Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 13 nr. 108
marzo 1983


Rivista Anarchica Online

ENI story
di Luciano Lanza

Tirare in ballo la critica anarchica al potere, al dominio e alle sue degenerazioni sociali e morali, francamente sarebbe fuori luogo. Non si può suonare in «do maggiore» una sgangherata filastrocca, perdi più stonata. Tolti, quindi, gli abiti della critica seria, vediamo di analizzare nella sua piccolezza, nella sua meschineria, nella sua (diciamolo) trivialità il caso politico-manageriale che ha visto la defenestrazione di Umberto Colombo dalla presidenza dell'Eni, il colosso statale dell'energia e della chimica.
I fatti sono noti, ma ripeterli gioverà. Colombo, per ottenere la poltrona di presidente, patteggiò con i politici della maggioranza e soprattutto con i suoi sponsor socialisti, una determinata struttura del vertice Eni che comprendeva, clausola rilevante, un posto per Leonardo Di Donna, ex vicepresidente dell'ente e in odore (raccontano i maligni di Via del Corso, ma anche di Piazza del Gesù) di miliardi petroliferi.
Il «probo» Umberto Colombo accettò il «turpe mercato», ma - vuoi per illuminazione divina, vuoi per tardivo, ma sempre al Signore ben accetto, pentimento - dopo (solo dopo, si badi bene) aver ottenuto l'agognata poltrona decise che «l'efferato» Di Donna non doveva entrare nella giunta dell'Eni. Tanto sbraitò che il buon Spadolini preferì andare negli Stati Uniti, piuttosto che prendere una decisione. Poi dato che Spadolini non riusciva a prendere alcuna decisione, il sempre «efferato» Di Donna, che sarà pure efferato, ma di pratiche di potere se ne intende, pensò bene di muovere le sue pedine e, come fu come non fu, Spadolini si ritrovò non più alla guida del governo, ma del suo scalcinato partitello che conta come il due di picche, ma che la brava gente continua a definire un «elemento essenziale della democrazia in Italia».
Caduto Spadolini, ecco l'uomo nuovo: il Fanfanino con tanto di Maria Pia che più lunga non si può. Osservazione banale: forse la first lady non è tanto alta, ma al fianco dell'Amintore sembra proprio un donnone di felliniana memoria. A questo punto il Fanfani - per non scontentare Gianni De Michelis che avrà pure i capelli lunghi e sporchi, ma che parla sempre a voce troppo alta e quindi rompe i timpani al nostro serafico pittore - chiama una sera il presidente dell'Eni, Colombo, e gli dice, schietto schietto da buon mezzo toscano: «Torna all'Enea da dove sei venuto, perché all'Eni non puoi restare». Umberto Colombo capisce che non è più protetto e piuttosto che perdere uno stipendio da presidente se ne torna al suo posto di prima.
A questo punto insorge la stampa «libera e democratica», i partiti di opposizione si strappano le vesti per la povera repubblica lottizzata e perfino la segreteria della Dc tuona contro questa vergognosa arroganza del potere. Proprio loro che la lottizzazione e l'arroganza la inzuppano nel cappuccino alla mattina. Siamo nel ridicolo più profondo, tanto che lo Scalfari marxbiancobarbuto può elevare i suoi ditirambi contro l'immoralità dilagante. E il lato tragicomico di tutta questa faccenda è che molti poveri tossicodipendenti dei mass-media si sono indignati davvero. Molti hanno gridato allo scandalo perché quel «brav'uomo» di Colombo è stato cacciato dall'Eni per la sua ostilità a Di Donna. Su Di Donna conviene spendere qualche parola perché, riconosciamolo apertamente, è un feudatario di grinta, in un certo senso ricorda un po' il mitico Enrico Mattei, creatore dell'Eni. Mattei, infatti, finanziava i partiti con i profitti petroliferi, ma pretendeva ubbidienza. Personaggio scomodo, quindi, non a caso è morto in circostanze strane. Dopo di lui i suoi successori non hanno più avuto voglia di mostrare i denti. Mestiere troppo pericoloso. E si sono limitati a finanziare senza nulla prentendere. Unica eccezione Eugenio Cefis, chiacchieratissimo sia all'Eni sia alla Montedison. Ma anche lui ha dovuto passare la mano a manager più silenziosi quando aprono i cordoni della borsa. Dunque su Di Donna è giusto indignarsi: paga, ma vuol comandare. Fatto inammissibile. Perdipiù finanzia soprattutto i socialisti, mentre è avaro con i democristiani, ai comunisti, poi, non dà proprio nulla. E dunque insorga chi non riceve prebende. Insorga l'integerrimo Scalfari: dove si è mai vista tanta arroganza?
Considerazione finale, ovvia ma vera: lo scandaloso sta nel fatto che certa gente si scandalizzi. Chi vogliono incantare? Io non mi indigno affatto, inguaribile cinico, meglio sarebbe dire realista, non ci vedo in tutta la faccenda nulla di più e nulla di meno della consueta pratica di potere all'italiana: furbesca, levantina, rissosa, dedita ai traffici e all'accaparamento di sostanziosi finanziamenti per le macchine partitiche e per i potenti.
L'unica cosa che mi sconcerta è che di fronte a un potere di questo tipo sembra perfino poco serio combattere con le armi dell'intelligenza. Triste situazione per chi non ha certo rinunciato alla prospettiva di un cambiamento radicale.