Rivista Anarchica Online
Anarchici a Carrara
di A.M./P.F.
"La capitale dell'anarchismo italiano": così la stampa di regime
ama definire da decenni la città di Carrara,
volendo significare che da essa partono le direttive per tutto il movimento anarchico. È superfluo
sottolineare che gli anarchici non hanno, né mai hanno avuto, né capi né capitali,
ed in questo contesto
tutto l'interesse mostrato per la presenza libertaria a Carrara puzza inevitabilmente di
superficialità e di
presa in giro. Trovandosi di fronte ad una cittadina in cui la presenza anarchica, pur con alti e bassi,
è una
costante fin dagli inizi del secolo, i pennivendoli della stampa "indipendente" hanno sempre cercato i dati
di colore, le macchiette, tutto quanto possa esser utilizzato per presentare oltre mezzo secolo di lotte
come
un semplice caso folkloristico. Così, si è cercato di collegare la presenza anarchica solo
con un innato
spirito ribellistico dei carraresi, o addirittura con la loro passione per il vino, e magari per ogni cosa
"strana". Ma la realtà è ben diversa.
La giornata lavorativa di 6 ore
Chi, lasciandosi il mare alle spalle, percorra il lungo viale che dalla spiaggia di Marina conduce al
centro
di Carrara, ha di fronte a sé la vista delle montagne che circondano strettamente la cittadina, e
la
racchiudono per tre quarti fra verdi pendii su cui sono visibili grandi pareti bianche scavate nelle
montagne stesse. Sono queste ultime le famose cave di marmo, che fanno produrre nella provincia di
Massa-Carrara circa il 30 per cento di tutto il marmo italiano; e di questo 30 per cento, ben l'85 per cento
è estratto nel solo comune di Carrara. Se si pensa che oggi altre fonti di reddito si sono aggiunte
a quella
tradizionale dell'industria estrattiva, si può meglio comprendere quanto fosse di importanza vitale
in
epoche passate questa stessa industria. Da decenni, dunque, tutti i giorni centinaia di cavatori si recano
in montagna, per compiere un lavoro veramente duro, in cui gli infortuni sul lavoro sono a tutt'oggi molti,
sempre troppi. Ed è proprio fra i lavoratori delle cave che la propaganda anarchica ha avuto
successo,
anche perché è sempre stata accompagnata da dure lotte che hanno inciso in maniera
irrevocabile sul
lavoro e sulla vita dell'intera popolazione. La conquista della giornata lavorativa alle cave e nelle miniere
di Luni, rispettivamente di sei ore e mezza e di sei ore, risale al lontano 1911, e fu resa possibile dalla
pratica dell'anarco-sindacalismo e dallo spirito di solidarietà da esso propagato fra i lavoratori.
Fu una
dura lotta, che mise severamente alla prova tutti i lavoratori del settore, una lotta sostenuta dalla
solidarietà
contro la provocazione padronale e poliziesca, che fu vinta inesorabilmente dai lavoratori, allora non
stornati da falsi obiettivi politici, non confusi da inutili patteggiamenti di vertice, ma unicamente ed
unitariamente tesi al raggiungimento dell'obiettivo finale. A chi oggi parla continuamente di una nuova
"politica dei trasporti" da parte del governo nell'interesse dei lavoratori, ricordiamo che i cavatori di
Carrara da 60 anni hanno ottenuto di considerare il lungo cammino dalla strada asfaltata fino alla cava
(il cosiddetto "poggio") come parte integrante dell'orario lavorativo. Anche questo è stato
ottenuto grazie
al modo semplice e lineare con cui i problemi sono stati prospettati, e dalla pratica della partecipazione
diretta che li ha resi realizzabili. I moderni sindacalisti (UIL, CISL, CGIL), per mascherare la loro
nullità
ed i loro compromessi con i padroni, hanno sempre più bisogno di chiacchiere, di arzigogoli, di
parole
ed ancora di parole. Invece di lottare per la diminuzione della giornata lavorativa, essi lottano per la
"settimana corta", obiettivo che sarebbe encomiabile se, per raggiungerlo, non fosse necessario
aumentare... la giornata lavorativa! Il loro gioco è fin troppo evidente: spacciano per conquiste
della classe
operaia queste volgari operazioni da prestigiatore, e si scagliano rabbiosi contro gli "scioperi illegali", che
scalzano la loro autorità contestando le loro capacità ed il loro potere. Le lotte dei
cavatori, sempre
ispirate all'anarco-sindacalismo, indicano invece una delle vie maestre per combattere concretamente lo
sfruttamento, al di là di ogni illusione riformista: la riduzione della giornata lavorativa, a
parità di
pagamento naturalmente. In questo contesto si colloca la nuova lotta impostata lo scorso anno dall'U.S.I.
(Unione Sindacale Italiana) per la giornata lavorativa di cinque ore come conquista inalienabile.
Una lotta nuova
Su questo argomento i lavoratori del marmo di Carrara, aderenti appunto all'U.S.I., hanno stilato un
lungo documento, distribuito in tutte le cave, in cui, ricordando i martiri anarchici di Chicago del 1886
propugnatori delle otto ore di lavoro giornaliero (in memoria dei quali fu proclamato giornata di lotta
rivoluzionaria il 1° maggio) e le stesse sei ore e mezza conquistate dai cavatori sotto lo stimolo
dell'anarco-sindacalista Alberto Meschi, propongono agli altri lavoratori delle cave di fornire un nuovo
esempio a tutta la classe lavoratrice italiana, strappando le cinque ore giornaliere. "È
scientificamente e statisticamente provato - si legge nel documento dei compagni dell'U.S.I. - come
il primo nemico dell'uomo sia la stanchezza fisica e psichica che impedisce la presa di coscienza del
pericolo che attenta alla sua integrità fisica e alla sua vita. La stanchezza impone all'uomo una
lentezza
dei riflessi, dei movimenti e quel secondo di ritardo che più di una volta si è rivelato
fatale per la vita di
un cavatore, come per ogni operaio. Le cinque ore lavorative giornaliere, beninteso ad uguale
retribuzione
giornaliera, si impongono per tenere il passo con le istanze di migliori condizioni di vita che da tutte le
parti del mondo si manifestano, sia nell'ambiente del lavoro sia fuori di esso, in modo che ognuno possa
godere di un maggior tempo libero per dedicarsi con maggiore partecipazione agli avvenimenti culturali,
politici e sociali". Le lotte dei cavatori, comunque, non si limitano a strappare sempre migliori
condizioni di vita e di lavoro
per tutti i lavoratori, ma indicano chiaramente l'obiettivo cui si mira: l'autogestione. In verità,
prima che
Maria Beatrice d'Este attorno al XVIII secolo "furtasse" con il diritto delle armi di agri marmiferi, questi
erano di proprietà collettiva, appartenevano cioè a quelle piccole comunità situate
sui monti di Carrara,
oggi chiamate paesi, dette allora "vicinanze", nelle quali vivevano coloro i quali si dedicavano alla
escavazione dei marmi. Al sorgere del movimento operaio in Apuania, infatti il grido lanciato dai
sindacalisti anarchici ("Cavatori, le cave sono vostre!") attirò una vastissima eco di adesioni e di
consensi
particolarmente fra i lavoratori del settore, i quali subito e per istinto compresero che questa parola
d'ordine era giusta, e tendeva fra l'altro a ristabilire quel rapporto tra uomini e beni, bruscamente
interrotto
con il "diritto delle armi" ed avallato legalmente dal diritto positivo.
Carrara, l'ambiente naturale
Così, rendendosi interprete dei diritti dei lavoratori, fermamente convinto che la lotta di tutti
giorni debba
esser un fatto di elaborazione e partecipazione collettiva, l'anarchismo ha trovato a Carrara in suo
"ambiente naturale" per passare dalla teoria alla azione. "Per noi - dice un cavatore - l'affermazione
dell'anarchismo a Carrara non ha significato il prevaricare di una forza politica sulle altre, né
tantomeno
l'invio di un politico in Parlamento piuttosto che di un altro, ha invece significato realmente unità
per le
realizzazioni di comune interesse; proprio perché non ci siamo curati di guidare, di governare gli
uomini,
ma ci siamo semplicemente preoccupati di intervenire sulle cose, e di trasformarle a beneficio, con la
partecipazione e nell'interesse della classe lavoratrice e della collettività."
A.M./P.F.
Il congresso della F.A.I.
Dal 10 al 12 aprile si è tenuto a Carrara il decimo congresso nazionale della Federazione
Anarchica
Italiana (F.A.I.), la maggiore organizzazione anarchica dell'l'Italia, che tenne il suo primo congresso nel
1945 nella stessa Carrara. Durante i tre giorni di dibattito in assemblea e nelle commissioni sono emerse
diverse valutazioni sia sulla situazione politica generale sia, in particolare, sulla funzionalità degli
organi
della F.A.I. Il congresso ha incaricato per la prima volta un intero gruppo (e precisamente il gruppo
"Buenaventura Durruti" di Firenze) di fungere da Commissione di Corrispondenza, mentre
precedentemente tale incaricato era demandato ad alcuni compagni singoli. Alcune modifiche sono state
apportate al patto associativo della Federazione, tra cui rilevante (e a nostro avviso discutibile) la
creazione di un Consiglio Nazionale, formato da quindici delegati regionali. Il congresso ha inoltre deciso
di affidare ai compagni di Roma il compito di rinnovare la veste grafica e l'impostazione generale del
settimanale "Umanità Nova" (organo della F.A.I.), che è stato al centro di accese
discussioni sia in
assemblea sia nell'apposita commissione. Contrariamente a quanto affermato da tutta la stampa di
regime, non vi è stato alcuno scontro fra vecchi
e giovani; vi è stato invece un acceso dibattito fra quanti (giovani o vecchi, non ha alcuna
importanza),
richiamandosi all'esperienza storica, lottano per una affermazione delle idee e del metodo anarchico, e
quanti invece credono che alcuni movimenti marx-leninisti (Lotta Continua, Potere Operaio, ecc.) siano
realmente vicini alla tematica ed alle lotte libertarie, senza così riuscire a cogliere il significato
dell'ormai
classico "camaleontismo" leninista, capace di mascherare il proprio volto tirannico dietro a parole
d'ordine
anarchiche o anarco-sindacaliste. L'ultimo giorno del Congresso s'è riunita una commissione
speciale, cui hanno partecipato, oltre ai
rappresentanti della F.A.I., anche compagni dei G.A.F. (Gruppi Anarchici Federati), dei G.I.A. (Gruppi
di Iniziativa Anarchica) ed inoltre delegati della Crocenera Anarchica, del Comitato Politico Giuridico
di Difesa e del Comitato Pro Vittime Politiche. Tale commissione si è occupata del processo in
corso a
Milano contro i giovani anarchici e dell'istruttoria per la "strage di stato" (dicembre 1969), per impostare
una linea politica ed un piano d'azione che impegnino unitariamente il movimento anarchico, in
preparazione del processo "Valpreda" che si prevede per il prossimo autunno.
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