Rivista Anarchica Online
Risate Amare
di R. Brosio
Tempi magri, questi, per chi va cercando motivi di soddisfazione. Anche a guardarsi intorno con
l'occhio più benevolo possibile, anche a decidere di volersi accontentare a tutti i costi, è difficile
trovare qualcosa che possa rallegrarci: per poco che ti soffermi a meditare sugli avvenimenti, ti
accorgi che c'è sempre più da piangere che da ridere. Prendi per esempio la raffica di detenzioni con
cui il pasticcio dell'Italcasse è assurto agli onori delle cronache. All'inizio, quando abbiamo visto quei
grossi personaggi finire in galera, non abbiamo potuto reprimere un brivido di piacere. D'accordo che
a colpire una tal genia di fetentoni non è stato un colpo di livella rivoluzionaria, ma l'attività, di
norma
scarsamente egualitaria, di uno dei nostri beneamati corpi separati. D'accordo che è assai improbabile
che i fetentoni in oggetto siano destinati a rimanere dentro a lungo. D'accordo, anche, che coloro i
quali andassero al loro posto non potrebbero essere molto diversi dai predecessori: non è cambiando
la merda che si può impedire che i cessi puzzino, ché, anzi, quella nuova e "fresca" (è noto)
spesso
puzza più di quella vecchia e rinsecchita. D'accordo. Ma, in fondo, perché non essere (sia pur
blandamente) soddisfatti che anche qualcuno di "loro" abbia modo di provare le delizie della
repressione? Fa male, eh? Adesso che è diretta contro di voi, la discrezionalità dei giudici vi va meno
a genio, il loro potere di disporre della libertà altrui vi pare meno auspicabile. Eh? E non vi
dispiacerebbe che in casi del genere (solo in casi del genere, beninteso), prima di additare integerrimi
funzionari della pubblica esecrezione, fosse assicurata una maggiore cautela da parte degli inquirenti,
un po' più di riguardo, un po' più di garantismo, insomma. Eh? Ma sono gioie
effimere. Basta pensarci sopra un momento, e ti accorgi che è impossibile che sia tutto
così semplice, cioè che gli arresti dell'Italcasse siano fini a se stessi, originati soltanto dalle
velleità
moralizzatrici di qualche magistrato in cerca di gloria. Basta avere una minima esperienza "del
mondo" per rendersi conto che tutto lo scandalo non sarebbe mai scoppiato se non avesse un suo
significato "strumentale", se non dovesse servire, nel complesso, a qualche operazione di "alta
politica", a qualche manovra tra i partiti di governo o aspiranti a diventarlo. E forse non è nemmeno
tanto difficile da identificare, una tal manovra: un siluro contro Cossiga, probabilmente, una
"spintina" per "invogliarlo" a togliersi dai piedi, condita con qualche regolamento di conti
democristiano, dopo gli esiti del Congresso. Ma quand'anche ciò fosse, quand'anche ci
sbagliassimo in merito ai connotati particolari della
faccenda, non per questo potremmo dubitare che la manovra esiste, quale che sia, ed è lì, con la sua
presenza, anche solo col dubbio della sua presenza, ad avvelenare le nostre misere gioie da quattro
soldi. Come ridere immaginando Dell'Amore (o chi per lui) sottoposto a ispezione anale al suo
ingresso in carcere, quando forse un'ispezione anale ben più accurata viene preparata per noi, nei
recessi del Palazzo, da chi ha dato l'avvio a tutta la storia dell'Italcasse, imbeccando i giudici,
indirizzando le indagini, fornendo i nomi, e via dicendo? Siamo solo gli spettatori di uno spettacolo
rappresentato in gran parte con il sipario abbassato. Come è possibile divertirsi, in queste condizioni?
Chi ride davvero, che consapevolmente gongola di soddisfazione )almeno per ora), sta dall'altra parte
del tendone, nascosto ai nostri occhi. E, forse, di tanto in tanto, ci spia, pronto a schernire i nostri rari,
sciocchi momenti di ilarità. Guardali, guardali. Se la spassano con Evangelisti, che si è lasciato
scappare l'ammissione di aver ciucciato quattrini poco puliti. Quasi lo compatiscono, poverino, e non
si chiedono come mai l'accorto braccio destro dell'uomo più accorto d'Italia (così è stato
definito) sia
diventato improvvisamente così maldestro da incappare nell'infortunio dell'intervista eccetera
eccetera. Come per il calcio. Anche qui, all'inizio, qualcuno di noi ha creduto di poter rallegrarsi,
quando è
scoppiato il bubbone delle scommesse, delle partite truccate e tutto il resto. Cazzo, abbiamo detto,
finalmente l'oppio dei popoli numero due (o numero uno?) Svela il suo vero volto. (Anche Lotta
Continua ci ha confortato: "è caduta l'ultima fede", ha detto). Adesso che salta fuori che anche lo
sport è solo una grande combine, un lurido imbroglio, adesso che il grande portiere si vede
che è un
fetentone anche lui, e il goleador un prostituto, e l'arbitro idem, adesso chi andrà più a perdere il suo
tempo alle partite, chi continuerà a scaricare le sue tensioni personali sui risultati del campionato, chi
accetterà l'aumento dei prezzi purché la squadra del cuore vinca? Chi? Tutti. La domenica dopo, gli
stadi erano pieni, come al solito. E gli striscioni dicevano "viva qua, abbasso là". E nei bar, la gente
continua a discutere se quello era un rigore e quell'altro un fuorigioco, e non se quella partita era
truccata e quanto avrà fruttato e a chi. La gente è sana, ha commentato il solito giornalista
sputasentenze, va allo stadio perché vuole vedere del bel gioco, e basta, senza morbose curiosità
scandalistiche. Certo, certo. Pensate a come se la gode, chi ci spia da dietro il sipario, sul palcoscenico
chiuso alla vista. Ma è poi vero che noi siamo gli spettatori? Non saremo per caso gli attori, i pagliacci
inconsapevoli di questo gigantesco circo, che tengono allegri con la loro idiozia il piccolo pubblico
dei nostri astuti impresari?
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