Rivista Anarchica Online
Lotta armata in Argentina
a cura della Redazione
Della situazione politico-sociale Argentina si è molto parlato l'anno scorso, quando in
coincidenza con i campionati mondiali di calcio le forze (illegali) di sinistra lanciarono una
campagna d'informazione e di denuncia per contrastare quella propagandistica di regime. In
questi mesi, purtroppo, niente è cambiato in meglio, anzi si è avuta addirittura una grave
minaccia di guerra tra l'Argentina ed il Cile per il possesso di alcune isole strategicamente
importanti nel controllo del traffico navale all'estremo sud del continente sud-americano. Alla
fine quella guerra non c'è stata, ma la mobilitazione di massa (con prove di oscuramento nella
stessa capitale) e la martellante propaganda nazionalista del regime hanno reso ancora più
difficile la situazione interna.
Dall'Argentina ci è pervenuto un documento elaborato dal consiglio nazionale della Federación
Libertaria Argentina nello scorso gennaio ed intitolato "nota informativa su alcuni aspetti
salienti dell'attuale situazione Argentina". Ne pubblichiamo il paragrafo sul "terrorismo
organizzato".
Qualunque sia stata l'origine, la composizione e la derivazione ideologica dei vari gruppi e delle
diverse organizzazioni che si sono dedicate alla lotta armata e all'azione terrorista, essi hanno
sempre rivendicato propositi di liberazione politica e sociale, l'elevamento del livello di scontro e
l'appoggio alla causa del popolo. Hanno attratto migliaia di giovani di ambo i sessi, in gran parte
della classe media (soprattutto studenti e assistenti universitari), inquadrandoli in strutture che
sempre più hanno assimilato disciplina e linguaggio tipici del mondo militare. Dopo alcuni
tentativi di breve durata, hanno fatto la loro comparsa nel 1967-68 le cosiddette Forze Armate
Peroniste, delle quali fa parte anche il gruppo dei Montoneros. È infatti questo il nome che prende
il gruppo che porta a termine il sequestro e l'esecuzione del generale Aramburu, insieme con gente
di Cordova. La sua composizione è significativa: Firmenich, Ramus, Abal Medina e Maza
provenivano dall'Azione Cattolica Argentina e dall'organizzazione filo-fascista Tacuara. Con il
passare del tempo il nucleo dei Montoneros si rafforza con elementi della Gioventù Peronista di
"tendenza rivoluzionaria" e di altre "formazioni speciali" che tutte insieme vanno a formare il
cosiddetto peronismo di sinistra.
L'altra organizzazione, di ispirazione e di ideologia marxista-leninista, è l'Esercito Rivoluzionario
del Popolo (E.R.P.), che è nato come braccio armato del partito rivoluzionario dei lavoratori
aderente alla Quarta Internazionale (trotzkysta). Dall'E.R.P. si distacca poi una frazione, l'E.R.P.
"22 agosto", che si avvicina ai Montoneros e, come questi ultimi, "sospende le ostilità" quando
Campora prende il potere.
Peron, finché gli convenne, appoggiò la guerriglia. Già al suo ritorno al potere, il 20 luglio 1973,
ci fu sull'autodromo di Ezieza (vicino all'aeroporto internazionale, alla periferia di Buenos Aires)
un violentissimo scontro tra due frazioni del peronismo: da una parte i sostenitori del "socialismo
nazionale", i membri delle formazioni ed i loro simpatizzanti, dall'altra parte i gruppi armati guidati
da Lopez Rega e dal colonnello in ritiro Osinde, capo della repressione peronista. Risultato dello
scontro: cento tra morti e feriti. Non vi furono indagini in proposito, fino a quando i peronisti di
sinistra accusarono quelli di destra di aver teso loro una trappola mortale, conclusa con il
massacro di gente innocente recatasi sul posto solo con l'illusione di poter vedere Peron. La
tensione interna è andata crescendo, fino alla rottura pubblica del 1° maggio 1974. La "tendenza
rivoluzionaria" ed i Montoneros hanno continuato ad autoproclamarsi peronisti. L'E.R.P. e i
Montoneros hanno portato a termine tutte le forme possibili di azione violenta e la repressione
governativa si è intensificata, caratterizzata dalla controguerriglia a parapoliziesca o paramilitare,
con un risultato impressionante di vite umane sacrificate e di famiglie distrutte. Quando la Giunta
Militare prese il potere, nel giro di due anni la fece finita con entrambe le organizzazioni,
abbattendo anche i loro capi ed i loro dirigenti.
Nella rivista libertaria Reconstruir (n.98, settembre/ottobre 1975) è comparso un editoriale
intitolato "Violenza" nel quale tra l'altro si affermava: quando si arriva all'estremo di immolare
vite in forma sistematica, la lotta per la vittoria di una causa o dell'altra supera i limiti etici
della convivenza. E appare così il paradosso in cui cadono coloro che - da destra e da sinistra -
vogliono convincere gli altri della bontà di quel che difendono e a cui anelano, servendosi del
linguaggio brutale delle mitragliatrici. Delle due, l'una: o noi ci riconosciamo come esseri
pensanti e capaci di promuovere dibattiti e realizzazioni basati sul gioco fecondo delle iniziative
costruttive, oppure prendiamo atto che ogni sensibilità è morta e che debbono prevalere quelli
che riescono ad annientare coloro che la pensano differentemente. Quest'ultima sembra essere
la scelta degli implacabili fautori della violenza, che abbondano in questi tempi. Noi crediamo
fermamente che mai potranno svilupparsi idee ed azioni di vera liberazione sociale da una
pratica del terrore. La tensione e l'impegno di quelli che vogliono abolire le ingiustizie ed i
sistemi oppressivi devono trovare corrispondenza nel raziocinio, nella solidarietà, nei più alti
valori dell'uomo. Coloro che, al servizio di qualsiasi bandiera, si servono di metodi di lotta che
contraddicono essenziali diritti umani, perdono qualsiasi autorità morale per invocarli.
A nostro avviso questa definizione aveva e conserva come destinatari tutti i sostenitori degli
"ismi" e delle dottrine di qualsiasi genere: nazionalismo, fascismo, peronismo, marxismo ed è
valida per i violatori dei diritti umani di ogni tipo.
Paurosi sono stati i risultati della fanatizzazione e della falsa illusione di ottenere cambiamenti
"rivoluzionari", che hanno spinto una parte della gioventù in una guerra assurda e senza alcuna
prospettiva di vittoria, anche da un punto di vista programmatico. L'applicazione di una violenza
disumana e tante volte indiscriminata ed il terrore, lungi dall'attrarre, come suppongono i loro
ideologi, simpatie tra il popolo ed il "proletariato" da loro tanto invocato, crea una sensazione di
crescente spavento e rigetto, aprendo la strada ad una repressione che moltiplica i suoi mezzi
senza farsi troppo condizionare da pruriti legali, favorisce la tendenza alla confusione intorno ai
nobili e sinceri ideali di giustizia e di trasformazione sociale, ripaga i migliori impulsi umani con il
dolore, il risentimento e la frustrazione.
Ciò che è accaduto in Argentina può attribuirsi in gran parte al settarismo politico e alla superbia
autoritaria praticata e coltivata dal peronismo. Molti dei responsabili continuano con una falsa
propaganda all'estero. Gli individui ed i gruppi che si dichiarano marxisti-leninisti sono facilmente
identificabili: ciononostante gli atteggiamenti assunti dai totalitari vicini al peronismo hanno
suscitato curiose adesioni lontano dall'Argentina, là dove non sono ben conosciuti, dal momento
che a seconda dei loro interlocutori essi si proclamano democratici, socialisti, terzomondisti, amici
dell'O.L.P. e di altri simili "liberatori", se non addirittura pacifisti intransigenti.
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