Rivista Anarchica Online
Cronache sovversive a cura della Redazione
Processo Livorno e altri L'11 maggio è iniziato a Livorno il processo contro presunti appartenenti ad Azione
Rivoluzionaria, ritenuti responsabili - tra l'altro - del ferimento del dott. Mammoli (il medico del
carcere di Pisa che rifiutò nel maggio '72 le cure necessarie all'anarchico Franco Serantini,
morto poco dopo) e del tentato fallito rapimento del figlio dell'industriale livornese Neri. Nelle
prime udienze è stata respinta la richiesta del compagno Gabriele Fuga, avvocato, di
autodifendersi. Mentre scriviamo queste note, si è appena concluso l'interrogatorio della
compagna Monica Giorgi che - confermando quanto dichiarato al giudice istruttore e quanto
scritto nelle due lettere ai compagni pubblicate su "A" (n.85 e 87) - ha ribadito con forza la sua
estraneità ad Azione Rivoluzionaria e a tutte le imputazioni mossele. Con altrettanta chiarezza
Monica ha rivendicato la sua convinzione anarchica e la validità del suo impegno militante
libertario, soprattutto in difesa dei detenuti politici. Già da questa prima fase del processo è
emersa l'inconsistenza e al contempo l'importanza (per l'accusa) delle "rivelazioni" fatte dai
collaboranti di turno. Enrico Paghera e Vincenzo Oliva, con il loro contributo di menzogne non
certo disinteressate. Perfino la stampa locale (La Nazione, Il Tirreno), che segue con ampio
risalto il processo anche per la notorietà a Livorno di Monica (attivissima militante fino al '78
ed ex-campionessa nazionale di tennis), ha finora dovuto sottolineare più volte la labilità del
castello di accuse e la serena fermezza di Monica nel rispondere ai magistrati. Un confronto con
Paghera, per metterne in luce l'inattendibilità per ciò che concerne
specificatamente Gabriele Fuga, era già stato chiesto in febbraio da Angelo Monaco, Vito
Messana e Horst Fantazzini, in occasione di un processo alla Spezia. Ma la loro richiesta era
stata respinta dalla corte. Un altro processo contro Azione Rivoluzionaria si
è svolto a Milano tra il 4 ed il 26 maggio. Gli
imputati sono stati tutti condannati: Angelo Monaco a 10 anni, Sandro Meloni e Pasquale
Valitutti a 9 anni ciascuno, Roberto Gemignani a 4 anni, Silvana Fava a 11 mesi. Sempre in
maggio si è aperto a Cosenza il processo contro presunti aderenti all'Autonomia
calabrese, tra i quali Giancarlo Mattia, anarchico, procuratore legale. Anche in questo processo
gioca un ruolo centrale il pentito-collaborante di turno.
Antimilitaristi Per motivi procedurali (nella fattispecie, perché le autorità giudiziarie militari non
avevano
lasciato trascorrere i 5 giorni di rito tra la citazione e l'effettuazione del processo) è stato subito
sospeso e rinviato il processo al compagno Sergio Cattaneo, arrestato il 16 aprile scorso perché
renitente alla leva. Nonostante il processo fosse appunto comunicato solo il giorno prima, 25
compagni (in gran parte provenienti da Lecco, la città di Sergio) si sono ritrovati nell'aula del
tribunale militare di Padova per testimoniare la loro solidarietà. Nel carcere militare di
Peschiera del Garda si trovano ora con Sergio (in attesa che venga fissata la nuova data del
processo) altri obiettori totali, tra i quali Aldo Ignazio Virzi (di Trapani) e Andrea Taddei (di
Verona). Nel carcere militare di Forte Boccea, a Roma, è detenuto per lo stesso reato Ettore
Sanità. A parte Sergio Cattaneo, che ha rifiutato il servizio militare rifiutandosi al contempo di
far domanda per il servizio civile, gli altri sopra citati avevano tutti fatto domanda per il servizio
civile, ma una volta vistasela respinta si sono rifiutati di indossare la divisa e hanno preferito
pagare di persona la loro scelta antimilitarista.
Il pisello anarchico Sul numero di maggio di Salve (il mensile della "salute" del Corriere della
sera) un dotto servizio
firmato da Bice Cairati presenta l'N.P.T.M., alias Nocturnal penis tumescence monitoring,
ribattezzato prosaicamente in italiano "il penimetro". In poche parole, un apparecchio per
verificare durante il sonno il funzionamento del pene. Un anello viene collocato alla base e uno
al vertice dell'organo fannullone - si legge nel servizio -. Nell'interno dei cerchietti di gomma
passa una colonna di mercurio e corrente elettrica. La corrente elettrica trasmette al "penimetro"
l'entità e la durata del risveglio. L'erezione viene documentata dal pennino opportunamente
sollecitato che traccia un inconfutabile diagramma. Mentre il giovanotto dorme il pennino
riferisce al diagramma la notturna, autonoma e sostanzialmente inutile attività dell'anarchico
"pisello". Dunque, "l'organo fannulone" sarebbe un "anarchico pisello. Francamente, ci sembra un
ragionamento del cazzo.
Zurigo "Libertà e luce del sole per Giorgio Bellini": questa la scritta che i telespettatori svizzeri si sono
visti all'improvviso sui loro teleschermi, mentre era in onda l'edizione principale del telegiornale
(in tedesco) delle 7.30 di sera. La clamorosa irruzione negli studi televisivi zurighesi è stata
realizzata da alcuni giovani del movimento di lotta dei giovani la sera del 3 maggio ed ha avuto
un'eco eccezionale in tutta la Confederazione Elvetica. Tanto più che i giovani, spiritosamente
mascherati, non hanno potuto essere né identificati né catturati dalle pur solerti forze dell'ordine
zurighesi. Se la sono svignati in un battibaleno, eludendo i vari sistemi di sicurezza
ultramoderni. Giorgio Bellini è un militante dell'estrema sinistra, ticinese, attivo nelle lotte
zurighesi
dell'ultimo anno e responsabile dell'Eisbrecher ("Il rompighiaccio"), il principale foglio di lotta
a Zurigo. Qualche mese fa è stato arrestato in Germania, dove è tuttora detenuto. In sua difesa
è
in atto una campagna, alla quale partecipano anche gli anarchici.
Israele L'11 febbraio scorso il tribunale militare israeliano ha confermato in appello la condanna
contro Gady Algazy. Insieme con altri 26 suoi compagni, Algazy si era rifiutato per motivi di
coscienza di prestare qualsiasi servizio nei territori occupati: al momento del trasferimento in
un campo della Cisgiordania, era stato imprigionato. Nonostante gli ampi dissensi espressi
dall'opinione pubblica, dai giornali e dallo stesso presidente della corte suprema israeliana,
Algazy è stato condannato ad un anno di carcere. Fin qui, francamente, niente di speciale:
Algazy non è stato il primo ne sarà l'ultimo a finire dentro per il suo rifiuto di sottostare agli
ordini dei signori della guerra. Ciò che val la pena di essere sottolineata è la
motivazione addotta dai giudici militari: in nessun
caso motivi di coscienza possono consentire al cittadino di sottrarsi alla legge (così riporta Ha
Keillah, il bimestrale ebraico torinese). Obbedendo a questa stessa logica, i criminali nazisti di
ogni ordine e grado hanno sempre cercato di allontanare da sé qualsiasi responsabilità nel
genocidio del popolo ebraico e delle altre vittime passate per il camino: "abbiamo solo eseguito
ordini" hanno ripetuto al processo di Norimberga. Per i giudici militari israeliani, a quanto
pare, avevano ragione.
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