Rivista Anarchica Online
Altri pareri sulla pubblicità e...
Dopo le nove lettere pubblicate (parzialmente) sullo scorso numero, altre ci sono
arrivate sul tema della pubblicità su "A": alcune pro, altre contro. Ne pubblichiamo
degli stralci significativi.
Nell'epoca dei mass-media - scrive Antonio G. (Guardia Lombardi) - stare a discutere se
sia coerente o meno accettare della pubblicità sulla nostra stampa (beninteso, purché si
tratti di pubblicità non in contraddizione con una pubblicazione anarchica) significa
semplicemente volerne fare una questione di lana caprina. È ridicolo parlare di incoerenza
nell'accettare un'inserzione da parte dei padroni, quando poi come se niente fosse ci
rechiamo in libreria per acquistare il nuovo libro di Fromm o di Cassola stampato e
pubblicizzato dai padroni sulla stampa borghese che tutti leggiamo (...) Accetterei anche
un'intera pagina di pubblicità, a patto che il prezzo sia molto alto.
Un (non meglio precisato) "gruppo di compagni anarchici" (Napoli), dopo un
apprezzamento positivo sulla rivista (giudicata una tra le migliori riviste che vi siano oggi
in Italia), si schiera invece contro la pubblicità su "A". Siamo contrari nel modo più
assoluto - affermano i compagni di Napoli - perché la pubblicità e contraria ai nostri
principi ed una rivista con tali inserzioni è meglio che non venga pubblicata e ciò lo
diciamo con il cuore spezzato. Ma ci rendiamo conto che si tratta di una rivista anarchica?
Ma ci rendiamo conto che seguiamo la stessa strada che ha condotto il P.C.I.
all'imborghesimento? Ma ci rendiamo conto che ciò significa fare il gioco della immonda
società capitalistico-borghese, e che tale gesto è come svelare il nome dei nostri compagni
tradendo, anche se sottoposti a tortura, e rinnegando i nostri principi ineluttabili,
inconfondibili, inattaccabili ed ineccepibili?
Rossella P. (Roveredo in Piano) la pensa diversamente: per lei la pubblicità è un
compromesso che dobbiamo accettare, visto anche che tale tipo non è ancora dannoso, se
non vogliamo cedere le armi (chiudere la rivista): "o mangiar sta minestra, o saltar sta
finestra", e chi ama l'anarchia può ingoiare anche questo piatto, i cui sapori sono resi più
amari dai compagni che non saldando i loro debiti contribuiscono a farci andare a fondo.
La pubblicità all'interno della rivista - sostiene Emilio B. (Venezia) - non fa altro che
completare questa affermazione, ma bisogna stare attenti a come viene usato il mezzo
pubblicitario: un anarchico non può e non deve usarlo allo stesso modo del padrone e del
borghese. L'unico scopo per cui deve essere usata la pubblicità e quello di "informare",
non quello di attirare, convincere o peggio ancora ingannare. Al che il compagno fornisce
tutta una serie di consigli "tecnici" per far sì che la pubblicità risulti il più onesta
possibile.
Marina B. (Torino), invece, si dichiara contraria alla pubblicità su "A", definendola un
compromesso senz'altro negativo, e propone di aprire una colletta tra gli abbonati.
Un anonimo simpatizzante anarchico del quartiere Monte Mario (Roma), dopo aver
precisato di leggere tutta la stampa anarchica e di contribuire quindi con soldi anche al
conseguente bilancio economico della rivista "A", se la prende con quei diffusori che sono
soliti non pagare alla redazione le copie vendute. Credevo che una certa serietà fosse
implicita in quelli che si definiscono anarchici (...) Allora, cosa posso dire? Fate quello che
vi pare giusto.
Personalmente - scrive Jerry F. (Trieste) - mi sono meravigliato di come tanti compagni se
la sono presa per la pubblicazione di mezza colonna di pubblicità (...) Io credo che la
pubblicità possa anche essere un mezzo di informazione e come tale possa essere usato
(non indiscriminatamente, è ovvio). Non credo che in futuro vedremo sulla copertina di
"A" la bellona che si compra, si infila e si gode il suo bell'orologio: un po' di fiducia nei
compagni della redazione, diamine! (...) Non mi dispiace affatto di venire a conoscenza
che Moizzi ha pubblicato "Il socialismo utopistico" attraverso "A", anzi forse in seguito
potrò evitare di comprare "Tuttolibri" della Stampa per sapere ciò che di buono è stato
pubblicato.
Giorgio C. (Pistoia), scrivendo a nome del gruppo che a Pistoia ha diffuso la rivista fin
dal primo numero, annuncia la sospensione della diffusione, motivata dal disaccordo del
gruppo con la scelta redazionale di accettare sulle colonne della rivista stessa inserti
pubblicitari a pagamento. Tale motivazione è riportata nel foglio che quei compagni di
Pistoia hanno inserito in ogni copia del n.62 di "A", l'ultimo da loro diffuso: in questo
foglio si comunicava ai lettori di "A" che la rivista resta in vendita all'edicola della
stazione ferroviaria oppure può essere ricevuta in abbonamento. Un'altra compagna di
Pistoia, nel frattempo si sta occupando della diffusione di "A" nel capoluogo toscano.
... e il nostro
Seppure brevemente, anche noi della redazione abbiamo da dire la nostra in merito alla
questione della pubblicità su "A".
Noi pensiamo che l'accogliere su di una pubblicazione anarchica, che si trovi in una grave
situazione economica, della pubblicità discriminata sia sì un compromesso (uno tra tanti
che si è costretti a fare) antipatico finché si vuole, ma non certo un compromesso grave o
addirittura inaccettabile come ha sostenuto qualcuno. Finché si può farne a meno, bene,
siamo tutti d'accordo. Ma se l'alternativa si pone tra chiudere o accettare la pubblicità, i
dubbi devono passare in seconda linea: è appunto quello che abbiamo fatto noi, senza
rifletterci a lungo, quando a fine dicembre abbiamo chiuso il bilancio di "A" con quasi due
milioni e mezzo di deficit.
Oggi, a tre mesi di distanza, la situazione economica di "A" è migliorata. Alcuni diffusori,
sollecitati da una nostra circolare, hanno iniziato a saldare i loro debiti (ma la
maggioranza, in verità, deve ancora farlo). Alcuni compagni ci hanno inviato delle
sostanziose sottoscrizioni e altri si sono impegnati a farlo (come il compagno di Roma, la
cui lettera pubblichiamo a parte). Noi della redazione ci siamo dati da fare e abbiamo
raccolto mezzo milione.
Tutto sommato il deficit si è ridotto ed è tornato al di sotto del "livello di guardia". Siamo
così in grado di fare a meno della pubblicità e lo facciamo ben volentieri. L'annuncio
pubblicitario che appare su questo numero è l'ultimo. Ultimo per sempre? La risposta non
dipende da noi, ma dalla correttezza che i diffusori dimostreranno saldando i loro debiti
con la rivista.
La Redazione
Parliamo d'altro
Cari compagni,
Il tipo di dibattito che si sta svolgendo intorno alla pubblicità indica, a mio giudizio, una
notevole disponibilità critica che personalmente non cercherei di limitare a problemi,
pur importanti, di natura organizzativa, ma desidererei che si aprisse a temi ideologici di
fondo. È fuori dubbio che la crisi dello Stato, e non solo di quello italiano, comincia a
dar ragione, in termini di metodologia critica, alle tesi che da decenni sono nostre; è
altrettanto evidente che, negli ultimi anni, il rilancio del nostro movimento è stato
importante a tutti i livelli. C'è stata, a mio avviso, una crescita non solo quantitativa (e
quindi misurabile) di nuovi compagni e di attività, ma anche uno sviluppo di tesi,
posizioni e problematiche diverse che mi piacerebbe fossero dibattute sulla rivista.
Una potrebbe essere la seguente: "È sempre valido ed attuale l'astensionismo
elettorale?". Mi rendo perfettamente conto delle contraddizioni contenute in questa
affermazione, ma ciò che conta è il contenuto del dibattito che vorrei ne seguisse.
Walter M. (Milano)
|