Rivista Anarchica Online
Tra natura e cultura
di Piero Flecchia
L'incesto è uno dei pochi temi autenticamente universali. Ecco perché ogni
vera
riflessione radicale - che si spinge alla radice - sulla società, finisce per confrontarsi con
l'incesto. L'universalità dell'incesto - le tradizioni storiche e le ricerche demografiche non
hanno registrato un solo caso di popolo privo del tabù dell'incesto - discende
dall'universalità del sesso. L'evento naturale che fonda ogni tipo di socialità è l'atto
sessuale. Dall'universalità dell'eros l'universalità dell'incesto, ponendo un tabù sul quale
ogni cultura umana divide l'atto sessuale in permesso e vietato, al di là del desiderio della
coppia; per cui socialmente avremo un sesso lecito e un sesso non lecito, con un crescere
di intensità dell'area dell'illecito: da sempre tattica ottimale per far salvo il nucleo
autentico del vietato. Lapidando l'adultera, la legge mosaica rende semplicemente
impensabile l'incesto. Ma qui il gesto è stato così ben occultato che non fa più problema.
Bisogna
cercare prima, quando il tabù separa la socialità naturale, il cui eros è
indifferenziato, dalla società umana. Sesso lecito e sesso illecito sono la conseguenza
dell'introduzione del concetto di incesto, dunque c'è un sesso buono e un sesso cattivo. Il
tabù dell'incesto fonda la società umana legandola indissolubilmente alla morale, ma
introduce anche la trasgressione e la connessa sanzione ai trasgressori; questo dice Freud
circa l'incesto: cultura e repressione sono due facce della stessa medaglia. Divieto è
sempre e certissimamente segnale di trasgressione, ma i termini del problema incesto
sono esatti? Bronislaw Malinowski, contro l'ipotesi freudiana dell'universalità della
trasgressione a livello di desiderio nei rapporti padre-figlia e madre-figlio in Sesso e
repressione sessuale tra i selvaggi, ed. it. Boringhieri, Torino 1966 (superflua la
prefazione di De Martino, stupenda quella dell'autore) avanzò una rivoluzionaria teoria
sul cui asse si situa la riflessione di Claude Levi-Strauss (da leggere assolutamente) in
Tristi tropici, ed. Il Saggiatore, per il quale il discrimine tra natura e cultura è tracciato dal
tabù dell'incesto. Freud spiega con il tabù dell'incesto la repressione, Levi-Strauss
l'origine della cultura. Lo studio delle società primitive -
nell'accezione di Clastres, Archeologia della violenza,
ed. La Salamandra - insegna che l'area dell'interdetto è in relazione all'area del nucleo
familiare. Nella famiglia occidentale contemporanea il tabù colpisce il coito fra figli e
genitori e tra fratelli; nella famiglia clanale matrilineare o patrilineare l'area
dell'interdetto, a seconda dei casi, si estenderà a cugini e zii o materni o paterni. Dunque
il tabù limita, nell'area della famiglia, il sesso; e lo limita tanto maggiormente quanto più
l'area del nucleo familiare è grande. Emargina quindi il sesso nella famiglia. Ecco
delinearsi l'opposizione tra cultura e natura centro della riflessione di Levi-Strauss. La
natura accomuna attraverso il sesso, la cultura attraverso l'educazione dei sentimenti. Il
tabù dell'incesto proclama il primato del culturale sul naturale: dunque l'interdetto fonda
certamente anche la moralità, ma non legandola al concetto di repressione, bensì di
invenzione: invenzione della lealtà, degli affetti matrimoniali e fraternali. Come insegna
la Elettra di Sofocle, o la Mirra alfieriana, questa eroina che ha scelto la cultura contro la
natura. Ha scelto la castità e una foia naturale per il padre la stravolge e la costringe a una
sorta di indicibile orrore. Mirra è stata maledetta da un dio per la scelta di castità: è la
tragedia alfieriana pre-razionale? Nei miti dei primitivi il mondo
è sempre opera divina segnata dall'incesto. Se all'origine
c'è una coppia mitica - Adamo ed Eva ne sono l'esempio - i suoi figli devono commettere
incesto per procreare. Dunque l'incesto è consentito dagli dei, vietarlo è l'atto arrogante
degli uomini. Il primitivo nel concetto di divino rispecchia però ancora e sempre le forze
del mondo naturale, e così il panteista come il politeista. Divino ed animale sono i poli
opposti e inseparabili di una sola realtà: la natura. Con il tabù sull'incesto l'uomo
introduce molto più che un terzo termine: tenta una nuova universalità dov'egli è il
demiurgo: la cultura. La pratica dell'incesto, la foia selvaggia di Mirra insegna il
fallimento di questo orgoglioso progetto. La paura della pratica dell'incesto è la segreta
coscienza della fragilità del progetto culturale, tanto maggiore quanto più il divieto si
fonda su una sorta di scorporo del dato naturale dal quale l'uomo sorge e la sua fisicità
rimanda: l'eros. Culture repressive sono quelle che si illudono di oscurare il sesso per
occultare la natura. Da qui la necessità di accrescere sempre più l'area dell'interdetto:
estenderlo a tutto quanto ricorda la natura; isolare l'uomo dal suo corpo e poi magari
chiuderlo nella città, consegnato tutto al moto della macchina sociale: è il progetto
cristiano: il convento. È il quartiere ghetto e la fabbrica. E allora la natura riesplode, dalla
forza tremenda della bestia catturata e rinchiusa, e appunto per questo fatta più selvaggia.
È quanto Vittorio Alfieri ci insegna nelle pagine mirabili della Mirra.
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