Rivista Anarchica Online
No alla cultura della sfiga
Mi è capitato di leggere l'articolo «Altro amor io preferia» di Paolo Arduino («A» 106) che tratta del
dibattuto ma inesauribile tema «sessualità, erotismo, pornografia, ecc.». Questo ultimo articolo,
cronologicamente parlando, da voi pubblicato mi ha spinto a riflettere e a fare alcune considerazioni
di carattere generale, in base alla mia esperienza personale. Ritengo corretto che sulla vostra rivista
dedichiate spazio a questi problemi; ritengo positivo il dibattito, lo scambio d'idee, la critica, eppure
nel caso degli argomenti in questione mi pare si sia andati un poco oltre il dovuto. Non voglio criticare
qualcuno in particolare e non mi riferisco esclusivamente all'articolo di Paolo. Quello che mi preme è evidenziare una situazione in cui molti compagni, partiti inizialmente con la
sincera volontà di analizzare e chiarire/chiarirsi determinati problemi, sono finiti con il semplificarli
o il complicarli troppo, determinando l'effetto opposto a quello desiderato, ovvero creando un casino maggiore di
prima. Gli spunti e le analisi di molti sono senza dubbio stimolanti e suggestive ma può capitare che
a questi spunti e a queste analisi si dia un peso che non meritano e in base ad opinioni tutt'altro che
verificate, si tenti di cambiare il proprio modo di vedere e di comportarsi, col rischio di diventare
dei complessati cronici. I problemi attinenti alla sessualità e al relativo immaginario sono
certamente problemi di tutti noi, solo che ognuno li vive in maniera e in misura diversa dagli altri;
perciò non generalizziamo troppo formule o concetti legati in realtà a dati soggettivi. Ciò che più
conta non è tanto l'esporre sul giornale il punto di vista «oggetlivizzato» di un singolo, quanto
invece trovare il modo di dichiarare aperto il problema nel tentativo che poi ognuno indaghi la sua
situazione particolare e provveda come meglio crede. Voglio chiudere sperando di non dire solo ovvietà: è vero che nella nostra vita mentale, sessuale,
affettiva, ecc .. anarchici lo siamo solo di nome e non di fatto, ma qualche volta è preferibile
accettare se stessi per quel che si è anziché vivere nel logorio psicofisico di chi tende
incessantemente ad essere migliore e cosÌ facendo non vive affatto il presente bensì spera nella vita
futura. Vivendo quotidianamente immersi nell'universo culturale del potere, senza possibilità di fuga, i
cambiamenti psicologici che riusciamo ad acquisire al prezzo di sforzi di volontà spesso
grandissimi, sono continuamente soggetti a bombardamento e se non li difendiamo con le unghie e
con i denti li perdiamo in un istante: ma in questa lotta la nostra coscienza rischia di diventare
quella di Zeno. Rischiamo di continuare a lottare con noi stessi fino ai nostri ultimi giorni, senza
avere né il tempo né l'autentica forza di volontà per incidere sul sociale. Visto che come anarchici di concreto non si fa niente (e personalmente per «concreto» intendo la
costituzione o il tentativo di costituire strutture alternative al sistema, dove poter vivere la maggior
parte del proprio tempo e crescere in coerenza) evitiamo almeno di creare la «cultura della sfiga».
Ciao.
Giuseppe Vezza (Cerea)
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