Rivista Anarchica Online
Eugenio Cefis: il feudatario ribelle
a cura della Redazione
Eugenio Cefis, il tanto chiacchierato presidente della Montedison, mostra
ogni giorno di più le sue
tendenze autonomistiche. Cefis, uomo formatosi negli apparati economici dello stato (ENI, ecc.),
logicamente avrebbe dovuto
essere nella grande industria chimica a partecipazione statale e privata, un mandatario del Parlamento
che spostasse sempre più l'indirizzo dell'azienda verso una gestione pubblica. Ma Cefis è
divenuto
presidente della Montedison anche attraverso operazioni finanziarie che l'ENI, sotto la sua direzione,
aveva fatto in quella società per un valore complessivo di 120 miliardi. Giunto nella posizione
di potere,
ha iniziato operazioni finanziarie e di intervento miranti a rendere lui e il suo staff dirigente sempre
più
autonomo sia dal Parlamento sia dai capitalisti. Tutto questo soprattutto con ben congegnate operazioni
di possesso incrociato di azioni. Già nell'operazione Bastogi (cf. A n.8) e in quelle successive
(cf. A n.9)
avevamo indicato questa linea di tendenza della gestione Cefis nella Montedison. Oggi egli chiede
finanziamenti agevolati, sovvenzioni, contributi a fondo perduto per un totale di 1.800
miliardi, di cui 800 per gli investimenti nel sud, 400 per quelli del nord e 170 per risanare la Snia
Viscosa. Inoltre vuole costituire una holding al 50% con l'ENI per controllare il settore delle fibre ed
un'altra holding, sempre al 50% con l'ENI, per controllare le ricerche nel settore della chimica fine e
della
farmaceutica. In cambio di tutto questo Cefis non dà nulla, anzi chiede che il Governo autorizzi,
per la
parte di capitale pubblico, un'operazione di svalutazione del capitale sociale della Montedison. Chiede
cioè di annullare una parte del capitale impiegato dallo stato e dai privati. La Montedison sta
diventando
sempre più uno stato nello stato e sempre più sta aumentando la propria autonomia; si
emancipa dal
vassallaggio economico e politico e impone, con l'aiuto strumentale di forze politiche conservatrici
(dorotei, fanfaniani, ecc.) un programma essenzialmente rinnovatore per quanto riguarda gli equilibri
di
potere. Cefis è sempre meno un funzionario dei padroni ed è sempre più
un tecnocrate, nell'accezione più
completa del termine. Un tecnocrate che, limitato dalla natura giuridica del rapporto di
proprietà, supera
questo ostacolo con i mezzi giuridici che la società attuale gli offre, il tutto in visione di uno
sganciamento dai controlli dei suoi mandanti per l'affermazione di fatto oggi, e di diritto domani, del
nuovo assetto di potere. Perché con il superamento, anche a livello istituzionale, della
proprietà privata
dei mezzi di produzione si rafforza e si istituzionalizza il potere della nuova classe dirigente di cui
Eugenio Cefis è un alfiere.
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