento rivoluzionario; però si deve avere la quasi certezza che quelli che lo fanno non possono essere presi; la giustificazione di tale azione dipende da suo probabile successo).
Sono da rifiutare azioni di carattere esibizionistico i cui scopi non siano chiari, risultando oggettivamente provocatori.
Ma nel caso del gruppo Baader-Meinhof il nostro giudizio non deve essere troppo severo, deve tener conto della situazione e della coscienza dell'individuo in azione. Un militante normalmente deve avere coscienza di tutti i fattori sopraindicati. Per qualcuno però che non ha ancora avuto l'occasione di sviluppare abbastanza la sua coscienza, che possiede soltanto una rabbia senza scopo preciso contro il sistema che l'opprime, per tale individuo può esser un atto di liberazione fare un'azione violenta obiettivamente non utile. Dobbiamo essere solidali con lui, cercando nello stesso tempo di spiegargli perché la sua azione non è valida.
Sullo sfondo di questa discussione il nostro giudizio sul caso Baader-Meinhof potrebbe così puntualizzarsi:
Oggettivamente la loro azione non è stata opportuna. Non era necessario liberare il Baader pochi mesi prima della fine della sua pena. È questa "inutilità" dell'azione che ha impedito alla popolazione di capire perché è stata fatta. Inoltre, questa azione ha indebolito il movimento rivoluzionario perché tutte le persone coinvolte in questo affare adesso sono obbligate a vivere di nascosto ed hanno quindi una possibilità di azione molto limitata. Senza la sua "liberazione" il Baader adesso potrebbe vivere e agire in libertà ed essere più utile alla crescita del movimento rivoluzionario.
Però, benché l'azione non possa essere qualificata come strategicamente valida, essa è da giustificarsi. Ogni azione eversiva contro questo sistema è giustificata, non possiamo giudicare con il parametro dei giudici dello stato borghese e dei loro codici una persona che dichiara di essere in guerra contro questo stato. Ogni liberazione di un "prigioniero di guerra" è giustificata, non si tratta più di una questione di principio. Il problema è solo di natura strategica e tattica: come si possa liberare qualcuno senza che il risultato sia di avere alla fine dieci detenuti invece di uno solo.

Ursula Brandes