Rivista Anarchica Online
Quale pacifismo?
di Palluntius
Era ora! A forza di sentirne parlare o di leggerlo sui mass-media cominciavo anch'io a credere
che il riflusso esistesse davvero. In realtà, per quanto possa essere valida una generalizzazione, il
riflusso c'è stato, ma non si dovrebbe chiamare così. Direi piuttosto "stallo", o "impasse". Una
intera generazione, quella mitica del '68, a un certo momento si è dispersa per mille strade. Finita
la grande illusione o meglio la grande speranza, che teneva unite realtà anche molto diverse fra
loro sotto l'unico e metafisico ombrello della rivoluzione, ognuno ha proseguito la propria strada,
ha fatto le sue scelte, ha proseguito la propria evoluzione o involuzione. In realtà s'è trattato di
una fase di stallo, creata anche dal lavoro effettuato dai mass-media,
causata da quella che ad un certo punto sembrava essere l'unica alternativa: o la "lotta" legale
cioè dentro le istituzioni o la lotta armata, chiaramente fuori dalle istituzioni e contro di esse.
Una intera generazione si è bruciata le ali e spesso il cervello a causa di ciò. Ci sono voluti anni
perché ci si accorgesse che esistevano altre alternative, soprattutto alla lotta armata o meglio a
quella lotta armata e all'ideologia che ci stava dietro. Ci sono voluti anni perché (soprattutto le
nuove generazioni) si accorgessero che c'era ancora spazio per lottare e che non c'era solo il
marxismo come ideologia o ideale alternativo al sistema capitalista. Spezzato il cerchio, secondo
me creato e voluto dal sistema per i motivi che si possono immaginare, una massa di persone si è
affacciata o riaffacciata sulla scena della lotta politica. Ma in che modo? Il pacifismo, tema
attorno a cui si sono coagulate tutte queste nuove realtà, è solo un punto di partenza. Punto di
partenza che però mette d'accordo troppe cose. Infatti chi oggi come oggi si dichiara
guerrafondaio? Chi si dichiara pronto ad accettare la possibilità di una guerra atomica? Ci sono
però lati positivi emersi dalle grosse mobilitazioni di questo periodo contro la guerra. Il primo è
quello sopradetto, cioè dell'essere riusciti a spezzare il cerchio, dell'essere riusciti a ritornare in
piazza senza passare per fiancheggiatori o per tesserati del sindacato. Il secondo che sempre più
spesso si sente emergere la volontà di rifiuto delle organizzazioni preesistenti, il rifiuto della
logica dei gruppi, il rifiuto delle risposte pronte e premasticate che essi sono sempre pronti a
mettere sotto il naso della gente; in parole povere il bisogno di pensare con la propria testa. Il
terzo è che per la prima volta dopo anni si torna a parlare di rifiuto del sistema, della sua etica,
delle sue proposte di vita che sono proposte fuori e obblighi, sotto forma di forche caudine,
dentro. Quarto che ad essere coinvolti in tutto ciò sono di nuovo i giovani, con in più la voglia di
fare da sé, con la coscienza, anche se forse solo allo stato embrionale, di non ripetere più gli
errori passati. Tutto ciò più che altro a livello di sensazioni, ma già il fatto che si sia usciti
dallo
stato di torpore mentale e pratico mi sembra un ottimo sintomo. Il problema più grosso però
è ancora quello dell'intervento degli anarchici in tutto ciò. Perché se
da una parte sembra che ci siano sintomi a noi favorevoli, come detto, dall'altra il terreno (il
pacifismo) su cui ci si muove è un terreno talmente vago ed insidioso da rischiare di invischiare
in mille trappole le nuove forme di lotta emergenti. Questa inflazione di pacifismo mi fa l'effetto
di una purga, perché sottintende troppe cose negative. Per esempio il fatto che troppa gente si sia
trovata d'accordo (a volte il numero è un fattore negativo). Certo nessuno vuole la guerra, ma
bisogna vedere come uno vuole la pace. Anche Lagorio parla di pace. Anche Breznev o Reagan
parlano di pace, ma questo è il lato più evidente. Il fatto è che anche i padroni parlano di
pace
così come i sindacati, che il papa parla di pace così come i marxisti, che gli insegnanti parlano di
pace così come gli studenti, che i bottegai parlano di pace così come i disoccupati. Tutti parlano
di pace e ognuno pensa a una pace tutta sua. Più che la pace costoro vorrebbero essere lasciati in
pace! Vorrebbero essere lasciate in pace le istituzioni perché possano continuare ad essere quello
che
sono. Vorrebbero essere lasciati in pace gli sfruttatori, vorrebbero essere lasciati in pace i
poliziotti, i secondini, i giudici, i corrotti, i camorristi, i generali, troppa gente vuole la pace!
Troppa pace fa male, troppo "volemmose bene!", troppa fratellanza, io non mi sento affatto
affratellato né con Spadolini, né con Lama, né con i preti, né con mille altri. Si sta
cercando di far
passare il bisogno di vita minacciato dalla follia dei potenti, con il bisogno di pace sociale
funzionale al sistema ed ai suoi scagnozzi. Improvvisamente tutta questa massa di giovani, di
persone che hanno deciso di scendere in piazza si sono trovati circondati da una folla di
spacciatori di idee, di imbonitori, di reperti archeologici tirati fuori dagli armadi e rispolverati ad
hoc. C'erano persino i libici con i ritratti di Gheddafi, o gli iraniani con quello di Khomeini. Troppa pace,
perché noi non si debba gridare invece: "Guerra! Guerra allo stato, guerra alla
chiesa, alle chiese, guerra agli sfruttatori, guerra agli spacciatori di verità, guerra a tutto ciò che
perpetra il potere, l'autorità, guerra alla sua violenza, guerra a tutto ciò che impedisce di essere
liberi".
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