Rivista Anarchica Online
S.A.M.P.A.S.: una occupazione mancata
Milano "I padroni hanno creato la crisi per mettere in
difficoltà l'organizzazione sindacale, ma i lavoratori uniti
lotteranno e faranno pagare ai padroni i loro ricatti, però... ora non possiamo occupare la
fabbrica, così
non si risolverebbe nulla e non possiamo mettere con le spalle al muro la ditta facendole perdere altre
duemila ore lavorative, e poi... pensiamo ai padri di famiglia, come faranno? Guardiamo dal lato
umano...". Con queste, ed altre, parole Grassi della FIOM è riuscito nel corso di
un'assemblea alla S.A.M.P.A.S.
il 14 settembre a far rientrare una lotta che, nata in modo autonomo, cercava di dare una giusta risposta
allo strapotere padronale. La S.A.M.P.A.S. è una delle quaranta aziende del feudo delle
manifatture Carlo Pacchetti S.p.A.
(capitale sociale 12 miliardi 800.000.000). Produce antenne, elettrocalamite ed un'infinità di
pezzi
elettromagnetici per giocattoli meccanici, radio, televisori, ecc. Il 30% di questa produzione è
destinata agli U.S.A., il rimanente viene distribuito tra le maggiori
fabbriche europee (Philips, Rivarossi, Borletti, ecc.). Il 9 settembre la Direzione convoca la
Commissione interna e le comunica che si è costretti a mettere in
cassa integrazione tutti gli operai da lunedì 13, essendo venuto a mancare il tonnellaggio della
normale
produzione. Non è vero, poco prima di questa decisione era stato sfornato, sempre dalla
direzione, un
piano di lavorazione al reparto trafila che avrebbe dato lavoro agli altri reparti per più di un mese;
per di
più il giorno prima aveva fatto preparare del lavoro da far svolgere all'esterno. Tutti gli operai
della S.A.M.P.A.S. non credono nella balla della crisi, sotto c'è ben altro, un piano
padronale che vuole costringerli ad essere sempre più legati alla produzione ed imporgli nuovi
ritmi. Venerdì 10. Gli operai delle presse e di alcuni altri reparti
decidono di combattere ad ogni costo il piano
dei padroni che, mentre li metterebbe in cassa integrazione, porterebbe alla ditta la stessa produzione
dell'orario normale mediante turni continui. Sabato 11. La ditta pubblica
la lista dei nuovi orari di lavoro. In fabbrica sono presenti solo gli operai dei
forni. Lunedì 13. Esplodono le critiche contro la direzione, gli
operai non vogliono accettare per nessun motivo
l'orario imposto dai padroni: "in questo modo noi siamo costretti a lavorare con un orario ridotto e
quando vogliono loro. Essi invece continuano a far funzionare le macchine tutti i giorni". La
Commissione interna, inutile dirlo, difende il padrone. Inizia lo sciopero, si parla di occupazione e
di altre azioni in risposta a questa provocazione padronale. Martedì
14. Blocco dell'entrata. Arrivano i pompieri del sindacato. Tutti in assemblea. Il sindacalista
Grassi con prezzolata demagogia riesce a far rientrare l'azione in corso, e per di più riesce a far
proporre
una proposta bidone alla direzione che prontamente l'accetta. La situazione è questa: arrivare
alle 41 ore pagate dalla ditta, lavorare il materiale che doveva uscire,
premio di produzione pagato completamente, avere assicurazioni (?) sulla
cassa integrazione, controllare
i pesi della produzione. Tutto questo contro l'iniziale proposta degli operai che era: "Sì,
andiamo in cassa integrazione, ma
quando noi non lavoriamo fermiamo le macchine". Con la sporca manovra del sindacato gli operai della
S.A.M.P.A.S. sono stati buggerati, ma qualcuno di essi ha capito cosa rappresenta il sindacato in questo
momento: una espressione del potere tecno-burocratico pianificatore, cioè di qualcuno che
monopolizzi
le lotte per sviarle in vicoli ciechi. Il sindacato ha praticamente abbandonato la lotta (semmai l'ha
fatta) per contrattare sulla pelle degli
operai a livello di programmazione. Del resto non è la prima volta che agisce così.
Ricordiamoci che le divisioni fra gli operai (categorie) le
ha proprio richieste il sindacato, attorno agli anni '50. È qui che deve cercare di svilupparsi
la nostra analisi per poter capire realmente chi sono i nostri amici
e chi i nemici, per poterli smascherare con prove concrete e non coi soliti slogan "servi dei padroni", ecc.
È da questa analisi che verrà fuori il nostro programma d'azione. I consigli di
fabbrica sono una grossa mistificazione. Con parole d'ordine falsamente libertarie come
"potere all'assemblea" (diretta da loro, evidentemente), "gestione operaia del sindacato della fabbrica",
"al consiglio possono partecipare tutti anche i non iscritti al sindacato" (dopo dovranno iscriversi per
forza
perché la linea che i CdF seguono è quella del sindacato - Grassi, assemblea
S.A.M.P.A.S., 14-9), con
queste parole d'ordine, con questa pseudo-democrazia diretta, i padroni possono recuperare lo
scavalcamento operaio delle burocrazie riformiste. Il sindacato è inserito in questo contesto
appunto per frenare e castrare l'autonomia e la spontaneità (non
lo "spontaneismo" come denigrano i riformisti) operai di fronte agli attacchi del padrone. Del resto gli
inviti ad amare la produzione e le macchine e a lottare ipocritamente e falsamente "per la conservazione
del posto di lavoro" e non per la distruzione dello sfruttamento, parlano da soli. Il consiglio di
fabbrica va rifiutato in blocco, dev'essere distrutto quale creazione sindacale voluta dai
padroni. Bisogna creare dei nuovi organismi che si inseriscano nell'azione e senza poter essere recuperati
da nessuno, e che servano veramente e solamente da coordinamento operaio.
Un compagno operaio della S.A.M.P.A.S.
|