Rivista Anarchica Online
Azione politica o criminalità?
di Ursula Brandes
Gli "opposti estremismi" in Germania
Nella Repubblica Federale Tedesca esiste da quasi due mesi un nuovo
sport popolare: la caccia ai
"criminali di sinistra", cioè al cosidetto gruppo Baader-Meinhof. Neanche i liberali benpensanti
possono
più sentirsi al sicuro. Si sono fatte delle ricerche contro un pastore, contro dei deputati, dei
giornalisti, dei
professori, tutti sospetti di avere contatti con questo gruppo, che il settimanale "Der Spiegel" non ha
ancora deciso se chiamare anarchico o no. Che cosa è successo? Perché questo
spiegamento incredibile
di forze poliziesche non riesce a trovare una decina di giovani che, come pare, mettono in pericolo
l'ordine pubblico di tutto il paese? Nell'aprile 1968 Andreas Baader e Gudrun Ensslin, insieme a
Söhnlein
e Astrid Proll, appiccarono il fuoco in un grande magazzino a Francoforte per protestare contro la guerra
nel Vietnam. Il fuoco non fece grande danno: Baader e Ensslin furono condannati ognuno a tre anni di
prigione. Per sottrarsi alla pena fuggirono. Qualche tempo dopo Baader fu arrestato a Berlino, in
occasione di un incidente stradale: si trovava nella macchina del giornalista Ulrike Meinhof (altri
giornalisti parlano della macchina di Astrid Proll; si vede che neanche questi dettagli sono
sicuri.). Poi, il 14 maggio 1970, avvenne la famosa "liberazione di Baader". Finora non è
chiaro cosa sia successo
effettivamente quel giorno. Nascono sempre più dubbi sul processo che si fa attualmente contro
i
liberatori (o supposti liberatori) che la polizia è riuscita a prendere: i fatti si sono davvero svolti
come i
giornali vogliono farci credere? I fatti certi: la liberazione fu attuata in occasione di una visita di
Baader all'Istituto Centrale per i Problemi
Sociali a Berlino. La visita fu accordata a Baader perché stava scrivendo un libro - insieme a
Ulrike
Meinhof - sull'"organizzazione dei giovani sotto-privilegiati" (Organisation randständiger
Jugendlicher).
Ebbe il permesso di uscita grazie all'interessamento del suo avvocato Horst Mahler che, con altri
avvocati,
faceva parte del "collettivo socialista di avvocati". La mattina del 14 maggio 2 poliziotti condussero
Baader ammanettato nella sala di lettura dell'Istituto,
dove già l'aspettava Ulrike Meinhof. Nell'anticamera si trovavano due persone con parrucche,
che tutti
i giornali e la polizia sono convinti trattarsi di Irene Goergens e Ingrid Schubert. Però, il
testimone sulla
cui deposizione è fondata questa supposizione ha dovuto ammettere che non è del tutto
sicuro di aver
riconosciuto le due giovani. In ogni caso, dopo l'arrivo di un uomo, che si suppone essere Peter
Homann, cominciò una zuffa:
qualcuno sparò, il supposto Peter Homann diffuse del gas lacrimogeno. Un impiegato dell'istituto
rimase
gravemente ferito da un colpo di pistola. Nel corso di questa zuffa, Baader e Meinhof scapparono per
la finestra seguiti dagli altri tre. Da quel giorno Baader, Meinhof e Homann non sono più
stati ritrovati dalla polizia. Si tuffarono
nell'"underground" di Berlino. A quel tempo la giornalista francese Michèle Ray pubblicò
una intervista
in cui i tre dicevano: "Quello che vogliamo fare e dimostrare è che delle lotte armate possano
essere
portate avanti, che è possibile fare delle azioni dove vinciamo noi e non il potere. Dove è
importante,
naturalmente, non essere presi". Con Baader e Meinhof era scomparso anche l'avvocato Mahler.
Nell'estate il gruppo ricomparve in un campo di guerriglieri palestinesi. Poco dopo, pare, ritornarono a
Berlino. Da quel tempo in poi tutti i delitti un po' clamorosi che la polizia non riuscì a chiarire
furono
attribuiti alla banda "Baader-Meinhof". Per esempio l'assalto quasi contemporaneo di tre banche berlinesi
del 29 settembre, dove tre gruppi mascherati predavano complessivamente 271.469,45 marchi. L'8
ottobre la polizia riuscì ad arrestare Ingrid Schubert, Horst Mahler, Brigitte Asdonk, Monika
Berberich e Irene Boergens. Il resto del gruppo è ancora introvabile. Cominciava la caccia alle
streghe.
Ovunque si verificava una rapina ad una banca veniva ritenuto colpevole il gruppo Baader-Meinhof. La
polizia cominciò una ricerca gigantesca in tutta la repubblica federale. I risultati furono veramente
assurdi.
Un pastore fu sospettato di aver nascosto i soldi del gruppo. In un taccuino di questo pastore si
trovò
l'indirizzo di un deputato del partito socialista e allora si fecero delle ricerche anche su quel deputato, e
così via. Quasi tutti i deputati o giornalisti sospetti di essere un può a sinistra dei
partiti tradizionali potevano
aspettarsi una perquisizione domiciliare o interrogatori da parte della polizia. A questo punto una
parte della stampa liberale-sinistra cominciò a svegliarsi un po'. Dare la caccia ai
"criminali" va bene, però fare delle indagini poliziesche contro dei giornalisti "al di sopra di ogni
sospetto"
e contro dei deputati, contro della gente "onorata" era veramente troppo. Iniziarono quindi a denunciare
questi "abusi". È necessario ricordare a questo punto che alcuni di questi stessi giornali hanno
aperto per
primi la via a questa caccia. Per esempio alcuni mesi fa il giornalista Claus Hinrich Casdorff ha
intervistato alla televisione un uomo mascherato e questi disse di essere un "tupamaro", dichiarando
inoltre: "faremo la guerra (cioè la guerra armata) anche contro i piccoli esecutori del potere".
Esistono
indizi sicuri che si trattava di un provocatore della polizia. Lo stesso Casdorff adesso si mostra
indignatissimo per gli eccessi della caccia al gruppo Baader-Meinhof. L'isterismo della stampa giunse
al suo culmine quando fu rapito il bambino Michael Luhmer. Poco tempo
prima, la polizia aveva "scoperto" il progetto del gruppo Baader-Meinhof di rapire il cancelliere Willy
Brandt. Così fu subito chiaro che a rapire il bambino erano stati loro. Adesso si sa che il
bambino fu rapito da fascisti che volevano liberare in questo modo un loro detenuto.
I giornali hanno scritto anche questo "onestamente" in poche righe sulla terza pagina. Quali sono gli
scopi di questa campagna ufficiale? Il quindicinale "883", giornale della sinistra più o meno
anarchica (ma con forte componente marxista) di Berlino, scrive su questo argomento: "1)
Rafforzamento del potere militare all'interno mediante l'aumento delle funzioni di polizia. 2)
Criminalizzazione e scissione della sinistra rivoluzionaria. 3) Creazione di una situazione "americana"
nella Germania dell'ovest e a Berlino". Si cerca di svuotare tutta l'azione delle forze rivoluzionarie
del suo contenuto politico e di ridurla a
semplice criminalità. Esempio: il 23 febbraio 1971 la polizia scoprì un deposito di armi
di un gruppo di
fascisti. Il giorno dopo, il ministro degli interni della regione Nordrhein-Westfalen dichiarò in una
intervista: "Gli estremisti della sinistra sono pericolosi quanto gli estremisti della destra. Bisogna
combattere ugualmente la criminalità dei due estremismi". A Berlino si svolge adesso il
processo contro l'avvocato Mahler, Irene Goergens e Ingrid Schubert. Le
sorprese sono all'ordine del giorno: tralasciamo le rappresaglie che si fanno contro gli accusati,
tralasciamo lo "stile" di questo processo, lasciamo ai giornali liberali denunciarlo. Intendiamo precisare
questo: gli indizi della polizia crollano miseramente. Dapprima tutti erano sicurissimi che il colpo di
pistola che ferì l'impiegato dell'istituto fosse partito dalla pistola di uno dei poliziotti che
sorvegliavano il
Baader. Altro esempio: finora tutti sono stati d'accordo sulla identità delle due ragazze che si
trovavano
nell'anticamera della sala di lettura. Adesso il testimone principale ha dovuto ammettere che forse si
è
sbagliato. E così via. Però, tutti questi dubbi non cambieranno probabilmente l'opinione
pubblica che si
è riuscita a creare. La scissione fra sinistra marxista-leninista e sinistra anarchica o
"anarcoide" si è fatta ancora più chiara
e marcata. Scrive la rivista marxista-leninista "Konkret": "... il gruppo si è tanto criminalizzato
che è
divenuto un pericolo grave per tutto il movimento socialista del nostro paese". "Konkret", come tutti
coloro che si trovano su questa linea, si trova nell'imbarazzo tra l'obbligo di condannare la caccia alle
streghe della stampa ufficiale e la necessità di non essere accomunati al gruppo
Baader-Meinhof. Per i diversi gruppi anarchici il problema se il gruppo abbia davvero usato
"violenza" o no, è piuttosto
secondario. In questi ambienti, l'affare ha suscitato alla fine dell'anno scorso una viva discussione teorica
sulla violenza nella lotta politica. Tutti i gruppi erano d'accordo su questo: contro lo stato e il sistema
esistenti l'uso della violenza è giustificato. Infatti una anarchismo chiaramente pacifista
attualmente non
esiste in Germania (eccetto qualche gruppo insignificante, come quello che gravita attorno al giornale
"Neues Beginnen" di Amburgo). Però sul "come" e "quando" la violenza debba essere impiegata
le
divergenze di opinione furono abbastanza notevoli. La discussione si svolse fra due poli estremi: 1.
contro la società esistente ogni forma di violenza, sia di massa, sia individuale, è
giustificata, senza
alcun riguardo alle circostanze. Obiettivo principale è indebolire il sistema dove possibile. Per
l'individuo,
ogni atto di violenza è una azione liberatrice, (i sostenitori di questa tesi prendevano spunto da
alcune idee
di Frantz Fanon). 2. Azioni di violenza individuale non fanno che indebolire il movimento
rivoluzionario stesso, senza
attaccare seriamente il capitalismo. Perciò è giustificata soltanto l'azione violenta delle
masse. Nella
situazione attuale la violenza non è ancora possibile, visto che da noi non esiste un movimento
di massa. Le prese di posizione dei singoli gruppi si collocavano tra questi due poli. Dato che il
movimento
anarchico non è ancora arrivato ad una unificazione nazionale, non si può parlare della
"opinione degli
anarchici tedeschi". Sì può soltanto descrivere l'opinione di un gruppo o di un altro. Per
darne un
esempio, ecco il risultato della discussione che si è svolta nella sede del gruppo anarchico di
Colonia: "L'uso della violenza, per noi, non è una questione di principio. Non siamo in
generale pro o contro la
violenza. La violenza è uno strumento di lotta come un altro. L'opportunità del suo uso
dipende dalla
strategia generale della lotta rivoluzionaria. È certo che la violenza non può sostituire un
movimento di
massa. Però, è altrettanto certo che certe azioni violente possono accelerare la
costituzione di un
movimento di massa. L'ostacolo più importante alla presa di coscienza delle masse è il
sentimento di
impotenza verso l'oppressione praticata dal sistema. Quello che manca è l'esempio della
possibilità di
rivolta, non basta la convinzione della validità delle teorie rivoluzionarie per fare la rivoluzione.
Per questa
ragione non sono buone tutte le azioni violente ma soltanto quelle che: 1. hanno la funzione di
sostenere o di proteggere un movimento di massa (esempio: l'anno scorso alcune
centinaia dei 5.000 operai della fabbrica Ford a Colonia si sono ribellati; poco dopo molti di essi sono
stati
licenziati. Questo non deve succedere, bisogna dimostrare ai padroni che non possono agire
impunemente); 2. sono adatte a risvegliare la coscienza delle masse (esempio: il ratto del console
Beihl in occasione del
processo di Burgos); 3. indeboliscono il sistema esistente, rafforzando nello stesso tempo il
movimento rivoluzionario
(esempio: un furto ad una banca con lo scopo di fornire i fondi necessari al movimento rivoluzionario;
però si deve avere la quasi certezza che quelli che lo fanno non possono essere presi; la
giustificazione
di tale azione dipende da suo probabile successo). Sono da rifiutare azioni di carattere esibizionistico
i cui scopi non siano chiari, risultando oggettivamente
provocatori. Ma nel caso del gruppo Baader-Meinhof il nostro giudizio non deve essere troppo
severo, deve tener
conto della situazione e della coscienza dell'individuo in azione. Un militante normalmente deve avere
coscienza di tutti i fattori sopraindicati. Per qualcuno però che non ha ancora avuto l'occasione
di
sviluppare abbastanza la sua coscienza, che possiede soltanto una rabbia senza scopo preciso contro il
sistema che l'opprime, per tale individuo può esser un atto di liberazione fare un'azione violenta
obiettivamente non utile. Dobbiamo essere solidali con lui, cercando nello stesso tempo di spiegargli
perché la sua azione non è valida. Sullo sfondo di questa discussione il nostro
giudizio sul caso Baader-Meinhof potrebbe così
puntualizzarsi: Oggettivamente la loro azione non è stata opportuna. Non era necessario
liberare il Baader pochi mesi
prima della fine della sua pena. È questa "inutilità" dell'azione che ha impedito alla
popolazione di capire
perché è stata fatta. Inoltre, questa azione ha indebolito il movimento rivoluzionario
perché tutte le
persone coinvolte in questo affare adesso sono obbligate a vivere di nascosto ed hanno quindi una
possibilità di azione molto limitata. Senza la sua "liberazione" il Baader adesso potrebbe vivere
e agire
in libertà ed essere più utile alla crescita del movimento rivoluzionario. Però,
benché l'azione non possa essere qualificata come strategicamente valida, essa è da
giustificarsi.
Ogni azione eversiva contro questo sistema è giustificata, non possiamo giudicare con il
parametro dei
giudici dello stato borghese e dei loro codici una persona che dichiara di essere in guerra contro questo
stato. Ogni liberazione di un "prigioniero di guerra" è giustificata, non si tratta più di una
questione di
principio. Il problema è solo di natura strategica e tattica: come si possa liberare qualcuno senza
che il
risultato sia di avere alla fine dieci detenuti invece di uno solo.
Ursula Brandes
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