Rivista Anarchica Online
Ma quella sera uccisero Pinelli
di Gabriele R.
Quella sera decidemmo di andare da Maurizio. Passai a prendere non mi ricordo più chi e
caricammo in spalla parole e gesti nuovi per la sera che ci attendeva, beh io ero irrequieto come
un bambino che sa che da qualche parte è nascosto un dono per lui e finge goffamente di non
saperlo e ride e fa cose sceme, per sembrare buono. Ecco io volevo sembrare buono con la vita,
quella sera. Una intera sera nuova, tutta per me, sì, una sera di un giorno qualsiasi, senza neanche
scusa da sabato del villaggio, sì una sera fiammante da riempire con battute e risate e gesti di chi
vive. Invece quella sera uccisero Pinelli. Lo uccisero prima di sera in realtà, ma noi lo sapemmo
solo allora. E stavamo seduti con l'imbarazzo di chi doveva divertirsi con un morto nel sangue
uno scomodo atroce morto di ferroviere anarchico steso tra noi con il suo semplice sangue a
colare sul selciato della questura, a colare lentamente, assieme alle idee, ai sogni alle utopie,
assieme agli ultimi brandelli di respiro, se mai ne avesse avuti ancora, se mai, voglio dire, non li
avesse lasciati su, ancora prima, oltre quella finestra.
Veramente aleggiavano su di noi ombre di giovani col cranio spaccato, le sentivamo passare,
sentivamo i passeri blu frusciare uscendo dal loro petto sentivamo il gemito atroce di passeri
straziati volare lugubri portando con sé i fiotti di vita incandescente, senza più ponti di parole da
stendere tra noi che in fondo non sapevamo ancora non eravamo ancora arrivati con gli occhi a
vedere il nido del serpente del mondo. Su tutti il peso della menzogna il peso dell'enorme
menzogna del corpo putrido di chi voleva che così fosse sempre, di chi giostrava con la nostra
anima inerme.
Forse sarebbe toccato a noi vederci morire su un qualche selciato anonimo aprendo lentamente le
mani per liberare uno spago e due biglie scheggiate, una figurina di marx, socchiudendo gli occhi
lontani ormai dai rumori del mondo, forse sarebbe toccato a noi prima o poi sentire una pallottola
sventrarci o schiantarci il cranio sempre più forte, sempre più forte, sempre più lontano.
Stavamo
lì forse come tanti altri a Milano quella sera increduli, angosciati, ignorando che qualcosa si stava
allontanando con il corpo di Pinelli tra le mani pelose di scimmieschi infermieri, nei meandri da
macelleria di un qualche obitorio. - Lo vendicheremo - disse qualcuno debolmente. Ma nessuno ci ha mai
creduto. - Forse la morte è qualcosa di noi, è qualcosa che cammina fianco a fianco a noi ogni
giorno,
dietro ogni angolo ci spia dissi io. Già mi arrogavo la licenza di poeta ma in realtà non volevo
nessuna cattedra in quel momento. Sogno e realtà incrociarono le dita facendo scrocchiare le nocche
nella mia testa e allora a cavallo
del mio secchio di carbone porto con me gli oggetti utili per il viaggio e i regali per i miei amici
gnomi, sì. Come quando il vecchio cavallo di mio zio decise di schiattare nel bel mezzo del
campo e la enorme carcassa cadde a nascondermi il sole e accidenti se me lo nascondeva fino a
che si formò la brina ed eravamo in piena estate e l'ombra si proiettò sulla casa quando il sole fu
al tramonto e faceva così freddo che tutti i miei innumerevoli cugini e me compreso dovemmo
metterci il maglione e scaldare i letti con la brace e ancora non lo sapevo allora di come la morte
popolasse allegramente le fiabe e il mondo. Mi parve giusto che quel vecchio cavallo ricoprisse di brina acuta
le pesche di velluto che già
erano mature. Fino a che di notte di nascosto vennero piccoli gnomi a trasportare le enormi
bianche ossa che balenavano come lame di spade in una battaglia al chiarore della luna e
lentamente lo smontarono. La luna si era fermata per favorire il loro lavoro e lo seppellirono di fianco al campo
di patate
sotto una quercia che tanti cavalli e uomini aveva seppellito, scavando con piccole pale e io
vedevo tutto dai vetri appannati della finestra al primo piano fino a che corsi nel letto tra mia
nonna che russava e mia cugina. Ma la mia testa era rimasta là al funerale del cavallo con gli
ultimi gnomi che si attardavano a rientrare dicendo cose egregie sul defunto e che era stata una
brava bestia sempre silenziosa, gran lavoratore, sempre gentile con tutti elfi e ninfe di provincia
che vivevano lì sulla sponda del lago d'Iseo facendo incantesimi con accento bresciano finché il
camping costruito per i turisti olandesi non spazzò tutto, ma questa è un'altra storia. Punto.
Fatto sta che stranamente ricordai tutto questo mentre ero mesto chinato la sera che uccisero
Pinelli e non avevo in mente altro se non aggiungere tristezza a quella che già mi teneva la mano
sulla spalla pensando a dove erano ora gnomi elfi ed altri abitanti simili sfrattati dal camping,
profughi lontani dalle tombe millenarie dei loro avi millenari sepolti sotto i ciotoli tondi del lago
come si conviene ad uno gnomo lacustre ed ora devastate dai piedi verrucosi e bianchicci di
stupidi bambini olandesi con il salvagente che si lega in vita e che annegavano lo stesso ogni
anno per emergere gonfi più vicino alle canne. Tanti che una sera non fecero neanche i fuochi
d'artificio di Ferragosto per il lutto e la gente stava cupa a parlare ai crocicchi del paese
commentando i fatti e del perché avessero permesso loro di allontanarsi così tanto dalla riva col
canotto che erano ancora bambini e che i tempi non sono più quelli di una volta ecc. ecc.. - Il funerale
di Pinelli non interromperà nessun fuoco d'artificio, no, neanche quello - Tutti
guardano interrogativi. - Eppure le ossa di un ferroviere anarchico valgono di più di quelle di un cavallo,
anche se questo
era sempre stato buono con tutti e aveva sempre lavorato sodo - - Ma che cazzo stai dicendo - - Voglio dire
che a Milano probabilmente non ci sono più neanche gnomi notturni e cittadini per
seppellirlo di nascosto, con gli onori che gli competono - - Ma checcazzo dici?! - - Eh? Niente. Stavo
seguendo un filo mio - Eppure era tutto così falso così grottesco. Silenti mani callose di
ferroviere che si protendono per
proteggersi dai pugni, dai calci nelle palle, per proteggersi dal selciato che si avvicina sempre di
più. Ho presente solo le sue mani, l'avevo visto solo un paio di volte nei miei rari vagabondaggi
da via Scaldasole al Ponte della Ghisolfa. Ed ora riesco ad immaginare solo le mani. Sporche di
inchiostro oleoso mentre di notte finisce di stampare volantini con la vecchia stampatrice del
Ponte. Volantini pieni di parole anarchiche. Non è questo un reato abbastanza grave per
precipitarlo da una finestra di un immobile dello Stato? Mani stanche che reggono il pacco dei
suddetti volantini per distribuirli il giorno dopo davanti a qualche fabbrica a qualche scuola, per
lasciarle di nascosto nelle tasche dei compagni di lavoro, magari del delegato sindacale. Era uno
che seminava il disordine che predicava l'anarchia. Non è un reato abbastanza grave per gettarlo
da una finestra della questura? Mani legnose che agitavano la pipa che non fumava mai, ostinate
mani di anarchico. Mani ribelli che avrebbero prima o poi colpito qualche rappresentante del
potere liberamente eletto. Oh se lo avrebbero fatto volentieri. Non è questo un reato abbastanza
grave per ucciderlo, eliminarlo, annientarlo? In fondo era solo un ferroviere sognatore, che
magari ogni tanto si appoggiava al vetro della cabina dello scambista sforzandosi di immaginare
come avrebbe potuto funzionare tutto quel complicato meccanismo che muoveva treni carichi di
facce anonime che lo guardavano dai finestrini, senza il peso di una piramide di potere. Che
spesso affondava la testa nelle mani chiedendosi se valeva la pena di agitarsi tanto per qualcosa
che probabilmente non avrebbe visto mai. Era solo un ferroviere ubriacato dal peso della vita e
del mondo che cercava di berla tutto di un fiato ingozzandosi di rabbia e lacrime feroci. Che
cercava di slegarsi dai lacci di parole d'altri, dai secolari nodi di Gordio costruiti con tanta
pazienza da chi voleva la sua anima in baratto con una vita di felicità alla bakelite, una vita di
polistirolo. Era uno a cui non ci si poteva avvicinare poiché l'immane calore del proprio amore,
denaro mai accettato, l'avrebbe sciolto rivelando l'intelaiatura misera e contorta delle menzogne
su cui si regge il mondo. Non era forse un essere pericoloso da eliminare?
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