Rivista Anarchica Online
I padroni con il fez
di Emilio Cipriani
La natura economica del fascismo - Il grande capitale e le partecipazioni statali - La nuova classe
- Una ipotesi interpretativa controcorrente
Si fa un gran parlare oggi di fascismo e di pericolo fascista e l'aumento
di seggi del MSI in queste ultime
elezioni sembra aver confermato gli interessati allarmismi della sinistra istituzionale e non.Si fa un gran
parlare di fascismo, ma spesso a sproposito e la parola "fascista" ha ormai più carattere di
insulto (meritato, beninteso!) che di connotazione politica. Rammentiamo questo fatto non
per filologico
amore di proprietà di linguaggio, beninteso, quanto perché una più corretta
conoscenza e comprensione
del fascismo come fenomeno storico, economico e politico è di rilevante importanza ai fini della
comprensione della storia recente europea e delle vicende presenti e dei limiti del "pericolo fascista".Per
comprendere in termini materialistici il fascismo bisogna cercare di individuare la sostanza economica
di quella forma politica, analizzandone i contenuti e gli sviluppi. Bisogna soprattutto liberare il nostro
giudizio da troppi luoghi comuni impartitici da una numerosa schiera di scrittori e saggisti che, pur
dichiarandosi materialisti, ci hanno dato del fascismo un'analisi sviata ed idealistica.
la situazione economico-politica nel primo dopoguerra
La fine della prima guerra mondiale trovò l'economia italiana in una situazione caotica e
gravemente
inflazionata. Si sviluppava altresì un forte movimento popolare caratterizzato da istanze
rivoluzionarie
che, se non riuscì nei suoi intenti, conseguì comunque buoni risultati a livello
sindacale.In questo periodo i lavoratori scrissero una delle pagine più caratterizzanti nel
processo di
emancipazione, con la creazione dei consigli di fabbrica e l'occupazione del 1920. Le carenze insite nel
movimento operaio portarono però ad un riflusso; la rivoluzione potenziale non trovò
sbocchi successivi
e portò ad un senso di generale sfiducia. Tutti questi fermenti ebbero anche l'effetto di dare
vigore, per
reazione, alle forze padronali che vedendo in pericolo i loro privilegi cercarono di arginare la "marea
rossa" che cercava di sommergerli.Anche in Germania si era assistito a fenomeni analoghi con la rivolta
degli spartachisti, la repubblica dei
consigli, ma tutto si era involuto per cause esterne ed interne, nella repubblica di Weimar.L'industria
pesante, in Italia come in Germania, non riusciva ad adeguarsi al nuovo regime post bellico,
abituata com'era ad incassare alti profitti in assenza di concorrenza interna ed estera. Le industrie di beni
di consumo si trovavano in grosse difficoltà a causa del basso potere d'acquisto della
popolazione, di cui
una gran parte era disoccupata e sottoccupata. Il fenomeno più rilevante a cui assistiamo
è la incapacità
delle industrie a darsi un assetto pienamente rispondente alle esigenze espresse dalla produzione.
il fascismo al potere
L'enunciazione schematica di alcune situazioni oggettive ci serve a meglio comprendere la funzione
che
il fascismo ricoprì come momento di salvataggio, ma anche di superamento, del capitalismo in
una sua
fase critica.I capitalisti italiani e tedeschi si trovavano a dover fronteggiare una situazione di rivoluzione
latente, per
di più erano istituzionalmente incapaci di risolvere una crisi economica generalizzata, da loro
stessi
prodotta, che, contrariamente alle congiunture precedenti, non si risolveva con i mezzi che fino ad allora
si erano mostrati efficaci.I capitalisti credettero di risolvere questo problema finanziando e spianando
la strada verso il governo
alle bande fasciste. Tutto questo non avveniva a caso: i capitalisti intendevano usare in modo
strumentale
i fascisti per riguadagnare le posizioni perdute. Volenti o nolenti quella era la strada che dovevano
imboccare.Non che ignorassero i pericoli cui andavano incontro, ma tra una rivoluzione di tipo
bolscevico
(possibile) e una soluzione di tipo fascista preferirono quest'ultima.In effetti la prima soluzione li avrebbe
eliminati sia come funzione sia come persone fisiche mentre la
seconda prometteva di garantirgli un futuro se non eccessivamente facile perlomeno accettabile.Queste
erano le uniche due alternative che il regime liberale aveva inconsciamente prodotto. Cosa
importa se in Italia il fascismo si affermò prendendo il potere come minoranza compatta ed
agguerrita
che riuscì ad imporsi contro il volere della maggioranza oppure se, come in Germania, fu la crisi
del 1929
ad indicare con urgenza la soluzione autoritaria dell'economia e Hitler andò al governo non con
una
marcia su Berlino ma con il suffragio di oltre il 40% dei voti? L'essenziale nella storia sono i fatti, non
le intenzioni o i desideri.
l'economia fascista
Il fascismo al potere, grazie all'aiuto delle forze capitalistiche latifondiarie, fu un docile esecutore
delle
istanze dei suoi sostenitori? Crediamo proprio di no.Nonostante inizialmente le risoluzioni prese
ridessero vigore all'industria privata, ben presto tutto il
sistema economico volse verso la statizzazione.Il fascismo, sia in Italia che in Germania, si pose in
campo economico l'obiettivo principale di guidare
l'economia.È concepibile definire difensore del capitalismo un regime che si propone il
superamento del liberalismo
capitalistico con l'ingerenza sempre più forte dello stato nell'economia?La tendenza inizialmente
capitalistica del fascismo, i suoi legami, i suoi sostenitori non devono trarci in
inganno. Ci troviamo dinanzi ad una nuova classe dirigente che tende al predominio assoluto e che, a
causa della sua debolezza iniziale, è costretta ad appoggiarsi ai vecchi dirigenti.Quasi tutti i
passaggi di potere sono avvenuti in questa forma; è la stessa classe dirigente che forma nei
suoi più diretti collaboratori i germi del nuovo potere che la soppianterà.Questa
verità è riconosciuta anche dagli stessi fascisti, infatti una mozione votata da un
congresso di
sindacati fascisti nell'ottobre 1927 è così formulata: "La legge dinamica della storia
sociale consiste più
che in una irriducibile lotta fra le classi... in una lotta di capacità, vale a dire nella lotta condotta
da
gruppi di categorie sociali che acquistano la capacità di assurgere a funzioni di direzione contro
gruppi
di categorie che stanno perdendo tale capacità".E lo stesso Hitler in "Mein Kampf" formulava
tale regola, anche se in modo meno compiuto: "Occorre
fare in modo che le classi superiori vengano continuamente rinnovate da un apporto di sangue fresco
proveniente dalle classi inferiori".I fascisti tendevano in definitiva a soppiantare la classe capitalistica
che li aveva portati al potere. Essi
esprimevano un'esigenza nuova, erano portatori di un nuovo modo di sfruttamento non più
legato alla
proprietà privata dei mezzi di produzione.Per poter attuare questo passaggio di potere era
necessario isolare l'economia nazionale: l'autarchia.Otto Strasser scrive (1): "L'autarchia è il
mezzo attraverso il quale si perviene a una nuova forma di
economia, slegata dalla domanda e dalla offerta, dove i prezzi e le quantità prodotte sono
determinati
dallo stato. Dove la moneta all'interno è slegata dall'oro per valorizzare il lavoro in antitesi al
capitale,
dove le esportazioni regolate dallo stesso possono concorrere in condizioni privilegiate nei confronti
delle merci esportate dai paesi capitalisti ove necessita un profitto".Cosa c'è di capitalistico in
questo programma, come si può seriamente credere che il capitalismo si possa
salvare con risoluzioni così lontane dalle istituzioni liberistiche?Mano a mano che il processo
si sviluppa vediamo sempre più chiaramente la configurazione di questa
nuova classe che, sviluppatasi ai margini e in seno alla vecchia classe capitalistica, riduce sempre
più il
potere di quest'ultima adottando provvedimenti economici che non intaccano i dividendi ma tolgono di
fatto il controllo delle imprese ai loro proprietari (2).Nel 1927 e ancor più nel 1929 (3) si
sottomette l'apertura di nuove imprese di una certa importanza
all'autorizzazione del governo. Si costringono le imprese dello stesso ramo a creare consorzi obbligatori
per regolamentare la produzione e la concorrenza (4); in Germania divengono obbligatori i trusts e i
cartelli (5).Questo è il primo passo importante dell'intervento statale nell'economia.Ma la forma
di controllo statale escogitata dal fascismo senza ricorrere alle nazionalizzazioni (che
peraltro vennero effettuate, anche se in misura non elevata) è la compartecipazione
finanziaria.È questo un espediente molto efficace sotto molti punti di vista. Nominalmente non
si cambia la forma
di proprietà e nel contempo si ottiene la possibilità da parte dello stato di gestire
l'impresa senza
intervenire in prima persona.Assistiamo alla creazione di Enti creati dallo stato per partecipare nelle
imprese; i più significativi (e
tuttora in vita) sono l'IMI (Istituto Mobiliare Italiano) e l'IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale)
(6).Sta in questa formula il carattere più significativo del fascismo e cioè svuotare il
capitalismo di contenuti
mantenendo la forma: fornire capitali, assumere le decisioni imprenditoriali, accollarsi rischi e ricercare
le ordinazioni. Tutte queste funzioni che sono tra le più importanti del capitalismo vengono
assunte dallo
stato.Questa politica di intervento trova il suo coronamento finanziario nel marzo del 1936 quando la
Banca
Commerciale, il Credito Italiano e il Banco di Roma divengono "Istituti di diritto pubblico" come la
Banca d'Italia.La forza più avanzata dell'economia fascista rimane comunque l'I.R.I., sempre
più presente nei centri
vitali dell'industria, che nell'aprile del 1937 acquista pacchetti azionari equivalenti ad oltre il 50% delle
società Ansaldo, Odero, Terni, Orlando, United Shipyards of the Adriatic. Nel giugno, sempre
sotto gli
auspici dell'I.R.I., si costituisce la Società Finanziaria Siderurgica con un capitale di 900 milioni
a cui
partecipano anche i complessi Ilva, Terni, Dalmine.Nel 1934 Mussolini dichiara: "I tre quarti
dell'economia italiana sono controllati dallo stato. Se volessi
instaurare in Italia il capitalismo di stato o il socialismo avrei oggi le condizioni necessarie, sufficienti
ed oggettive per farlo (7)".L'ingerenza dello stato è ugualmente marcata anche in Germania
dove nel 1939 le attività dirette statali
(senza contare quelle indirette tramite le partecipazioni di maggioranza) rappresentano il 50% del
reddito
nazionale lordo.Questi ultimi esempi servono meglio di qualsiasi discorso a farci capire il carattere non
capitalistico del
fascismo.
le componenti essenziali del fascismo
Abbiamo visto come il fascismo da iniziale difensore delle istituzioni capitalistiche sia sempre
più passato
(parallelamente allo stabilizzarsi del proprio potere) ad adottare misure anti capitalistiche, quali lo stato
finanziatore che di fatto toglieva spazio ai capitalisti annullando una delle loro funzioni peculiari:
l'apporto di capitali; toglieva spazio ai capitalisti con una rigida programmazione (8) e con l'istituzione
di cartelli e trusts obbligatori che annullavano altre loro specifiche funzioni, cioè
l'imprenditorialità e la
concorrenza. Si assumeva i rischi per i prodotti fabbricati su indicazione statale. In definitiva riduceva
la classe capitalistica ad un insieme di individui percettori di rendita.Ora, le caratteristiche di una classe
sociale sono legate alla sua funzione sociale ed alla sua stessa
esistenza come classe e pertanto la perdita delle sue caratteristiche essenziali significa anche scomparsa
della classe stessa in termini sociali ed economici.Quindi se durante il fascismo molte delle funzioni
proprie dei capitalisti vennero assunte dallo stato, ciò
significa che lo stato fascista non era più lo stato liberale vestito con la camicia nera ma era
qualcosa di
diverso.Lo stato liberale si era contraddistinto unicamente come apparato di difesa dei privilegi
capitalisti non
intervenendo quasi mai in economia; lo stato fascista al contrario nell'economia vi intervenne, è
con
mano pesante.Acquistare la maggioranza del pacchetto azionario di una società in dissesto e
farla funzionare in regime
autarchico, con protezioni doganali, con una politica di dumping, lasciandone inalterata la struttura
formale di impresa capitalistica può sembrare superficialmente un'operazione di puro e semplice
salvataggio della barca capitalistica che fa acqua, in realtà significa iniziare un processo di
inserimento
nel contesto produttivo che usa strumentalmente le difficoltà altrui.
la nuova classe
Se lo stato non faceva più gli interessi della classe capitalistica significava che la classe
dominante era
un'altra. Quest'ultima però non aveva ancora raggiunto il predominio assoluto e risultano
così
comprensibili i tentennamenti, la volontà di non modificare la forma; si trattava di completare
una
operazione di cambio di potere in forma semi indolore per la vecchia classe.Le forze sociali che
componevano questa nuova classe erano gli strati della piccola borghesia
intellettuale, sviluppata con l'estendersi delle proporzioni dell'impresa capitalistica, inserita a livello
dirigenziale subordinato nel processo produttivo e distributivo. L'estensione dei mercati, l'ingigantirsi
delle imprese, la trasformazione in società per azioni, avevano messo nella impossibilità
l'imprenditore
di seguire tutta la complessità dei processi produttivi, la distribuzione sempre più
allargata delle merci,
cosicché si era creata una sempre più folta schiera di collaboratori a livello dirigenziale.
Queste forze
economiche erano (e sono) contraddistinte dalla conoscenza dei processi produttivi e distributivi, quindi
dalla capacità di dirigere l'impresa collettivamente anche se non ne detengono la
proprietà (9).Il mezzo per poter predominare è quindi accedere anche al controllo di
diritto, non solo di fatto, dei
mezzi di produzione. L'ingerenza dello stato nell'economia sia tramite le nazionalizzazioni sia tramite
le
compartecipazioni finanziarie è il metodo più efficace visto che gli appartenenti a questa
nuova classe
sono, per le loro funzioni, insediati nella burocrazia statale, parastatale e privata (10).Lo stato padrone
di tutto significa dare la proprietà a chi lo stato lo dirige cioè ai funzionari statali.Ai
capitalisti lo stato serviva unicamente come difensore della proprietà privata; ai burocrati fascisti
serviva come padrone e controllore di tutte le ricchezze per essere essi, in realtà, i padroni e i
controllori.Questi obiettivi sono già sufficientemente indicati da Gregor Strasser: "i marxisti
hanno ragione di
rivendicare la proprietà dei mezzi di produzione ma non è una sola classe - sia pure la
classe operaia -
che ne deve avere la proprietà, bensì tutta la nazione. Occorre distinguere tra
proprietà e possesso. Solo
la comunità popolare deve avere la proprietà delle ricchezze nazionali; i singoli non
possono esserne che
i depositari ed essi ne debbono rispondere alla collettività. In tal modo il possesso delle
ricchezze non
è immediatamente in causa ma nulla si può affermare per l'avvenire: poiché la
nazione è la sola
proprietaria ognuno può sperare che un giorno la ripartizione dei "feudi" tra i "vassalli" possa
essere
modificata (11)".Otto Strasser si spinge ancor più lontano del fratello. Egli propone che ogni
"compagno del popolo"
divenga co-possessore dell'economia tedesca. Per questo è sufficiente che lo stato, solo
proprietario della
ricchezza nazionale, affidi come "feudo" a ciascun imprenditore la propria impresa dietro versamento
di un'imposta pagabile in cinque o dieci anni. L'impresa è inalienabile. Il possesso, la direzione,
i benefici
dell'impresa vengono divisi in tre parti da assegnarsi rispettivamente all'imprenditore, al personale e allo
stato. Il diritto di eredità viene limitato: se il possessore di un bene muore senza avere un erede
maschio
giudicato idoneo a succedergli, il feudo ritorna alla comunità popolare (12).A parte la retorica
del termine "comunità popolare" il programma è chiaro e preciso: spossessare i
proprietari e attribuire nuovi privilegi.Le soluzioni e le prospettive economiche di cui era portatrice la
burocrazia fascista sono a ben vedere
le stesse, anzi potenziate ed ampliate, del centro sinistra attuale. L'I.R.I. è oggi, ancor
più di allora, uno
dei centri focali dell'economia italiana, la programmazione economica è più incisiva, lo
stato finanziatore
ha moltiplicato le sue partecipazioni, tutte le strutture che abbiamo definito caratterizzanti dell'economia
fascista sono intatte e sviluppate.Cosa significa tutto ciò se non che la scalata al potere della
tecnoburocrazia, iniziata con il fascismo, ha
ripreso la sua strada dopo la guerra etichettandosi in maniera diversa?
Emilio Cipriani
(1) Otto Strasser - Aufbau des deusches Sozialismus (La costruzione del socialismo
tedesco). (2) Non dimentichiamo il caso di Valletta che fungeva nella Fiat da intermediario tra il
potere fascista
e la famiglia Agnelli. Dove il fascismo non riusciva ad eliminare i capitalisti insediava i propri uomini
con
funzioni dirigenziali. È il caso anche della Solvay, società con capitale estero che
dovette accettare nel
proprio staff dirigenziale uomini di fiducia del regime. (3) Decreto legge 3 novembre 1927 e legge
18 novembre 1929. (4) Legge 16 giugno 1932. (5) Legge 15 luglio 1933. (6) Nell'ottobre
1931 viene costituita la Sofindit (Società per il finanziamento dell'industria italiana) con
capitale di L. 500 milioni nel novembre 1931 l'IMI con capitale di L. 500 milioni; nel gennaio 1933
l'IRI. (7) Mussolini, discorso del 26 maggio 1934. (8) Cf. Ugo Spirito - L'economia
programmatica, Firenze, 1933. (9) Cf. Bruno Rizzi - La burocratisation du monde - Paris 1939 (in
italiano - Il collettivo burocratico.
Ed . Galleati 1967). (10) Si può riscontrare lo sviluppo della classe tecnoburocratica anche
da leggi e regolamenti come
quello dell'ottobre 1937 in Germania, con cui vennero sciolte tutte le società con capitale
inferiore a $
40.000 e venne proibito di crearne di nuove con capitale inferiore a $200.000. Questo indirizzo
economico è tipicamente manageriale, dato che nelle grandi imprese la figura dell'imprenditore
tende ad
eclissarsi. (11) Gregor Strasser - Kampf um Deutschland (Battaglia per la Germania). (12) Otto
Strasser - Op. Cit.
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