Rivista Anarchica Online
Macché legge! dobbiamo lottare contro lo stato
Compagni, leggo sul penultimo numero di «A» la lettera di Franca Osina, sull'obiezione di coscienza ed il
servizio civile. Non conosco (anche se lo immagino) cosa c'è oltre il muro invalicabile delle
caserme, ma mi lascia perplesso il motivo di fondo della lettera stessa: «...Come riuscire ad ottenere
questo? Battendosi per una legge che liberalizzi completamente l'obiezione di coscienza». Negli ultimi tempi, il P.C.I. diceva di votare il suo partito perché contro l'installazione dei missili a
Comiso. Dopo le elezioni europee, si è saputo che la base missilistica non era a Comiso, ma poco
più in là: dura lex sed lex (la legge è dura, ma è la legge). Io penso che la legge, quel complesso operativo ed esecutivo di repressione e limitazione delle
libertà, è cosa molto diversa da ciò che vogliamo. Il problema effettivo per noi, non è di lottare per
ottenere - da soli, con le nostre forze, o con altri - migliori condizioni di agibilità, foss'anche per la
nostra propaganda e la nostra lotta. Il nostro problema principale è di lottare, con i mezzi che
possiamo utilizzare, per indebolire l'onnipotenza delle istituzioni repressive dello Stato, ivi
compreso il militarismo. Il problema di Franca Osimo ha per obiettivo la modifica, se si vuole
l'umanizzazione della legge che riguarda l'obiezione di coscienza ed il servizio civile: ma questo
non è anarchico. Per quanto si possa o voglia lottare per modificare una legge, è preferibile lottare
per renderla inutile. Le scelte adottate, le lotte fatte, i mezzi impiegati, gli obiettivi che vogliamo raggiungere, è tutto
anarchico. L'obiezione di coscienza, il servizio civile, le leghe nonviolente, i gruppi per la pace,
non sono associazioni anarchiche, non hanno motivi anarchici, anche quando uno o più anarchici
ne accettassero la partecipazione a livello personale o di gruppo. Infine, credo molto poco alla validità del servizio militare volontario. Politicamente, non è un
valido obiettivo: rendere volontario il servizio militare significa soltanto che non ci saranno più
anarchici nelle caserme. Ma ci saranno ancora caserme, soldati, basi strategiche varie, paci armate
e, a lungo andare, la possibilità che si costituisca, con sufficiente potere esecutivo, una casta
militare, una tradizione militare: per noi comunque un nemico mortale. Una lotta condotta con
obiettivi fissati dallo Stato (tieni presente che contesti una legge, tutt'al più la sua funzionalità, non
la sua ragion d'essere), dal nostro punto di vista, è destinato a fallire. Attualmente, lo Stato-padre, con o senza difficoltà, offre queste alternative: contestarle, renderle
più agibili, non basta. Semmai, potrebbe essere più positivo fare propaganda, o raddoppiare
triplicare i livelli già raggiunti, per la diserzione in massa dalle caserme, per distruggere le stesse,
per la mancata presenza ai tre giorni, etc.. E fare soprattutto un lavoro costante, capillare, ovunque
e contemporaneamente. Sarà una lotta anarchica, con obiettivi scelti da noi, e non dallo Stato.
Franco Di Sabantonio (Roma)
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