Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 8 nr. 64
marzo 1978


Rivista Anarchica Online

Altri pareri sulla pubblicità e...

Dopo le nove lettere pubblicate (parzialmente) sullo scorso numero, altre ci sono arrivate sul tema della pubblicità su "A": alcune pro, altre contro. Ne pubblichiamo degli stralci significativi.

Nell'epoca dei mass-media - scrive Antonio G. (Guardia Lombardi) - stare a discutere se sia coerente o meno accettare della pubblicità sulla nostra stampa (beninteso, purché si tratti di pubblicità non in contraddizione con una pubblicazione anarchica) significa semplicemente volerne fare una questione di lana caprina. È ridicolo parlare di incoerenza nell'accettare un'inserzione da parte dei padroni, quando poi come se niente fosse ci rechiamo in libreria per acquistare il nuovo libro di Fromm o di Cassola stampato e pubblicizzato dai padroni sulla stampa borghese che tutti leggiamo (...) Accetterei anche un'intera pagina di pubblicità, a patto che il prezzo sia molto alto.

Un (non meglio precisato) "gruppo di compagni anarchici" (Napoli), dopo un apprezzamento positivo sulla rivista (giudicata una tra le migliori riviste che vi siano oggi in Italia), si schiera invece contro la pubblicità su "A". Siamo contrari nel modo più assoluto - affermano i compagni di Napoli - perché la pubblicità e contraria ai nostri principi ed una rivista con tali inserzioni è meglio che non venga pubblicata e ciò lo diciamo con il cuore spezzato. Ma ci rendiamo conto che si tratta di una rivista anarchica? Ma ci rendiamo conto che seguiamo la stessa strada che ha condotto il P.C.I. all'imborghesimento? Ma ci rendiamo conto che ciò significa fare il gioco della immonda società capitalistico-borghese, e che tale gesto è come svelare il nome dei nostri compagni tradendo, anche se sottoposti a tortura, e rinnegando i nostri principi ineluttabili, inconfondibili, inattaccabili ed ineccepibili?

Rossella P. (Roveredo in Piano) la pensa diversamente: per lei la pubblicità è un compromesso che dobbiamo accettare, visto anche che tale tipo non è ancora dannoso, se non vogliamo cedere le armi (chiudere la rivista): "o mangiar sta minestra, o saltar sta finestra", e chi ama l'anarchia può ingoiare anche questo piatto, i cui sapori sono resi più amari dai compagni che non saldando i loro debiti contribuiscono a farci andare a fondo.

La pubblicità all'interno della rivista - sostiene Emilio B. (Venezia) - non fa altro che completare questa affermazione, ma bisogna stare attenti a come viene usato il mezzo pubblicitario: un anarchico non può e non deve usarlo allo stesso modo del padrone e del borghese. L'unico scopo per cui deve essere usata la pubblicità e quello di "informare", non quello di attirare, convincere o peggio ancora ingannare. Al che il compagno fornisce tutta una serie di consigli "tecnici" per far sì che la pubblicità risulti il più onesta possibile.

Marina B. (Torino), invece, si dichiara contraria alla pubblicità su "A", definendola un compromesso senz'altro negativo, e propone di aprire una colletta tra gli abbonati.

Un anonimo simpatizzante anarchico del quartiere Monte Mario (Roma), dopo aver precisato di leggere tutta la stampa anarchica e di contribuire quindi con soldi anche al conseguente bilancio economico della rivista "A", se la prende con quei diffusori che sono soliti non pagare alla redazione le copie vendute. Credevo che una certa serietà fosse implicita in quelli che si definiscono anarchici (...) Allora, cosa posso dire? Fate quello che vi pare giusto.

Personalmente - scrive Jerry F. (Trieste) - mi sono meravigliato di come tanti compagni se la sono presa per la pubblicazione di mezza colonna di pubblicità (...) Io credo che la pubblicità possa anche essere un mezzo di informazione e come tale possa essere usato (non indiscriminatamente, è ovvio). Non credo che in futuro vedremo sulla copertina di "A" la bellona che si compra, si infila e si gode il suo bell'orologio: un po' di fiducia nei compagni della redazione, diamine! (...) Non mi dispiace affatto di venire a conoscenza che Moizzi ha pubblicato "Il socialismo utopistico" attraverso "A", anzi forse in seguito potrò evitare di comprare "Tuttolibri" della Stampa per sapere ciò che di buono è stato pubblicato.

Giorgio C. (Pistoia), scrivendo a nome del gruppo che a Pistoia ha diffuso la rivista fin dal primo numero, annuncia la sospensione della diffusione, motivata dal disaccordo del gruppo con la scelta redazionale di accettare sulle colonne della rivista stessa inserti pubblicitari a pagamento. Tale motivazione è riportata nel foglio che quei compagni di Pistoia hanno inserito in ogni copia del n.62 di "A", l'ultimo da loro diffuso: in questo foglio si comunicava ai lettori di "A" che la rivista resta in vendita all'edicola della stazione ferroviaria oppure può essere ricevuta in abbonamento. Un'altra compagna di Pistoia, nel frattempo si sta occupando della diffusione di "A" nel capoluogo toscano.

... e il nostro

Seppure brevemente, anche noi della redazione abbiamo da dire la nostra in merito alla questione della pubblicità su "A".

Noi pensiamo che l'accogliere su di una pubblicazione anarchica, che si trovi in una grave situazione economica, della pubblicità discriminata sia sì un compromesso (uno tra tanti che si è costretti a fare) antipatico finché si vuole, ma non certo un compromesso grave o addirittura inaccettabile come ha sostenuto qualcuno. Finché si può farne a meno, bene, siamo tutti d'accordo. Ma se l'alternativa si pone tra chiudere o accettare la pubblicità, i dubbi devono passare in seconda linea: è appunto quello che abbiamo fatto noi, senza rifletterci a lungo, quando a fine dicembre abbiamo chiuso il bilancio di "A" con quasi due milioni e mezzo di deficit.

Oggi, a tre mesi di distanza, la situazione economica di "A" è migliorata. Alcuni diffusori, sollecitati da una nostra circolare, hanno iniziato a saldare i loro debiti (ma la maggioranza, in verità, deve ancora farlo). Alcuni compagni ci hanno inviato delle sostanziose sottoscrizioni e altri si sono impegnati a farlo (come il compagno di Roma, la cui lettera pubblichiamo a parte). Noi della redazione ci siamo dati da fare e abbiamo raccolto mezzo milione.

Tutto sommato il deficit si è ridotto ed è tornato al di sotto del "livello di guardia". Siamo così in grado di fare a meno della pubblicità e lo facciamo ben volentieri. L'annuncio pubblicitario che appare su questo numero è l'ultimo. Ultimo per sempre? La risposta non dipende da noi, ma dalla correttezza che i diffusori dimostreranno saldando i loro debiti con la rivista.

La Redazione

Parliamo d'altro

Cari compagni,

Il tipo di dibattito che si sta svolgendo intorno alla pubblicità indica, a mio giudizio, una notevole disponibilità critica che personalmente non cercherei di limitare a problemi, pur importanti, di natura organizzativa, ma desidererei che si aprisse a temi ideologici di fondo. È fuori dubbio che la crisi dello Stato, e non solo di quello italiano, comincia a dar ragione, in termini di metodologia critica, alle tesi che da decenni sono nostre; è altrettanto evidente che, negli ultimi anni, il rilancio del nostro movimento è stato importante a tutti i livelli. C'è stata, a mio avviso, una crescita non solo quantitativa (e quindi misurabile) di nuovi compagni e di attività, ma anche uno sviluppo di tesi, posizioni e problematiche diverse che mi piacerebbe fossero dibattute sulla rivista.

Una potrebbe essere la seguente: "È sempre valido ed attuale l'astensionismo elettorale?". Mi rendo perfettamente conto delle contraddizioni contenute in questa affermazione, ma ciò che conta è il contenuto del dibattito che vorrei ne seguisse.

Walter M. (Milano)