Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 2 nr. 13
giugno 1972


Rivista Anarchica Online

I padroni con il fez
di Emilio Cipriani

La natura economica del fascismo - Il grande capitale e le partecipazioni statali - La nuova classe - Una ipotesi interpretativa controcorrente

Si fa un gran parlare oggi di fascismo e di pericolo fascista e l'aumento di seggi del MSI in queste ultime elezioni sembra aver confermato gli interessati allarmismi della sinistra istituzionale e non.Si fa un gran parlare di fascismo, ma spesso a sproposito e la parola "fascista" ha ormai più carattere di insulto (meritato, beninteso!) che di connotazione politica. Rammentiamo questo fatto non per filologico amore di proprietà di linguaggio, beninteso, quanto perché una più corretta conoscenza e comprensione del fascismo come fenomeno storico, economico e politico è di rilevante importanza ai fini della comprensione della storia recente europea e delle vicende presenti e dei limiti del "pericolo fascista".Per comprendere in termini materialistici il fascismo bisogna cercare di individuare la sostanza economica di quella forma politica, analizzandone i contenuti e gli sviluppi. Bisogna soprattutto liberare il nostro giudizio da troppi luoghi comuni impartitici da una numerosa schiera di scrittori e saggisti che, pur dichiarandosi materialisti, ci hanno dato del fascismo un'analisi sviata ed idealistica.

la situazione economico-politica nel primo dopoguerra

La fine della prima guerra mondiale trovò l'economia italiana in una situazione caotica e gravemente inflazionata. Si sviluppava altresì un forte movimento popolare caratterizzato da istanze rivoluzionarie che, se non riuscì nei suoi intenti, conseguì comunque buoni risultati a livello sindacale.In questo periodo i lavoratori scrissero una delle pagine più caratterizzanti nel processo di emancipazione, con la creazione dei consigli di fabbrica e l'occupazione del 1920. Le carenze insite nel movimento operaio portarono però ad un riflusso; la rivoluzione potenziale non trovò sbocchi successivi e portò ad un senso di generale sfiducia. Tutti questi fermenti ebbero anche l'effetto di dare vigore, per reazione, alle forze padronali che vedendo in pericolo i loro privilegi cercarono di arginare la "marea rossa" che cercava di sommergerli.Anche in Germania si era assistito a fenomeni analoghi con la rivolta degli spartachisti, la repubblica dei consigli, ma tutto si era involuto per cause esterne ed interne, nella repubblica di Weimar.L'industria pesante, in Italia come in Germania, non riusciva ad adeguarsi al nuovo regime post bellico, abituata com'era ad incassare alti profitti in assenza di concorrenza interna ed estera. Le industrie di beni di consumo si trovavano in grosse difficoltà a causa del basso potere d'acquisto della popolazione, di cui una gran parte era disoccupata e sottoccupata. Il fenomeno più rilevante a cui assistiamo è la incapacità delle industrie a darsi un assetto pienamente rispondente alle esigenze espresse dalla produzione.

il fascismo al potere

L'enunciazione schematica di alcune situazioni oggettive ci serve a meglio comprendere la funzione che il fascismo ricoprì come momento di salvataggio, ma anche di superamento, del capitalismo in una sua fase critica.I capitalisti italiani e tedeschi si trovavano a dover fronteggiare una situazione di rivoluzione latente, per di più erano istituzionalmente incapaci di risolvere una crisi economica generalizzata, da loro stessi prodotta, che, contrariamente alle congiunture precedenti, non si risolveva con i mezzi che fino ad allora si erano mostrati efficaci.I capitalisti credettero di risolvere questo problema finanziando e spianando la strada verso il governo alle bande fasciste. Tutto questo non avveniva a caso: i capitalisti intendevano usare in modo strumentale i fascisti per riguadagnare le posizioni perdute. Volenti o nolenti quella era la strada che dovevano imboccare.Non che ignorassero i pericoli cui andavano incontro, ma tra una rivoluzione di tipo bolscevico (possibile) e una soluzione di tipo fascista preferirono quest'ultima.In effetti la prima soluzione li avrebbe eliminati sia come funzione sia come persone fisiche mentre la seconda prometteva di garantirgli un futuro se non eccessivamente facile perlomeno accettabile.Queste erano le uniche due alternative che il regime liberale aveva inconsciamente prodotto. Cosa importa se in Italia il fascismo si affermò prendendo il potere come minoranza compatta ed agguerrita che riuscì ad imporsi contro il volere della maggioranza oppure se, come in Germania, fu la crisi del 1929 ad indicare con urgenza la soluzione autoritaria dell'economia e Hitler andò al governo non con una marcia su Berlino ma con il suffragio di oltre il 40% dei voti? L'essenziale nella storia sono i fatti, non le intenzioni o i desideri.

l'economia fascista

Il fascismo al potere, grazie all'aiuto delle forze capitalistiche latifondiarie, fu un docile esecutore delle istanze dei suoi sostenitori? Crediamo proprio di no.Nonostante inizialmente le risoluzioni prese ridessero vigore all'industria privata, ben presto tutto il sistema economico volse verso la statizzazione.Il fascismo, sia in Italia che in Germania, si pose in campo economico l'obiettivo principale di guidare l'economia.È concepibile definire difensore del capitalismo un regime che si propone il superamento del liberalismo capitalistico con l'ingerenza sempre più forte dello stato nell'economia?La tendenza inizialmente capitalistica del fascismo, i suoi legami, i suoi sostenitori non devono trarci in inganno. Ci troviamo dinanzi ad una nuova classe dirigente che tende al predominio assoluto e che, a causa della sua debolezza iniziale, è costretta ad appoggiarsi ai vecchi dirigenti.Quasi tutti i passaggi di potere sono avvenuti in questa forma; è la stessa classe dirigente che forma nei suoi più diretti collaboratori i germi del nuovo potere che la soppianterà.Questa verità è riconosciuta anche dagli stessi fascisti, infatti una mozione votata da un congresso di sindacati fascisti nell'ottobre 1927 è così formulata: "La legge dinamica della storia sociale consiste più che in una irriducibile lotta fra le classi... in una lotta di capacità, vale a dire nella lotta condotta da gruppi di categorie sociali che acquistano la capacità di assurgere a funzioni di direzione contro gruppi di categorie che stanno perdendo tale capacità".E lo stesso Hitler in "Mein Kampf" formulava tale regola, anche se in modo meno compiuto: "Occorre fare in modo che le classi superiori vengano continuamente rinnovate da un apporto di sangue fresco proveniente dalle classi inferiori".I fascisti tendevano in definitiva a soppiantare la classe capitalistica che li aveva portati al potere. Essi esprimevano un'esigenza nuova, erano portatori di un nuovo modo di sfruttamento non più legato alla proprietà privata dei mezzi di produzione.Per poter attuare questo passaggio di potere era necessario isolare l'economia nazionale: l'autarchia.Otto Strasser scrive (1): "L'autarchia è il mezzo attraverso il quale si perviene a una nuova forma di economia, slegata dalla domanda e dalla offerta, dove i prezzi e le quantità prodotte sono determinati dallo stato. Dove la moneta all'interno è slegata dall'oro per valorizzare il lavoro in antitesi al capitale, dove le esportazioni regolate dallo stesso possono concorrere in condizioni privilegiate nei confronti delle merci esportate dai paesi capitalisti ove necessita un profitto".Cosa c'è di capitalistico in questo programma, come si può seriamente credere che il capitalismo si possa salvare con risoluzioni così lontane dalle istituzioni liberistiche?Mano a mano che il processo si sviluppa vediamo sempre più chiaramente la configurazione di questa nuova classe che, sviluppatasi ai margini e in seno alla vecchia classe capitalistica, riduce sempre più il potere di quest'ultima adottando provvedimenti economici che non intaccano i dividendi ma tolgono di fatto il controllo delle imprese ai loro proprietari (2).Nel 1927 e ancor più nel 1929 (3) si sottomette l'apertura di nuove imprese di una certa importanza all'autorizzazione del governo. Si costringono le imprese dello stesso ramo a creare consorzi obbligatori per regolamentare la produzione e la concorrenza (4); in Germania divengono obbligatori i trusts e i cartelli (5).Questo è il primo passo importante dell'intervento statale nell'economia.Ma la forma di controllo statale escogitata dal fascismo senza ricorrere alle nazionalizzazioni (che peraltro vennero effettuate, anche se in misura non elevata) è la compartecipazione finanziaria.È questo un espediente molto efficace sotto molti punti di vista. Nominalmente non si cambia la forma di proprietà e nel contempo si ottiene la possibilità da parte dello stato di gestire l'impresa senza intervenire in prima persona.Assistiamo alla creazione di Enti creati dallo stato per partecipare nelle imprese; i più significativi (e tuttora in vita) sono l'IMI (Istituto Mobiliare Italiano) e l'IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale) (6).Sta in questa formula il carattere più significativo del fascismo e cioè svuotare il capitalismo di contenuti mantenendo la forma: fornire capitali, assumere le decisioni imprenditoriali, accollarsi rischi e ricercare le ordinazioni. Tutte queste funzioni che sono tra le più importanti del capitalismo vengono assunte dallo stato.Questa politica di intervento trova il suo coronamento finanziario nel marzo del 1936 quando la Banca Commerciale, il Credito Italiano e il Banco di Roma divengono "Istituti di diritto pubblico" come la Banca d'Italia.La forza più avanzata dell'economia fascista rimane comunque l'I.R.I., sempre più presente nei centri vitali dell'industria, che nell'aprile del 1937 acquista pacchetti azionari equivalenti ad oltre il 50% delle società Ansaldo, Odero, Terni, Orlando, United Shipyards of the Adriatic. Nel giugno, sempre sotto gli auspici dell'I.R.I., si costituisce la Società Finanziaria Siderurgica con un capitale di 900 milioni a cui partecipano anche i complessi Ilva, Terni, Dalmine.Nel 1934 Mussolini dichiara: "I tre quarti dell'economia italiana sono controllati dallo stato. Se volessi instaurare in Italia il capitalismo di stato o il socialismo avrei oggi le condizioni necessarie, sufficienti ed oggettive per farlo (7)".L'ingerenza dello stato è ugualmente marcata anche in Germania dove nel 1939 le attività dirette statali (senza contare quelle indirette tramite le partecipazioni di maggioranza) rappresentano il 50% del reddito nazionale lordo.Questi ultimi esempi servono meglio di qualsiasi discorso a farci capire il carattere non capitalistico del fascismo.

le componenti essenziali del fascismo

Abbiamo visto come il fascismo da iniziale difensore delle istituzioni capitalistiche sia sempre più passato (parallelamente allo stabilizzarsi del proprio potere) ad adottare misure anti capitalistiche, quali lo stato finanziatore che di fatto toglieva spazio ai capitalisti annullando una delle loro funzioni peculiari: l'apporto di capitali; toglieva spazio ai capitalisti con una rigida programmazione (8) e con l'istituzione di cartelli e trusts obbligatori che annullavano altre loro specifiche funzioni, cioè l'imprenditorialità e la concorrenza. Si assumeva i rischi per i prodotti fabbricati su indicazione statale. In definitiva riduceva la classe capitalistica ad un insieme di individui percettori di rendita.Ora, le caratteristiche di una classe sociale sono legate alla sua funzione sociale ed alla sua stessa esistenza come classe e pertanto la perdita delle sue caratteristiche essenziali significa anche scomparsa della classe stessa in termini sociali ed economici.Quindi se durante il fascismo molte delle funzioni proprie dei capitalisti vennero assunte dallo stato, ciò significa che lo stato fascista non era più lo stato liberale vestito con la camicia nera ma era qualcosa di diverso.Lo stato liberale si era contraddistinto unicamente come apparato di difesa dei privilegi capitalisti non intervenendo quasi mai in economia; lo stato fascista al contrario nell'economia vi intervenne, è con mano pesante.Acquistare la maggioranza del pacchetto azionario di una società in dissesto e farla funzionare in regime autarchico, con protezioni doganali, con una politica di dumping, lasciandone inalterata la struttura formale di impresa capitalistica può sembrare superficialmente un'operazione di puro e semplice salvataggio della barca capitalistica che fa acqua, in realtà significa iniziare un processo di inserimento nel contesto produttivo che usa strumentalmente le difficoltà altrui.

la nuova classe

Se lo stato non faceva più gli interessi della classe capitalistica significava che la classe dominante era un'altra. Quest'ultima però non aveva ancora raggiunto il predominio assoluto e risultano così comprensibili i tentennamenti, la volontà di non modificare la forma; si trattava di completare una operazione di cambio di potere in forma semi indolore per la vecchia classe.Le forze sociali che componevano questa nuova classe erano gli strati della piccola borghesia intellettuale, sviluppata con l'estendersi delle proporzioni dell'impresa capitalistica, inserita a livello dirigenziale subordinato nel processo produttivo e distributivo. L'estensione dei mercati, l'ingigantirsi delle imprese, la trasformazione in società per azioni, avevano messo nella impossibilità l'imprenditore di seguire tutta la complessità dei processi produttivi, la distribuzione sempre più allargata delle merci, cosicché si era creata una sempre più folta schiera di collaboratori a livello dirigenziale. Queste forze economiche erano (e sono) contraddistinte dalla conoscenza dei processi produttivi e distributivi, quindi dalla capacità di dirigere l'impresa collettivamente anche se non ne detengono la proprietà (9).Il mezzo per poter predominare è quindi accedere anche al controllo di diritto, non solo di fatto, dei mezzi di produzione. L'ingerenza dello stato nell'economia sia tramite le nazionalizzazioni sia tramite le compartecipazioni finanziarie è il metodo più efficace visto che gli appartenenti a questa nuova classe sono, per le loro funzioni, insediati nella burocrazia statale, parastatale e privata (10).Lo stato padrone di tutto significa dare la proprietà a chi lo stato lo dirige cioè ai funzionari statali.Ai capitalisti lo stato serviva unicamente come difensore della proprietà privata; ai burocrati fascisti serviva come padrone e controllore di tutte le ricchezze per essere essi, in realtà, i padroni e i controllori.Questi obiettivi sono già sufficientemente indicati da Gregor Strasser: "i marxisti hanno ragione di rivendicare la proprietà dei mezzi di produzione ma non è una sola classe - sia pure la classe operaia - che ne deve avere la proprietà, bensì tutta la nazione. Occorre distinguere tra proprietà e possesso. Solo la comunità popolare deve avere la proprietà delle ricchezze nazionali; i singoli non possono esserne che i depositari ed essi ne debbono rispondere alla collettività. In tal modo il possesso delle ricchezze non è immediatamente in causa ma nulla si può affermare per l'avvenire: poiché la nazione è la sola proprietaria ognuno può sperare che un giorno la ripartizione dei "feudi" tra i "vassalli" possa essere modificata (11)".Otto Strasser si spinge ancor più lontano del fratello. Egli propone che ogni "compagno del popolo" divenga co-possessore dell'economia tedesca. Per questo è sufficiente che lo stato, solo proprietario della ricchezza nazionale, affidi come "feudo" a ciascun imprenditore la propria impresa dietro versamento di un'imposta pagabile in cinque o dieci anni. L'impresa è inalienabile. Il possesso, la direzione, i benefici dell'impresa vengono divisi in tre parti da assegnarsi rispettivamente all'imprenditore, al personale e allo stato. Il diritto di eredità viene limitato: se il possessore di un bene muore senza avere un erede maschio giudicato idoneo a succedergli, il feudo ritorna alla comunità popolare (12).A parte la retorica del termine "comunità popolare" il programma è chiaro e preciso: spossessare i proprietari e attribuire nuovi privilegi.Le soluzioni e le prospettive economiche di cui era portatrice la burocrazia fascista sono a ben vedere le stesse, anzi potenziate ed ampliate, del centro sinistra attuale. L'I.R.I. è oggi, ancor più di allora, uno dei centri focali dell'economia italiana, la programmazione economica è più incisiva, lo stato finanziatore ha moltiplicato le sue partecipazioni, tutte le strutture che abbiamo definito caratterizzanti dell'economia fascista sono intatte e sviluppate.Cosa significa tutto ciò se non che la scalata al potere della tecnoburocrazia, iniziata con il fascismo, ha ripreso la sua strada dopo la guerra etichettandosi in maniera diversa?

Emilio Cipriani

(1) Otto Strasser - Aufbau des deusches Sozialismus (La costruzione del socialismo tedesco).
(2) Non dimentichiamo il caso di Valletta che fungeva nella Fiat da intermediario tra il potere fascista e la famiglia Agnelli. Dove il fascismo non riusciva ad eliminare i capitalisti insediava i propri uomini con funzioni dirigenziali. È il caso anche della Solvay, società con capitale estero che dovette accettare nel proprio staff dirigenziale uomini di fiducia del regime.
(3) Decreto legge 3 novembre 1927 e legge 18 novembre 1929.
(4) Legge 16 giugno 1932.
(5) Legge 15 luglio 1933.
(6) Nell'ottobre 1931 viene costituita la Sofindit (Società per il finanziamento dell'industria italiana) con capitale di L. 500 milioni nel novembre 1931 l'IMI con capitale di L. 500 milioni; nel gennaio 1933 l'IRI.
(7) Mussolini, discorso del 26 maggio 1934.
(8) Cf. Ugo Spirito - L'economia programmatica, Firenze, 1933.
(9) Cf. Bruno Rizzi - La burocratisation du monde - Paris 1939 (in italiano - Il collettivo burocratico. Ed . Galleati 1967).
(10) Si può riscontrare lo sviluppo della classe tecnoburocratica anche da leggi e regolamenti come quello dell'ottobre 1937 in Germania, con cui vennero sciolte tutte le società con capitale inferiore a $ 40.000 e venne proibito di crearne di nuove con capitale inferiore a $200.000. Questo indirizzo economico è tipicamente manageriale, dato che nelle grandi imprese la figura dell'imprenditore tende ad eclissarsi.
(11) Gregor Strasser - Kampf um Deutschland (Battaglia per la Germania).
(12) Otto Strasser - Op. Cit.