Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 9 nr. 79
dicembre 1979 - gennaio 1980


Rivista Anarchica Online

LETTURE
a cura di Nanni Boniolo

Da pochi mesi è uscita una seconda edizione del libro di Paul K. Feyerabend "Contro il Metodo, abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza" (la prima risale al 1963) e l'articolo che segue più che esserne una recensione in senso stretto vorrebbe essere sia una dimostrazione che le "affascinanti" tesi di Feyerabend non hanno nulla da spartire con l'anarchismo (a parte una parola usata ambiguamente come solo i non-anarchici sanno fare), sia uno spunto per cominciare a discutere del problema scienza con specificità.
I filosofi della scienza (o epistemologi) che hanno preceduto questo Feyerabend tentarono, chi in un modo chi in un altro, di dare o scoprire degli standard nello sviluppo della scienza, cioè ritenevano che il progresso scientifico avvenisse con delle leggi ben precise, che essi cercavano di formulare; oltre a questo pensavano che esso fosse cumulativo, vale a dire che ogni teoria fosse migliore della precedente e la inglobasse come caso particolare.
L'uscita del libro di Feyerabend ha sconvolto questa formulazione razionale della scienza; infatti in esso prova che non esiste norma epistemologica che non sia stata violata e che la scienza procede grazie a persone che hanno sentito il bisogno di deviare dagli standard del razionalismo. Oltretutto, a suo avviso, le teorie sono incommensurabili, cioè non comparabili, dal punto di vista logico-strutturale e sono paragonabili a dei miti, tant'è vero che quando ci sono nuovi eventi, nuove teorie o nuovi fatti sperimentali, che sfidano le linee che esse hanno prestabilito c'è come una "reazione di tabù" da parte degli adepti. Un altro punto importante è che le teorie sono imbevute di ideologia e l'immagine che di esse ha la gente, cioè di cose pure da ogni contaminazione ideologica, è dovuta solo al tipo di insegnamento mistificante attuato nelle scuole.
Benché abbia intitolato il libro Contro il metodo, Feyerabend non è contro il metodo in genere ma contro l'uso indiscriminato del metodo razionale. Infatti suggerisce un metodo irrazionale di agire: la controinduzione, cioè il creare norme che siano contrarie ad ipotesi o fatti accertati. Però il suo "intento" non è quello di sostituire un insieme di norme generali con un altro insieme di norme, bensì piuttosto quello di convincere il lettore che tutte le metodologie, anche le più ovvie, hanno dei limiti.
L'unica norma metodologica che lui propone è "Qualsiasi cosa va bene", cioè qualsiasi ipotesi per quanto assurda sia, per quanto portata da concezioni metafisiche o da credenze magiche, può essere usata per creare la nostra conoscenza, che così diventa un oceano sempre crescente di alternative reciprocamente incompatibili.
In questo "tutto va bene" sta il succo del suo anarchismo epistemologico. Parlo di anarchismo epistemologico perché il "compagno" Feyerabend ritiene che esistono tre tipi di anarchismo:
1) quello politico che si riconosce per la sua opposizione all'ordine delle cose costituite: allo Stato, alle istituzioni, alle ideologie che sostengono e glorificano tali istituzioni. L'ordine costituito deve essere distrutto, così che la spontaneità possa esercitare il suo diritto di iniziare liberamente quel che meglio crede. Feyerabend ci assicura anche che un anarchico politico usa la violenza perché questi pensa sia benefica per l'individuo, in quanto libera le sue esigenze e gli consente di rendersi conto delle forze di cui dispone. Oltre a questo un anarchico politico crede nella ragione naturale ed ha rispetto per la scienza. (Più volte cita Kropotkin e la sua concezione della scienza e si chiede come mai un anarchico, che vuole liberarsi da ogni gioco per conquistare la libertà, non si libera dalla scienza; domanda che secondo me non è poi tanto stupida).
2) Vi è poi l'anarchismo religioso che è una specie di stadio avanzato dell'anarchismo politico, cioè un anarchico politico diventa religioso quando trascende il mondo reale che gli sembra effimero, corrotto e di nessuna importanza, ed oltre a negare le istituzioni nega tutte le leggi sia fisiche che morali e considera un modo di esistere non più legato al corpo (scusate se non mi sono spiegato bene, ma a dire la verità più volte mi sono chiesto che cosa Feyerabend volesse dire e non l'ho mai capito).
3) Vi è infine l'anarchismo epistemologico il quale non ha nessuno scrupolo a difendere l'asserzione più trita e mostruosa. Mentre l'anarchico politico (o religioso) vuole abbattere una certa forma di vita l'anarchico epistemologico può desiderare di difenderla poiché egli non ha nessun sentimento eterno di fedeltà, o di avversione, nei confronti di alcuna istituzione o ideologia (155), egli assomiglia al dadaista ed il suo unico programma è di essere contro i programmi: "non esiste opinione per quanto assurda o irreale che egli rifiuti di prendere in considerazione o in conformità alla quale si rifiuti di agire, nessun metodo è considerato indispensabile. Detto questo Feyerabend si definisce un anarchico epistemologico, sebbene preferirebbe essere etichettato come dadaista, anche perché un dadaista non farebbe male ad una mosca e tanto meno ad un essere umano.
Dopo questa sua asserzione viene spontaneo chiedersi come mai in tutti gli articoli che lo riguardano venga definito come l'epistemologico anarchico ed una possibile risposta può essere che questi intellettuali di stato per evitare lo sfascio, a cui le idee di Feyerabend potrebbero portare, della concezione della scienza come cosa oggettiva e razionale intendono bollare questo individuo, che ha la sola colpa di aver usato ambiguamente una parola, come mostro imponendogli un'etichetta così brutta come quella di anarchico, che già da sola dovrebbe creare un pregiudizio dei benpensanti sul suo libro. Ma non si sono accorti che il tentativo di Feyerabend è inscrivibile dentro il progetto epistemologico di sempre e cioè quello di immunizzare la scienza. Infatti tutti gli epistemologi, da Mach a Lacatos, tentavano di giustificare le scelte scientifiche come le più giuste e le più razionali ed anche Feyerabend giustifica queste scelte: solo che ha scoperto che la scienza procede anche irrazionalmente e lui suffraga proprio questa irrazionalità, sebbene come abbiamo visto non neghi la possibilità di esistenza di elementi razionali al suo interno. Lui dice che la scienza, quale noi la conosciamo, può esistere solo se lasciamo cadere questa richiesta (cioè quella del razionalismo critico di Popper) e rivediamo la nostra metodologia. Quindi per Feyerabend l'importante non è cambiare la scienza quanto rivedere una metodologia, penso invece che per un progetto rivoluzionario veramente completo sia importante non tanto rivedere una metodologia critica, ma cambiare la struttura e la definizione di scienza, cosa di cui, evidentemente, un anarchico epistemologico non si occupa. Così Feyerabend non si preoccupa di questo impegnato com'è a fare esperimenti gioiosi per andare contro gli standard, ma non si preoccupa nemmeno, come abbiamo notato, della coerenza, tanto lui è un dada!, e non appena trova nella vita di ogni giorno qualche difficoltà può ammettere di essere un pusillanime e di avere quindi paura di contravvenire a certe norme. Quindi, concludendo, di Feyerabend si può dire che è una specie di dada, e con questo si mette al sicuro da ogni possibile critica, mentre dal suo libro si può dire che non è altro che un esperimento gioioso forse un po' provocatorio, ma non pericoloso per la scienza attuale.
Infatti rompe solo una concezione vecchia del progresso scientifico con la scienza di oggi, cioè le tesi di Feyerabend si possono considerare come un tentativo di innovazione interno alla scienza. Subiranno quindi il processo che ogni innovazione ha subito: saranno criticate fortemente da tutti (come sta succedendo a quelle di Feyerabend) e se resistono a queste critiche, o meglio se ci si accorge che sono funzionali al perpetuarsi del sistema scientifico come è inteso oggi (e quelle di Feyerabend mi sembra di aver dimostrato che lo sono), saranno inglobate nella scienza e diventeranno accademiche.
Non è quindi una generica innovazione interna alla scienza, quella che potrà rompere con la sua struttura fortemente verticale, ma è solo, e questa è la mia proposta di discussione, la distruzione della struttura scientifica e la sua eventuale ricostruzione, sottolineo eventuale, su basi completamente diverse.