Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 12 nr. 100
aprile 1982


Rivista Anarchica Online

Brescia come Catanzaro
di Gruppo anarchico di controinformazione (Brescia)

Il copione dell'affaire Piazza Fontana si è puntualmente ripetuto: al processo d'appello per la strage di piazza della Loggia, che otto anni fa causò 8 morti e decine di feriti, sono stati tutti assolti. E ci riferiamo non solo agli imputati, ma anche a tutti coloro che, seppure non implicati nel processo, hanno organizzato e "coperto" quell'attentato. Inutile e ridicolo sarebbe, da parte nostra, protestare perché "giustizia" non è stata fatta: sappiamo bene che dalla cosiddetta giustizia di Stato c'è ben poco da attendersi, tanto più quando - come in questa vicenda - sono implicati "fedeli servitori" dello Stato, e non certo dei più umili.
È quanto emerge anche da questa intervista che un compagno del Gruppo Anarchico di Controinformazione, di Brescia, ha fatto all'avvocato Pietro Garbarino, egli stesso ferito nella strage: Garbarino, che è sulle posizioni della "nuova sinistra" (il che spiega il nostro dissenso rispetto a certe sue interpretazioni politiche), si è occupato a fondo di questa vicenda politico-giudiziaria.

Tralasciamo, una volta tanto, la storia ufficiale della strage e partiamo invece da quella sotterranea, non detta, ma conosciuta da tutti. Innanzitutto vorrei chiederti quando iniziò lo stacco della sinistra ufficiale, con la conseguente rinuncia alla ricerca della verità.

Quando? Direi subito. Ci sono stati sì alcuni mesi di incertezza durante i quali già si intravedeva da parte della sinistra una certa tendenza a coinvolgere le forze tipo la DC nel gioco democratico. Però lo stacco è avvenuto appena è partita la fase dell'inchiesta che cominciava ad individuare come esecutori materiali Buzzi e tutti gli altri. Difatti, appena i magistrati cominciarono a far trapelare le notizie relative al fatto che era stato incastrato Buzzi, che Angelino Papa aveva parlato, che c'era il testimone, che tutta questa gente era coinvolta, la sinistra istituzionale assunse un ruolo di aperta passività, acritico. Si mise a vigilare dall'esterno come un utile cane da guardia su tutte quelle voci, rare in verità, che però cominciavano a chiedersi che cosa stava succedendo, dove stavano andando a parare. La sinistra in questo modo iniziò questo ruolo che è stato definito "caudatario", da pompiere, codista proprio rispetto all'operato della magistratura, ma di un codismo non completamente passivo, ma attivo nel criminalizzare, nell'emarginare tutti coloro che invece invitavano a riflettere sulla direzione che stavano assumendo le indagini. Da quel momento in poi la sinistra, compresi settori della nuova sinistra, assunse quella prospettiva per cui tutti coloro che si permettevano di dire qualcosa sull'istruttoria venivano considerati i pazzi o i filofascisti o...

Tu pensi che ciò sia stato dovuto ad un patteggiamento nascosto ben preciso con delle forze politiche, oppure che avevano in mente qualcos'altro?

Io non sono tanto per la tesi della dietrologia, del complotto. Qui eravamo in presenza di una strategia politica ben precisa: quella del compromesso storico. Per venire incontro alla D.C., nel tentativo di coinvolgerla, si doveva cercare di relegare la strage su un piano ed un terreno anomali, che fossero come una specie di uovo fuori dal cavagnino. In questo contesto prende piede la tesi dei delinquenti comuni, magari dipinti un po' di nero, perché un po' di fascio bisognava pur mettercelo, dal momento che l'opinione pubblica un minimo di aspettativa in proposito ce l'aveva. Questo è stato il senso dell'operazione politica di cui il partito comunista è stato partecipe fino in fondo, al punto da permettere alla D.C. di restare nell'ombra: tanto c'era chi le toglieva le castagne dal fuoco!

Che posizione espressero in questo contesto la magistratura e gli avvocati?

Beh, sono due cose ben diverse. Per quanto riguarda la magistratura dobbiamo dire che essa fu completamente convinta, succube dovrei dire, di quello che il capitano Delfino e il nucleo investigativo dei carabinieri le andava porgendo volta per volta. In sostanza la magistratura non fece altro che rendere credibile sul piano istruttorio quanto veniva acquisito e fornito dagli uomini del capitano Delfino e dal capitano in primo luogo. La magistratura compì una manovra di potere, una manovra nuova perché fu la manovra che, formalmente rivolta verso la destra fascista, in realtà non andava a colpire i centri dell'eversione, ma sviava verso falsi obiettivi.
Il ruolo dei legali di parte civile fu invece un ruolo direi differenziato, nel senso che una minoranza, a volte addirittura uno solo, specialmente nelle prime fasi, ebbe da subito un atteggiamento critico, e si trovò dinnanzi quell'atteggiamento di intolleranza che descrivevo precedentemente: perché nell'unanimismo e nel cretinismo dell'unità nazionale, la voce critica dava fastidio. La gran parte degli avvocati di parte civile, invece, ebbe un ruolo di cassa di risonanza delle risultanze istruttorie, di organizzazione in sostanza del consenso: non certo perché andavano a dire "ma come lavorano bene questi magistrati", ma perché questa parte civile, legata in particolare ai partiti del comitato unitario permanente antifascista, fece da tramite con questa istituzione, quindi con i partiti. In sostanza, dunque, questi partiti gestirono l'opinione pubblica nei confronti della strage, cercando di creare attraverso tutti i mass-media il consenso attorno a questa ipotesi. Possiamo quindi dire che la gente fu proprio rapinata della verità sulla strage da questa operazione politica.

Secondo me, il punto più importante da sottolineare è che non è vero che non si sappia la verità. Forse non la si sa a livello istituzionale, nel senso che non c'è una sentenza che la affermi. Ma tutta la sinistra la sa la verità, al punto che anche La Repubblica, come altri giornali, può tranquillamente scrivere che è una strage di stato, in cui sono implicati tutti, dai fascisti alla P2. A monte c'è l'esperienza di piazza Fontana: si sa benissimo che sono stati "loro", ma al contempo si sa che non c'è niente da fare, che è tutto bloccato. È all'interno di questa presa di coscienza che si è arenata la mobilitazione per la verità su piazza della Loggia, da parte di coloro che - per esempio - avevano fischiato Leone in piazza a Brescia. La cittadinanza ha capito bene il discorso e ha compreso l'inutilità di qualunque tipo di manovra. Vi è in giro una disperazione che diventa rassegnazione e rende disponibili all'accettazione di qualunque cosa venga propinata.

Esatto. Teniamo anche conto che la parte cruciale dell'istruttoria, relativa al processo, è durata in fin dei conti alcuni mesi del '75: praticamente la parte fondamentale dell'istruttoria era già fatta e il '76 e il '77 servirono solo da aggiustamento. Già la sentenza di primo grado in qualche modo una serie di verità o perlomeno una serie di principi li aveva stabiliti, perché all'inizio, specialmente quando si trattava del processo di primo grado, buona parte dell'opinione pubblica effettivamente vedeva, dopo anni di martellamento dei mass-media, Angelino Papa ed il Buzzi ecc. come i fascisti. Su questo, le responsabilità evidentemente dei mass-media e della stampa sono state fortissime perché effettivamente hanno creato il mostro da dare in pasto alla opinione pubblica e l'opinione pubblica in gran parte c'è cascata. Direi che addirittura degli strascichi di questo discorso si sono visti anche nelle reazioni che ci sono state a quest'ultima sentenza, quella della Corte di Assise di Appello, perché in fin dei conti non si può negare che la sentenza sia scandalosa. Ma non è scandalosa la sentenza in quanto tale, perché assolve. È scandaloso il fatto che si sia andati a questo processo con quel tipo di istruttoria e con quel tipo di risultanze. Effettivamente è vero, una volta stabilito questo fatto, che la gente, quando ha cominciato a vedere che si dava in pasto un Papa e un Buzzi senza tirare in ballo i capi di quella eversione che in quei giorni erano su tutti i giornali, ha cominciato a perdere interesse intorno alla strage ed a subodorare, con quell'istinto che l'opinione pubblica bene o male ha, che prima o poi tutto sarebbe finito in fumo come in realtà è finito. Non è un caso infatti che l'istruttoria abbia avuto una seconda fase in cui hanno dovuto prendere, anche se tirati dentro un po' per i capelli, alcuni esponenti del neo-fascismo, perché non poteva bastare alla città il discorso di questo gruppo di ladruncoli che avevano fatto la strage, bisognava condirla con un pizzico di fascio. Solo che lo hanno fatto in una maniera così grossolana che questa gente ha avuto buon gioco a dimostrare la propria estraneità (anche se io sono personalmente convinto che, per altri motivi e per altri versi, alcuni di questi in realtà ci entrassero lo stesso).

Sono d'accordo con te. Anche perché, in caso contrario, non si spiega come mai il Buzzi abbia fatto la fine che ha fatto: qualcosa doveva pur sapere. Forse, anche Buzzi sarebbe stato assolto. Tu che ne pensi?

Credo che Buzzi sarebbe stato assolto, e non lo affermo solo sul piano processuale, ma anche su quello sostanziale - che è quello che ci interessa di più. Io sono convinto che Buzzi non sapesse assolutamente niente della strage di piazza della Loggia, almeno niente in quanto partecipe, diretto ed attivo. Io penso che il senso dell'assassinio di Buzzi stia nelle parole di Tuti e Concutelli, i suoi assassini: "Noi abbiamo eseguito una sentenza nazional-socialista". Essi cioè non hanno emesso, ma eseguito una sentenza nazional-socialista, che era la stessa che aveva condannato a morte la gente in piazza della Loggia e che condannava l'opinione pubblica a non sapere niente di questa vicenda. Io credo che l'omicidio di Buzzi sia da interpretarsi come il tentativo di seppellire quello che poteva diventare un clamorosissimo caso giudiziario di questi anni: quello cioè di una strage, ma che una volta ristabiliti tutta una serie di principi e di valori e demolite definitivamente tutte le prove a suo carico (come è successo in questa fase di appello), sarebbe uscito assolto, e nemmeno con formula dubitativa. In realtà, ammazzando Buzzi si è portata a termine una doppia operazione: quella di togliere dalla scena un protagonista peraltro scomodo, e al contempo quella di lasciare nella gente il sospetto che fosse implicato nella strage. È proprio questo, secondo me, il senso nazista della sentenza: è stata ancora una volta una cinica azione, calcolata per giocare sulla coscienza della gente.

Che sbocchi futuri prevedi?

Sul piano processuale è estremamente difficile azzardare previsioni, anche se si può pensare che la procura della repubblica possa trovare una qualche maniera di muoversi. Credo che sia estremamente importante, invece, ricavare una lezione da questo processo, per l'oggi e per il domani. Siamo infatti in una fase in cui lo Stato, investito da una ventata reazionaria dopo i paludamenti pseudo-democratici degli anni scorsi, sta ritornando quello di prima. Si stanno togliendo le garanzie istituzionali ai cittadini: basti pensare a questi processi per "terrorismo", che hanno coinvolto anche centinaia di persone assolutamente estranee.

A Milano, per esempio, in questi giorni si è allargato questo coinvolgimento a tutta la sinistra, anche a quelle istituzionale: al sindacato, soprattutto.

A mio avviso, la coglionata politica della sinistra - che è poi quella stessa sinistra che ha approvato la legge Cossiga, che ha fatto le campagne referendarie perché non fossero abrogate queste norme, ecc. - è stata quella di aprire di fatto la strada a ciò che di fatto oggi la sta colpendo. Oggi la gente, ormai disabituata e poco capace di reagire sul piano della mobilitazione, è disincantata e non crede probabilmente, a livello generale, che ci siano in giro queste centinaia di migliaia di terroristi. Purtroppo però non ha più nessun tipo di riferimento, proprio perché sono stati i partiti di sinistra ad eliminare qualsiasi tipo di garanzia del cittadino contro questi soprusi, questi blitz dello Stato. E allora non ci si stupisca poi che vengono fuori le torture.

Anche perché la gente arriva quasi a giustificarle.

Certo, finché i mass-media fanno risalire al terrorismo la causa di tutti i mali della società. Ma direi di più: il fatto è che c'è sempre stato questo atteggiamento ambiguo di confondere terrorismo e comportamenti sociali non codificati e anomali.

È questo l'uso che ne fa il sindacato, quando equipara "devianza" sindacale e terrorismo.

Esatto, o la devianza sindacale è filo-padronalismo, come dice Lama per esempio nei confronti di Democrazia Proletaria per il referendum oppure è terrorismo nel senso che insomma va fuori del gioco democratico come se fossero loro ad essere il gioco democratico. In questo senso è chiaro che oggi tutto quello che sta succedendo, compresa la cultura del sospetto in fabbrica, compreso il discorso delle sospensioni immediate di tutti i sindacalisti presi perché prima deve giudicare la magistratura se c'entrano o no, non è altro che la diretta conseguenza di quell'atteggiamento di acquiescenza e di delega che c'è stata ai tempi della strage di Brescia. Anche il discorso dei pentiti in qualche maniera è iniziato col testimone della corona di Piazza della Loggia, quel tal Ugo Bonati, oggi sparito, introvabile, che proprio perché poteva essere sospettato delle stesse cose ha detto di tutto sugli imputati e poi si è dimostrato dopo con una sentenza abbastanza acuta del tribunale di Brescia che in fin dei conti aveva inventato tutta una serie di cose per salvare la propria pelle e per fare un favore a coloro che lo tenevano in pugno. Non è proprio la stessa cosa con l'attuale pentitismo, però è iniziato qui l'uso di quel meccanismo che si chiama, con termine tecnico, "chiamata di correo", che oggi diventa il termine fondamentale delle accuse di tutti i processi di terrorismo senza che siano provati. Quindi io vedrei il processo di Piazza della Loggia come un momento di grossa riflessione all'interno della sinistra, perché la sinistra non ha saputo gestire questa cosa, un po' perché non lo ha voluto, e parlo del PCI e del PSI, un po' perché non lo ha saputo mancando addirittura per certi aspetti persino di quel garantismo che dovrebbe essere quanto meno il momento iniziale, dell'atteggiamento che si deve avere nei confronti dei processi. Perché non si dimentichi che si comincia coi processi esemplari, che magari colpiscono poche persone, ma poi si va ai processi di massa, si va a fenomeni che poi alla fin fine colpiscono i ceti oppressi, perché se oggi è vero che ci sono tutti questi inasprimenti delle norme, anche il piccolo delinquente subisce gli inasprimenti di pene, quindi diventa un discorso che aumenta l'oppressione a livello sociale. In questo senso la sinistra deve rivedere completamente tutto il suo atteggiamento di fronte a queste cose, deve diventare più garantista ed anche più libertaria per certi aspetti...

Io direi, prima del 1984 (in senso orwelliano)...

Direi proprio di sì.