Rivista Anarchica Online
Contro le elezioni sindacali
a cura della Redazione
Dal 31 marzo al 3 aprile si è tenuto, nella «Casa Municipal de la Cultura» di Torrejon de Ardoz, nei
pressi di Madrid, il Congresso Straordinario Monografico della Confederación Nacional del
Trabajo (CNT), il sindacato libertario spagnolo. Contrariamente a quanto indicato sul pannello alle
spalle del tavolo della presidenza del congresso (che si vede anche nella foto), non si è trattato del
7° congresso, che si era tenuto nemmeno tre mesi prima a Barcellona (12-16 gennaio 1983). Allora,
infatti, cinque giorni e notti di vivacissimo dibattito non erano stati sufficienti per esaurire il punto
nodale dell'ordine dei lavori congressuali: quello relativo all'atteggiamento della CNT di fronte alle
elezioni sindacali e più in generale della tattica e strategia negli anni '80. Si era pertanto deciso di
rinviare quel punto ad uno speciale Congresso Monografico, che appunto si è tenuto a Torrejon de
Ardoz, e non - com'era previsto - nella città di Madrid, perché non è stato possibile - a causa del
sabotaggio di fatto operato dal governo e dalla giunta municipale socialisti - poter disporre di uno
dei molti locali di proprietà «pubblica» che senza alcun problema vengono continuamente dati alle
varie forze politiche e sindacali. Si è trattato di un congresso di grande importanza, perché - aldilà della stessa questione della
partecipazione o meno alle elezioni sindacali ed ai comitati d'impresa - c'erano (e ci sono) a monte,
da analizzare e da discutere, tutti i nodi (perlopiù irrisolti) legati alla presenza ed all'attività degli
anarchici nelle lotte sociali. Ci sono questioni complesse come quella dei rapporti tra «movimenti
di massa» libertari ed istituzioni, tra movimento anarchico specifico e «nuovi movimenti» sociali
(ecologico, pacifista, femminista, ecc.), tra esigenze della coerenza mezzi-fini ed esigenze pratiche
delle lotte (contratti, mediazioni legislative, ecc.), ecc. C'è insomma, a monte, tutta la problematica
che è - o almeno dovrebbe essere - al centro dell'attenzione analitica di tutte le forze libertarie oggi.
Non solo in Spagna. Comunque la si valuti, l'esperienza concreta della CNT costituisce un banco di verifica di grande
interesse, perché permette di verificare sul campo (per usare un termine sociologico) i risultati e le
contraddizioni di un progetto - quello anarcosindacalista - che nelle sue pur varie (e spesso
contrastanti) interpretazioni ed applicazioni, è tutto teso a saldare gran parte della metodologia e dei
fini anarchici con la pratica di lotta dei settori più combattivi del movimento operaio e contadino.
Ma ha senso parlare oggi ancora di «movimento operaio e contadino» sostanzialmente negli stessi
termini dello scorso secolo? Se no, quali sono gli «interlocutori» dell'anarcosindacalismo e più in
generale del progetto libertario? In definitiva, quale anarcosindacalismo (sempre che si ritenga di
usare questa definizione) è possibile oggi? Sono tutte questioni aperte, che i settori ed i militanti più sensibili del movimento libertario
spagnolo (e della CNT in particolare) si pongono da tempo e sulle quali è aperto un vivace dibattito
che - lo ripetiamo - è di grande interesse anche per chi, come noi, si trova ad operare in un contesto
per tanti aspetti profondamente differente da quello spagnolo (ma non per questo privo di
interessanti somiglianze). Logico dunque che noi si segua con particolare attenzione critica
l'evolversi di questo dibattito, del quale il recente congresso monografico della CNT ha costituito,
pur con tutti i suoi limiti, un momento importante. A Torrejon de Ardoz ha seguito i lavori congressuali, per conto di «A», il compagno Pasquale
Piergiovanni, operaio alla National Chemresearch di Cusago (Milano), al suo primo «impatto» con
la realtà dell'anarcosindacalismo spagnolo: pubblichiamo in apertura il suo sintetico reportage dei
lavori congressuali. Segue uno scritto del compagno Luis Andrés Edo, del Sindicato de Artes
Graficas di Barcellona, attivo militante anarchico fin dai tempi della lotta clandestina antifranchista
(per cui ha passato molti anni in carcere). Edo ha già collaborato in passato con la nostra rivista (suo, per esempio, l'articolo CNT e potere socialista pubblicato su «A» 106 in prossimità del 6°
congresso, all'indomani della vittoria elettorale del PSOE). Aldilà dei toni fortemente polemici con
l'ex-segretario Bondia e con una parte dei sostenitori della partecipazione alle elezioni sindacali,
l'intervento di Edo esce da un'ottica strettamente interna alle vicende organizzative e tattiche della
CNT per porre alcuni di quei problemi più generali, che aspettano una risposta (o perlomeno
un'attenzione ed un'analisi approfondita) da parte degli anarchici degli anni '80. Non solo dalla
CNT.
Un congresso nervoso
Una posizione sindacalista, mediatrice e sfumata nei principi, e una posizione anarchica chiara e
intransigente: queste, in sintesi, sono state le posizioni emerse al congresso Monografico della CNT
svoltosi a Torrejon de Ardoz, a una quindicina di chilometri da Madrid e a poca distanza da una
delle più importanti basi NATO in terra di Spagna («è sempre qui che terminano le manifestazioni
antimilitariste» mi confidava una compagna). E' stato un Congresso molto nervoso, reso rovente e, a tratti, burrascoso, da una polemica interna -
vecchia di anni - che, spesso, ha travalicato i confini di un sereno confronto tra compagni per
sfociare in violenti scontri verbali. Antonio Perez Canales, 28 anni, segretario generale da appena tre mesi e il Comitato Nazionale da
lui presieduto: questi sono stati i bersagli favoriti della critica e della contestazione. Gli sono state
rimproverate in maniera particolare - come si legge nella mozione del Sindicato de Artes Graficas
di Barcellona - «costanti manovre svolte nel seno della Confederazione (specialmente in via
Plenaria) per predisporre, persuadere e spingere i militanti in favore delle elezioni sindacali. La
manipolazione e la falsificazione costante delle notizie attraverso i mezzi di comunicazione sia di
movimento sia estranei ad esso (quotidiani, radio-televisione ecc.), tentando sempre di imporre la
tesi in favore delle elezioni sindacali e stabilendo differenziazioni insultanti per i difensori degli
accordi del V Congresso. L'intento dichiarato di imporre al congresso la sua personale opinione
circa la partecipazione della CNT alle prossime elezioni sindacali». In effetti i temi su cui si è dibattuto erano tali e con tali implicazioni pratiche e ideologiche da
lasciar presagire una certa «effervescenza» dibattimentale. Ciò che i circa 500 delegati provenienti
da tutta la Spagna in rappresentanza di 208 Sindacati (182 dell'interno e 26 dell'esterno), hanno
infatti discusso nei quasi quattro giorni di lavori congressuali («Rappresentatività sindacale e
negoziazione collettiva»), implicava oltre allo stesso concetto di anarcosindacalismo, anche la
dinamica e la strategia della CNT e del movimento libertario in generale degli anni '80. Non ho potuto essere presente alle fasi conclusive del dibattito, ho avuto comunque l'opportunità di
rendermi conto della situazione e di farmi un'idea che, appunto perché tale, può essere erronea. Ho
constatato con piacere, per esempio, la grande tensione militante - quasi sconosciuta da noi - che ha
animato i compagni presenti durante tutto l'arco congressuale: ore ed ore di discussioni vivacissime
su problematiche, a mio avviso secondarie, dati i presupposti del congresso e lo scarso tempo a
disposizione dei delegati, ma che sono la prova concreta che niente era dato per scontato e che tutto
era messo in discussione e preventivamente vagliato in assemblea. Ho assistito alla votazione che
ha ratificato con pochi voti di scarto e diverse astensioni il Segretario Generale, pochi minuti prima
che fosse aspramente criticato e attaccato quando ha cercato di prendere la parola per difendersi
dalle critiche che larga parte del congresso gli muoveva a riguardo di talune affermazioni da lui
rilasciate su alcuni quotidiani e che, ancora una volta, riflettevano il suo personale punto di vista
mentre venivano presentate come quelle «ufficiali» della CNT. Ho vissuto inoltre momenti di
estrema tensione emotiva e ho veramente disperato per la sorte della CNT quando ho visto diverse
delegazioni tentare di abbandonare la sala del congresso rendendo in questo modo evidente un
malessere che era di molti e che non riusciva a trovare una valvola di sfogo né, tantomeno, dei
valori unificanti. La «ponencia» finale, presentata al termine di una intera notte fitta di discussioni, proposte e
controproposte presentate, discusse e rifiutate ha voluto essere veramente la sintesi del congresso:
ne ha voluto raccogliere lo spirito unitario e ha fatto in modo che si concludesse senza «vincitori né
vinti» in un clima di ritrovata solidarietà e fiducia reciproca. In essa, mentre da un lato si fa appello
all'autodisciplina militante affinché tutti si sentano vincolati ai deliberati del congresso nel pieno
rispetto dell'autonomia individuale e collettiva e si rifiuta qualsiasi ritorsione di tipo «disciplinare»
(espulsione) nei confronti di chi non si adeguerà, ribadisce i valori essenziali
dell'anarcosindacalismo che è essenzialmente lotta al capitale e allo stato e, conseguentemente,
negazione di qualsiasi orientamento collaborazionista funzionale al sistema di potere. La partecipazione alle elezioni sindacali e ai comitati d'impresa (sorta di Commissioni interne
ereditate dall'antico sindacalismo verticale del regime franchista e difese dalle Comisiones Obreras
e, in misura minore, dalla UGT) è, per la CNT, inaccettabile, anche in un'ottica di una probabile
legge sulla «libertà sindacale» sempre promessa ma mai attuata. A parte il sempre valido postulato anarchico che la libertà non si mendica ma si conquista, è
assurdo sperare in una legge che, appunto perché tale, è limitativa della libertà, serve a porle un
freno, un binario su cui scorrere e giammai favorisce lo spirito di responsabilità e la coscienza
libertaria necessaria all'emancipazione umana. Oltre a ciò, l'accettazione di tali posizioni concilianti e la conseguente partecipazione articolata nei
diversi livelli del sistema ufficiale necessita, imprescindibilmente, di un autentico apparato di
sindacalisti di professione, debitamente retribuiti economicamente e completamente estranei allo
spirito libertario della CNT. Un simile gruppo di professionisti infatti costituirebbe un «cancro
strutturale» - è stato più volte ricordato l'«esempio italiano» - di sufficiente entità da imporre alla
CNT e al suo funzionamento generale un orientamento di tipo burocratico, capace di annullare la
libera discussione e di determinare la decisione finale dell'assemblea del sindacato. La CNT - si
legge nella ponencia finale del congresso - non deve cercare di stipulare accordi così, tanto per
firmare: ma deve riaffermare il suo diritto, come sindacato, di reclamare accordi che siano il
risultato di un intenso lavoro di agitazione attraverso tutti gli strumenti a sua disposizione
(stampa, pressione della piazza, manifesti, ecc.) e che tenga conto del grado di
sensibilizzazione/coscienza, dell'analisi e della lotta/confronto in seno alle assemblee di lavoratori. E' in questo ordine di cose che la CNT deve muoversi ed è in questo senso che la CNT deve
trasformarsi in scuola permanente di autogestione. Un compito immane, dunque, ma è proprio in
questa ricerca costante, in questo continuo divenire che risiede tutta la valenza propositiva
dell'utopia libertaria. Buon lavoro compagni!
Pasquale Piergiovanni
I nodi irrisolti
Sul tema «Situazione e pratica sindacale», che era il tema del congresso, ha prevalso nella fase
decisionale la posizione espressa dalla quasi totalità dei militanti e dall'immensa maggioranza degli
affiliati alla CNT. Il fatto che una decina di sezioni sindacali della CNT funzioni innegabilmente in
altrettanti posti di lavoro va considerato alla luce del fatto che ci sono in Spagna oltre mezzo
milione di imprese. L'esistenza di queste sezioni sindacali della CNT costituisce un'eccezione che
riguarda l'1% della struttura organica della CNT e, anche se questa eccezione ha tutto il legittimo
diritto di esprimere e di portare avanti le sue posizioni, non si riesce a comprendere la cosiddetta
«maggioranza» registrata al 6° congresso in favore di questa eccezione ultra-minoritaria. Gli sviluppi del Congresso Monografico hanno dimostrato in maniera schiacciante e definitiva che
la posizione favorevole alla «partecipazione» alle elezioni sindacali, portata avanti al 6° congresso,
non era appoggiata da un ampio settore, bensì era stata ottenuta con un'evidente manipolazione,
approfittando della propria gestione, dal Comitato Nazionale. Questa manipolazione attirò a sé, in primo luogo, il concorso di tutti quei compagni e di quei
sindacati che erano sinceramente convinti che la partecipazione potesse tradursi in una nuova
«realtà sindacale». Questo settore non si rende abbastanza conto del fatto che la sua legittima
opinione è stata grossolanamente manipolata da un gruppo di lavoro saldamente guidato da José
Bondia, ex-segretario generale, che non condivide questa posizione, non crede nella «realtà
sindacale» né tanto meno nei «miracoli» della partecipazione, ma unicamente si fa scudo di tutti
questi concetti con l'inconfessata finalità di ottenere determinati risultati extra-sindacali. La parte
proporzionale dello stanziamento finanziario sbloccato dal patto dell'ANE (Acuerdo Nacional para
el Empleo), il più recente patto sociale sottoscritto da governo, industriali e sindacati - tranne la
CNT -, che alla CNT, secondo le recenti decisioni del tribunale, dovrebbe fare entrare subito oltre
un miliardo di lire; la restituzione del Patrimonio Historico che dovrebbe avvenire sotto forma di
un intervento finanziario stimato, per la CNT, in oltre venti miliardi di lire; la vendita dei vari
Archivi storici (non solo di quelli depositati ad Amsterdam) a condizioni vantaggiose: questi, tra gli
altri, sono alcuni degli elementi extra-sindacali che sarebbero certamente positivi per lo sviluppo
della CNT se ottenuti senza condizioni di sorta, ma che, ottenuti con il ricatto di un cambiamento di
linea, costituiscono, nelle mani dei succitati manipolatori, la svendita della CNT per i prossimi
dieci anni. Riteniamo pertanto che chi è onestamente convinto (anche se, a nostro avviso, si sbaglia) della
«partecipazione» debba sganciarsi dalla manipolazione di cui è stato oggetto: questo perché una
cosa è sostenere una posizione e un'altra ben diversa è pretendere di imporla al 99,9%
dell'organizzazione per mezzo di un'inaccettabile manipolazione portata avanti all'epoca del 6°
congresso a Barcellona, protetti dalla grande stampa e servendosi dei canali del Comitato Nazionale
per accedervi. Tre sono state (tra le 25 presentate) le mozioni che sono state sottoposte alle sessioni plenarie del congresso: la mozione-base, ampiamente maggioritaria, che rifiuta a chiare lettere la
«partecipazione»; la mozione sottoposta all'approvazione del 6° congresso, favorevole alle elezioni
sindacali, presentata in questa occasione come «voto particolare» per il suo carattere minoritario; e
infine, sempre come «voto particolare», la mozione presentata dal sindacato degli Oficios Varios di
Bilbao. Tutte e tre queste mozioni si caratterizzavano per la loro posizione rispetto ai comitati di
impresa e alle elezioni sindacali: solo la prima aveva un carattere chiaramente antagonista, mentre
le altre due erano favorevoli ai comitati d'impresa e alle elezioni sindacali a determinate condizioni
nella loro versione ufficiale, quali sono proposte dal sistema, seppure con diversità di forma e di
limite. Personalmente nessuna delle tre mozioni mi soddisfa, dal momento che si limitano tutte e tre ad
affrontare la superficie dei problemi del movimento sindacale, cioè i comitati di impresa e le
elezioni sindacali, mentre le cause specifiche che mettono in crisi già da molti anni le
organizzazioni sindacali sono trascurate in tutte e tre le mozioni. Eccone alcune. Lo spezzettamento dell'azione del movimento operaio organizzato, con la sua disarticolazione in
categorie e settori produttivi, facilitato dallo schema ufficiale per la stipula dei contratti, regolato
per legge, è sostanzialmente accettato, se non addirittura facilitato, da tutte e tre le mozioni che
semplicemente vi si adeguano, senza metterlo in discussione. Le sezioni sindacali sono previste dalle tre mozioni come la struttura-base per l'attività sindacale,
scartando così fin dall'inizio la possibilità d'azione di due milioni e mezzo di disoccupati, di oltre
un milione di lavoratori del settore cooperativo, di varie centinaia di migliaia di persone che
lavorano in «regime autonomo» e di quasi un milione di lavoratori che vanno in pensione vari anni
prima del termine previsto per legge. Tutta questa massa di gente e di lavoratori non può sviluppare
un'attività in seno alla struttura delle sezioni sindacali: una cosa è che sia il sistema a costringerli
all'emarginazione, mentre un'altra ben diversa è che la CNT si presti ad emarginarli
volontariamente, portando avanti una strategia basata esclusivamente sulle sezioni sindacali. C'è poi la questione dell'istituzionalizzazione dell'assistenza sociale, rispetto alla quale non si
pronuncia nessuna delle mozioni, mentre si tratta del fattore più importante che facilita il fenomeno
dell'integrazione dell'intero movimento sindacale mondiale. Questo fenomeno inoltre è di
grandissimo ostacolo allo sviluppo dell'azione diretta, che è il tipo di «relazioni industriali» senza il
quale non è concepibile l'anarcosindacalismo. Vi è poi la nuova struttura del Monopolio, non solo per il superamento della dimensione nazionale,
ma soprattutto per il suo nuovo funzionamento specifico, che abbraccia tanto la produzione e la
manifattura quanto gli spazi dei servizi, della distribuzione, della commercializzazione, della
finanza: ci troviamo di fronte ad un'unica struttura imprenditoriale che implica un'attività
multisettoriale, di fronte alla quale la vecchia struttura operaia, basata sulle cosiddette Federazioni
di categoria, fa ben magra figura. Vi è poi il falso problema della rappresentatività sindacale, concetto già di per sé disprezzabile da
un punto di vista anarcosindacalista, la cui falsità comunque risulta ancora più evidente a fronte del
grave fenomeno della desindacalizzazione storica, che investe l'ormai allarmante quota del 91,5%
del totale dei lavoratori. Questa situazione era facilmente prevedibile dopo il completo fallimento della battaglia per la
sindacalizzazione nel '76-'77, che cedette il passo al consolidamento degli «apparati operai» (cioè
della burocrazia), con le sue conseguenti appendici (commissioni tecniche, economisti, giuristi,
sociologi, altri specialisti dediti a tempo pieno all'attività di funzionari sindacali, debitamente pagati
con le quote dei lavoratori e con i contributi dello stato), che costituiscono la base del potere delle
attuali organizzazioni sindacali condizionando, per non dire relegando ad un diritto puramente
formale e teorico, il potere decisionale delle assemblee dei lavoratori nelle fabbriche, o delle
assemblee degli iscritti in seno ai rispettivi sindacati. Queste sono alcune delle cause specifiche e fondamentali che mettono in crisi il sindacalismo.
Senza dubbio esistono anche cause esterne. Nessuna delle tre mozioni sopra citate affronta l'analisi di questi punti vitali, ma abbiamo scelto di
approvare la mozione base, che accoglie lo spirito della maggioranza delle 25 mozioni presentate
dai sindacati, centrata com'è sul rifiuto della partecipazione alle elezioni sindacali. E' questo un
aspetto superficiale a fronte dei punti che abbiamo appena segnalato, ma è purtuttavia un aspetto
importante: sta di fatto che se avessimo accettato questo aspetto superficiale non sarebbe poi stato
possibile andare al cuore del problema. Questo deliberato congressuale di rifiuto della
partecipazione fissa la base minima per un dibattito sui problemi essenziali, un dibattito che solo
ora, con la chiusura del congresso, può iniziare e che dovrà necessariamente essere approfondito. Alcune scadenze indicative segnano lo sviluppo di questo dibattito. In effetti la posizione
maggioritaria del congresso ha offerto una concessione: scatenare una campagna generalizzata,
razionalmente programmata, nei prossimi quindici mesi, incentrata contro l'esistenza dei comitati di
impresa, considerati la scadenza ultima al termme della quale tutti gli affiliati alla CNT dovranno
abbandonarli.
Luis Andrés Edo
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