Rivista Anarchica Online
Anarcosindacalismo alla svedese
di Paolo Finzi
C'è di che essere ottimisti. Negli ultimi tempi l'interesse per la S.A.C. e per i nostri fini è
andato
aumentando continuamente; gli iscritti sono aumentati; di noi si parla sempre di più. Dopo anni
di lento declino, c'è stata una chiara inversione di tendenza. Te lo ripeto, io sono proprio
ottimista. Alla domanda sullo stato attuale della S.A.C. Lars Tornbiornsson risponde con questa
ventata di ottimismo. C'eravamo già incontrati cinque anni fa, a Lisbona in occasione della prima
manifestazione
pubblica indetta specificamente dagli anarchici portoghesi. Si festeggiava, in un clima
d'entusiasmo indescrivibile, il 19 luglio spagnolo, il trentottesimo anniversario dell'insurrezione
antifranchista. Ma soprattutto si festeggiava la riconquistata libertà di riunione, di parola, di
esistenza, dopo mezzo secolo di dittatura fascista (prima Salazar, poi Caetano). Allora Lars era
segretario del comitato internazionale della S.A.C., una specie di ministro degli esteri" del
piccolo sindacato libertario svedese: in quei giorni c'era la nuova realtà portoghese da capire, da
vivere, da assaporare. Tempo per incontrarci ce ne rimase poco. Questo nostro secondo incontro avviene in un
clima certo meno effervescente, che ci lascia
spazio per parlare tranquillamente. Lars è venuto in Italia (per la prima volta, ci tiene a precisare)
per partecipare alla conferenza internazionale di studi sull'autogestione tenutasi a Venezia: vi è
stato inviato dal comitato internazionale della S.A.C., di cui non è più segretario da qualche mese
(lo è stato per dieci anni di fila) ma del quale è rimasto membro. È un
po' quel che avveniva con
il corpo di spedizione portoghese in India - afferma sorridendo - dove il capitano della prima
missione restava nella seconda con la funzione di consigliere. Così viene assicurata la continuità
nel rinnovamento. Parliamo dunque della S.A.C. di questo sindacato libertario che da settant'anni resiste
sulla
breccia da posizioni estremamente minoritarie. Contro i due milioni di lavoratori affiliati alla
L.O. (il sindacato socialdemocratico), la S.A.C. non raggiunge nemmeno l'1% con i suoi 19.000
iscritti: numericamente poca cosa davvero, se si considera che altre centinaia di migliaia di
aderenti aderiscono ad altri due sindacati "riservati" agli impiegati l'uno, agli alti dirigenti, agli
accademici, ecc. l'altro. Eppure la S.A.C. svolge nella società svedese un ruolo ben più incisivo
del suo peso numerico. Anche sul piano internazionale, nel non ricchissimo panorama del sindacalismo
rivoluzionario e
libertario, la S.A.C. occupa un posto di tutto rilievo: dopo la C.N.T. spagnola, è il secondo
sindacato, più forte e più radicato di altre organizzazioni consimili esistenti (a volte poco più
che
sulla carta) in paesi tradizionalmente più "rivoluzionari" e "caldi" di quanto certo non sia la
Svezia. Un'anomalia, questa del caso S.A.C., che si è complicata in seguito alle polemiche che negli anni
'50 portarono una parte del movimento anarcosindacalista internazionale (quella raggruppata
nell'A.I.T.) ad isolare la S.A.C., in un contesto di contrasti e di polemiche che ancora non si è
sopito. Il mio interlocutore preferisce non approfondire questo argomento, per sottolineare invece
la pratica internazionalista che ha sempre caratterizzato le relazioni internazionali della S.A.C..
Vi è un paese al quale guardiamo da sempre con particolare attenzione: è la Spagna. Noi
riponiamo grandi speranze nel presente e nel futuro della C.N.T.. Siamo convinti che se la
C.N.T. saprà superare le attuali difficoltà per radicarsi sempre più nella società
spagnola,
questo sarà un successo di indescrivibile importanza non solo per la stessa C.N.T., ma anche per
tutto il movimento sindacale rivoluzionario ovunque. Oggi come oggi, una buona affermazione
della C.N.T. aiuterebbe come nient'altro la nostra causa, anche nelle nostre singole realtà. Lars
mi parla di un'iniziativa realizzata dalla è S.A.C. qualche mese fa, con l'invio in Spagna per brevi
periodi di varie decine complessivamente di militanti svedesi in diverse località, per prendere
parte a dei seminari di studio (e di esperienza diretta) sulla C.N.T., sulle sue modalità di
intervento. Al recente congresso della S.A.C. un'ingente somma di denaro è stata destinata
dall'assemblea alla C.N.T. (credo una ventina di milioni di lire). Oltre che in svedese ed in
inglese, gli statuti ed altri documenti della S.A.C. sono disponibili in castigliano. Tutti segni
tangibili di un rapporto davvero intenso che da sempre lega i militanti della S.A.C. alle vicende
dell'anarcosindacalismo iberico (per non parlare poi del costante aiuto garantito in passato
durante i decenni di illegalità della C.N.T., aiuto al quale accenna Mercier Vega nel suo volume
La pratica dell'utopia). D'accordo, ma in Svezia? Che cosa fa la S.A.C.? A quali lotte partecipa? E
come vi partecipa?
Dov'è più forte, in quali regioni, in quali settori produttivi? Innanzitutto - risponde Lars
- bisogna
tener presente che vi sono regioni nelle quali la S.A.C. è assente del tutto, completamente
sconosciuta ai più. In alcune regioni del Nord, nel Centro-Nord e nella capitale, invece, siamo
relativamente forti. Lo stesso discorso vale per le categorie: in alcune siamo assenti, in altre
invece - soprattutto tra gli edili, i forestali, i minatori e gli autotrasportatori - la nostra influenza
è relativamente notevole. Negli ultimi tempi, poi, vi è stato nella S.A.C. un notevole afflusso di
maestre/i, insegnanti, assistenti sociali, perlopiù giovani attratti più dalle nostre idee che dalle
nostre (inesistenti) tradizioni di lotta nel loro settore. Per quel che riguarda la partecipazione alle
lotte, Lars mi ricorda che la struttura stessa della S.A.C. non prevede in genere un impegno della
S.A.C. in quanto tale nella promozione delle lotte, queste essendo promosse dalle L.S. e/o dalle
federazioni di categoria o di settore all'uopo costituite. Nella S.A.C. è da tempo in corso un
dibattito tra chi vedrebbe di buon occhio un maggior impegno dell'organizzazione nelle lotte ("se
no, noi lottiamo, ci spacchiamo in quattro, e poi sono sempre gli altri a raccogliere in termini
organizzativi il risultato delle lotte") e chi invece sottolinea il ruolo di collegamenti e di
detonatore che spetterebbe alla S.A.C., valutando di conseguenza l'importanza della presenza
specifica della S.A.C. e privilegiando invece il carattere autonomo delle lotte. Non si può parlare della
S.A.C. senza dir qualcosa di Arbetaren, fino agli anni '50 quotidiano,
quindi da allora settimanale: è l'organo della S.A.C., dal momento che il suo direttore viene
nominato dal congresso dell'organizzazione, ma in qualche misura autonomo dalla stessa S.A.C..
Lo staff del settimanale è composto di 6 o 7 persone. Arbetaren, che vende attualmente circa
7.000 copie settimanali, allarga la sua influenza ben al di fuori della S.A.C. ed è generalmente
considerato un buon periodico culturale, oltre che fungere da principale strumento di
collegamento e di propaganda della S.A.C.. Vi è inoltre S.A.C./Kontakt, il bimestrale interno
che
tiene informati gli iscritti delle varie attività della S.A.C., dei referendum interni che di tanto in
tanto si svolgono su vari argomenti, ecc.: la sua tiratura è attualmente intorno alle 20 mila copie.
A cura del comitato per le relazioni internazionali esce poi saltuariamente il bollettino
Internationell solidaritet, dedicato come indica il titolo alla trattazione di argomenti (ed alla
promozione di campagne di opinione) rientranti nell'ottica internazionalista della S.A.C.. Se nella struttura e
nelle modalità di funzionamento la S.A.C. è un interessante modello di
organizzazione sindacale libertaria (non priva di difetti, certo, ma comunque interessante), se
non può essere messa in discussione la sua vocazione internazionalista, certo più
problematica è
la sua connotazione rivoluzionaria. Non si tratta di rilasciare patenti, faccio osservare a Lars, né
tantomeno di fissare rigidamente i confini al di qua e al di là dei quali si è o non si è
più
"rivoluzionari". È vero che in passato liste della S.A.C. sono state presentate ad elezioni
municipali? È vero che la S.A.C. ha accettato di gestire per conto dello Stato - come prevede
appunto la legislazione svedese - dei servizi sociali come il fondo-disoccupazione? In che misura
allora è lecito proclamarsi rivoluzionari se si accettano simili compromessi con lo Stato? Sono
domande che certo Lars non si sente rivolgere per la prima volta. Per quanto riguarda le
elezioni, bisogna tener presente che la S.A.C. è a-parlamentarista, non anti-parlamentarista -
una distinzione che ai miei occhi appare del tutto irrilevante. - risponde - In ogni caso sono a
conoscenza solo di un caso, negli anni '50, quando dei militanti della S.A.C. formarono una lista
che non era una lista della S.A.C. anche se localmente fu "vissuta" così. Vinsero, quella volta,
ma dopo un po' rinunciarono al mandato ottenuto. Ripeto comunque che la S.A.C. è per statuto
estranea alle attività politico-elettoralistiche e favorevole all'azione diretta. Per quel che
riguarda i fondi, sì, è vero che la S.A.C. - non senza un acceso dibattito interno - accettò di
gestire quei fondi statali e tuttora lo fa, anche se è probabile che nel prossimo futuro la
legislazione in merito venga modificata, sottraendo ai sindacati la gestione di quei fondi. Lars
mi parla di altre sovvenzioni, o meglio "facilitazioni", di provenienza statale di cui la S.A.C.
usufruisce nel campo dell'editoria, ecc.. Volere o volare, mi sembra proprio che simili scelte
rientrino in una pratica riformista che contrasta con una coerente metodologia rivoluzionaria.
Lars controbatte, inquadra queste scelte nella più generale strategia della S.A.C., che per lunghi
periodi deve esser stata finalizzata soprattutto alla sopravvivenza stessa dell'organizzazione in
una realtà strutturalmente tanto ostile al sindacalismo rivoluzionario. Nonostante tutto,
nonostante i suoi stessi limiti ed errori (o forse proprio grazie a questi?), la S.A.C. è una realtà,
presente nella vita e nelle lotte quotidiane di una parte dei lavoratori svedesi: della parte più
combattiva, anzi, dal momento che è l'unica alternativa organizzativa "a sinistra" al quasi-monopolio
sindacale della L.O.. Lars sottolinea più volte questo dato di fatto, incontrovertibile. D'accordo, ma i
miei dubbi restano. Mi rendo conto che è davvero impossibile cogliere "dal di
fuori" i tratti essenziali di un'esperienza pluridecennale e certo sfaccettata com'è quella della
S.A.C.. Lars mi conferma che differenti filoni confluiscono nell'"esperienza S.A.C.", a volte
radicalmente estranei, quanto possono esserlo - per esempio - un vecchio militante delle miniere
di Kiruna, che ha vissuto in prima persona le lotte dure e le alterne vicende della S.A.C.
attraverso molti decenni in una società in rapida trasformazione, ed un giovane operatore sociale
recentemente iscrittosi al sindacato perché attratto dalla sua ideologia. Ancora una volta, per
comprendere meglio è indispensabile conoscere di persona, "toccar con
mano", vivere quella realtà. Dopo Lisbona e Venezia/Milano, l'appuntamento è a Stoccolma.
S.A.C. story
La nascita del movimento operaio e socialista in Svezia è legata
al nome di un sarto, Augusto
Palm, che rientrando in Svezia dopo molti anni trascorsi in Germania iniziò nel 1881 un'opera
di propaganda socialista. In poco tempo il movimento si allarga e arriva alla fondazione del
partito socialdemocratico svedese, il cui leader è Hajlmar Branting: per molti anni i
socialdemocratici restano l'unica organizzazione "operaia". Solo nel 1898 si inizia a parlare di
un movimento sindacale specifico, con la formazione della "Lends Organisationen" (L.O.):
due anni dopo scoppiano le prime lotte tese al riconoscimento dei sindacati e al
raggiungimento di migliori condizioni economiche. Nel 1909, con il fallimento del primo
grande sciopero indetto dalla L.O. e stroncato da una serrata padronale, la crisi del giovane
movimento sindacale svedese si fa acutissima. Ottocento operai
furono processati per aver scioperato ed il clima repressivo si fece tale da
costringere almeno 20.000 svedesi ad emigrare, perlopiù negli Stati Uniti. Il dibattito sulle
ragioni della sconfitta e sulle modalità per riprendere le lotte vide il formarsi di due fronti
contrapposti: da una parte l'ala socialdemocratica, tutta tesa verso la collaborazione con il
padronato e la prospettiva di partecipazione governativa del partito socialdemocratico,
dall'altra l'ala libertaria decisa a riprendere la lotta di classe senza patteggiamenti né cedimenti.
L'uscita degli elementi rivoluzionari dalla L.O. e la costituzione della S.A.C. nel 1910
spostarono a destra l'asse della L.O., contribuendo al suo definitivo e totale allineamento con
la politica dei socialdemocratici. Questi ultimi, dopo un primo governo di minoranza nel '20,
ottennero la maggioranza alle elezioni del '32 e da allora sono rimasti quasi sempre partito di
governo, fino agli ultimi recenti rovesci elettorali. Se alla
fondazione la S.A.C. poteva contare su 96 membri, nel '19 questi erano già diventati
20.000, per poi salire a 37.000 negli anni precedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale.
In questo dopoguerra, nel clima di diffuso "benessere sociale", gli spazi per un sindacalismo
d'opposizione si stringevano e ne risentiva di conseguenza il numero degli aderenti alla S.A.C.,
sceso a 16.000. Negli ultimi tempi, secondo quanto ci ha detto nell'intervista Lars
Tornbiornsson, questa tendenza si è invertita ed il numero degli aderenti ha ripreso lentamente
a salire. Attualmente sono 19.000 coloro che regolarmente, ogni mese, versano la loro quota di
iscrizione alla S.A.C.. La struttura organizzativa della S.A.C.
è rimasta sostanzialmente immutata nei sette decenni
della sua esistenza. In effetti, più che di un vero e proprio sindacato, si tratta di una centrale
organizzativa e di raccordo tra le sezioni e le federazioni che aderiscono alla S.A.C.: tali
sezioni sono chiamate "Lokal Samorganisation" (L.S.), cioè organizzazioni comunitarie di
base. Queste L.S. non sono articolate sulle differenziazioni categoriali, ma su base geografica;
la linea di condotta delle L.S. è decisa da tutti gli aderenti, indipendentemente dalla loro
categoria. Quando in una categoria sorgono problemi specifici, si forma una sezione di
categoria che funziona solo per il periodo strettamente necessario, cioè finché durano le lotte
in quel settore. Le federazioni di categoria, comunque, sono sempre sottoposte al potere
sovrano delle L.S., mentre solo le federazioni regionali (o di agglomerati industriali) esistono
stabilmente e continuativamente tra la base sindacale (organizzata appunto nelle L.S.) e il loro
centro organizzativo della S.A.C.. Il "centro" della S.A.C.
è costituito essenzialmente da un comitato centrale (temporaneo),
eletto dal congresso dell'organizzazione, che non dispone di alcun potere "autonomo": non può
indire scioperi, non può condurre trattative, non può prendere decisioni rilevanti nella vita
e nella struttura organizzativa della S.A.C. Questi poteri, infatti, appartengono uncamente alle L.S. ed alle federazioni di categoria (temporanee) o regionali che di volta in volta ne vengono investite direttamente dalle L.S. - alle quali, dunque, viene garantita la massima autonomia ed il massimo controllo possibile sulla S.A.C. Un ultimo esempio: solo una piccola percentuale delle quote versate dagli iscritti va alla S.A.C. "centrale": questi tutto viene diviso tra le L.S. e la cassa-disoccupazione. Una garanzia in piĆ¹ contro lo sviluppo di una burocrazia centralizzata e centralizzatrice |
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