Rivista Anarchica Online
Gli indiani
di Franco Melandri
Storie, costumi e tradizioni degli indiani d'America
Parlare degli indiani d'America (intendendo con questo termine indicare le popolazioni che, fin
dall'antichità, abitavano nei territori che vanno dal Messico settentrionale al Canada centro-meridionale) è sempre un compito abbastanza arduo.
Tutti abbiamo negli occhi i cavalieri piumati che ci hanno accompagnato nelle fantasie infantili.
Questi cavalieri ci erano presentati dal cinema hollywoodiano e da una letteratura di quint'ordine
come bestie feroci, pronte a scalpare chiunque gli capitasse a tiro, o nel migliore dei casi, come
dei poveracci tenacemente attaccati ad un mondo assurdo fatto di caccie e di stranezze, destinati a
lasciare "finalmente" posto alla civiltà. In questi ultimi anni l'eco delle lotte indiane ed una
letteratura abbastanza seria hanno distrutto, fortunatamente, il mito dell'indiano cattivo ma hanno
contribuito a far nascere, sulle ceneri del precedente, il mito di rousseauviana memoria dell'indiano
buono, pacifico e in fondo anche un po' giuggiolone. Nonostante il cambiamento di segno, quindi,
il mito rimane e spesso impedisce che degli indiani si conoscano più approfonditamente le
diversità culturali ed etniche, il diverso atteggiamento tenuto nei confronti dei bianchi, le radici e
le richieste delle loro lotte.
Al di là dei miti, quindi, chi furono i pellerossa?
Prima di tracciare un sommario profilo delle più importanti culture indiane è necessario chiarire
che gli indiani (generalmente, anche se non sempre giustamente, ascritti alla razza gialla)
appartenevano a diverse etnie traendo origine dalle diverse ondate migratorie che, provenienti in
gran parte dalla Siberia, cominciarono circa 30.000 anni fa a popolare il continente americano in
un susseguirsi di migrazioni che durò per circa 15.000 anni. Queste popolazioni, in tempi e modi
diversi, si installarono in tutto il continente e dettero origine a culture diversissime per struttura
sociale, religione, conoscenze. Bisogna tener presente che ogni divisione netta fra le varie culture
indiane è sempre un po' arbitraria sia perché esistevano influenze reciproche, anche se di diversa
intensità, sia perché non sempre tutte le tribù di un dato gruppo etnico e linguistico appartenevano
allo stesso gruppo culturale. Le varie culture infine non arrivarono contemporaneamente a
"maturazione" ma ebbero - sia per le diverse epoche di arrivo in America sia per motivi che
vedremo poi - tempi di sviluppo diversi.
I popoli del sud-est
Procedendo da sud verso nord e da est verso ovest il primo grande gruppo culturale (1), assai
influenzato dalla cultura Azteca soprattutto per quel che riguarda la struttura sociale e la
religione, è quello dei popoli del sud-est (Creek, Cherokee, Choctaw, Chickasaw, Natchez,
Seminole, Timucua), dediti all'agricoltura e abitanti in villaggi stabili costituiti da capanne di legno
e terra. Fisicamente erano assai diversi dallo stereotipo dell'indiano. Gli uomini, al contrario delle
donne, non portavano i capelli lunghi ma solo un ciuffo di capelli posto in mezzo alla testa rasata
(detto "ciuffo dello scalp"). Uomini e donne usavano tatuarsi tutto il corpo, andavano quasi
sempre nudi o con un piccolo perizoma, non usavano i famosi caschi di penne ma cappelli rotondi
o turbanti a volte decorati con piume. In ogni tribù vi erano veri clan (2) e la discendenza era
matrilineare: alle donne appartenevano i campi ed i raccolti, anche se durante la semina ed il
raccolto vi lavoravano anche gli uomini. Erano tribù molto bellicose, usavano torturare i
prigionieri con raffinata efferatezza ed anche fare sacrifici umani. Gli uomini erano essenzialmente
guerrieri ed ogni tribù, pur riconoscendo dei legami fra i vari gruppi della stessa lingua, era
sempre impegnata in scorrerie a danno delle tribù vicine, non tanto per distruggerle quanto per il
piacere di uccidere, per procurarsi prigionieri da torturare e per dare occasione ai guerrieri di
mostrarsi valorosi. L'organizzazione sociale dei popoli del sud-est era molto autoritaria: ogni tribù
(con l'unica eccezione dei Seminole) era divisa in classi- i Soli, cioè i regnanti, i Nobili ed il
popolo - ed i capi, generalmente nobili che si erano dimostrati atti al comando, avevano grande
autorità: spesso venivano trasportati in lettighe e vestivano abiti particolari.
Esisteva anche una casta di sacerdoti che, come presso gli Aztechi, aveva cura di una religione
teistica con la conseguente influenza in tutti gli affari della tribù. Le tribù del sud-est, come la
maggioranza delle tribù indiane, accettava la poligamia anche se, poiché il marito viveva presso la
famiglia della moglie, nella pratica non era molto diffusa ed era spesso limitata ai capi ed ai
guerrieri più in vista.
Con l'arrivo dei bianchi l'organizzazione sociale di alcune di queste tribù, soprattutto dei Creek,
mutò ed alcuni capi furono uccisi dalla loro gente perché avevano ceduto delle terre tribali senza
prima aver sentito il parere della tribù stessa. Queste fratture interne furono talmente profonde che
una parte dei Creek si staccò e dette vita alla tribù Seminole (in lingua Creek, "Seminole" significa
"selvaggio" "vagabondo". I Seminole, pur conservando molti usi della tribù d'origine, abolirono al
loro interno la divisione in classi, abbandonarono quasi totalmente la pratica della tortura e
trasformarono i capi in semplici portavoce della volontà della tribù dando inoltre rifugio a molti
schiavi negri fuggiti dalle piantagioni.
I Pueblo
Già da circa 20.000 anni fa nel sud-ovest degli Usa e nel nord-ovest del Messico si sviluppò
un'altra cultura strettamente imparentata con gli Aztechi, anch'essa stabile ed agricola: la cultura
Pueblo - che prende il nome dalle caratteristiche abitazioni d'argilla, poste una sull'altra a ridosso
delle montagne. A differenza dei popoli del sud-est i Pueblo (Mohave, Pima, Papago, Hopi, Zuni)
erano pacifici anche se all'occorrenza seppero dimostrarsi abili guerrieri, non praticavano né la
tortura né i sacrifici umani e dedicavano tutti i loro sforzi a strappare terre coltivabili al deserto.
Gli uomini si dedicavano al lavoro nei campi mentre le donne tessevano o costruivano canestri e
terracotte. Anche gli uomini e le donne Pueblo usavano tatuarsi abbondantemente, andavano
spesso nudi, mentre quando vestivano, usavano camice, gonne e perizomi di cotone. Uomini e
donne portavano i capelli abbastanza lunghi, spesso fermati da una fascia e solo durante alcune
cerimonie venivano indossate corone di penne. L'organizzazione sociale variava da tribù a tribù
cosicché presso alcune tribù esistevano i clan, con a capo una donna, mentre presso altre erano
ignorati; in alcune tribù la discendenza era matrilineare in altre patrilineare, in alcuni villaggi i
campi erano di proprietà degli uomini, in altri appartenevano alle donne. Presso tutti i Pueblo -
che erano monogami e consentivano il divorzio - i "capi" civili (in genere era una carica ereditaria)
non avevano alcun potere effettivo ma solo un'autorità morale; chi invece godeva di maggior
potere era la casta dei "preti" che si occupava della religione (in parte teista, in parte animista),
della conservazione dei complessi riti propiziatori dei cicli stagionali e della interpretazione dei
sogni. I Pueblo, che erano molto religiosi, consultavano questi preti (3) prima di ogni lavoro,
spedizione di caccia o altro, e la loro indicazione diventava, di fatto, legge poiché nessuno si
sarebbe mai sognato di contestare l'indicazione del sacerdote. Ciònonostante l'organizzazione
sociale dei Pueblo era abbastanza libera e si adattava talmente bene al carattere di queste genti che
senza cambiamenti notevoli la mantengono in vita ancora oggi.
Navajo e Apache
Circa 1.000 anni fa giunsero nei territori dei Pueblo dei popoli artici di lingua athabasca: i Navajo
e gli Apache. Questi popoli (il cui aspetto fisico è famoso grazie alle molte foto esistenti) erano
essenzialmente guerrieri e predoni e, arrivati a contatto coi Pueblo, cominciarono ad assalirne i
villaggi a scopo di razzia. In questo modo subirono, soprattutto i Navajo, moltissimo della cultura
Pueblo. Così, contrariamente a quanto si legge nei fumetti di Tex Willer, i Navajo divennero
agricoltori (famosi erano i loro pescheti), abbandonarono il nomadismo e divennero stanziali,
sviluppando contemporaneamente la pastorizia. Corollario di queste attività rimasero, comunque,
le razzie a danno dei Pueblo. Gli Apache, invece, nonostante qualche tribù si dedicasse per
qualche tempo all'agricoltura, rimasero soprattutto cacciatori e predoni, dividendosi in molte tribù
(Mescaleros, Coyoteros, Lipan, Jicarilla, Aravaipa, Mimbreño) e allargando il loro raggio
d'azione dal Messico del nord e dal sud-ovest degli Usa sia a comprendere parte del Grande
Bacino e delle grandi praterie centrali. Nonostante questa diversa evoluzione, gran parte dei
Navajo e degli Apache conservarono moltissimi caratteri comuni: dal tipo di abitazione (l'hogan,
costituito da un'intelaiatura di pali a tronco di cono o a cupola ricoperta di frasche o di terra), alla
religione, che mirava, tramite complessi riti ed una mitologia delicatamente poetica, a conciliare
l'individuo con l'universo (4), alla scarsa attitudine per il nomadismo.
Presso gli Apache ed i Navajo quasi completamente sconosciuti erano i clan e l'organizzazione
sociale era, soprattutto presso gli Apache, improntata ad uno spirito libertario: non vi era alcuna
divisione sociale tra i membri della tribù ed i "capi" erano individui che, per il loro valore o per la
loro saggezza, erano prescelti dal gruppo come portavoce e come rappresentanti della tribù ma
non avevano alcun genere di autorità, al di fuori di quella morale che veniva loro dal rispetto
generale di cui godevano (5).
Presso i Navajo questa organizzazione sociale a volte si stemperò e degenerò in forme venate di
autoritarismo, ma nella maggioranza dei casi riuscì a conservare moltissime delle caratteristiche
libertarie originali.
Gli Irochesi e la "Grande pace"
Nel nord-est degli Stati Uniti e nel sud-est del Canada due erano le culture dominanti: gli Irochesi
ed i cacciatori dei boschi Algonkini. Gli Irochesi (Onondaga, Seneca, Cayuga, Oneida, Mohawk,
Tuscarora, Uroni, Wyandot) erano popolazioni del sud-est che si erano spinte nel nord-est
scacciando da alcuni di quei territori gli originali abitanti Algonkini (Irochese è una parola
algonkina che significa "serpente") ed alcune tribù Dakota. Per quanto tecnicamente meno
progrediti dei loro cugini del sud-est, gli Irochesi si dedicarono soprattutto all'agricoltura, anche
se una parte importante del loro tempo era dedicata alla caccia ed alla pesca, e rimasero popoli
stanziali. I loro villaggi, spesso cintati da palizzate, erano costituiti da lunghe costruzioni di legno
e di corteccia col tetto tondeggiante o a spigolo, dette "case lunghe", in ognuna delle quali
risiedevano varie famiglie appartenenti allo stesso clan. Le case, i campi ed i raccolti erano di
proprietà delle donne (che svolgevano collettivamente tutti i lavori dei campi) mentre la caccia e
la pesca, anch'esse praticate collettivamente, erano riservate agli uomini. Col tempo gli uomini e le
donne irochesi si diversificarono molto nell'aspetto fisico dai popoli del sud-est: spesso portavano
i capelli lunghi (non erano rari tuttavia, gli uomini che si rasavano il cranio lasciando solo il "ciuffo
dello scalp") e, a causa dei rigidi inverni, presero l'abitudine di confezionarsi abiti di pelle di cervo
finemente lavorati e decorati. Non usavano tatuarsi abbondantemente e solo in rare occasioni
indossavano piccole corone di penne. Una caratteristica degli Irochesi (copiata in seguito anche
dagli Algonkini e da alcune tribù Dakota) era l'uso del wampum, cioè di una striscia di fibra o di
pelle decorata con motivi geometrici che poteva avere vari significati, soprattutto il ricordo di
avvenimenti accaduti alla tribù, cosicché il wampum diventava, in pratica, un libro di storia. In
ogni tribù irochese c'era il "lettore" di wampum;; figura che spesso coincideva con quella dello
sciamano che guariva i malati e leggeva i sogni.
Presso gli Irochesi, come del resto presso tutti gli altri popoli indiani, i sogni avevano grande
importanza poiché da essi dipendeva l'"orenda" (cioè una forza spirituale totalmente
spersonalizzata) che poteva essere "usata" da singoli individui a favore di tutta la tribù (ad es.: chi
sognava molto, accumulando perciò molta "orenda" diventava sciamano, dispensando in tal modo
la sua "orenda" a tutta la tribù). Oltre allo sciamano esistevano due tipi di "preti": alcuni erano
delegati ad un continuo contatto con il loro dio (il "Signore della Vita" in continua lotta col
fratello "Creatore del Male") mentre gli altri sovrintendevano solo ai riti e al contatto con degli dei
minori e con gli spiriti dei morti.
L'organizzazione sociale degli Irochesi, fortemente caratterizzata dal matriarcato, era assai
complessa e la si potrebbe definire una "monarchia costituzionale". Per quanto, a differenza dei
popoli del sud-est, le tribù Irochesi non fossero nettamente divise in classi, all'interno dei clan
(governati dalla donna più anziana) vi erano delle linee di discendenza considerate nobili e da esse,
in genere, venivano i sakem (altra parola algonkina che serviva a designare i capi irochesi). Il
sakem era designato dalla matrona della linea nobile da cui proveniva il sakem precedente, previa
consultazione con le matrone degli altri clan. Nel caso che il sakem, che aveva molta autorità, non
fosse ligio ai sui doveri verso la tribù, la matrona del suo clan lo avvertiva tre volte e, se a nulla
servivano gli avvertimenti, lo deponeva designando un altro capo che, in questo caso, poteva
appartenere alla "linea nobile" di un altro clan. Le matrone inoltre, pur senza alcun potere
esecutivo specifico, proponevano al consiglio della tribù (composto dai membri più in vista dei
vari clan) degli argomenti di discussione che venivano sempre accettati. Gli Irochesi erano molto
bellicosi e, pur senza giungere al livello delle tribù del sud-est per cui uccidere un nemico era
quasi un divertimento, bastava un nonnulla per scatenare delle lunghe e feroci guerre fra le varie
tribù Irochesi sia contro gli Algonkini, che premevano per riconquistare i loro territori; corollario
di queste guerre erano la tortura rituale ed il cannibalismo, soprattutto nei confronti dei nemici che
si erano mostrati coraggiosi.
A porre in parte fine alle guerre fra le tribù Irochesi giunse, circa 500 anni fa, la costituzione della
Lega Irochese (denominata "La Grande Pace"). La Lega, la cui idea partì dal profeta
Deganawida, riunì dapprima cinque tribù (Onondaga, Senega, Cayuga, Oneida, Mohawk) cui si
aggiunsero, nel 1600, i Tuscarora e, più tardi su un piano di asservimento, la tribù algonkina dei
Delaware. La struttura della Lega (da cui fu tratta, fra l'altro, l'ispirazione per la costituzione degli
USA) era federalista ed ogni tribù rimaneva sovrana salvo per quanto riguardava la "politica
estera". Per questo tipo di decisioni era il consiglio della Lega - formato dai sakem delle varie
tribù - che dopo ampio dibattito prendeva le decisioni.
Ogni tribù aveva diritto ad un solo voto e le decisioni erano operative e vincolanti solo quando era
stata raggiunta l'unanimità. La Lega Irochese, le cui determinanti posizioni nei confronti dei
bianchi vedremo in seguito, servì a pacificare fra di loro le tribù aderenti mentre condusse una
politica di sterminio e asservimento nei confronti delle tribù Irochesi non aderenti e degli
Algonkini. Per questo motivo gli Irochesi Uroni furono distrutti mentre, ad es., i Delaware,
rimasti isolati dalle altre tribù algonkine, preferirono assoggettarsi. Con tutti i lati negativi
sopraesposti, tuttavia, la Lega Irochese fu la prima grande alleanza indiana dettata non da motivi
contingenti ma dalla volontà di costruire e gestire un territorio indiano autonomo, compito che,
pur fra mille difficoltà, svolge tuttora.
Gli Algonkini
L'altro grande gruppo culturale del nord-est era quello degli Algonkini, che, oltre ad essere stati
fra i primi colonizzatori del nord-America (come testimoniano resti Algonkini databili oltre 20.000
anni fa), erano numerosi e potenti: i loro territori confinavano a sud con quelli delle tribù del sud-est e a nord coi territori degli eschimesi.
Le tribù algonkine del nord-est (Micmac, Abnaki, Passamquoddy, Ottawa, Mohicani, Pequot,
Cree, Delaware, Wampanoag, Penobscot, Narraganset; cui si aggiunsero, sino praticamente a
fondersi i Chippewa) vivevano frazionate in piccole bande di cacciatori e pescatori spesso in
movimento, soprattutto nella stagione estiva, per seguire le migrazioni della selvaggina: si
riunivano in particolari occasioni (i pow-wow) per celebrare cerimonie e scambiarsi i proventi della
caccia.
La cultura algonkina, data la vastità dei territori occupati, subì spesso molteplici influenze
cosicché, ad es., alcune tribù a contatto con le genti del sud-est svilupparono forme abbastanza
evolute di agricoltura mentre altre si spinsero fino alle pianure centrali diventando parte integrante
del gruppo degli agricoltori-cacciatori dell'ovest che vedremo poi. Ciononostante, molti dei
caratteri distintivi propri degli Algonkini rimasero: innanzitutto il tipo di abitazione (il wigwam,
una capanna unifamiliare costituita da un telaio di rame ricoperto di scorza di betulla), la canoa,
(pure di legno e di scorza di betulla) e la religione animista (6) che non prevedeva alcuna influenza
divina nella vita quotidiana, per cui non abbisognava di preti.
L'organizzazione sociale, in cui parte importante era riservata ai clan, era improntata, come presso
gli Apache, ad uno spirito libertario e non vi erano capi ma solo portavoce ed individui
particolarmente ascoltati per la loro saggezza o il loro valore. L'eccezione a questo tipo di
organizzazione furono, fra gli Algonkini, alcune tribù meridionali aderenti alla "Lega di Powatan"
e i Delaware in cui, senza giungere alla ferrea divisione in classi delle tribù del sud-est, i capi
avevano un'autorità quasi dispotica.
In seguito alle continue guerre difensive contro le tribù del sud-est e contro gli Irochesi anche gli
Algonkini, che erano guerrieri temibili ma tendenzialmente pacifici, adottarono la pratica della
tortura dei nemici, ma non giunsero quasi mai alla studiata efferatezza degli Irochesi o dei Creek.
Gli Algonkini del nord-est erano molto attaccati ai loro territori di caccia e quando vi furono
scacciati dagli Irochesi, e soprattutto dai bianchi, spinsero verso l'ovest molte tribù algonkine
occidentali contribuendo così a rafforzare un altro grande gruppo culturale: gli agricoltori-cacciatori dell'ovest.
Gli agricoltori-cacciatori dell'ovest
Gli agricoltori-cacciatori dell'ovest, che abitavano nella parte orientale delle grandi praterie
dell'ovest, erano un vero e proprio caleidoscopio di razze e di culture. Vi erano tribù di origine
algonkina (Cheyenne, i Sauk e le Volpi - riuniti in un'unica tribù - Kickapoo, Shawnee, Miami,
alcuni gruppi di Delaware) che provenivano in gran parte dal nord-est; tribù Dakota, più famosi
col nome di Sioux, Mandan, Hidatsa, Osage, Santee, Omaha, Sisseton, Mdewkanton) alcune
delle quali erano state tribù di cacciatori dei boschi mentre altre provenivano dalle propaggini
occidentali del sud-est; tribù Caddo (Wichita, Pawnee, Arickara) provenienti anch'essi da zone ai
margini del sud-est e dedite all'agricoltura. Tutti questi popoli si aggiunsero ai gruppi originari
della parte orientale della prateria (Ponca, Oto, Missouri, Iowa, Kansa) in un crogiolo di varie
esperienze, lingue, strutture sociali che, nonostante la guerriglia perpetua fra molte di queste tribù,
tese sempre più ad omogeneizzarsi. Quando sul finire del secolo diciottesimo, questa cultura
raggiunse l'apice (i bianchi non erano ancora arrivati in quei territori), vari erano i caratteri
comuni. In primo luogo il tipo di economia basato, nei mesi estivi, sull'agricoltura (mais, fagioli,
zucche) praticata dalle donne mentre in primavera ed in autunno i villaggi stanziali venivano
abbandonati per seguire gli uomini che andavano nelle praterie a caccia di cervi e bisonti; altra
caratteristica abbastanza comune erano le abitazioni dei villaggi stanziali (una grande struttura di
pali ricoperta di terra o di erba a volte talmente robusta da poter portare sul tetto alcuni uomini) e
per la caccia (il tepee: alcuni pali disposti a cono ricoperti di pelli). Anche l'organizzazione sociale
aveva caratteristiche comuni: tutte le tribù di cacciatori-agricoltori dell'ovest erano divise in clan e
le donne godevano di grande considerazione.
A parte queste caratteristiche comuni molte erano le differenze: alcune tribù avevano discendenza
patrilineare, altre matrilineare; le religioni erano assai diversificate ed alcuni popoli avevano
religioni quasi teistiche con tanto di preti mentre altre (Dakota, Cheyenne) erano animisti e non
avevano preti (anche se lo stregone, oltre che guaritore, era anche depositario di riti tramite i quali
l'individuo entrava in contatto con "lo spirito che pervade tutto"). Quasi tutte queste popolazioni,
comunque, svilupparono il "culto del calumet" (la pipa sacra), che rappresentava simbolicamente
lo spirito della tribù e l'uso dell'autotortura rituale così ben rappresentata nel film "Un uomo
chiamato cavallo". Anche l'organizzazione sociale differiva da tribù a tribù cosicché alcune, pur
senza essere divise in classi avevano capi civili e capi militari con molta autorità (i Pawnee)
mentre altre (Dakota, Cheyenne) non avevano capi e le decisioni erano prese dalla tribù nel suo
complesso (uomini e donne) dopo aver sentito e valutato il parere degli anziani. Presso altre tribù,
infine, i capi esistevano ma con poca autorità è sempre sottoposti alla sorveglianza della tribù.
Le tribù dell'ovest, che fisicamente corrispondevano in genere agli indiani "del cinema" (abiti di
pelle sfrangiati e riccamente decorati, caschi di penne, capelli lunghi divisi in trecce, uso delle
pitture di guerra, ecc.), ebbero una rivoluzione nel modo di vita quando arrivarono nelle praterie
le grandi mandrie di cavalli selvaggi, originate dai pochi cavalli scappati agli spagnoli nel Messico.
Cavalli e bisonti
Con l'arrivo dei cavalli gran parte dei cacciatori-agricoltori dell'ovest abbandonarono
gradatamente l'agricoltura e, spingendosi nel cuore delle grandi praterie dell'ovest, diedero origine
alla cultura nomade dei cacciatori delle praterie. Ai popoli provenienti dalle propaggini orientali
delle praterie se ne aggiunsero ben presto altri che, come i Corvi, i Cree, i Sangue, i Piedi Neri, i
Piegan, i Sarsee, abbandonarono i boschi per cacciare il bisonte. Lo stesso fecero sia i popoli di
cacciatori e predoni di lingua affine al Pueblo (Kiowa, Comanche) che vivevano nel Texas nord-occidentale e nel Montana, sia alcune tribù di cacciatori del Grande Bacino (Ute, Shoshone, Nez
Percè, Cayuse, Teste Piatte) sia alcune tribù Apache (Paducah, Jicarilla). Tutti questi popoli,
influenzandosi vicendevolmente, diedero vita alla cultura indiana senza dubbio più conosciuta.
Quando, nella prima metà del 1800, la cultura dei cacciatori di bisonti giunse al massimo
splendore, erano molte le tribù potenti: dai Dakota (Hunkpapa, Minneconju, Oglala, Brulé,
Santee) ai Cheyenne agli Arapaho (7) dai Kiowa ai Comanche ai Corvi agli Shoshone ai Pawnee.
Tutte le tribù della prateria adottarono il tepee (l'unica abitazione che, difendendo dai rigori
dell'inverno e dalle calure estive poteva essere smontata e trasportata facilmente), gli abiti di pelle
e molti dei costumi peculiari dei cacciatori-agricoltori dell'ovest o dei cacciatori dei boschi.
L'abbondanza di cacciagione, l'uso del cavallo, la necessità di seguire le sterminate mandrie di
bisonti, la vastità dei territori favorirono un ulteriore decentramento delle tribù che, anche
nell'organizzazione sociale, assunsero sempre più le caratteristiche libertarie delle società Dakota
o Algonkine. Nonostante che alcune tribù, come i Pawnee, conservassero alcune strutture
autoritarie, la stragrande maggioranza dei popoli delle pianure non ebbe capi e favorì la libertà dei
singoli individui, con l'unica relativa restrizione delle ferree regole di caccia. Presso molte tribù
della prateria, infatti, ogni caccia al bisonte iniziata individualmente, senza cioè aver prima
consultato il gruppo, era severamente punita, perché poteva spaventare le mandrie e quindi
affamare la tribù (8).
Anche le religioni, benché spesso conservassero caratteristiche della cultura d'origine, furono
influenzate dal tipo di vita e tesero sempre più all'animismo o ad un vago panteismo (famoso è il
termine "Wakan-Tanka" usato dai Dakota per indicare "lo spirito che soffia nell'universo"), tutte
inoltre conservarono o adottarono la "cultura del calumet" precedentemente nota solo ai
cacciatori agricoltori dell'ovest.
I vasti spazi e la facilità nel procurarsi da vivere favorirono lo sviluppo della creatività e dello
sviluppo ludico di queste genti che giunsero a praticare una quantità incredibile di giochi e di
sport. Anche la concezione della guerra mutò col mutare dello stile di vita e quasi tutte le tribù
abbandonarono l'uso di pratiche crudeli ed acquisirono la visione della guerra tipica dei Dakota e
dei cacciatori-agricoltori dell'ovest. Una pratica invece che rimase e si potenziò fu quella
dell'autotortura rituale al fine di rafforzare fisicamente e spiritualmente i guerrieri.
Una caratteristica tipica dei cacciatori delle praterie era il "dovere" di essere generosi.
Contrariamente a quanto mostrato nel film "Un uomo chiamato cavallo", le famiglie a cui moriva
il cacciatore non venivano abbandonate a se stesse ma, grazie alla generosità degli altri membri
della tribù, potevano continuare a vivere abbastanza tranquillamente. Questa forma di generosità
veniva insegnata fin da piccoli ai membri delle tribù di cacciatori delle praterie e dimostrarsi
generosi, fin quasi a ridursi alla miseria, era quasi un dovere.
Nel Gran Bacino
Una cultura indiana che, contrariamente a quelle viste fin'ora, raggiunse raramente periodi di
splendore fu quella degli indiani del Grande Bacino, cioè dei territori semidesertici che formano a
sud-ovest il versante occidentale delle Montagne Rocciose, mentre a nord-ovest fan parte del
versante orientale di queste montagne, confinante con le grandi pianure.
I popoli, quasi tutti di stirpe Uto-Azteca, che abitavano in quelle regioni (Pomo, Pah, Ute, Modoc,
Yakima, Walla-Walla) furono generalmente popolazioni miserabili di raccoglitori, che vivevano in
rifugi di frasche, sempre in movimento alla ricerca di radici e tuberi da raccogliere e di piccoli
animali da cacciare e raramente svilupparono caratteristiche proprie. Sconosciuto era il clan ed
ogni tribù era divisa in gruppi unifamiliari che molto raramente si ritrovavano.
L'ultimo gruppo culturale indiano, forse il meno conosciuto, è quello dei pescatori del nord-ovest.
Queste tribù (Tlingit, Kwakiutl, Haida, Chinook, Chilkat, Nootka, Bella, Coola, Salish) che
abitavano nella sottile striscia di terra, stretta fra le Montagne Rocciose ed il mare, che va dalla
California del nord all'Alaska, non subirono alcuna influenza dagli altri popoli indiani e si
svilupparono in maniera completamente autonoma (9).
Per concludere questa lunga, ma non certo esauriente (non si è parlato ad es. né delle maschere
rituali, né delle danze, né di tante altre cose che avevano molta importanza), panoramica delle
varie culture indiane vi sono alcune caratteristiche comuni a gran parte di esse degne di essere
messi in luce. Innanzitutto l'atteggiamento verso le donne: presso quasi tutti i popoli indiani le
donne avevano di fatto lo stesso peso sociale degli uomini, erano assai considerate e spesso fatte
oggetto di particolari attenzioni (10). Anche l'uso della "compra", assai comune, serviva solo a
dimostrare alla famiglia quanto fosse apprezzata la giovane chiesta in sposa ed i doni portati dal
marito ai genitori servivano a compensare la perdita di un membro così importante. In ogni caso
la donna poteva sempre rifiutare il pretendente. Anche per i vecchi, su cui gravava l'educazione
civile, economica e religiosa dei giovani, vale il discorso fatto per le donne, con l'aggiunta del
generale rispetto di cui godevano per la loro saggezza.
I "pazzi", che venivano ritenuti vicini al grande spirito, erano rispettati e nutriti da tutta la tribù.
I bambini, poi, erano vezzeggiati e coccolati da tutti ed anche l'uso di sottoporli a dure prove di
resistenza aveva come unico scopo quello di allevare uomini e donne atti a non soccombere di
fronte alle mille difficoltà di quelle terre selvagge.
Anche i costumi sessuali erano, generalmente, abbastanza liberi, le unioni completamente
volontarie ed il divorzio consentito. Presso quasi tutte le tribù vigeva la poligamia ma, come si è
già detto, nella pratica non era molto diffusa. Per quanto non si abbia notizia che l'omosessualità
fosse molto diffusa, gli omosessuali non erano generalmente discriminati e vivevano
tranquillamente all'interno delle tribù.
L'ultima caratteristica, comune in questo caso proprio a tutti gli indiani, - forse quella che ha più
colpito i giovani bianchi contemporanei americani ed europei - era il grande amore per la natura
che tutti gli indiani nutrivano. Contrariamente alla cultura bianca, essi concepivano l'uomo come
parte integrante della natura a cui occorreva adattarsi rispettandone cicli ed equilibri. Questa
coscienza ecologica permise agli indiani di adattarsi facilmente ai climi e territori diversi,
conducendo una vita che, salvo le rare eccezioni summenzionate, era felice, libera, ricca di poesia
e di amore per tutto quanto di naturale, vivo, spontaneo li circondava.
Contrariamente a quanto sostenuto da Engels ("L'origine della proprietà privata della famiglia e
dello stato") e da Marx non sempre, come abbiamo visto, i popoli che producevano o cacciavano
più di quanto consumassero si strutturarono gerarchicamente. Molti anzi, come gli Apache, gli
algonkini e le tribù delle praterie, dettero vita a forme sociali ispirate a sentimenti genuinamente
libertari che, come tutto ciò che è libero e vitale, non potevano che scontrarsi mortalmente con la
cultura gerarchica e sfruttatrice dei bianchi conquistatori.
Note
1) Le tribù nominate tra parentesi rappresentano, per ogni gruppo culturale, le tribù più importanti
o più famose.
2) Clan: gruppo di famiglie imparentate fra di loro che si riconosce discendente di un comune
antenato, solitamente mitico. Ogni clan, presso i pellerossa, aveva particolari usanze, abiti,
cerimonie.
3) Solitamente i preti Pueblo erano nominati, scegliendo fra i propri membri, delle società maschili
che sovrintendevano ai riti più importanti.
4) Sia presso i Navajo che presso gli Apache non esisteva una casta di preti, anche se "l'uomo
della medicina", che diventava tale per attitudine personale, era contemporaneamente sciamano e
depositario di alcuni riti.
5) Per meglio comprendere questo fatto vedere l'articolo di Pierre Clastres "Il problema del
potere nelle società primitive" tradotto in italiano sul n.4 del 1977 della rivista anarchica Volontà.
6) La famosa parola "Manitù" o "Manito", che viene in genere tradotta con "dio" era invece usata
dagli Algonkini per indicare "il tutto" o "l'armonia dell'universo". Alla lingua algonkina
appartenevano anche altre parole che, come Manitù, sono state arbitrariamente attribuite dai
bianchi a tutti gli indiani. Fra queste le più famose sono squaw (donna), papoose (bambino),
tomahawk (ascia da combattimento), yankee (uomo bianco).
7) Le tribù appartenenti a queste tre nazioni, tradizionalmente alleate, spesso si fusero anche se
ogni gruppo conservò cerimonie ed usanze particolari.
8) Presso i Cheyenne esisteva addirittura una specie di "polizia" - i "guerrieri cani" - che aveva
come compito specifico, oltre che difendere il villaggio da eventuali aggressioni nemiche, quello di
vigilare che nessuno iniziasse, durante le prime caccie primaverili ed autunnali, a cacciare per
conto suo. La pena, nei casi di infrazione, era la confisca dei beni - distribuiti poi fra tutti i membri
della tribù - e l'allontanamento dal gruppo, a volte anche la morte.
9) L'unica caratteristica nota di questi popoli sono i "pali del totem", cioè dei pali scolpiti con
figure umane e animali, pitturati con grande finezza e gusto artistico. Questi pali vengono spesso
attribuiti anche ad altre culture indiane che, in realtà, li ignoravano totalmente.
10) A parte il particolare matriarcato irochese di cui si è già detto, può sorprendere sapere che fra
i Dakota la prima cosa che il guerriero faceva al mattino era pettinare ed aiutare la moglie nel
"maquillage".
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