Rivista Anarchica Online
Ributtiamoci nella mischia
di Franco Melandri
Le cronache di fine ottobre ci hanno parlato di una inaspettata rinascita del movimento pacifista
in tutta Europa; una rinascita probabilmente favorita anche dalle incaute (ma quanto rivelatorie!)
dichiarazioni di Reagan circa una possibile guerra nucleare limitata all'Europa. Preso dunque atto del positivo
risorgere delle istanze di pace non bisogna tuttavia
sopravvalutarne la portata, innanzitutto perché occorrerà vedere come si svilupperanno le cose
nei prossimi mesi (soprattutto dopo gli incontri fra Schmidt e Breznev e fra Haig e Gromiko)
mentre, in secondo luogo, è necessario valutare quali effetti può avere la presenza, all'interno del
movimento, di organizzazioni e correnti fra loro tanto diverse. Occorre infatti sottolineare che la
forza, ma anche la debolezza, dell'attuale movimento pacifista sta proprio nella grande
eterogeneità delle posizioni presenti al suo interno. Nelle succitate manifestazioni abbiamo infatti
visto marciare fianco a fianco radicali e comunisti, anarchici e militanti della Pax Christi,
socialisti pentiti o dissidenti e militanti della Lega per il Disarmo Unilaterale; non sono neppure
mancate le facce di bronzo (basti pensare al DC Granelli; a Manca, dirigente socialista e ministro
nel governo Spadolini; a Lama che a suo tempo approvò il pestaggio sindacale dei radicali che,
davanti alla "Beretta", manifestavano contro le fabbriche di armi) tutti uniti, come appunto nella
Perugia-Assisi, nel tentativo di mostrare come anche le istituzioni "democratiche" abbiano una
coscienza pacifista. Detto questo viene naturalmente da chiedersi se il movimento per la pace sia
realmente autonomo dai giochi politici ("senza partito" come qualcuno si è affrettato a dire) o se
invece non si presti, più o meno consciamente, a questi stessi giochi, come potrebbe far pensare,
ad esempio, la riunione tenuta a Roma il 12 novembre da PdUP, DP, Lega dei Socialisti al fine di
"coordinare" le iniziative del movimento. Credo che tutte e due le ipotesi siano vere. Se è infatti vero
che nei mesi scorsi il movimento pacifista è cresciuto silenziosamente sotto la
spinta quasi esclusiva di gruppi autogestiti ed al di fuori della logica dei partiti è altrettanto vero
che non appena il movimento ha cominciato ad allargarsi si sono visti i partiti che a suo tempo
votarono contro l'istallazione dei Pershing II e dei Cruise (senza che poi nulla di pratico seguisse
questa decisione) precipitarsi sul movimento con tutto il loro peso organizzativo e politico. Fatto
questo che se da un lato ha contribuito non poco a rendere di massa le manifestazioni ha però
anche contribuito a rendere meno chiare e "leggibili" le istanze su cui buona parte del movimento
si muove. Il "movimentone" pacifista si regge quindi sulla contraddittorietà; credo infatti che ben pochi
si
illudano sulla consistenza del pacifismo della dirigenza comunista, sempre disposta a svendere le
istanze di pace in cambio di una partecipazione più o meno diretta al governo; così com'è
chiaro
che buona parte dei militanti comunisti sono soprattutto contro gli euromissili targati USA
mentre sono ben disposti verso quelli targati URSS. Davanti a tutto questo anarchici e libertari si sono trovati
quasi "spiazzati" ed hanno spesso agito
in maniera contraddittoria. Da un lato alcuni compagni si sono, di fatto, accodati al
"movimentone" gridando "pace" ma lasciando che altri prendessero le iniziative e tralasciando (o
quasi) di qualificare la loro presenza, sottolineando come non basti dirsi contro ai missili mentre
è necessario lottare a fondo per la scomparsa di qualsiasi struttura militare e militarista. D'altra
parte altri militanti anarchici si sono tirati in disparte guardando, con aria di superiorità, alla
confusione presente nel movimento, forti della chiarezza e della "inconciliabilità" delle nostre
idee. Personalmente rifiuto ambedue queste posizioni, pur comprendendo le motivazioni di
ambedue le scelte. Credo sia giusto, necessario e doveroso essere presenti ed attivi laddove qualcuno si muove,
anche confusamente, per un obiettivo anche nostro (la pace, intesa anche nel senso notevolmente
restrittivo di non belligeranza fra i blocchi) ma reputo sia anche irrinunciabile chiarire sempre
come per noi sia confuso e limitativo schierarsi solo contro i missili o le atomiche non
combattendo contemporaneamente sia contro le strutture militari che contro la matrice delle
strutture militari stesse: lo stato, di qualsiasi forma e colore si amanti. Credo sia sciocco isolarsi -
in nome di una "purezza" mal interpretata - rinunciando a far sentire la nostra voce laddove essa
potrebbe essere meglio ascoltata e, forse, anche ben accolta: soprattutto ora che gli spazi sociali a
noi favorevoli sono sempre più scarsi. Penso sia quindi giunto di nuovo il momento di "buttarsi
nella mischia". Buttarcisi non certo per creare "fronti unici" o alleanze utili a nient'altro che a
creare confusione all'esterno del nascente movimento ed attriti settari all'interno. Credo invece sia nostro
compito agire nel movimento per far sì che esso si ponga sempre più
decisamente e chiaramente su di un terreno antimilitarista conseguente e che quindi oltre agli
euromissili combatta tutti i blocchi militari e tutti gli eserciti, grandi o piccoli, "democratici" o no
che siano. È necessario operare dall'interno del movimento al fine di distruggere ogni residua
fiducia nelle istituzioni, nelle forze che ad esse fanno riferimento e nelle trattative di vertice che
ad altro non servono, nella migliore delle ipotesi, a rendere un po' meno instabile "l'equilibrio del
terrore" mentre continuamente rafforzano il controllo delle superpotenze sul mondo. Dobbiamo anche noi
operare per far sì che le centinaia di migliaia di persone scese in piazza
negli ultimi mesi siano solo l'inizio di una mobilitazione ancor più vasta; una mobilitazione che
si caratterizzi, oltre che negli obiettivi, sempre più per l'uso di metodi di lotta extraistituzionali,
operando contemporaneamente perché figuri alla Manca o alla Granelli trovino pane per i loro
denti, se ancora avessero la velleità di ripresentarsi ad una manifestazione per la pace. Tutto questo,
però, rispettando la pluralità di visioni presenti nel movimento; confrontandosi anzi
con esse non con spirito settario ma operando - quando e fin dove si può - con i settori più aperti,
rafforzando però la polemica contro tutti gli assertori (più o meno in buona fede) di eserciti
"più
democratici" e del "disarmo bilanciato", e cioè contro PCI, PdUP & Co. Avremo la capacità
e la maturità di fare tutto questo? Non lo so, so però che sarebbe sciocco e
suicida non provarci.
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