Rivista Anarchica Online
ENI story
di Luciano Lanza
Tirare in ballo la critica anarchica al potere, al dominio e alle sue degenerazioni sociali e morali,
francamente sarebbe fuori luogo. Non si può suonare in «do maggiore» una sgangherata filastrocca,
perdi più stonata. Tolti, quindi, gli abiti della critica seria, vediamo di analizzare nella sua
piccolezza, nella sua meschineria, nella sua (diciamolo) trivialità il caso politico-manageriale che
ha visto la defenestrazione di Umberto Colombo dalla presidenza dell'Eni, il colosso statale
dell'energia e della chimica. I fatti sono noti, ma ripeterli gioverà. Colombo, per ottenere la poltrona di presidente, patteggiò con
i politici della maggioranza e soprattutto con i suoi sponsor socialisti, una determinata struttura del
vertice Eni che comprendeva, clausola rilevante, un posto per Leonardo Di Donna, ex
vicepresidente dell'ente e in odore (raccontano i maligni di Via del Corso, ma anche di Piazza del
Gesù) di miliardi petroliferi. Il «probo» Umberto Colombo accettò il «turpe mercato», ma - vuoi per illuminazione divina, vuoi per tardivo, ma sempre al Signore ben accetto, pentimento - dopo (solo dopo, si badi bene) aver
ottenuto l'agognata poltrona decise che «l'efferato» Di Donna non doveva entrare nella giunta
dell'Eni. Tanto sbraitò che il buon Spadolini preferì andare negli Stati Uniti, piuttosto che prendere
una decisione. Poi dato che Spadolini non riusciva a prendere alcuna decisione, il sempre
«efferato» Di Donna, che sarà pure efferato, ma di pratiche di potere se ne intende, pensò bene di
muovere le sue pedine e, come fu come non fu, Spadolini si ritrovò non più alla guida del
governo, ma del suo scalcinato partitello che conta come il due di picche, ma che la brava gente
continua a definire un «elemento essenziale della democrazia in Italia». Caduto Spadolini, ecco l'uomo nuovo: il Fanfanino con tanto di Maria Pia che più lunga non si può.
Osservazione banale: forse la first lady non è tanto alta, ma al fianco dell'Amintore sembra proprio
un donnone di felliniana memoria. A questo punto il Fanfani - per non scontentare Gianni De
Michelis che avrà pure i capelli lunghi e sporchi, ma che parla sempre a voce troppo alta e quindi
rompe i timpani al nostro serafico pittore - chiama una sera il presidente dell'Eni, Colombo, e gli
dice, schietto schietto da buon mezzo toscano: «Torna all'Enea da dove sei venuto, perché all'Eni
non puoi restare». Umberto Colombo capisce che non è più protetto e piuttosto che perdere uno
stipendio da presidente se ne torna al suo posto di prima. A questo punto insorge la stampa «libera e democratica», i partiti di opposizione si strappano le
vesti per la povera repubblica lottizzata e perfino la segreteria della Dc tuona contro questa
vergognosa arroganza del potere. Proprio loro che la lottizzazione e l'arroganza la inzuppano nel
cappuccino alla mattina. Siamo nel ridicolo più profondo, tanto che lo Scalfari marxbiancobarbuto
può elevare i suoi ditirambi contro l'immoralità dilagante. E il lato tragicomico di tutta questa
faccenda è che molti poveri tossicodipendenti dei mass-media si sono indignati davvero. Molti
hanno gridato allo scandalo perché quel «brav'uomo» di Colombo è stato cacciato dall'Eni per la
sua ostilità a Di Donna. Su Di Donna conviene spendere qualche parola perché, riconosciamolo
apertamente, è un feudatario di grinta, in un certo senso ricorda un po' il mitico Enrico Mattei,
creatore dell'Eni. Mattei, infatti, finanziava i partiti con i profitti petroliferi, ma pretendeva
ubbidienza. Personaggio scomodo, quindi, non a caso è morto in circostanze strane. Dopo di lui i
suoi successori non hanno più avuto voglia di mostrare i denti. Mestiere troppo pericoloso. E si
sono limitati a finanziare senza nulla prentendere. Unica eccezione Eugenio Cefis,
chiacchieratissimo sia all'Eni sia alla Montedison. Ma anche lui ha dovuto passare la mano a
manager più silenziosi quando aprono i cordoni della borsa. Dunque su Di Donna è giusto
indignarsi: paga, ma vuol comandare. Fatto inammissibile. Perdipiù finanzia soprattutto i socialisti,
mentre è avaro con i democristiani, ai comunisti, poi, non dà proprio nulla. E dunque insorga chi
non riceve prebende. Insorga l'integerrimo Scalfari: dove si è mai vista tanta arroganza? Considerazione finale, ovvia ma vera: lo scandaloso sta nel fatto che certa gente si scandalizzi. Chi
vogliono incantare? Io non mi indigno affatto, inguaribile cinico, meglio sarebbe dire realista, non
ci vedo in tutta la faccenda nulla di più e nulla di meno della consueta pratica di potere all'italiana:
furbesca, levantina, rissosa, dedita ai traffici e all'accaparamento di sostanziosi finanziamenti per le
macchine partitiche e per i potenti. L'unica cosa che mi sconcerta è che di fronte a un potere di questo tipo sembra perfino poco serio
combattere con le armi dell'intelligenza. Triste situazione per chi non ha certo rinunciato alla
prospettiva di un cambiamento radicale.
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