Rivista Anarchica Online
Il "riformismo rivoluzionario"
di Saverio Merlino"
di Mirko Roberti
Un'intelligenza critica tra marxismo e anarchismo.
Il basilare dilemma socialista in un tentativo originale di mediare, in una sintesi eclittica e personale,
le opposte
istanze.
Un esempio emblematico di revisione e critica dell'anarchismo è
rappresentato dal pensiero e dall'opera di
Francesco Saverio Merlino. (Napoli 1856 - Roma 1930). Illuminante ed emblematico perchè
la parola che segna
il passaggio dalle sue posizioni anarchiche rivoluzionarie e quelle riformiste (peraltro estremamente
originali)
esprime ancora oggi un modello generale denso di temi e di elaborazioni. Tale modello,
suscettibile di analisi
e di interpretazioni, ci documenta infatti i motivi e gli sviluppi di questa revisione, permettendoci di
comprendere
e di valutare il confronto tra la tesi rivoluzionaria e quella riformista. L'inestricabile nesso, a volte
contraddittorio,
tra riforma e rivoluzione, democrazia e socialismo, stalinismo e federalismo, presente nella sua dottrina,
riassume
per intero l'inevitabile posizione di una critica che è passata dal campo interno a quello esterno
dell'anarchismo. L'interesse e l'attualità dell'intelligenza critica del pensiero di Merlino, la sua
grande onestà etica ed intellettuale,
la sua stessa non comune esperienza di agitatore e di propagandista ci permettono una lettura
estremamente
affascinante del suo itinerario ideologico. La contemporanea presenza di più proposte di per
sè contraddittorie,
che noi metteremo a confronto, è dunque non solo peculiare alla sua personale ricerca, ma
rappresenta, come
dicevamo, un modello generale capace di assumere per intero il confronto e lo scontro tra la proposta
riformista
e quella rivoluzionaria. Questo conflitto, drammaticamente tacitato nell'elaborazione merliniana,
dovrà al
contrario, nella nostra lettura, esserne esaltato per poterne cogliere tutta la ricchezza di spunti, intuizioni,
temi
e proposte perse nella memoria non solo della cultura accademica e ufficiale, ma anche di quella
rivoluzionaria.
I sistemi socialisti e il problema del "valore"
La ragione teorica che sta alla base del nucleo centrale del pensiero di Merlino (la differenza,
cioè, tra sistemi
socialisti ed essenza del socialismo) è la stessa che sorregge la sua impostazione critica, il suo
esame di revisione
non solo del marxismo e dell'anarchismo, ma anche dei vari sottosistemi inerenti ad essi: comunismo,
individualismo, mutualismo, ecc. Secondo il Merlino, nessuno di essi può esprimere
compiutamente il contenuto
del socialismo, che trascende l'ambito di una sua definizione formale, per coagularsi invece in una
tendenza
generale verso la libertà e l'uguaglianza. Sotto questo aspetto anche marxismo e anarchismo,
assunti come sistemi e dottrine, non sfuggono a tale
insufficienza storica. Le critiche mosse ad entrambi sono ovviamente di natura diversa Come diversa
è la
propensione ideologica merliniana che le sottintende, spostata palesemente verso una aperta simpatia per
il
socialismo libertario), non però il nucleo centrale di tali critiche, che rimane il più delle
volte comune. Uno dei più significativi di tali nuclei di "doppia critica", proprio per la sua
contraddittorietà, è dato dal problema
del valore nel campo economico. Attraverso l'analisi di esso, Merlino conclude per l'impossibilità
di una
attuazione pratica sia del collettivismo autoritario, sia del comunismo anarchico. Scrive Merlino "Noi
concepiamo la società futura al di fuori di tutte le regole dell'economia politica e
dell'aritmetica capitalistica. Lo scambio, la rimunerazione, la ripartizione dei prodotti secondo le opere,
la ricerca
del criterio esatto per attribuire unicuique suum, è l'utopia di oggi. Non si
può valutare ciò che appartiene a
ciascun individuo nel prodotto variabile e indivisibile del lavoro collettiva. Nè l'economia politica
nè Marx sono
riusciti ad oggettivare il valore, che è un rapporto formantesi caso per caso fra una
cosa e un bisogno. Laddove
la produzione è collettiva, la rimunerazione del lavoro non può essere che collettiva e
organizzata in modo da
soddisfare i bisogni". (1). Questa classe critica comunista-anarchica all'economia politica e quindi anche
al
marxismo, basata sulla concezione dell'invisibilità del lavoro sociale, permette al
pensiero merliniano di
sviluppare ed approfondire la sua analisi del collettivismo autoritario. Il suo sbocco sarà
però contraddittorio,
perchè il Merlino non arriverà alla negazione comunista anarchica del valore"... non so
rassegnarmi a considerare
come parte integrante dei principi anarchici "la negazione del valore, il quale è un fenomeno
naturale..." (2), nè
accetterà la proposta collettivista autoritaria di oggettivare il valore attraverso il tempo-lavoro
(3). La soluzione di Merlino si basa sull'equità dei campi e quindi sulla possibilità
di sviluppare tale legge in una
società egualitaria. "Cessando le sopraffazioni, scemando le ineguaglianze sociali si viene
determinando il valore,
cioè un rapporto di equivalenza tra le cose, che corrispondono non alla volontà e ai
capricci individuali, ma ai
bisogni universali e permanenti degli uomini. Certo questo rapporto è sempre inquinato dalle
ineguaglianze e
preponderanze di classe, oggi, per esempio, dalla prevalenza della classe benestante sulla classe operaia...
Solo
in una società egualitaria il valore potrà essere determinato sulla secondo l'utilità
rispettiva delle cose in rapporto
ai bisogni generali. Il che prova un'altra cosa: che lungi dal cessare di funzionare in una società
socialista, la legge
del valore vi si perfezionerà" (4). La proudhoniana "costituzione del valore" è fatta
propria dal Merlino (5), anche se liberata dal sistema
mutualista; la contraddittorietà cui accennavamo prima si riferisce invece alla manifesta fuga
ideologica e politica
nella critica dell'anarchismo. Infatti, mentre per criticare il collettivismo autoritario, gli argomenti sono,
per così
dire, di natura "scientifica", l'impossibilità di "oggettivare il valore" ecc., gli argomenti per
criticare il comunismo
anarchico sono al contrario di natura squisitamente politica e ideologica. La caricatura del
comunismo
anarchico, fatta dal Merlino nel suo "Pro e Contro il Socialismo" (6), sbocca in una vera
critica alla concezione
anarchica della società umana "io credo che il vizio capitale dell'anarchismo sta nel concetto di
società umana,
che per glu uni (individualisti) è evanescente, è addirittura un mito; per gli altri (i
comunisti) è troppo vaga e vacua
o almeno manca di forme concrete e determinate, è non solo una visione di una società
lontana, molto lontana
(ciò che basterebbe del resto ad escludere che possa da essa ricavarsi il programma di un partito
d'azione), ma
sfugge ad ogni esame e ad ogni critica (7)". Questo passaggio contraddittorio della contestazione
scientifica alla scelta ideologica risulta ancor più evidente
nel rapporto fra lotta di classe e lotta rivoluzionaria.
Lotta di classe e lotta rivoluzionaria
Merlino primo teorico "revisionista" del marxismo in Europa (8), esclude la progressiva
polarizzazione delle
classi nella società capitalistica profetizzata dal marxismo, per accostarsi, al contrario, ad una
concezione che
vede un avvicinamento ed una integrazione fra le classi sociali. All'ipotesi "catastrofica" tipica del
marxismo
dell'età della Seconda Internazionale, egli afferma che "le classi hanno, tutte e ciascuna, interessi
particolari e
divergenti e interessi comuni e convergenti. Le differenze tra di esse si vanno attenuando. Le classi si
avvicinano,
non si allontanano. Crescono le classi intermedie (9)". Anche qui abbiamo una felice intuizione sulla non
proletarizzazione delle classi intermedie, ma tale constatazione non si esplica in una scelta rivoluzionaria,
ma
nell'abbandono di tale proposta considerata velleitaria e a volte controproducente Se da una parte,
dunque, vi è l'esigenza di superare l'equazione lotta di classe uguale socialismo e lotta di classe
uguale rivoluzione, dall'altra essa si cristallizza nella proposta di un socialismo cooperativistico e nel
rifiuto, non
assoluto ma preponderante, del processo rivoluzionario. "La rivoluzione non è un capitolo
dell'evoluzione, nè
è un semplice episodio. Ma non bisogna dimenticare che la sua stessa forma violenta è
di ostacolo al progresso,
che essa cova in sè i germi della reazione, e che l'umanità progredisce non in grazia delle
rivoluzioni o delle
contro-rivoluzioni, ma malgrado esse" (10). L'abbandono dell'alternativa rivoluzionaria porta il
pensiero merliniano a formulare una strategia basta
sull'alleanza tra classe operaia e piccola borghesia, tra masse sfruttate e classi produttive intermedie. Egli
afferma
che "l'alleanza naturale del proletariato è con la piccola e media borghesia contro l'alta borghesia,
che è quella
che realmente gode i frutti del male di tutti nell'attuale ordinamento sociale" (11). Alla visione riduttiva
e
semplicistica della società divisa tra classe capitalistica e classe operaia, egli oppone una visione
più complessa
e articolata, dove la pressione della dipendenza di classe è più sfumata e agisce sia
direttamente dal vertice della
piramide sociale sia in progressione gerarchica sfumata dal vertice alla base. "Gli schiavi degli uni - egli
afferma -
sono i padroni degli altri" così che " gli inferiori agiscono sotto la pressione che viene dall'alto,
premendo a loro
volta sui sottoposti" (12). Ma a questa realistica costatazione dei rapporti di forza tra le classi, non
si accompagna anche una "lettura" che
scorga oltre alla reciproca dipendenza e coadattamento, la contemporanea presenza di un conflitto
antagonistico
latente e potenziale capace di trasformarsi in progetto rivoluzionario. Su questa traccia Merlino è
portato ad
abbracciare progressivamente una fede, a nostro avviso, acritica, nel "progresso" e nell'identificazione
tra il suo
sviluppo e quello della libertà e dell'eguaglianza. E sarà sempre su questa traccia che
Merlino verrà ad
identificare socialismo e democrazia. Dall'intreccio complessivo di queste concezioni, l'ideologia
merliniana
perderà la parte più cospicua e feconda del patrimonio teorico dell'anarchismo, l'analisi,
cioè, dei rapporti
formali e proporzionali tra le classi, la scoperta bakuniniana che lo sviluppo
storico cambia la natura e la
composizione sociale delle classi, non le loro distanze. Sul tema del rapporto tra classi e stato,
questa perdita
teorica e ideologica diverrà più chiara e palese.
Lo stato riformato
Il processo di riproduzione della disuguaglianza, attraverso la costituzione gerarchica delle classi, e
la sua
inevitabile concretizzazione nell'organismo statale, il rapporto logico ed interdipendente tra classi e stato,
tra
potere e sue articolazioni non si ricompone interamente nell'esposizione teorica di Merlino. Nella logica
del suo
riformismo la separazione tra di esse si ingigantisce, significativamente, a nostro avviso, in modo tale da
permettergli di formulare delle giuste analisi, accompagnate da proposte operative contraddittorie. Vi
è tutta dispiegata, da una parte, la teoria anarchica sulla natura di ogni potere e la
proposta, dall'altra, di
poterlo mitigare, con garanzie democratiche e costituzionali. Questa tensione, tra comprensione
scientifica e
proposta politica, risulta evidente, per esempio, rispetto alla teoria marxista della "dittatura del
proletariato". Egli
anticipa tutta la potenzialità dominante raccolta in essa "supposto anche che la classe operaia si
impossessi del
potere in qualunque modo, chi lo eserciterebbe davvero in suo nome sarebbe un piccolo numero di
persone che
tenderebbe a divenire nuovamente classe dirigente" (13). Non solo, ma riprendendo la geniale intuizione
di
Bakunin sull'inevitabile sbocco tecno-burocratico del marxismo, la comprensione merliniana
riuscirà a delineare
a grandi tratti la sua configurazione sociale e politica. L'emergere della "nuova classe" si sviluppa sul
terreno dell'amministrazione e della divisione del lavoro. I nuovi
dirigenti "organizzeranno il lavoro, i pubblici servizi, una amministrazione e una burocrazia - anche
troppa! - e
sapranno introdurre, per mezzo di imposte od altro, nella distribuzione dei prodotti del lavoro, distinzioni
ed
ineguaglianze corrispondenti a quelle che passeranno tra le loro rispettive funzioni e quelle degli umili
lavoranti
manuali" (14). Ma a questa comprensione non fa seguito una soluzione rivoluzionaria, bensì
riformista, sviluppata
in aperta contraddizione con le premesse analitiche. Al Merlino riformista che identifica stato e
società e stato e governo, proponendoci il male minore "Bisogna
rassegnarsi a subire alcuni mali", correggendo la forma autoritaria del governo "Ora lo Stato non
è altro; e la
questione non è se esso debba essere mantenuto, ma come deve essere costituito"
(15), rispondiamo con il
Merlino anarchico e rivoluzionario "Questo è il problema da risolvere: Disorganizzare il
governo per
organizzare l'economia, o più generalmente, disorganizzare lo Stato per
organizzare la società" (16). L'individuazione dell'aspetto tecnico e scientifico
inerente alle funzioni dominanti, l'impossibilità di dividere o
svuotare il loro significato politico rispetto all'uso della loro gestione non costituiscono, nel riformismo
merliniano, norma di trasposizione valida per interpretare anche il meccanismo del potere democratico
e
parlamentare. Così se da una parte la sua critica al marxismo coglie per intero la sua natura
storica, sapendone
ben individuare gli sviluppi pratici di nuovo dominio e sfruttamento, dall'altra la sua "difesa" del sistema
parlamentare e democratico, la sua proposta di purificarlo dalle manipolazioni politiche e clientelari,
risulta oggi
penosamente utopistica. Tutto il criticismo merliniano teso a demistificare il suffragio universale "la
grande mistificazione del secolo", a
riconoscere, nell'istruzione gerarchica e non sindacabile della delega, il meccanismo di un nuovo potere
("Il
deputato o consigliere (...) da qualunque classe provenga, foss'anco dalla classe operaia, si emancipa da
quella
classe, e va a formare da tutti i suoi colleghi una classe a sè" (17)), si infrange e si arresta
nell'illusione posteriore
di allargare le basi ideali della democrazia, vivificandola attraverso la partecipazione popolare. Il groviglio
di
contraddizioni che pervade le proposte operative di Merlino, fa riferimento all'autenticità delle
sue intenzioni
ideologiche, che non abbandonano la meta finale del socialismo, l'abolizione delle classi. La
praticabilità di esse,
però, si sposta ora non più sul terreno delle possibilità storico-materiali, ma sul
terreno di una pura intenzionalità
etica. Strategia materialistica e tensione etica, grande patrimonio dell'anarchismo, subivano ora un
rovesciamento nella
elaborazione merliniana, per cui la strategia, basata sulla pura intenzionalità etica, era
ecletticamente ed
empiricamente alla ricerca di fondamenti e di occasioni materialistiche.
L'essenza del socialismo
Abbiamo detto sopra che il nucleo centrale del pensiero di Merlino, è rappresentato dalla
distinzioni tra sistemi
ed essenza del socialismo, tra forma e contenuto. L'anima di questa essenza è l'etica socialista,
che diventa,
nell'ideologia merliniana, la scienza della giustizia. Questa concezione, mutuata in gran parte da
Proudhon,
acquista nella ricerca e nella prospettiva di Merlino un significato ancora una volta
contraddittorio. La costruzione del socialismo, nota giustamente Merlino, non scaturisce
automaticamente dalla lotta di classe,
esso è un progetto che viene posposto coscientemente nello sviluppo storico "La questione
è morale e giuridica,
non economica. Credere di derivare la necessità del socialismo da una dottrina economica,
dall'analisi dei fattori
della produzione del valore, è stato l'errore del quale, secondo noi, Marx ha trascinato i socialisti
di tutte le
scuole" (18). La tensione etica trascende dunque la sua costituzione formale: essa rappresenta una ricerca
morale
che esula dal campo dottrinale e scientifico. Lo sbocco non solo logico, ma anche ideologico, di tale
premessa è rappresentato dal comunismo anarchico
"ognuno dà secondo le sue forze e ricava secondo i suoi bisogni", che è oggetto invece,
da parte di Merlino, di
una sarcastica critica. La riduttività delle norme giuridiche, presentate in tale ordinamento, nota
il Merlino, e
l'insufficienza delle sue forme istituzionali, rappresenta una organizzazione sociale "amorfa" tendente alla
paralisi
(19). Ma l'alternativa della sua proposta è palesemente contraddittoria, perchè il
meccanismo giuridico che egli
propone per realizzare scientificamente l'etica socialista, è un involucro formale molto rigido,
ovviamente, del
comunismo anarchico. La fusione merliniana tra giustizia retributiva (di istanza collettivista) e giustizia
distributiva
(di istanza comunista) salva solo in parte l'artificiosità del suo impatto strutturale. A questa
contraddizione segue
subito un'altra di maggior spicco e rilevanza. Il rapporto tra sistema ed essenza del socialismo, tra
forma e contenuto, nel quadro della distinzione merliniana,
se da una parte ha permesso la felice intuizione dell'autonomia del progetto socialista rispetto allo
sviluppo
storico, dall'altra ha impedito una comprensione del legame esistente tra questo rapporto e quello
più generale
tra fini e mezzi. La analogia, infatti, tra essenza e fini del socialismo, e sistemi e mezzi di esso, non
può essere
sottovalutata, sia all'interno della metodologia riformista, sia di quella rivoluzionaria. Abbiamo qui
di nuovo un abbandono notevole della speculazione critico-storica dell'anarchismo: la possibilità
di individuare e di definire, oltre alla loro descrizione storico-sociale, i rapporti formali e proporzionali
che
presiedono ad ogni costituzione gerarchica ed autoritaria. Il processo rivoluzionario tendente alla sua
abolizione
deve esprimere e sviluppare rigorosamente, nella forme metodologiche, tutte le sue
premesse finalistiche: come
il fine del socialismo ne condiziona i mezzi, così l'essenza ne condiziona i sistemi. E se è
vero, in parte, che la
tensione etica del progetto socialista trascende i sistemi che hanno una maggiore condizionalità
temporale, è
altrettanto vero che la loro importanza non si riferisce alla loro capacità costitutiva, ma
bensì regolativa. Del resto
lo stesso Merlino dovrà riconoscere che "le forme del socialismo possono essere adoperate
a distruggerne
l'essenza" (20). Certo, aggiungiamo noi, solo quelle che non sviluppano rigorosamente il suo
obiettivo finalistico.
Progresso storico e possibilità progettuale
I termini del conflitto tra riformismo e rivoluzione sono stati delineati in questi cento anni di storia
del socialismo.
Termini di conflitto perchè il riformismo sta al "progresso storico", come la rivoluzione sta alla
possibilità
progettuale di dominarlo. Nell'area attinente al campo del riformismo vanno inseriti anche tutti quei
movimenti
"rivoluzionari" che hanno riprodotto nel loro processo di sviluppo, con forme storico-sociali diverse, i
rapporti
formali e proporzionali che costituiscono geometricamente l'impianto
strutturale di ogni organizzazione
autoritaria. L'ideologia merliniana nella ricerca di un equilibrio tra scelta rivoluzionaria e scelta riformista,
ha
rappresentato questo conflitto in tutta la sua dimensione teorica, perchè costruita su una
esperienza storica diretta,
vissuta in prima persona. Ma il riformismo di Merlino tutto personale, meditato e sofferto, va
inquadrato nell'area cui accennavamo
poc'anzi. La sua peculiarità sta nella drammatica contraddizione presente tra i fini perseguiti e
i mezzi propugnati.
Perchè mentre i fini erano sinceramente libertari ed egualitari, i mezzi attingevano, al contrario,
nel campo
democratico e progressista, troppo incline ad assecondare la storia invece di correggerla. Ora la
concezione metodologica di ogni riformismo si basa su una ipotesi strategica dedotta da una immagine
della
realtà, così come essa si presenta e si evolve "spontaneamente". Il suo "realismo",
contrapposto all'utopismo
rivoluzionario, non vede nessuna alternativa storico-sociale, se non ripetendo nel suo processo di
sviluppo, tutti
i tratti di questa immagine. Nel caso di Merlino, la contraddizione sta nel rapporto tra la recezione passiva
di essa,
propria del riformismo, e la costruzione attiva richiesta dall'obiettivo finale, propria del processo
rivoluzionario.
Tale processo, carico di innumerevoli possibilità progettuali, si realizza in una prassi che
riconosce la realtà per
quel tanto che la trasforma. Nessuna possibilità di vedere attuato il socialismo attraverso
una prassi riformista,
nessuna possibilità di dichiararsi "riformista rivoluzionario" (21). L'essenza del socialismo non
sta nel progresso
storico, dimensione del riformismo, ma nella possibilità progettuale, dimensione della
rivoluzione.
Mirko Roberti
1) F. S. Merlino, Concezione critica del socialismo libertario, Firenze 1957, pag.
9-10.
2) F. S. Merlino, ivi, pag. 141.
3) F. S. Merlino, Revisione del marxismo, Bologna 1945, pag. 55 e ss.
4) F. S. Merlino, ivi, pag. 52.
5) Per l'influenza di Proudhon su Merlino si veda, F. S. Merlino, Abrégé des
ouvres de Proudhon, Paris, 1897.
6) F. S. Merlino, Pro e contro il socialismo libertario, Milano 1897, pag. 212 e ss.
7) F. S. Merlino, Revisione..., op. cit. pag. 201.
8) Cfr. quanto scrivono Aldo Venturini e P.C. Masini nell'introduzione a La
concezione... op. cit. pag. XVIII.
9) F. S. Merlino, Il socialismo senza Marx, Bologna 1974, pag. 289.
10) F. S. Merlino, Il problema economico e politico del socialismo, Milano 1948, pag.
218.
11) F. S. Merlino, Revisione..., op. cit. pag. 75.
12) F. S. Merlino, Pro e contro..., op. cit. pag. 89-90.
13) F. S. Merlino, ivi, pag. 25.
14) F. S. Merlino, Revisione..., op. cit. pag. 32.
15) F. S. Merlino, Il problema..., op. cit. pag. 272.
16) F. S. Merlino, Concezione..., op. cit. pag. 202.
17) F. S. Merlino, Socialismo e Monopolismo?, Napoli-Londra 1887, pagg.
269-270.
18) F. S. Merlino, Revisione..., op. cit. pag. 45.
19) F. S. Merlino, Formes et essence du socialisme, Paris 1898, pagg. 152-168.
20) F. S. Merlino, Pro e contro..., op. cit. pag. 43.
21) F. S. Merlino, Il socialismo senza Marx, op.cit pag. 571.
Socialismo senza Marx
Sotto il titolo suggestivo "Il socialismo senza Marx", Aldo Venturini ha raccolto e ordinato, in un disegno
organico per temi e argomenti gli scritti "revisionisti" e "critici" di Francesco Saverio Merlino. Revisionisti e critici
perchè prodotti dopo la "svolta" operata dal Merlino nel 1897, svolta che lo vide passare, dopo vent'anni di
militanza anarchica, al campo socialista e parlamentare. In questa raccolta non sono presenti quindi gli scritti e
i volumi del periodo anarchico. Pur non potendo fare un confronto, che risulterebbe estremamente interessante,
tra quest'ultimo periodo e quello cosiddetto "revisionista", il volume offre comunque la possibilità al lettore di
comprendere i termini di un dibattito in parte ancora attuale. Non solo sono presenti i termini di un confronto tra socialismo e anarchismo, riformismo e rivoluzione ma anche
sono sviluppati in alcune parti fondamenti teorici e le ragioni ideologiche dell'anarchismo. Sebbene essi non siano
esplicitati attraverso una esposizione diretta, essi emergono ugualmente con l'analisi e la critica continua propria
di Merlino. Essa mirava a porre in una posizione equidistante dal marxismo e dall'anarchismo, il suo socialismo
critico e libertario, liberandolo dalla tirannia dei "dogmi" e dei "sistemi". I temi affrontati con questa dimensione interpretativa pervadono pressochè tutta l'antologia che costituisce il
presente volume: dagli scritti pubblicati nella sua "Rivista critica del socialismo" dove affronta e sviluppa la sua
critica al marxismo, ai capitoli più interessanti del "Pro e Contro il Socialismo" e de "L'utopia collettivista", dove
analizza a fondo, secondo la sua interpretazione, i confini tra la dimensione scientifica e quella utopistica
dell'anarchismo e del socialismo. La ricchezza di cultura e di dottrina del Merlino, la sua scrupolosa e meticolosa
trattazione sui temi e dei problemi, costituiscono un'altra ragione per leggere e meditare questo libro.
Il volume di circa 700 pagine, costa Lire 8.000. E' in vendita nelle maggiori librerie e può essere richiesto
all'editore Massimiliano Boni di Bologna (via Marco E. Lepido, 203/24).
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