Rivista Anarchica Online
Figli dell'officina...
di R. D. L.
L'esperienza storica dell'anarcosindacalismo italiano organizzato nell'U.S.I.
Già nel 1943, nell'esilio e soprattutto al confino, nell'ambito degli
accordi stretti tra gli esponenti dei
partiti e dei movimenti antifascisti, venne concordato di ricostruire, alla caduta del fascismo, un solo
sindacato, un sindacato unitario. Anche gli anarchici parteciparono a questo accordo,
rinunciando a
ricostruire l'U.S.I., il sindacato libertario e rivoluzionario che negli anni precedenti l'avvento del fascismo
aveva organizzato fino a mezzo milione di lavoratori. Con questo accordo gli anarchici segnarono
forse la morte dell'anarcosindacalismo organizzato in Italia,
in generoso ingenuo omaggio ad una "unità" che si rivelò presto illusoria (unità
tattica di vertici e non
unità degli sfruttati), sin dai primi anni del post fascismo. Tanto che nel 1950 uscirono dalla
CGIL
unitaria i cattolici per formare la CISL e i repubblicani e socialdemocratici per formare la UIL; la CGIL
rimase uno strumento del PCI. Addio unità di classe, ma addio anche anarcosindacalismo.
Quando un pugno di anarcosindacalisti
ricostituiscono l'U.S.I. nel 1952 non riuscirono a riorganizzare molto di più che loro stessi.
Questi tardivi
pionieri dell'U.S.I. post bellica non sono neppure tutta la corrente rivoluzionaria e libertaria della CGIL
(ed anzi forse una minoranza) perché un gran numero di anarcosindacalisti restano nella centrale
sindacale social-comunista a continuare l'esperienza pseudo unitaria, organizzati in corrente con il nome
di "corrente anarchica di difesa sindacale". Nel giro di pochi anni anche questa coda di esperienza si
compie in modo fallimentare ed i suoi protagonisti lasciarono sfiduciati la militanza nel movimento
operaio (i più), oppure si trasformano o si lasciano trasformare quasi involontariamente in
burocrati
sindacali. Ma neppure ha molto più successo l'esperimento U.S.I.. Perso probabilmente il
"treno" dei momenti post
bellici più favorevoli, il fantasma dell'unione anarcosindacalista riesce a racimolare qualche
nucleo
consistente (ma non più di qualche centinaio di militanti, sempre l'ombra dell'antica forza) solo
nelle due
zone tradizionali di Genova-Sestri (tra i metallurgici) e Carrara (tra i cavatori). La dedizione
appassionata e tenace di alcuni vecchi militanti non basta che a conservare in vita faticosamente questo
simulacro di Unione Sindacale che, anziché crescere, negli anni cinquanta e sessanta va ancora
più
estinguendosi. Quando, alla fine degli anni sessanta, ritorna alla ribalta, grazie al rifiorire della ribellione
e della combattività di consistenti minoranze operaie, tutta la tematica anarcosindacalista (critica
della
arrendevolezza delle centrali sindacali "riformiste", critica del burocratismo e del verticismo, riscoperta
della "contestazione globale" del sistema, riscoperta della democrazia diretta, dell'organizzazione
autonoma di base, ecc.) viene raccolta strumentalmente, per un paradosso storico, non da una U.S.I.
moribonda ma da gruppi operaisti di matrice marxista-leninista. C'è qualche tentativo, da parte
di gruppi
anarchici di cogliere l'occasione per fare rivivere l'U.S.I., proprio sull'onda della spinta di base operaia
ribelle ed antiburocratica, ma senza risultati. Così, per esempio a Milano, al Circolo Ponte della
Ghisolfa,
nella primavera del 1969, si costituisce una "Sezione U.S.I. - Bovisa" (dal nome del quartiere), formata
da un piccolo nucleo di militanti anarchici tra i quali Pino Pinelli, che riesce a collegare fra di loro
quattro
o cinque Comitati Unitari di Base (tra i quali quello molto attivo dell'Azienda Tramviaria Municipale)
ed a farli riunire settimanalmente nella sua sede. Ma le bombe del 25 aprile interrompono bruscamente
questo forse fecondo tentativo di aiutare la nascita di una organizzazione operaia di base al di fuori
dell'influenza sindacale e marxista-leninista. Altri tentativi, altrove e successivamente, non ottengono
migliori risultati. Tuttavia questi tentativi di
"riesumazione" dell'U.S.I. non sono stati né saranno probabilmente gli ultimi. Se anche i vecchi
anarcosindacalisti hanno gettato la spugna, quella della ricostruzione di un sindacato libertario e
rivoluzionario (cioè dell'U.S.I., non necessariamente come sigla ma come realtà
sostanziale) è una delle
ipotesi e delle speranze più ricorrenti nei discorsi dei giovani anarchici. Forse si tratta di
speranze, più che di ipotesi. Forse l'ultima occasione per fare rivivere un'organizzazione
anarcosindacalista è stata quella - persa - dei primi anni di questo dopoguerra quando a centinaia
di
vecchi militanti anarchici ed anarco-sindacalisti si unirono migliaia di lavoratori di fresca
e superficiale
adesione all'anarchismo ma ricchi di entusiasmo rivoluzionario. O forse già allora l'U.S.I. era
una
esperienza irripetibile. Comunque, che la U.S.I. sia destinata o meno a rivivere, la conoscenza
dell'esperienza storica dell'anarcosindacalismo italiano organizzato nell'U.S.I. è feconda di
indicazioni
per qualunque programma di agitazione e di propaganda tra le masse sfruttate. Un'esperienza storica
che
è tutta concentrata in undici anni, tra il '12 ed il '22. Una vita breve ma intensa.
cento anni fa
Si possono vedere le prime manifestazioni di anarco-sindacalismo italiano già in molte
sezioni e circoli
della Prima Internazionale. Successivamente, nel panorama intricato del movimento operaio dell'ultimo
ventennio del secolo scorso, fatto di società operaie, di camere del lavoro, di leghe di resistenza,
di
sindacati veri e propri, ecc., ritroviamo il sindacalismo libertario e rivoluzionario come una delle
tendenze presenti in quell'universo composito. Proprio in quel periodo il movimento sindacale si va
sviluppando a ritmi accelerati, dapprima
nell'industria e soprattutto nei settori più avanzati come quello tessile; poi con i primi del '900
anche nel
mondo contadino. Spesso questi sindacati locali o settoriali hanno una vita breve, nascono con la lotta
e si esauriscono quando finisce. Ma sempre più netta si delinea la tendenza a istituzionalizzare
queste
organizzazioni e, in un secondo tempo, anche a collegarle tra di loro in federazioni nazionali,
finché si
giunge a concepire un'unica struttura organizzativa che coordini tutte le federazioni di mestiere locali
o nazionali, le Camere del Lavoro (forma più moderna e complessa delle società di
mutuo soccorso) e
le leghe di resistenza operaia. È appunto da questa tendenza unificatrice che si giunge nel 1906
alla
formazione della Confederazione Generale del Lavoro. Non è senza gravi contrasti che vi
si giunge, anzi con la sua nascita si delinea il profondo contrasto tra
due modi di intendere e praticare il sindacalismo. Due sono le radici di questo contrasto. Una
organizzativa vede la contrapposizione fra la concezione anarchica, sempre viva nel movimento operaio
(che vuole un'organizzazione antiautoritaria e antigerarchica, autonoma e federalista), e la concezione
marxista (che propende per una organizzazione autoritaria e centralizzata). L'altra, politica, riguarda il
modo stesso di intendere il ruolo del sindacato. Da una parte chi ritiene il sindacato uno strumento per
migliorare la condizione dei lavoratori all'interno del sistema capitalistico; dall'altra parte chi intende il
sindacato come uno strumento di lotta rivoluzionaria che attraverso lo scontro diretto tra lavoratori e
padronato educhi i lavoratori alla lotta di classe e li spinga alla trasformazione rivoluzionaria della
società. È chiaro che questi due modi opposti di intendere la funzione del sindacalismo
producono anche
diversi metodi di lotta. E appare chiaro anche il motivo per cui queste due tendenze non possono
coesistere nella stessa
organizzazione senza paralizzarsi a vicenda o senza la sconfitta di una delle due. Così nell'atto
stesso
della creazione di un unico organismo sindacale lo scontro tra le due tendenze porta all'immediata
divisione e alla nascita di un altro sindacato, che respinga le strutture autoritarie e riformiste della
CGL.
i sindacalisti rivoluzionari escono dalla CGL
Già nel Congresso del 1906 la frazione di minoranza rivoluzionaria, viene estromessa da
qualsiasi
rappresentanza nelle cariche all'interno della CGL. Questo fatto provoca l'abbandono del Congresso da
parte dei sindacalisti rivoluzionari, che si costituiscono in un Comitato di Azione diretta. Per iniziativa
di questo comitato viene indetto per l'anno successivo un congresso straordinario di tutte le forze
sindacaliste rivoluzionarie e contrarie all'indirizzo preso dalla CGL, per "salvare e sorreggere
l'autonomia
sindacale: autonomia minacciata di essere travolta dal nuovo dispotismo politicantista". A questa
iniziativa aderiscono i sindacalisti di ispirazione soreliana, gli anarco-sindacalisti e i repubblicani, oltre
che sindacati autonomi, come i Ferrovieri. Le organizzazioni presenti, che rappresentano già
200.000
soci, sono 16 Camere del Lavoro, 2 federazioni di mestiere, 19 leghe operaie e 16 altre organizzazioni
di carattere economico. Il congresso si tiene a Parma, dove agisce una Camera del Lavoro che è
la punta
di diamante dei sindacalisti rivoluzionari, come combattività e organizzazione. Due sono
i problemi centrali del Congresso: l'autonomia sindacale e i rapporti da tenere con la CGL. Lo
spunto occasionale, per il quale il congresso è stato indetto, riguarda una mozione di censura
sul
comportamento della CGL nei riguardi del Sindacato Ferrovieri, che era stato abbandonato da questa
organizzazione alle rappresaglie governative, dopo uno sciopero generale a Milano. È questa
una
ulteriore conferma che la natura burocratica e autoritaria della CGL intendeva sopprimere qualsiasi
iniziativa autonoma e aiutare, moralmente e finanziariamente, solo quegli scioperi che indiceva il suo
Comitato centrale o che nascessero in accordo con questo. All'opposto di questa tendenza
centralizzatrice viene ribadito il principio che ogni organizzazione
federata sia libera di scegliere i tempi ed in modi di lotta che ritiene più idonei. Ma è
importante non solo
l'autonomia all'interno del sindacato, ma anche quella dai partiti politici, compreso quello socialista. Il
sindacato deve essere assolutamente indipendente. È questa una presa di posizione decisa che
risponde
al nuovo patto di alleanza che pochi giorni prima a Firenze era stato stipulato tra la CGL e il Partito
Socialista, con il quale l'organizzazione sindacale si legava agli interessi elettorali del P.S. Si pone a
questo punto il problema dei rapporti da tenere con la CGL. Si formano all'interno del congresso due
tendenze, da una parte chi prospetta la costituzione di un nuovo sindacato libertario e rivoluzionario,
dall'altra chi, non volendo spezzare l'unità del movimento sindacale, propone l'entrata in massa
nella CGL
per guadagnarla alle istanze federaliste e rivoluzionarie emerse dal congresso. Poiché nessuna
delle due
tendenze risulta maggioritaria, ma è un bisogno sentito da tutti il coordinamento delle forze
rivoluzionarie, si decide di mantenere il Comitato di Azione Diretta, trasformandolo in "Comitato di
resistenza". In questo comitato di coordinamento, che è puramente esecutivo, possiamo vedere
l'embrione dell'U.S.I., anche se ci vorranno ancora due congressi per giungere alla sua formazione
definitiva. Intanto le risoluzioni di questo primo congresso confermano il principio del federalismo
all'interno del sindacato, l'autonomia dai partiti politici e ribadiscono la validità dell'azione diretta
nelle
lotte economiche. Si contesta inoltre la pretesa della CGL di rappresentare ecumenicamente i lavoratori
e si fissa il prossimo congresso per il 1910 a Bologna. In questa città infatti viene fissata la sede
del
Comitato di resistenza. Nel secondo Congresso il problema principale è l'intesa da
raggiungere con tutte le forze di opposizione
alla CGL, soprattutto con quelle che erano rimaste al suo interno. Tra l'altro i repubblicani dopo il
congresso del 1907 avevano preferito rientrare nella CGL. A differenza del congresso precedente,
oltre alle questioni politiche e organizzative, si può anche fare
un primo consuntivo delle attività sindacali svolte, soprattutto riguardo agli scioperi del 1908,
che hanno
portato ad un primo scontro con la CGL e i suoi modi di condurre e concludere le agitazioni
sindacali. Tra il secondo e il terzo congresso, convocato per il 1912, una prima chiarificazione
avviene all'interno
del Comitato. Infatti erano presenti tra le forze rivoluzionarie due correnti principali, una costituita dagli
anarcosindacalisti ed una costituita dai "sindacalisti rivoluzionari", che si richiamavano al modello
francese. I secondi "ideologizzavano" il sindacalismo, facendone insieme mezzo e fine; i primi in genere
attribuivano al sindacalismo, sia pure rivoluzionario, natura di mezzo (anche se molti vi vedevano
il
mezzo). Nella pratica le due correnti non mostravano grosse divergenze, sino alla deviazione
interventista dei
sindacalisti di ispirazione soreliana. Già nel 1911, Orano e Labriola, sindacalisti rivoluzionari,
si
schierarono a favore delle imprese coloniali e naturalmente non ebbero più contatti con il
Comitato di
resistenza, che invece organizzava grandi scioperi e agitazioni contro la guerra.
nasce l'U.S.I.
Il terzo congresso si apre a Modena nei giorni 23-25 novembre del 1912, ed è l'atto
conclusivo per la
formazione del nuovo sindacato. Ormai l'intesa raggiunta nelle attività sindacali e sul piano
organizzativo pone in maniera decisiva la
soluzione tra l'entrismo e la costituzione di un nuovo sindacato. Nel 1910 vi era stato un tentativo
di riunire le due organizzazioni, ma la CGL aveva posto come
condizione che la Camera del Lavoro di Parma, per il suo atteggiamento ultra-rivoluzionario venisse
esclusa. Questo naturalmente aveva reso impossibile l'unificazione, per il netto rifiuto delle forze
rivoluzionarie. Durante il congresso del 1912 veniva quindi facile ai partigiani del nuovo sindacato
ribattere, a chi ancora sosteneva la necessità dell'unità, che la CGL questa unità
non la voleva, né era
capace di farla "per la sua tendenza sempre più spiccata a diventare un vero e proprio partito
parlamentare". L'unica condizione per l'unità era accettare senza discussioni i dogmi politici e
sindacali
imposti dalla CGL, ma a questi livelli non era più una unificazione, ma la rinuncia alla propria
scelta
sindacale. Alla votazione conclusiva la mozione che propone il nuovo sindacato passa con 42.114 voti
contro i 28.856 dell'altra proposta. Nasce così l'Unione sindacale italiana, come organismo che
tende
all'unione di tutte le forze rivoluzionarie che si oppongono alla linea riformista della CGL e che sia
dichiaratamente apartitico. Come sede della nuova organizzazione viene naturalmente scelta Parma,
e il foglio della sua Camera del
Lavoro, l'Internazionale, diventa l'organo ufficiale dell'U.S.I. Nella relazione di Alceste
De Ambris vengono ribadite in maniera chiara le sostanziali divisioni tra la
CGL e l'U.S.I., che non sono solo differenze di metodo, ma di scopi. Se da una parte l'U.S.I. intende
abbattere lo stato e lotta contro di esso, la CGL intende che la trasformazione sociale avvenga nello
Stato e dallo Stato con una serie di misure legislative e con una estensione sempre maggiore dei suoi
poteri tanto da arrivare a sostituirsi al capitalismo privato, avocando a sé la produzione, lo
scambio e
la distribuzione. È una visione statolatra e autoritaria del divenire sociale che l'U.S.I. non
può
condividere, ma piuttosto combattere. Nel corso della discussione sullo statuto dell'organizzazione,
queste considerazioni di netta divisione tra
riformismo e rivoluzionarismo sono poste alla base della dichiarazione di principi. Da una parte il
"sindacalismo-riformista-politicante, accentratore, burocratico, pacifista e adoratore delle grosse casse,
che produce un'organizzazione senza iniziativa, snervata, egoista, corporativa, illusa di ottenere dal
gioco
dei partiti quel che non sa strappare con la sua energia". E cosa ancor più grave, che in una
società
futura, terrebbe ancora schiavi lavoratori sotto una nuova oligarchia di funzionari sindacali e di
politicanti con etichetta sindacalista. Dall'altra parte il sindacalismo rivoluzionario, che lascia ai
lavoratori
la fede nella propria forza e insegna a non chiedere a nessuno la propria emancipazione, ma a
conquistarsela. Questi i punti chiave della profonda differenza tra due modi di intendere e praticare il
sindacalismo, che caratterizzeranno la storia sindacale prima del fascismo. Per rendere pubblica la
sua linea programmatica, l'U.S.I. lancia nel 1913 un manifesto ai lavoratori, nel
quale si afferma, tra l'altro, che i sindacalisti rivoluzionari hanno raccolto una bandiera che non
sbiadirà
nei languidi colori della pace sociale: "È l'insegna della Prima Internazionale quella che
risolleviamo,
compagni!". Immediatamente dopo la costituzione del sindacato, l'U.S.I. inizia la sua battaglia, e
ben presto raccoglie
vasti consensi e una larga partecipazione di lavoratori nelle sue iniziative di lotta. Particolarmente nei
centri agricoli ha subito una notevole diffusione, sia al nord che nel meridione, zone dove la CGL aveva
avuto grosse difficoltà di inserimento e una moderata estensione. Riesce anche a realizzare
scioperi
generali che paralizzano l'Italia per diversi giorni, sia nelle campagne che nelle industrie. Le agitazioni
agricole più importanti hanno luogo nel Ferrarese e nelle Puglie; soprattutto in questa regione
si
costituiscono due tra le più combattive Camere del Lavoro della U.S.I., quella di Cerignola e
quella di
Minervino Murge, il cui maggiore attivista era quel Giuseppe Di Vittorio che poi passò al
riformismo
come dirigente della CGIL nel secondo dopoguerra. Di notevole importanza sono gli scioperi generali
che l'U.S.I. proclama a Milano, dei metallurgici prima, dei gasisti dopo e gli scioperi vittoriosi dei
cavatori di marmo carraresi, tutti aderenti all'U.S.I. (che avevano il loro maggiore esponente in Alberto
Meschi), che ottengono la giornata lavorativa di sei ore e mezza. A ritmo sostenuto
nascono nuove
unioni locali e Camere del Lavoro, tra le quali quella di Sestri Ponente che diventerà una delle
roccaforti
del sindacalismo rivoluzionario.
il Congresso di Milano
Alla fine del 1913 viene convocato a Milano il secondo congresso dell'U.S.I., che si tiene dal 4 al
7
dicembre. Sono presenti 191 delegati in rappresentanza di 1.003 leghe operaie. Le città che
mandano
più rappresentanze sono Parma, Bologna, Modena, Carrara e Milano; in quest'ultima
città si era formata
una delle più combattive unioni locali dell'U.S.I., che in breve tempo aveva assunto una notevole
importanza, tanto che si decise di trasferire la sede dell'U.S.I. da Parma a Milano. Gli argomenti
principali di questo congresso sono l'antimilitarismo e la validità dello sciopero generale.
Il primo è un argomento che viene discusso e ribadito in quasi tutte le riunioni dell'U.S.I.; siamo
infatti
negli anni che vanno dal gesto di Masetti all'episodio della settimana rossa, anni quindi in cui
l'antimilitarismo è la bandiera di un forte movimento popolare. Inoltre la situazione
internazionale lascia
già prevedere il pericolo di una guerra e tutte le organizzazioni operaie lanciano appelli alla
solidarietà
internazionale tra i popoli. All'all'interno dell'U.S.I. l'antimilitarismo è ancora un principio
universalmente
accettato, ma dopo pochi mesi si verificherà su questo tema la definitiva spaccatura tra i
sindacalisti
rivoluzionari, e gli anarco-sindacalisti. Il secondo argomento del congresso verte sulla
validità dello sciopero generale come arma di lotta per
i lavoratori, ed è anche una risposta al valore che la CGL dà a questa forma di lotta.
Infatti il sindacato
riformista cerca di limitarlo a poche occasioni e a farlo rimanere nei limiti di una protesta popolare.
Armando Borghi, nella sua relazione, sottolinea invece il contenuto rivoluzionario dello sciopero
generale, che deve essere una tappa fondamentale verso la rivoluzione, educando il popolo alla
solidarietà di classe. Questa fiducia nello sciopero generale andò col tempo
affievolendosi, almeno per
gli anarco-sindacalisti, che già nel 1919 prospettavano forme di lotta più incisive come
l'occupazione
delle fabbriche e la loro espropriazione. Nel giugno dell'anno seguente avvengono i fatti della
cosiddetta "settimana rossa": un banco di prova
sia per l'U.S.I., che dà tutte le sue energie per portare alle estreme conseguenze quell'atto
insurrezionale,
sia per la CGL, che mostra apertamente il suo indirizzo controrivoluzionario.
la guerra mondiale
Allo scoppio della guerra, all'interno dell'U.S.I. avviene la rottura tra anarco-sindacalisti e
sindacalisti
soreliani ed herveisti. Questi ultimi infatti passano all'interventismo, mettendosi in netta contrapposizione
con la scelta antimilitarista che aveva sempre caratterizzato l'U.S.I.. Ma non è una defezione
di massa:
i lavoratori non seguono le personalità sindacali nella loro scelta e in breve questa posizione
viene
isolata. Due sole Camere del Lavoro, quella di Parma e quella di Milano vengono espulse dall'U.S.I. per
essere passate all'interventismo. È da questo momento che la corrente anarco-sindacalista
diviene
maggioritaria all'interno dell'U.S.I.: l'anarchico Armando Borghi viene eletto segretario generale, carica
che manterrà fino alla scomparsa dell'U.S.I. con l'avvento del fascismo. Sulla linea
dell'antimilitarismo anarchico, l'U.S.I. riprende la sua lotta contro la guerra, sia con la
propaganda tra la popolazione e i richiamati, sia con le diserzioni di massa. Intraprende anche la
pubblicazione di un proprio foglio, dopo che l'Internazionale passa in mano ai sindacalisti
interventisti,
il cui titolo "Guerra di Classe" sottolinea la posizione dell'U.S.I. verso la guerra. La sua propaganda
infatti tende non solo a rifiutare una guerra disastrosa per i lavoratori, ma li spinge a trasformarla in un
atto rivoluzionario. Naturalmente sia il P.S. che la CGL non aderiscono alla proposta rivoluzionaria.
Queste due
organizzazioni si erano arenate sulla formula del "né aderire, né sabotare", ma in effetti
questo è un
paravento di ambiguità. La CGL infatti entrerà a far parte dei "Comitati di
mobilitazione" industriali
istituiti dal governo per impedire gli scioperi nelle fabbriche. Nella direttiva opposta si muove l'U.S.I.:
basta leggere l'Avanti per avere un'idea delle attività dell'U.S.I., violentemente
represse dalla polizia:
propaganda disfattista, organizzazioni di scioperi e di agitazioni, renitenza e diserzione. La stampa
anarchica in breve tempo deve sospendere le pubblicazioni, dato che esce sempre censurata. Per un
certo
periodo esce clandestina trasportata in tutta Italia dai ferrovieri anarchici, ma ben presto anche questa
via viene preclusa. Il governo cerca in tutti i modi di paralizzare l'attività dell'U.S.I.: chi non ha
disertato
viene immediatamente richiamato; Armando Borghi viene inviato al confine, ma la decentralizzazione
dell'U.S.I. permette che le sezioni locali continuino, sia pure in forma ridotta, il loro lavoro. Le proposte
insurrezionali dell'U.S.I. vengono accolte meglio che in qualsiasi altro posto a Torino, che fino ad allora
era stata una roccaforte della CGL; ed è da questo momento che l'influenza dell'U.S.I. cresce
in maniera
considerevole tra gli operai metallurgici. Infatti dopo il primo sbandamento, seguito alle repressioni
e alla partenza di molti attivisti, in una
riunione clandestina tenuta a Firenze nel giugno del 1916 dal Consiglio Generale dell'U.S.I. si
ricollegano
le file e riprende l'attività sindacale. Fermo restando che in questo periodo ogni sciopero e ogni
agitazione ha come fine la ricerca di uno sbocco rivoluzionario, secondo la sintesi fatta da Luigi Galleani
alla riunione del '16: "Contro la guerra, contro la pace, per la rivoluzione sociale". Nel settembre
del 1916, iniziano le agitazioni dei minatori di Valdarno, già della CGL, che passano in
massa all'U.S.I.. Nell'aprile dell'anno successivo cominciano lo sciopero per le otto ore lavorative, che
finirà vittoriosamente nel maggio del '17. Anche a Sestri Ponente gli operai metallurgici iniziano
lo
sciopero per la conquista delle otto ore, ma la loro combattività è tale che la lotta
trascende la natura
sindacale dello sciopero per assumere i toni di insurrezione contro la guerra. Tutte queste agitazioni
sono
il sintomo del malcontento ormai diffuso tra i lavoratori di tutta Italia per l'insopportabile situazione
economica che si era creata a causa della guerra. La sommossa di Torino dell'agosto del 1917
l'esplosione di questo malcontento, al quale si era affiancata
la propaganda sovversiva dell'U.S.I.; operai di tutti i settori industriali scendono in piazza contro la
guerra in epiche giornate di lotta. Dopo il rifiuto degli alpini di sparare sul popolo, vengono mandate
truppe speciali per domare la sommossa, e il proletariato torinese paga con 500 morti e più di
2.000 feriti
la sua rivolta. Questi tragici fatti non smorzano la rinascita rivoluzionaria tra i lavoratori e l'attiva
propaganda fatta
dagli anarcosindacalisti, la cui giustezza di vedute viene confermata dalle notizie sulla rivoluzione russa.
Ma i frutti della propaganda di questi anni sarebbero maturati a guerra finita, nel biennio rivoluzionario
1919-1920, che avrebbe portato i lavoratori ad un passo dalla rivoluzione.
il dopoguerra
Finita la guerra, l'U.S.I. non solo raggiunge i livelli di organizzazione che aveva prima che
scoppiasse
il conflitto, ma estende in modo notevole la sua influenza. Armando Borghi, tornato dal confino,
riprende
la carica di segretario generale e ricomincia la pubblicazione di Guerra di Classe. Come tutti gli altri
sindacati l'U.S.I. conosce un incremento rilevante dei suoi iscritti che raggiungono le 500.000
unità. Nel
'19 l'U.S.I. appoggia la sua forza su 27 Camere del Lavoro federate, 12 delle quali agiscono in
città dove
la CGL non è presente. Inoltre parecchie organizzazioni fanno capo alle Camere del Lavoro
più
importanti, come Bologna su cui appoggiano otto leghe operaie della provincia. In genere l'U.S.I.
è più
forte nelle campagne, ma nella sola zona industriale della riviera ligure, da Sampierdarena a Voltri, conta
ben 100.000 iscritti. Nel nord dell'Italia, oltre i centri maggiori come Milano, e in certa misura anche
Torino, troviamo una
forte Unione a Verona. Nel sud la provincia di Foggia è una zona di influenza dell'U.S.I..
Comunque i
centri maggiori sono tradizionalmente l'Emilia Romagna, le Marche e la Versilia. Nel 1919 la
situazione politica ed economica italiana è realmente precaria, i fattori che giocano per una
svolta rivoluzionaria della situazione sono molti: le promesse di terre ai soldati-contadini del governo
Salandra si rivelano false, la crisi economica si presenta drammatica, cresce la disoccupazione e i prezzi
delle derrate alimentari aumentano vertiginosamente, il salario reale è sceso del 33% rispetto
ai livelli
dell'anteguerra. Ma più di ogni altra cosa influisce sui lavoratori l'esempio della rivoluzione
russa: è la
conferma che la rivoluzione è possibile e che il proletariato è capace di farla. Ma
più la tendenza
rivoluzionaria si afferma tra i lavoratori di ogni organizzazione, più il "partitone" socialista e la
CGL
tendono a fare i pompieri del movimento operaio. Ben diversa la posizione dell'U.S.I. e in genere
del movimento anarchico, che a tappe ravvicinate si sta
organizzando in tutta Italia in Unioni regionali (esse daranno vita nel 1920 alla Unione Anarchica
Italiana, che si affiancherà in modo organico al lavoro dell'U.S.I. per cogliere il momento
propizio che
sembra condurre alla rivoluzione). Intanto nel '19 viene convocato il terzo congresso dell'U.S.I..
Si discute sui consigli di fabbrica che
stanno soppiantando le commissioni interne, e piena approvazione si dà a questi organismi, che
potrebbero essere l'embrione di un'autogestione operaia nelle fabbriche. Altrettanto favorevole è
la
posizione dell'U.S.I. verso l'organizzazione dei soviet russi, anche se ben presto si
verrà a sapere come
queste organizzazioni operaie non sono diventate che delle formule, paravento del potere bolscevico.
La sede centrale viene di nuovo portata a Milano, dopo che la Camera del Lavoro era rientrata a far
parte dell'U.S.I., con l'uscita degli interventisti del 1914. Il 1919 è un anno denso di scioperi
e di agitazioni. La prima ondata punta sulla introduzione generale
delle otto ore lavorative, che già nel '17 erano state conquistate dai minatori di Valdarno,
aderenti
all'U.S.I.. La Confindustria già nel luglio del '19 deve cedere di fronte alla combattività
degli operai, che
hanno scavalcato anche i negoziati della CGL. Ma già nell'aprile dello stesso anno i minatori del
Sindacato Nazionale aderente all'U.S.I. cominciano la battaglia per le sei ore lavorative e i minatori di
Valdarno le conquistano nell'agosto del '19. La seconda ondata di scioperi, che investe tutta l'Italia,
è fatta contro il caro viveri. Nelle zone di
influenza dell'U.S.I., Marche e Romagna, le agitazioni prendono un carattere di vera e propria
insurrezione, rinnovando gli episodi della settimana rossa. A La Spezia, anch'essa centro dell'U.S.I., i
marinai arrivano a dare la loro collaborazione alla popolazione insorta.
l'occupazione delle fabbriche
Mentre il passaggio dal 1919 al 1920 avviene tra gli scioperi per il rialzo dei salari, nel febbraio
avveniva
il primo caso di occupazione delle fabbriche. A Sestri Ponente, roccaforte dell'anarcosindacalismo, gli
operai metallurgici della fabbrica Bianchi si oppongono alla sospensione dei lavori voluta dalla direzione
per mancanza di energia motrice e, dietro proposta dell'anarchico Paganini, decidono di andare
ugualmente in fabbrica occupando il posto di lavoro. Poco dopo anche le fabbriche metallurgiche di
Cornigliano (Genova) vengono occupate dagli operai. L'occupazione dura pochi giorni, ma dopo
qualche
mese anche in Piemonte, le maestranze di Torre Pelice e Pont Canavese adottano le stesse misure, dietro
proposta dell'anarchico Maurizio Garino. Sono questi i segni premonitori di quel grande movimento
che si sarebbe sviluppato pochi mesi dopo.
Ma prima di arrivare a queste giornate decisive per il proletariato, altre agitazioni scuotono il sistema
sociale italiano. Nel giugno del '20 scoppia ad Ancona la rivolta dei bersaglieri in partenza per l'Albania,
una azione concordata con la Camera del Lavoro di Ancona federata con l'U.S.I.. L'ammutinamento
dura
dal 26 giugno al 1° luglio, appoggiato dal popolo anconitano. Quando viene soffocato dall'intervento
armato di truppe scelte, il suo esempio viene però seguito da altri bersaglieri a Brindisi,
sostenuto
entusiasticamente dai lavoratori. Continuando nella sua attività sindacale, l'U.S.I. promuove
in tutta Italia un'agitazione contro la truffa
delle Assicurazioni sociali. Pronti rispondono i lavoratori milanesi e gli operai metallurgici di Livorno,
che nonostante il parere contrario dei sindacalisti riformisti, decidono di non versare più le
trattenute
stabilite dalla legge. A Carrara l'agitazione termina solo quando gli industriali deliberano di pagare essi
stessi completamente i contributi. Anche Piombino richiede la sospensione immediata dei contributi e
il rimborso di quelli già versati. Parallelamente a questa lotta si è aperta anche quella
per il rinnovo del contratto degli operai
metallurgici. Il 17 agosto si tiene a La Spezia il convegno nazionale delle organizzazioni metallurgiche
aderenti all'U.S.I.. Nel documento conclusivo si afferma che: "... per fronteggiare energicamente e con
prontezza la resistenza padronale è necessario ricorrere ad ogni mezzo e soprattutto alla
simultanea e
generale occupazione delle fabbriche da parte degli operai". Pochi giorni dopo, il 31 agosto,
comincia l'occupazione delle fabbriche. Non ne rifaremo la storia, basti
dire che coerentemente con il documento stilato pochi giorni prima, gli anarcosindacalisti partecipano
con entusiasmo a questa azione che sembra il passo decisivo verso la rivoluzione. Intanto il 10
settembre,
in piena occupazione, si tiene il Consiglio Generale della CGL in seduta congiunta con il Partito
Socialista ed il suo gruppo parlamentare. Vengono invitati, senza diritto di voto, il Sindacato Ferrovieri,
la Federazione Lavoratori del Mare e dei Porti. Né l'U.S.I., né l'Unione Anarchica
Italiana vengono
invitate; i motivi sono evidenti: non si vogliono i rappresentanti del sindacalismo rivoluzionario e gli
anarchici, gli unici che hanno realmente dimostrato in anni di lotta di volere la rivoluzione. La CGL
prende in mano la direzione dello "sciopero" e la sua conclusione appare subito chiara: CGL
e P.S. sono già giunte all'accordo di stroncare l'atto rivoluzionario e scendere a patti con il
governo e
i padroni. Su Umanità Nova, quotidiano anarchico, il giorno seguente appare
questo significativo
appello: "Metallurgici! Qualunque cosa stiano per decidere i "dirigenti" non abbandonate le fabbriche,
non cedete le armi. Se oggi uscite dalle fabbriche, domani non vi rientrerete che decimati, dopo essere
passati sotto le forche caudine della tracotanza padronale". Gli anarchici avevano non solo capito
la volontà controrivoluzionaria della CGL e l'incapacità
rivoluzionaria del P.S., ma prevedevano lucidamente l'avvento del fascismo che sarebbe sicuramente
subentrato se il popolo non avesse portato a termine la sua azione rivoluzionaria. Il 19 settembre, in un
convegno a Sampierdarena, l'U.S.I. lancia un appello ai lavoratori perché dall'occupazione delle
fabbriche passi all'espropriazione. Anche dopo il patto D'Aragona-Giolitti, i militanti dell'U.S.I. rifiutano
di lasciare le fabbriche, ma dalla fine di settembre la FIOM, aderente alla CGL, comincia la loro
restituzione. La delusione è generale e l'impotenza che ne segue dà via libera alla
repressione
governativa, che naturalmente colpisce gli operai rivoluzionari, abbandonati dalla CGL; l'U.S.I. che
rifiuta ogni collaborazione col governo. Il 21 ottobre tutto il consiglio nazionale dell'U.S.I. viene
arrestato a Bologna, la Camera del Lavoro viene requisita. Negli ultimi 12 mesi 238 operai sono stati
assassinati dalla polizia, mentre le bande fasciste cominciano la loro azione criminosa al soldo dei
padroni.
l'internazionale anarco-sindacalista
In campo internazionale, l'atteggiamento rivoluzionario e autonomo dell'U.S.I. fu sempre chiaro e
coerente. Non aderì infatti alla rinascita della seconda Internazionale in mano ai marxisti
riformisti,
avvenuta con il congresso di Amsterdam, alla quale invece aderì la CGL. E tanto meno
aderì, nonostante
gli intrighi di tipica marca comunista, all'Internazionale sindacale rossa sorta per estendere il potere del
Partito Bolscevico sulle organizzazioni sindacali di tutto il mondo. Lo stesso Borghi, ufficialmente
invitato dalle autorità comuniste russe, negò di sottoscrivere il documento di affiliazione
dell'U.S.I. che
comprendeva l'assoluta soggezione del sindacato ai bolscevichi. In tale documento si voleva creare
un ufficio in cui avrebbero collaborato membri del P.C. e del
sindacato, e ancora si richiedeva che gli incarichi fossero affidati "preferibilmente" a delegati comunisti.
È naturale che Borghi rifiutasse una forma di collaborazione che era impossibile a conciliarsi
con
l'autonomia libertaria e la tradizionale tattica sindacale dell'U.S.I. Tale linea di condotta, tranne
qualche dissenso isolato, fu accettata dall'U.S.I.; e da quel momento, anche
se vi furono altri tentativi per inglobare l'U.S.I., non vi furono più equivoci sulla natura della
Internazionale Comunista. A questo proposito nel maggio del '21, il compagno Giovannetti (segretario
nazionale del sindacato metallurgici), nel congresso di Piacenza, stilò una dichiarazione di
principi che
fu accettata dal congresso. Tra le altre cose ribadiva al punto 4 che: "L'Internazionale dei Sindacati mira
ad una forma di regime federativo locale, nazionale, internazionale con organismi rispondenti alle
condizioni di sviluppo di ogni paese, creati e retti esclusivamente dalla classe lavoratrice". E ancora al
punto 6: "L'Internazionale è autonoma e indipendente da ogni partito politico". L'U.S.I.
sentiva infatti la necessità di formare un organismo internazionale che coordinasse i sindacati
rivoluzionari e libertari. Aderì perciò con entusiasmo fin dalla nascita all'Associazione
Internazionale dei
Lavoratori alla quale parteciparono tutti i movimenti anarco-sindacalisti europei e non. Il contributo
dell'U.S.I. risultò determinante, infatti fu appunto la dichiarazione di principi del
Giovannetti che venne presa come statuto costitutivo della A.I.T. Naturalmente l'istituzione di
questo organismo internazionale non era una presa di posizione dottrinaria
sui problemi dell'unità sindacale e della tattica sindacale; era un organismo di coordinamento
e di difesa
dei sindacati libertari. Infatti ogni sindacato nazionale mantenne intatta la sua autonomia nella scelta dei
mezzi più idonei a condurre le proprie lotte.
il fascismo
Dopo la "grande paura" dell'occupazione delle fabbriche, puntuale arriva la reazione (quella che
l'anarchico Luigi Fabbri definì giustamente la controrivoluzione preventiva), che
nel giro di due anni
porterà i fascisti al potere. È impossibile qui rifare la storia degli assalti alle sezioni, delle
uccisioni dei
militanti. L'U.S.I. tenta in ogni modo di organizzare la resistenza contro le bande fasciste, anche con
la
costituzione di raggruppamenti di Arditi del Popolo, formazioni armate di lavoratori. Coerente con la
sua linea di unità di tutte le organizzazioni operaie nei momenti di attacco, ancor di più
lo è nei momenti
di difesa della stessa sopravvivenza delle organizzazioni sindacali. Nel febbraio del '22 costituisce con
la CGL e la UIL (il sindacato repubblicano) l'Alleanza del Lavoro, che, pur riunendo le maggiori
organizzazioni sindacali, arriva troppo tardi per esser un ostacolo valido contro il fascismo. Nel
1922 l'U.S.I. tiene il suo ultimo congresso, nel quale decise l'adesione già vista all'Associazione
Internazionale dei Lavoratori. Un altro problema affrontato dal congresso riguarda una proposta
di ristrutturazione dell'U.S.I.,
avanzata da Giovannetti, ristrutturazione basata non più sulle Camere del Lavoro e sulle unioni
locali,
ma sui sindacati di fabbrica, di azienda e di industria. Un processo di trasformazione che di fatto era
già
in atto all'interno dell'U.S.I.. Tale ristrutturazione non viene però attuata, dato che pochi mesi
dopo il
congresso è fuorilegge e la segreteria è costretta a trasferirsi, almeno nominalmente,
a Parigi, ma anche
in questa città poco tempo dopo cessa qualsiasi attività. A continuare la lotta, in
Italia e nell'esilio, restavano i singoli compagni ed i gruppi anarchici.
R. D. L.
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