Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 1 nr. 4
maggio 1971


Rivista Anarchica Online

Anarcosindacalismo
Gruppi Anarchici Federati Genovesi

Crisi internazionale dell'anarcosindacalismo (in particolare situazione italiana).

Le potenti organizzazioni anarcosindacaliste che tra le due guerre mondiali, per le loro capacità di mobilitazione e di risveglio della coscienza delle masse sfruttate, diedero filo da torcere al fronte borghese internazionale oggi sono ridotte all'ombra di se stesse.
La C.N.T. spagnola, duramente colpita dalla repressione falangista, esiste ancora tra i compagni spagnoli in esilio, ma con forze assai ridotte e forzatamente con uno scarso aggancio alla realtà spagnola e ai fermenti di risveglio della classe lavoratrice di Spagna (Commissioni operaie ecc.).
In Italia l'U.S.I., rinata nel dopoguerra dall'iniziativa di pochi compagni, tra l'indifferenza e in alcuni casi l'ostilità di molti anarchici che preferirono entrare nella CGIL (confondendo la reale unità di classe con l'interclassismo di stampo ciellenistico che ha permeato sin dalla nascita la CGIL e che ha avuto il suo sbocco naturale nel riformismo e nel partecipazionismo dei giorni nostri), oggi esiste soltanto di nome e per l'opera di qualche decina di vecchi militanti, avulsa quasi completamente dai momenti di risveglio della coscienza operaia che si sono verificati in questi ultimi anni.
Negli altri paesi la situazione non è certo migliore, le organizzazioni tradizionali degli anarco-sindacalisti sul piano internazionale sono quasi completamente scomparse e dove continuano ad esistere non sono che l'ombra del passato (FORA, CNTF ecc.).
Forse l'unico paese dove un'organizzazione anarcosindacalista ha conservato una posizione importante e di preminenza è la Svezia, dove la SAC, il sindacato libertario anarchico, raccoglie intorno a sé una discreta parte della classe operaia svedese (è il secondo sindacato del paese dopo quello socialdemocratico).
Bisogna però tenere conto delle particolarità della società svedese e dell'atmosfera riformistica di marca socialdemocratica che vi regna e che riesce spesso a smorzare l'asprezza dello scontro di classe con lusinghe partecipazionistiche e con atteggiamenti paternalistici e bisogna dire che purtroppo la Sac non è riuscita a sottrarsi a questo clima di pace sociale e ne è rimasta contaminata, se non nei principi, nell'azione pratica.
Il "revival" dell'anarchismo che ha caratterizzato la scena dello scontro sociale e politico, sul piano internazionale in questi ultimi anni e che ha provocato la crescita disordinata, spesso confusa, ma sempre impietosa dei gruppi che si richiamano all'anarchismo dei militanti dei gruppi anarchici già esistenti non ha trovato riscontro nel campo delle organizzazioni anarcosindacaliste (questo è valido in particolare per la situazione italiana ed è a questa che d'ora in poi ci riferiremo). Si è cioè verificato un fenomeno particolare: tutti quei principi e temi di lotta che erano stati propri delle organizzazioni anarcosindacaliste (nel nostro caso l'U.S.I.), come la necessità per gli operai di gestire in prima persona le proprie lotte senza deleghe, la critica del riformismo delle organizzazioni sindacali "tradizionali", il rifiuto degli accordi con i padroni, l'azione diretta ecc., sono stati fatti propri da altri gruppi operaisti tipo Lotta Continua, Potere Operaio ecc., gruppi privi di un discorso teorico e ideologico preciso o che si richiamano confusamente al marx-leninismo interpretato in chiave libertaria (che è un assurdo sia dal punto di vista della teoria che della pratica).
D'altra parte, in seno al movimento anarchico, rifiutata più o meno esplicitamente l'ipotesi (organizzativa) anarcosindacalista (1) non c'è stato finora alcun serio tentativo di motivare razionalmente questo rifiuto, non si è cercato di analizzare quali contenuti e strumenti le esperienze di lotta dell'U.S.I. potessero fornire che fossero ancora oggi valide e attuali, ne si è cercato infine di fornire (tranne alcuni tentativi che noi giudichiamo parziali e malamente impostati) soluzioni alternative pratiche e teoriche al problema dell'autonomia e dell'autogestione della classe operaia e dei mezzi che questa ha per raggiungere la sua emancipazione.
Riassumendo abbiamo oggi dei gruppi non anarchici che fanno interventi anarcosindacalisti, con tutti i pericoli di degenerazione o di strumentalismo che questo comporta, e dei gruppi anarchici che molto spesso sono slegati dalla realtà operaia, che è quella degli sfruttati, e che non fanno sforzi sufficienti per legarvisi e intervenirvi.

Validità di alcuni strumenti pratici e teorici che le esperienze storiche ci propongono.

Proprio per iniziare un necessario esame critico delle funzioni, degli strumenti che ci propone e della "attualità" dell'anarcosindacalismo bisogna scindere la nostra analisi in due parti.
In primo luogo bisogna individuare gli strumenti e i mezzi che le esperienze di lotta dei movimenti anarcosindacalisti del passato ci propongono e vedere se nello scontro con la situazione d'oggi, con l'evoluzione di certe strutture della nostra società, con la ristrutturazione del capitalismo essi hanno conservato una loro validità e loro capacità di colpire e/o fino a che punto c'è la necessità di una ristrutturazione e di un adeguamento.
In secondo luogo è necessario determinare fino a che punto le strutture organizzative delle organizzazioni anarcosindacaliste sono in grado di adeguarsi alle mutate condizioni economico-politico-sociali della realtà d'oggi e all'estrema "specializzazione" dei settori di intervento (oggi non solo fabbrica, ma scuola, quartiere ecc.) nei quali si combatte contro i nemici di sempre (burocrati e padroni).
Per quanto riguarda i temi tradizionali e gli strumenti di intervento e di lotta tipici dell'anarcosindacalismo secondo noi oggi non ci sono molte alternative: l'intervento diretto dei militanti dentro e fuori la fabbrica, teso a propagare tra gli operai una rinnovata fiducia nelle loro possibilità di emancipazione autonoma, al di fuori cioè di ogni tutela di partiti e movimenti politici (adepti più o meno esplicitamente dell'ideologia borghese), nelle loro possibilità di gestire in prima persona, oggi le lotte e domani la produzione stessa della fabbrica; oggi sono necessità imprescindibili.
Così com'è oggi è necessario continuare la lotta a fondo contro il tradimento e la connivenza padronale delle centrali sindacali riformiste, allo stesso modo bisogna indirizzare gli operai verso forme di lotta più dure e decise (scioperi selvaggi, occupazione delle fabbriche ecc.) che danneggino effettivamente la produzione e colpiscano i padroni nei profitti, verso decisioni assembleari senza lasciarsi irretire dalla illusoria democraticità dei delegati di reparto e dei consigli di fabbrica di marca sindacale (può a questo proposito servire spiegare che cosa effettivamente erano nel 1920 i consigli di fabbrica, mostrare da che situazione di lotta e di maturità della coscienza operaia questi organismi erano nati e nel raffronto mostrare l'involuzione che c'è stata), verso il rifiuto degli accordi-bidone con i padroni che servono solo ad assicurare "pace sociale" e maggiori profitti a questi ultimi e non certo migliori condizioni di vita agli sfruttati.
Queste sono secondo noi le linee generali di un intervento anarco-sindacalista nella realtà sociale di oggi, linee e principi che noi ricaviamo dalle esperienze storiche di lotta dei movimenti anarcosindacalisti del passato e che hanno conservato intatta la loro validità ed efficacia nelle mutate condizioni economico-sociali di oggi.
Il discorso cambia e si fa più complesso quando si passa ad esaminare le strutture organizzative che ci vengono proposte storicamente dall'anarcosindacalismo.
Il modo in cui, ad esempio, l'U.S.I. si pone organizzativamente (2) oggi di fronte non solo alla realtà esterna, ma di fronte alla realtà stessa del movimento anarchico in Italia è inadeguato (come è sbagliato il modo di porsi del movimento anarchico nei confronti dell'anarcosindacalismo sia dal punto di vista organizzativo che da quello dei principi e degli strumenti di lotta) ed è quindi secondo noi necessario (come spiegheremo più avanti) un profondo chiarimento sulle funzioni dell'anarcosindacalismo e sulla necessità di una sua ristrutturazione pratica e organizzativa.

Necessità di adeguamento e di ristrutturazione.

Chiariamo innanzitutto che noi consideriamo l'intervento anarcosindacalista come un momento irrinunciabile e fondamentale nell'elaborazione di una strategia rivoluzionaria anarchica.
Pensiamo cioè che la nostra azione di stimolo alla crescita della coscienza delle masse sfruttate e alla loro autonoma emancipazione ci debba vedere sempre attivi nelle situazioni di lotta allo sfruttamento, che oggi sono molteplici (fabbrica, scuola, quartiere o ogni altra situazione sociale dove lo scontro si presenta acuto) e che non basti quindi l'intervento anarchico specifico a livello politico-sociale, ma che si debba intervenire anche sul piano delle contraddizioni economiche a cui sono sottoposti gli sfruttati, piano sul quale questi ultimi hanno una sensibilità maggiore perché strettamente connesso alla realtà di ogni giorno.
Necessità quindi di un intervento anarcosindacalista non soltanto tra gli operai ma dovunque lo scontro sociale e di classe si presenti in forme acute.
Riteniamo importante questa premessa per far capire quanto, secondo noi, oggi sia importante iniziare a portare a compimento questo processo di ristrutturazione e di adeguamento dell'intervento anarcosindacalista sia dal punto di vista organizzativo che da quello teorico.
Parliamo di necessità di adeguamento o meglio di ampliamento del discorso perché oggi ci sono delle categorie e degli ambienti sociali che si affacciano a livello di massa sulla scena dello scontro sociale ed economico per la prima volta (o perlomeno per la prima volta si pongono più o meno esplicitamente in funzione antiborghese e potenzialmente rivoluzionaria).
Intendiamo riferirci in particolare agli studenti e alla loro esplosione di coscienza (la cui storia di questi ultimi anni è sin troppo nota e sulla quale non è certo il caso di soffermarsi, ma il rilevare che la loro iniziale carica antiautoritaria e antiburocratica si è andata affievolendo fino quasi a scomparire nel riformismo e nel settarismo gruppusculare di marca piccolo-borghese, non ci deve esimere dal notare le possibilità potenziali che hanno ancora gli studenti di avere una funzione di "rottura" all'interno della società borghese), alle categorie dei tecnici e alla loro "proletarizzazione", (categorie per le quali sono evidenti i pericoli di "feudalizzazione", ma per le quali almeno negli strati inferiori, di fronte alle tendenze di sviluppo della società capitalista, si può prevedere un progressivo impoverimento, dequalificazione e in effetti un "processo di proletarizzazione" e per le quali si può quindi ripetere ciò che si era detto per gli studenti).
Di ampliamento e di adeguamento del discorso, se ne deve parlare anche per quel che riguarda la classe operaia stessa: di fronte all'ampliarsi e al diffondersi dello sfruttamento e del processo repressivo, fuori della fabbrica e oltre l'orario di lavoro, è chiaro che il nostro discorso deve essere in grado di battersi su ogni fronte che si apra (dai settori più importanti: vita nei quartieri e nei ghetti operai, mezzi di trasporto ecc. a quelli che possono sembrare più banali: zone verdi, tempo libero ecc. temi questi ultimi che sono pretesto per la "lotta" politica dei partiti riformisti, ma che possono essere correttamente inseriti in un discorso di insieme tutt'altro che riformista).
Questo per quanto riguarda la necessità di ampliamento del discorso, tenendo ben presente tutti i limiti che hanno le nostre note e soprattutto che di note si tratta, tese a fornire spunto a un dibattito e a un chiarimento e non di precisare proposte di lavoro immediato; per quanto riguarda la necessità di ristrutturazione dell'organizzazione anarcosindacalista, sarebbe più esatto parlare di necessità di costruzione in quanto in realtà non c'è molto da ristrutturare, si tratta secondo noi di affrontare questo punto sulla base delle necessità e delle esigenze dell'intervento che verrà portato avanti; definire ora dei precisi criteri organizzativi sarebbe inutile.

Gruppi Anarchici Federati Genovesi

(1) Chiariamo, non intendiamo dire che il movimento anarchico nella sua totalità ha rifiutato l'anarcosindacalismo come metodo di lotta o ha decretato la morte dell'U.S.I., in realtà l'U.S.I. sta morendo di vecchiaia e di consunzione e molti anarchici non se ne accorgono (o si?), altri non pensano che questo sia un problema, altri (specialmente tra i giovani) non sanno neppure che l'U.S.I. esista, altri infine fanno un intervento anarcosindacalista (pochi) chiusi però nelle loro realtà locali senza porsi a sufficienza il problema della comunicazione delle esperienze e di un minimo coordinamento che superi il livello cittadino. Secondo noi questa somma di atteggiamenti non è altro, nei fatti, che un rifiuto dell'ipotesi anarcosindacalista, privo di motivazioni teorico-politiche razionali e privo anche di indicazioni alternative.
(2) In realtà l'U.S.I. non ha strutture organizzative rigide, che ne possano impedire l'adeguamento alla realtà d'oggi, si tratta piuttosto dell'atteggiamento "mentale" di molti compagni che (senza responsabilità soggettive) tendono a riproporre acriticamente forme organizzative e di intervento che hanno avuto un loro valore in determinate situazioni storiche ma che oggi risultano slegate dalla realtà.

Il 9 maggio prossimo si terrà a Genova l'assemblea trimestrale dei G.A.F. (Gruppi Anarchici Federati). Oggetto di discussione teorica sarà una relazione dei gruppi genovesi su "L'anarco-sindacalismo". Di essa pubblichiamo, in questa pagina, alcuni paragrafi.

SCHEMA DELLA RELAZIONE

1. Origini storiche del sindacalismo e dell'anarco-sindacalismo.
2. Analisi delle più importanti esperienze anarcosindacaliste.
2.1 L'anarcosindacalismo in Francia.
2.2 L'occupazione delle fabbriche in Italia nel 1920 e l'U.S.I.
2.3 L'IWW e il sindacalismo rivoluzionario americano.
2.4 L'esperienza machnovista in Russia.
2.5 La C.N.T. in Spagna.
2.6 Esperienze in altri paesi.
3. L'anarcosindacalismo oggi.
3.1 Crisi internazionale dell'anarcosindacalismo (in particolare situazione italiana).
3.2 Validità di alcuni strumenti pratici e teorici che le esperienze storiche ci propongono.
3.3 Necessità di adeguamento e di ristrutturazione.
4. Considerazioni finali.