Rivista Anarchica Online
Antimilitarismo
a cura di Carla Morrone
Tavola rotonda tra obiettori in servizio civile
Per approfondire l'analisi del servizio civile, iniziata sullo scorso numero, abbiamo organizzato
una tavola-rotonda. Vi hanno partecipato sei "obiettori in servizio civile": Oliviero (Brescia -
vicino alle posizioni del PDUP), Agostino (Milano - si definisce un "cane sciolto"), Alberto
(Milano - socialista nonviolento), Dario e Paolo (Milano - entrambi anarchici) e Maurizio
Tonetto (Torino - anarchico), che insieme con la compagna Carla Morrone ha curato la
trascrizione e la sistemazione del dibattito.
Dario. Avevamo iniziato, con lo scorso numero della rivista, il discorso del servizio civile, con le
opinioni, riportate da alcuni compagni e si era pensato di continuare a sviluppare il dibattito
sull'obiezione di coscienza legale, soprattutto per confrontare criticamente alcune esperienze,
dando così nuovi elementi di valutazione.
Oliviero. Svolgo il servizio civile al MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione) di
Brescia, che è un movimento di opposizione alla guerra sorto all'inizio del secolo e diffuso in
diversi paesi tra cui il nostro dove ha numerose sedi. Ha indirizzo religioso e fin da quando fu
approvata la legge sull'obiezione di coscienza si occupa di organizzare il s.c.. L'attività che svolgo
consiste appunto nella preparazione di corsi di formazione degli obiettori nel primo mese di s.c.,
che sono autogestiti fin dall'inizio, o dovrebbero esserlo, ma a cui diamo un contributo nel
momento dell'impostazione grazie all'esperienza accumulata dopo diversi mesi di lavoro
personale. Inoltre coordiniamo le attività dei collettivi in s.c. che operano in zona, città e
provincia, gruppi che si occupano, tra l'altro, di propaganda antinucleare e alimentazione
alternativa, ecc.. Ancora, c'è un lavoro di pubblicizzazione dell'opportunità data dal servizio civile,
attraverso volantinaggi davanti al Distretto Militare, manifestazioni pubbliche, tavole rotonde,
assemblee, incontri informativi con coloro che desiderano svolgere il s.c.. L'attività della sede di
Brescia, nella sua autonomia locale rispetto all'organizzazione nel suo complesso, ci porta ad
organizzare, quasi ogni anno, manifestazioni a carattere antimilitarista in collaborazione con altri
gruppi, ad esempio l'ICI, sul tema della giustizia militare e della lotta a favore dei soldati detenuti
nel lager di Peschiera del Garda.
Agostino. Io, invece, sono in servizio civile a Milano, presso l'Unione Italiana per la Lotta alla
Distrofia Muscolare, ente solo in parte assistenziale in quanto non compie sempre prestazioni
dirette ai malati miodistrofici che raccoglie, perché solo in alcune città amministra come
associazione privata un servizio pubblico, quale può essere ad esempio il recupero degli ammalati
attraverso esercizi di fisioterapia, mentre in altre fornisce esclusivamente un servizio informativo e
di collegamento sui problemi attinenti la malattia ai genitori dei malati e ai miodistrofici stessi.
Lavorano con me altri sei compagni con i quali non ho tuttavia rapporti di collettivo, il che
comporta l'insufficienza di collaborazione e di confronto sui problemi che nascono durante la
nostra attività. Distaccati in altre sedi italiane della UILDM operano una decina di obiettori, che
praticamente fanno dei servizi sostitutivi che arrivano addirittura ad un impiego come autisti non
solo per conto dell'associazione ma di un Consorzio sanitario di zona!, cosa che è ancora più
smaccatamente negativa dal mio punto di vista. Noi di Milano vogliamo solo in parte servizi
assistenziali che sono, in sostanza, residui della passata attività di questa associazione, quando al
suo interno era presente una massiccia componente di volontari, spinti a questo impegno da
motivazioni di carattere religioso-umanistico-politico. Oggi, venuta meno questa presenza, noi
obiettori, che ci riconosciamo nella linea di fondo dell'associazione quando afferma essere
nell'attuale assetto sociale la causa prima dell'emarginazione dell'handicappato, ci troviamo a
costituire, di fatto, il nucleo che tiene in piedi l'organizzazione dell'ente pur non avendo al nostro
interno le credenziali per esserlo, cosa che del resto la stessa UILDM comincia a chiederci. Da qui
nasce, per noi, il problema di un servizio civile gestito interamente dagli obiettori oppure svolto
presso realtà già esistenti all'esterno del movimento degli odc, e il rapporto da tenere con l'ente. Io
ho accettato questa seconda soluzione, rinunciando coscientemente all'autogestione ma, nello
stesso tempo, non accettando passivamente le direttive dell'associazione e rivendicando anzi una
presenza attiva nei momenti decisionali, importante soprattutto quando, come nel nostro caso, si
è, per necessità, gli elementi essenziali per la continuazione dell'attività. Nella pratica, teniamo
contatti, attraverso un bollettino, tra i miodistrofici e le loro famiglie facendo opera di
aggiornamento dei metodi preventivi e di cura della malattia, e facciamo pressione presso gli enti
pubblici affinché vengano soddisfatte le particolari esigenze del malato distrofico. È chiaro che
come obiettori, pur non rifiutandoci di prestare a titolo personale la nostra collaborazione, non
vogliamo accettare e subire la situazione particolare di cui dicevo prima e se continuiamo ad
operare all'interno dell'ente è solo perché la sua attività evidenzia delle contraddizioni sociali
chiarendo che le stesse non possono essere superate dentro la logica del sistema; questo in linea
con il precedente rifiuto di un'istituzione dello stato, cioè l'esercito. Prima di concludere, voglio
aggiungere che considero, in ultima analisi, quanto sto facendo come sostituzione di un lavoro,
anche se non è riconosciuto come tale, ruolo contraddittorio che tollero fintantoché risulterà
realisticamente possibile il riconoscimento delle mansioni svolte come "lavoro" e la conseguente
assunzione di lavoratori.
Paolo. Presto il servizio civile "ufficialmente" presso Comunità Nova, in realtà faccio un servizio
di copertura presso il Centro sociale del Sempione. Comunità Nova è un'associazione cattolica di
recente costituzione che si dedica al recupero e al reinserimento "critico e maturo", come afferma
il suo responsabile, dei tossicomani nella società. Il compito degli obiettori è perciò quello di
favorire questo inserimento, che a me pare ambiguo come operazione; la mia impressione è che o
gli odc riescono ad integrarsi nella linea dell'ente oppure ne vengono emarginati. In un primo
tempo lavoravo con i tossicomani in un laboratorio di pelletteria al Beccaria, dove costruivamo
borse e altri oggetti in cuoio; avremmo dovuto anche assumere un ruolo di mediatori tra questi
ragazzi ospiti della comunità per impedire i frequenti contrasti violenti nel loro reciproco
rapportarsi, cosa che non era facile! Dal Beccaria sono passato ad un altro ghetto, a Baggio, cioè:
qui i rapporti con i tossicomani erano positivi sotto un profilo umano ma non avendo questi
individui una benché minima coscienza politica mi è stato impossibile stabilire un confronto
centrato sul problema che vivevano come soggetti. Ne sono venuto fuori perché mi sentivo
estraneo a ciò che l'ente richiedeva da me; ora presso il Centro sociale lavoro insieme ad altri per
costituire una biblioteca popolare che ancora non esisteva. Riguardo il s.c. ho sempre ritenuto
opportuno una riduzione in termini di tempo, perché ritengo i venti mesi della sua durata una
punizione di classe.
Maurizio. Sono in servizio civile a Torino presso l'Amministrazione comunale, insieme ad una
trentina di altri obiettori. Nei primi mesi l'attività del gruppo, allora il più consistente
numericamente, si è risolta in qualche iniziativa isolata di propaganda antimilitarista che ha
coinvolto però solo una frazione del collettivo, impropriamente possiamo definirlo così perché
nella realtà non esiste alcuna forma di confronto o di intesa comune e i rapporti si svolgono sul
solo piano personale. Inizialmente ci fu una notevole conflittualità, esclusiva, per i continui ritardi
nei rimborsi, etc.; il nostro impiego era previsto all'interno di strutture, i "Centri d'incontro", che
dovevano ancora nascere concretamente nel momento in cui iniziammo il s.c. ma che già erano
contemplate nella delibera comunale nota sotto il nome di "progetto Giovani", che prevedeva
l'intervento della Giunta nel settore della disoccupazione giovanile, dell'associazionismo sportivo
di base e nel campo dell'animazione culturale. Quest'ultima attività avrebbe dovuto ruotare intorno
al Centro d'incontro di ogni singolo quartiere che si sarebbe così venuto a qualificare quasi come
un polo culturale di riferimento per la gioventù, soprattutto, e le altre componenti del quartiere.
Ad animare l'attività del Centro avrebbe dovuto essere un'equipe di animatori professionisti,
affiancata da due obiettori e da un funzionario comunale con incarichi amministrativi; molti Centri
che si aprirono in maniera disordinata e caotica, nell'arco di parecchi mesi, il carico di lavoro
grava essenzialmente sugli obiettori che vengono così ad essere elementi indispensabili al
funzionamento della struttura, avendo dimostrato spesso di possedere maggiori capacità creative
nel gestire il fatto animativo e l'iniziativa culturale che non i professionisti. Attività che, fino ad
oggi, si sono limitate però a forme e contenuti che ricordano troppo l'animazione degli oratori di
parrocchia, con qualche revisione critica qua e là, e comunque tutta la cultura di consumo guidata
sempre dai soliti intellettuali, magari bravi e coscienziosi, ma senza grossi stimoli o tentativi di
farla nascere come momento collettivo della gente che frequenta il Centro, a parte due notevoli
tentativi di animazione teatrale e ricerca musicale. Io mi sono scontrato fin dall'inizio con queste
limitazioni di fatto quando mi sono reso conto che con molti giovani non mi era possibile parlare
direttamente con un linguaggio politico che non era il loro, eppure avendo fatto capire che
rifiutavo istintivamente il ruolo impostomi di "animatore" ero stato accettato senza difficoltà; il
contrasto sorto in seguito con l'Amministrazione non mi ha permesso di continuare questo
confronto, oggi sono, infatti, in attesa di un trasferimento. Termino dicendo che il messaggio
portato attraverso la forma "animata" richiede tempi molto più lunghi per coinvolgere gli
interlocutori che non nel caso lo si riesca a presentare alla forma diretta, politica cioè; proprio per
questo l'Amministrazione non avrebbe tollerato un impegno in questa direzione dell'obiettore del
Centro, sapendo, al contrario, che nei pochi mesi di s.c. è solo possibile iniziare un discorso di
sensibilizzazione diversa attraverso l'uso esclusivo dell'animazione.
Dario. Io faccio parte del MIR milanese e il mio compito dovrebbe essere quello di pubblicizzare
il s.c. e sviluppare le tematiche antimilitariste perché l'agitazione in questo senso a Milano è
insufficiente. In realtà, dovendo anche scontare una precedente assenza quasi totale di
organizzazione - infatti il MIR milanese è ancora in via di riconoscimento da parte del Ministero
della Difesa - mi vedo costretto a ricoprire il ruolo di "impiegato" della LOC, che consiste nel
dare tutte quelle informazioni utili su come e dove si deve svolgere il s.c. a quanti le richiedono,
arrivando al massimo, entro certi limiti, a trovare loro un posto in un luogo ed ente che più
soddisfi le loro esigenze ed interessi personali. Inizialmente ho, com'è logico, cercato il maggior
numero di contatti con studenti ed obiettori già in servizio civile a Milano, ma lo ripeto, passo
gran parte del mio tempo ad informare chi viene da me per chiarimenti.
Agostino. Senti, la condizione in cui ti trovi è tale perché il movimento degli odc è incapace di
autogestirsi organizzativamente; io sono convinto che ci possano essere gli impiegati del
movimento, non però nei termini in cui sei costretto ad esserlo tu, che in pratica dai la "pappa
pronta" agli obiettori che vogliono fare il s.c.. Deve finire questa tendenza a delegare
l'amministrazione del s.c. che, secondo me, sta alla base di questa situazione.
Dario. Vorrei riallacciarmi al discorso del servizio civile all'interno di un'istituzione, perché nella
LOC e nel movimento ci si sta muovendo in questa direzione con la richiesta di una nuova legge,
avendo ritenuto già superata la proposta di legge esistente e non ancora discussa in Parlamento, e
in sostanza si chiede la regionalizzazione del s.c. e la sua smilitarizzazione, con l'allacciamento di
nuovi rapporti con enti istituzionali come la regione, la provincia, il comune. Discutendone con i
compagni lombardi abbiamo rilevato notevoli resistenze in chi vedeva nella proposta di
regionalizzazione una mossa delle istituzioni pubbliche per aggirare i limiti del decreto Stammati
che blocca le assunzioni e risolvere così la carenza di personale immettendo gli obiettori, che
ricoprono pertanto posti di lavoro che spetterebbero di diritto ad altre persone. C'è anche da dire
che il Ministero della Difesa è, per noi obiettori, una controparte più immediata è scoperta contro
cui lottare che non la regione.
Alberto. Sono da pochi giorni in s.c. presso il MIR di Milano. Intervengo per fare due
osservazioni; in riferimento alla situazione che vive ora Dario, io credo che ogni obiettore debba
cercarsi un proprio spazio, soprattutto nella LOC e nel MIR di Milano, dove essendo ancora agli
inizi c'è tutto un lavoro politico da svolgere. Voglio aggiungere poi che non sono d'accordo con la
proposta di Paolo di ridurre i mesi della durata del s.c. perché verrebbero in tal modo ingrossate le
fila, correndo il rischio di una dequalificazione del s.c.. Noi abbiamo bisogno di persone che,
scegliendo di prestare il servizio sostitutivo di leva, siano coscienti di obbiettare al servizio
militare e sappiano che non è sufficiente questa scelta come lotta alla società perché si combatte
così una sola istituzione dello stato e non tutto il sistema. È indispensabile qualificare il s.c. perché
qualunque sia il tipo di ente in cui presterà la sua opera, l'obiettore dovrà saper incidere
dimostrando un adeguato grado di professionalità conseguita attraverso il corso di formazione che
ritengo indispensabile per chi inizi il s.c., evitando naturalmente di occupare posti di lavoro ed
eventualmente crearne di nuovi.
Se il s.c. venisse ridotto a dodici mesi sarebbero molti quelli che lo preferirebbero al servizio
militare per una propria comodità dovuta ad un controllo meno rigido che in caserma. Il numero
preponderante degli imboscati farebbe perdere credibilità a quegli obiettori che sinceramente
hanno scelto il s.c. come momento di lotta per cambiare questo sistema. Mi sembra un fatto
positivo anche il riconoscimento del servizio prestato dagli obiettori di coscienza come un lavoro,
questo perché si può dimostrare all'opinione pubblica che si è capaci di creare qualcosa di
alternativo. Sarà poi compito dell'odc mantenere una certa autonomia nei confronti del
programma dell'ente; la realtà è quella che è e noi dobbiamo lottare all'interno di queste strutture
anche se non affini alla nostra ideologia, perché solo così si può ottenere il cambiamento delle
attuali istituzioni.
Agostino. Molte delle cose che dice Alberto non le condivido. Non credo che una prospettiva di
sviluppo del movimento degli odc, o meglio del servizio civile, dipenda da un aumento, attraverso
la maggiore qualificazione, dell'incidenza nella società di questa prestazione ed è rischioso vedere
la questione in questi termini in quanto significa accettare che un'imposizione da parte dello stato,
che è quella di "prestare servizio", militare o civile che sia, venga interpretata, senza mediazioni,
come possibilità di fare un lavoro alternativo. Io vivo schizofrenicamente questa situazione perché
sento il s.c., nello stesso tempo, come imposizione e realizzazione di me stesso. Costrizione in
quanto non avrei certo assunto questo impegno se non mi fosse arrivata la cartolina-precetto,
realizzazione di me stesso perché alla base dell'attività che sto svolgendo ci sono motivazioni
personali e politiche.
Paolo. Rispondo ad Alberto sulla storia della qualificazione. Purché l'obiettore svolga un lavoro
politico in una prospettiva di classe, non mi dispiace se anche non rispetta i termini dell'accordo
programmatico dell'ente, in parte o del tutto, dal momento che la sua non è stata una libera scelta,
fin dall'inizio, ma originata dall'imposizione statale. Lavoro politico tanto più indispensabile per
contrastare le tendenze interclassiste presenti nella LOC e nel movimento degli odc, che non ha
mai cercato un confronto con il movimento più generale di opposizione, e come movimento
specifico ha ridotto al minimo l'intervento antimilitarista.
Maurizio. Non esiste oggi, se mai è esistita in passato, la possibilità di fare un discorso unitario
che trovi sostanzialmente d'accordo tutti gli obiettori, e questo per via delle notevoli differenze
ideologiche in cui si riconoscono gli addetti in s.c.. Se proprio vogliamo trovare un comun
denominatore questo è la generica scelta di opposizione alla violenza dell'istituzione militare che
motiva l'obiezione comune; pertanto, ridurre la propria pratica antimilitarista alla dichiarazione di
principio contenuta nella domanda non è per niente sufficiente!, troppi dimenticano il legame
inscindibile che subordina il servizio civile alla questione militare; la mia lotta sarà dunque non per
un servizio civile di massa, obbligatorio, ma nella prospettiva di una eliminazione di entrambe le
forme di tassazione che lo Stato chiede. La proposta di regionalizzazione mi trova su posizioni
estremamente critiche non solo per quella che è stata l'esperienza di un anno di s.c. ma pure per il
pericolo che ci vedo di un'ulteriore limitazione della libertà d'azione conquistabile, dall'obiettore,
all'interno dell'ente. Il progetto discusso dalla LOC piemontese di recente è in questo senso
significativo; invece di affermare con la determinazione di un rifiuto costante e di una pratica
sovversiva la non accettazione di norme e regolamenti punitivi, si arriva addirittura a chiederne o
approvarne altri!
Paolo. Credo anch'io, come Maurizio, che questa iniziativa sia un'ulteriore strumento di controllo
da parte delle gerarchie civili e militari. La considero, né più né meno, come lo Statuto dei
lavoratori che è servito a bloccare le lotte che scavalcavano le decisioni del sindacato e come i
Decreti Delegati che hanno avuto la medesima funzione nel mondo della scuola. Perciò sento il
bisogno di ostacolarla e lottarci contro.
Oliviero. Riconosco la validità di un servizio civile qualificato all'interno delle istituzioni locali
perché ci porta a contatto con la realtà sociale e politica del paese come forza di cambiamento e
d'innovazione. Fuori da questa ottica, mi sembra, si cade nello spontaneismo che, personalmente,
non accetto; ritengo perciò che la legge sulla regionalizzazione del s.c. sia un notevole passo
avanti rispetto all'attuale legislazione, perché se passa come la intendiamo noi s'inserisce in un
discorso di pianificazione, in cui anche la LOC imporrà la sua concezione di s.c.. La pianificazione
avrà come conseguenza anche la soluzione dei contrasti tra enti ed obiettori, che oggi sono così
frequenti; senz'altro andrà perso in parte il discorso dell'autogestione, anche se continueranno ad
operare enti del tipo MIR che lasciano maggior spazio ed autonomia. Negli enti istituzionali, dove
non esiste neppure una pari libertà, ci sarebbe la possibilità di conquistare, con tappe successive,
spazi sempre maggiori in accordo con il sindacato e le forze politiche. Ancora, e rispondo ad
Agostino, senza dubbio portiamo via posti di lavoro con il fatto di fare il s.c, però o lo
interrompiamo oppure accettiamo questa contraddizione che è parziale nel senso che, Decreto
Stammati a parte, i settori nei quali si va ad operare sono tranquillamente trascurati dalle
amministrazioni comunali e simili. Entrando in queste situazioni e lavorandoci, creiamo nella gente
l'esigenza del servizio e la spingeremo, più di quanto faccia oggi, al termine del nostro servizio
civile a premere sull'amministrazione comunale affinché provveda a sostituire gli obiettori con
personale adeguato. Ritengo positiva una eventuale riduzione del periodo dei venti mesi, evitando
la dequalificazione con altri sistemi, perché eliminerebbe l'influenza delle difficoltà personali che
impediscono a molti di scegliere il s.c. mentre sono contrario alle situazioni di imboscamento che
diventeranno comunque più difficili quando passerà la regionalizzazione, e di conseguenza, la
pianificazione.
Agostino. Secondo me, stanno venendo fuori due punti di vista diversi, quello della possibile
efficacia del s.c. in termini di funzionamento e quello dell'autonomia dell'attività rispetto alle
istituzioni. O ci si riconosce in un movimento di tipo libertario e autogestionario, che non
legittima questo stato come forma di organizzazione sociale la migliore possibilità e in tal caso
non si può correre il rischio, racchiuso in questa legge, che il s.c. diventi una riforma del servizio
militare e nello stesso tempo una collaborazione con le strutture statali oppure si punta alla
migliore qualificazione di servizio in collaborazione con le istituzioni rischiando però di perdere la
propria autonomia dalle istituzioni e, secondo me, il significato dell'esistenza del movimento degli
obiettori. La discriminante rimane la non-accettazione di questo stato, perciò pur essendo
disposto a lavorare in un'istituzione non voglio che il mio impegno, il mio tempo, servano a
perpetuare questo stato di cose, ma serva a metterlo in crisi. Ritengo sbagliati anche i discorsi che
sulla base di un principio portano ad un rifiuto totale di contatti o rapporti con le istituzioni...
Paolo. ... mi va benissimo che ci siano dei compagni che lavorano nelle istituzioni, così come ci
sono dei compagni che lavorano politicamente nelle caserme.
Agostino. Preferisco che il movimento degli obiettori muoia perché non ci sono più spazi
praticabili piuttosto che scompaia come movimento di lavoratori al servizio dello stato. In ogni
caso, verrà il momento che anche il s.c. scomparirà perché pur esso istituzione, perché sarà
cambiata l'organizzazione sociale.
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