Rivista Anarchica Online
Avanspettacolo elettorale
di R. Brosio
Vent'anni fa, quando adolescenti, frequentavamo gli avanspettacoli dei teatri di quart'ordine, il
momento più penoso era certamente quello in cui il "famoso comico partenopeo Mazza" (o chi
per lui) usciva in scena vestito da marinaretto (a sessant'anni, ad occhio e croce), in compagnia di
una denutrita soubrette, per recitare la solita, vecchissima, scenetta scollacciata di Pierino che
vuole giocare a "cicca-in-buca", vano tentativo di divertire una platea spietatamente impassibile.
Quell'atmosfera di poveri guitti ci torna spesso alla mente, in occasione delle elezioni che
periodicamente si tengono per rinnovare la rappresentanza studentesca negli organi di governo
dell'Università.
Al posto del comico Mazza e della sua affamata soubrette, ci sono i candidati delle varie liste,
pronti anch'essi ad indossare i calzoni corti di risibili dichiarazioni, nell'illusione di imitare altri
guitti più fortunati, che recitano in famosi teatri della capitale. La scenetta di Pierino, la cui
secolare oscenità non fa ridere ormai nemmeno l'uditorio più sprovveduto e grossolano, altro non
è che la solfa, fritta e rifritta, dell'importanza di questo voto, della dichiarata possibilità, con esso,
di "cambiare le cose", di "contrastare il potere baronale" di "dar peso agli interessi studenteschi",
ecc.. E l'uditorio impassibile, che ha pagato il biglietto ma non applaude, è ovviamente la massa
studentesca, che è entrata nel teatro dell'Università perché di meglio non c'era da vedere, che
accetta di versare alla direzione la tassa di ingresso, ma non concede la sua partecipazione.
Come allora, anche oggi, al termine dell'esibizione, gli applausi sono così scarsi da aumentare la
penosità della scena e (crediamo) l'imbarazzo di chi, in un modo o nell'altro, vi prende parte: la
percentuale dei votanti si aggira, da sempre, intorno ad un faticoso 15-20% e quest'anno è scesa,
in molti casi, al di sotto del 10%.
È difficile sottrarsi alla tentazione di proseguire nel paragone teatrale. Come facesse il comico
Mazza a considerarsi un comico, coi suoi lazzi senza l'eco di un battimani, è difficile dire.
Altrettanto difficile è dire come possano gli "eletti" di oggi, i comici Mazza dell'avanspettacolo
universitario, ritenersi "rappresentanti degli studenti", basando ciascuno il proprio mandato sui
voti di una parte del 10% degli studenti. E come appariva penoso, allora, quel rinunciare
quotidiano alla propria dignità, da parte del povero guitto, in cambio non dell'Oscar, non degli agi
e del successo sfavillante dei divi, ma di un pasto completo e una camicia pulita, altrettanto
penoso, più penoso, è oggi assistere allo spettacolo di questi giovani che si avviliscono in goffe
riproduzioni di pragmatismo politico per essere accolti al desco dei potenti. Perché, anche qui,
non è l'Oscar in palio, non il potere, non l'occasione di partecipare alle decisioni e determinarne
l'orientamento, ma le briciole di una funzione direttiva praticamente irrilevante. All'interno dei
Consigli di Facoltà, o delle Commissioni, la voce studentesca è troppo flebile per poter
contrastare il coro del corpo docente, il quale, del resto, ha anch'esso ben scarso margine di
manovra di fronte alle decisioni prese dagli organismi superiori. Se si eccettua la distribuzione
mafiosa delle cattedre e degli incarichi (con i vantaggi economici connessi), la "quantità di potere"
gestibile all'interno di una qualsiasi facoltà universitaria si riduce all'esecuzione di disposizioni
emanate dall'alto (leggi, decreti, circolari ministeriali o rettorali) o alla elaborazione di normative e
regolamenti interni di ben modesta portata.
In tale contesto, l'attività dei rappresentanti studenteschi, per quanto concerne propriamente il
"governo" delle strutture universitarie, non ha oggi altro spazio che quello dell'assenso o del
dissenso, platonico, in merito a decisioni già prese, dai docenti, dal rettore, dal ministro, dal
governo....
D'altronde, oggi più che mai, la possibilità di "fare qualcosa", la speranza (pur riformista) di
"smuovere dall'interno" quest'Università, congelata nella paura e semplice funzione di "fornitrice
di rendite parassitarie", è inesistente: la "riforma" Pedini (più che una riforma, era una
restaurazione) dopo essersi profilata per un attimo all'orizzonte, è tornata nel novero delle cose di
là da venire, né le difficoltà a livello governativo fanno ritenere prossimo il suo ripresentarsi in
società. Eppure, nonostante la prospettiva di altri anni di immobile inettitudine, c'è ancora
qualcuno che si affanna a sostenere che votare per questa o quella lista è di vitale importanza, e
chiede consensi, e rischia il decoro e la decadenza per dimostrare di meritarseli. Il fatto è che,
ormai il ruolo reale di questi "rappresentanti" degli studenti si è ridotto a quello di fiancheggiatori
passivi, o di portavoce, dei partiti nelle liste dei quali sono stati eletti. Essi non stanno nei consigli
o nelle commissioni per partecipare al governo dell'Università, quanto per sostenere e
propagandare gli orientamenti del P.C.I., del P.S.I., della Democrazia Cristiana, per aiutarli nei
loro giochi di potere, per migliorarne l'immagine presso un possibile elettorato, per garantire ed
esserne l'influenza. Anche se prendono la parola in quanto studenti, sono solo dei fedeli galoppini
di partito, dei burocrati. Burocrati piccoli, è vero. Ma anch'essi ci vogliono. E lo dimostra il fatto
che, a differenza del passato, comunisti e socialisti hanno presentato liste separate, riproducendo,
nel microcosmo universitario, la stessa contrapposizione che li vede impegnati a livelli ben più
elevati di "gestione del potere". D'altronde, mai come quest'anno, le elezioni universitarie sono
state un "affare di partito". Scomparse le liste unitarie, scomparse le liste propriamente
studentesche, scomparse le liste espressione della "nuova sinistra", sono rimaste solo le liste di
partito. Ed il famoso comico partenopeo Mazza è tornato ancora una volta a sfidare il silenzio
della platea, per raccontare il suo desiderio di mettere la "cicca-in-buca". Sicuro, finché le cose
andranno così, di continuare ad essere scritturato, anche se nessuno l'applaude.
Tutto logico, in fondo. A fare il burocrate, o il galoppino, è giusto che vada chi è più qualificato
per questo mestiere. Resta però da commentare la mancanza di applausi, il massiccio assenteismo.
Diciamo pure che, nonostante tutto, non ce ne rallegriamo. Non vediamo in esso il sintomo di una
volontà di lotta, la ricerca di un'alternativa, la rabbia di chi è stufo di essere imbrogliato. I
burocrati, i galoppini, i baroni con il loro seguito di lustrascarpe, celebrano i propri riti tra
l'indifferenza disperata di chi, a quanto pare, ha rinunciato anche ad esprimere il proprio dissenso.
Il comico Mazza non fa ridere nessuno. Nessuno l'applaude. Ma nessuno lo fischia. Il teatro è uno
solo. Lo spettacolo è brutto, ma non c'è che quello. Dopo tante parole, dopo tanti casini, ci stiamo
forse accorgendo che non siamo capaci di metterne in piedi, per conto nostro, uno migliore?
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