Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 11 nr. 97
dicembre 1981 - gennaio 1982


Rivista Anarchica Online

Quale pacifismo?
di Palluntius

Era ora! A forza di sentirne parlare o di leggerlo sui mass-media cominciavo anch'io a credere che il riflusso esistesse davvero. In realtà, per quanto possa essere valida una generalizzazione, il riflusso c'è stato, ma non si dovrebbe chiamare così. Direi piuttosto "stallo", o "impasse". Una intera generazione, quella mitica del '68, a un certo momento si è dispersa per mille strade. Finita la grande illusione o meglio la grande speranza, che teneva unite realtà anche molto diverse fra loro sotto l'unico e metafisico ombrello della rivoluzione, ognuno ha proseguito la propria strada, ha fatto le sue scelte, ha proseguito la propria evoluzione o involuzione.
In realtà s'è trattato di una fase di stallo, creata anche dal lavoro effettuato dai mass-media, causata da quella che ad un certo punto sembrava essere l'unica alternativa: o la "lotta" legale cioè dentro le istituzioni o la lotta armata, chiaramente fuori dalle istituzioni e contro di esse. Una intera generazione si è bruciata le ali e spesso il cervello a causa di ciò. Ci sono voluti anni perché ci si accorgesse che esistevano altre alternative, soprattutto alla lotta armata o meglio a quella lotta armata e all'ideologia che ci stava dietro. Ci sono voluti anni perché (soprattutto le nuove generazioni) si accorgessero che c'era ancora spazio per lottare e che non c'era solo il marxismo come ideologia o ideale alternativo al sistema capitalista. Spezzato il cerchio, secondo me creato e voluto dal sistema per i motivi che si possono immaginare, una massa di persone si è affacciata o riaffacciata sulla scena della lotta politica. Ma in che modo? Il pacifismo, tema attorno a cui si sono coagulate tutte queste nuove realtà, è solo un punto di partenza. Punto di partenza che però mette d'accordo troppe cose. Infatti chi oggi come oggi si dichiara guerrafondaio? Chi si dichiara pronto ad accettare la possibilità di una guerra atomica? Ci sono però lati positivi emersi dalle grosse mobilitazioni di questo periodo contro la guerra. Il primo è quello sopradetto, cioè dell'essere riusciti a spezzare il cerchio, dell'essere riusciti a ritornare in piazza senza passare per fiancheggiatori o per tesserati del sindacato. Il secondo che sempre più spesso si sente emergere la volontà di rifiuto delle organizzazioni preesistenti, il rifiuto della logica dei gruppi, il rifiuto delle risposte pronte e premasticate che essi sono sempre pronti a mettere sotto il naso della gente; in parole povere il bisogno di pensare con la propria testa. Il terzo è che per la prima volta dopo anni si torna a parlare di rifiuto del sistema, della sua etica, delle sue proposte di vita che sono proposte fuori e obblighi, sotto forma di forche caudine, dentro. Quarto che ad essere coinvolti in tutto ciò sono di nuovo i giovani, con in più la voglia di fare da sé, con la coscienza, anche se forse solo allo stato embrionale, di non ripetere più gli errori passati. Tutto ciò più che altro a livello di sensazioni, ma già il fatto che si sia usciti dallo stato di torpore mentale e pratico mi sembra un ottimo sintomo.
Il problema più grosso però è ancora quello dell'intervento degli anarchici in tutto ciò. Perché se da una parte sembra che ci siano sintomi a noi favorevoli, come detto, dall'altra il terreno (il pacifismo) su cui ci si muove è un terreno talmente vago ed insidioso da rischiare di invischiare in mille trappole le nuove forme di lotta emergenti. Questa inflazione di pacifismo mi fa l'effetto di una purga, perché sottintende troppe cose negative. Per esempio il fatto che troppa gente si sia trovata d'accordo (a volte il numero è un fattore negativo). Certo nessuno vuole la guerra, ma bisogna vedere come uno vuole la pace. Anche Lagorio parla di pace. Anche Breznev o Reagan parlano di pace, ma questo è il lato più evidente. Il fatto è che anche i padroni parlano di pace così come i sindacati, che il papa parla di pace così come i marxisti, che gli insegnanti parlano di pace così come gli studenti, che i bottegai parlano di pace così come i disoccupati. Tutti parlano di pace e ognuno pensa a una pace tutta sua. Più che la pace costoro vorrebbero essere lasciati in pace!
Vorrebbero essere lasciate in pace le istituzioni perché possano continuare ad essere quello che sono. Vorrebbero essere lasciati in pace gli sfruttatori, vorrebbero essere lasciati in pace i poliziotti, i secondini, i giudici, i corrotti, i camorristi, i generali, troppa gente vuole la pace! Troppa pace fa male, troppo "volemmose bene!", troppa fratellanza, io non mi sento affatto affratellato né con Spadolini, né con Lama, né con i preti, né con mille altri. Si sta cercando di far passare il bisogno di vita minacciato dalla follia dei potenti, con il bisogno di pace sociale funzionale al sistema ed ai suoi scagnozzi. Improvvisamente tutta questa massa di giovani, di persone che hanno deciso di scendere in piazza si sono trovati circondati da una folla di spacciatori di idee, di imbonitori, di reperti archeologici tirati fuori dagli armadi e rispolverati ad hoc. C'erano persino i libici con i ritratti di Gheddafi, o gli iraniani con quello di Khomeini.
Troppa pace, perché noi non si debba gridare invece: "Guerra! Guerra allo stato, guerra alla chiesa, alle chiese, guerra agli sfruttatori, guerra agli spacciatori di verità, guerra a tutto ciò che perpetra il potere, l'autorità, guerra alla sua violenza, guerra a tutto ciò che impedisce di essere liberi".