Rivista Anarchica Online
Marini e la giustizia di Stato
di Giuseppe Bonavolontà
Abbiamo sostenuto a più riprese che se si dovesse scegliere un caso giudiziario nella cronaca degli ultimi
anni non avremmo dubbi nel prediligere la vicenda in cui è coinvolto Giovanni Marini. Non tanto per i
fatti che generarono la sua incarcerazione, quanto per l'esempio che in ogni occasione ha dimostrato di
saper ispirare. Marini infatti "fa parlare" i fatti per sé e la propaganda non cessa neppure di farla nelle
aule di tribunale.
Non basta. Nonostante il supplizio carcerario, le torture di cui è stato vittima, le pesanti condanne e le
umiliazioni, mantiene lo stesso atteggiamento deciso di prima, continua imperterrito a denunciare gli
abusi di cui è vittima con gli altri detenuti, insiste nel dichiarare apertamente la sua rivolta contro le
istituzioni repressive e nel propagandarla in tutti gli istituti di pena che "visita". Accade così che lo
trascinano da un carcere all'altro, a vagare su e giù per l'Italia tra il banco dell'imputato e la cella di
rigore, ovunque indesiderato. Testardamente continua la lotta.
Constatata la sua determinazione si ha l'impressione di fare troppo poco, ed è per ciò che non siamo
stanchi di ripeterci. Basterà elencare i procedimenti giudiziari in cui è coinvolto. Per prima cosa
parleremo del ricorso in Cassazione in cui Marini è imputato di omicidio volontario per la morte del
fascista Carlo Falvella. Come si ricorderà, nel processo di primo grado, tenutosi nel giugno del 1974 a
Vallo della Lucania, come durante l'appello di Salerno svoltosi nell'aprile dello scorso anno, era stata
chiaramente dimostrata l'innocenza del compagno rispetto ai fatti addebitatigli. Ugualmente, la prima
volta condannandolo a 12 anni di reclusione, e poi riducendo la pena a 9, la "giustizia" si Stato lo ha
considerato colpevole.
Il procedimento in Cassazione che si sta tenendo in questo periodo non prevede sedute pubbliche e,
avvenendo in gran parte attraverso la carta bollata, offre poche occasioni di essere propagandato. Gli
avvocati Torre e Conso che assistono Giovanni Marini hanno consegnato l'istanza di scarcerazione fino
dallo scorso ottobre ma la Corte ancora non si è espressa in merito.
Non potremmo poi fare a meno di soffermarci per qualche rigo sul processo recentemente conclusosi
a Roma nel quale Marini, imputato per diffamazione, è stato assolto perché il fatto non costituisce reato.
Fu il brigadiere delle guardie carcerarie Stigliani a denunciare il compagno a seguito di un'intervista
apparsa sul settimanale "L'Espresso". La difesa ha egregiamente svolto il suo compito, al punto che non
solo è riuscita a dimostrare la veridicità delle affermazioni contenute nell'intervista incriminata, ma
addirittura è arrivata a provare il comportamento brutale e provocatorio nei confronti dei detenuti, del
condottiero di secondini lucani di nome Stigliani.
Se qualcuno pensasse che una volta tanto giustizia è fatta, noi come anarchici prima e come osservatori
al processo poi, pronti interverremmo a provargli il contrario. Infatti, se pure il Tribunale assolvendo
Marini ha accolto la più che argomentata tesi difensiva, la corruzione di Stato ha trionfato. La Procura
della Repubblica di Matera, presso la quale era stata inoltrata denuncia contro il brigadiere Stigliani per
le responsabilità a suo carico emerse nel dibattimento a Roma, con una rapidissima istruttoria lo ha
scagionato da ogni accusa. Il fatto per una "Giustizia" costituzionalmente lentissima potrebbe apparire
strano; ma quale pastore non si prodiga per salvare la pecorella caduta nel burrone? Qui che lo Stato è
pastore e Stigliani fedele armento, la storia non si smentisce.
Qualche rigo ci sembra opportuno dedicarlo al cumulo di nuove denunce contro Marini affidate dalla
Cassazione ai giudici di Potenza. Chi assiste anche a una sola seduta di questo processo sarebbe indotto
a considerare Giovanni Marini un nemico temuto dallo Stato. Tutti si sono accaniti nel procurargli
denunce, dal giudice Fiengo al P.M. Zarra, dai carabinieri al direttore del carcere di Salerno, fino ad
arrivare al giudice istruttore Lamberti. Ed è certo che non si commette errore definendolo tale. Marini
fin dalla prima udienza si è presentato pronto e con prove indiscutibili; gli stessi giudici sono stati
costretti a dargli ragione annullando un interrogatorio irregolare e rinviando i capi di imputazione alla
Procura della Repubblica per nuova formulazione.
Il procedimento penale è quindi cominciato da capo e solo da pochi giorni abbiamo appreso che
nuovamente sono stati contestati al compagno i capi di imputazione. Questa volta però corredati
dall'incriminazione per un reato dal quale è già stato prosciolto. Si tratta di una dichiarazione pubblica
nella quale Marini denunciò la responsabilità dei dirigenti del carcere di Salerno per la morte del detenuto
Carlo Sorrentino. Un P.M. che non legge i quotidiani (si ricorderà che il fatto fu molto pubblicizzato
sulla stampa) ha nuovamente formulato l'imputazione, scavalcando gli stessi codici. Con il detenuto
Marini tutto è consentito, pur di non vederlo in libertà.
Intanto la persecuzione contro Giovanni Marini continua.
Giuseppe Bonavolontà
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