Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 13 nr. 107
febbraio 1983


Rivista Anarchica Online

No alla cultura della sfiga

Mi è capitato di leggere l'articolo «Altro amor io preferia» di Paolo Arduino («A» 106) che tratta del dibattuto ma inesauribile tema «sessualità, erotismo, pornografia, ecc.». Questo ultimo articolo, cronologicamente parlando, da voi pubblicato mi ha spinto a riflettere e a fare alcune considerazioni di carattere generale, in base alla mia esperienza personale. Ritengo corretto che sulla vostra rivista dedichiate spazio a questi problemi; ritengo positivo il dibattito, lo scambio d'idee, la critica, eppure nel caso degli argomenti in questione mi pare si sia andati un poco oltre il dovuto. Non voglio criticare qualcuno in particolare e non mi riferisco esclusivamente all'articolo di Paolo.
Quello che mi preme è evidenziare una situazione in cui molti compagni, partiti inizialmente con la sincera volontà di analizzare e chiarire/chiarirsi determinati problemi, sono finiti con il semplificarli o il complicarli troppo, determinando l'effetto opposto a quello desiderato, ovvero creando un casino maggiore di prima. Gli spunti e le analisi di molti sono senza dubbio stimolanti e suggestive ma può capitare che a questi spunti e a queste analisi si dia un peso che non meritano e in base ad opinioni tutt'altro che verificate, si tenti di cambiare il proprio modo di vedere e di comportarsi, col rischio di diventare dei complessati cronici. I problemi attinenti alla sessualità e al relativo immaginario sono certamente problemi di tutti noi, solo che ognuno li vive in maniera e in misura diversa dagli altri; perciò non generalizziamo troppo formule o concetti legati in realtà a dati soggettivi. Ciò che più conta non è tanto l'esporre sul giornale il punto di vista «oggetlivizzato» di un singolo, quanto invece trovare il modo di dichiarare aperto il problema nel tentativo che poi ognuno indaghi la sua situazione particolare e provveda come meglio crede.
Voglio chiudere sperando di non dire solo ovvietà: è vero che nella nostra vita mentale, sessuale, affettiva, ecc .. anarchici lo siamo solo di nome e non di fatto, ma qualche volta è preferibile accettare se stessi per quel che si è anziché vivere nel logorio psicofisico di chi tende incessantemente ad essere migliore e cosÌ facendo non vive affatto il presente bensì spera nella vita futura.
Vivendo quotidianamente immersi nell'universo culturale del potere, senza possibilità di fuga, i cambiamenti psicologici che riusciamo ad acquisire al prezzo di sforzi di volontà spesso grandissimi, sono continuamente soggetti a bombardamento e se non li difendiamo con le unghie e con i denti li perdiamo in un istante: ma in questa lotta la nostra coscienza rischia di diventare quella di Zeno. Rischiamo di continuare a lottare con noi stessi fino ai nostri ultimi giorni, senza avere né il tempo né l'autentica forza di volontà per incidere sul sociale.
Visto che come anarchici di concreto non si fa niente (e personalmente per «concreto» intendo la costituzione o il tentativo di costituire strutture alternative al sistema, dove poter vivere la maggior parte del proprio tempo e crescere in coerenza) evitiamo almeno di creare la «cultura della sfiga». Ciao.

Giuseppe Vezza (Cerea)