Rivista Anarchica Online
Le mille voci
della libertà
La Redazione
Un sondaggio
realizzato da Rockerilla (una delle più diffuse riviste di
musica rock, pop, punk, ecc.) indica la nostra rivista al 13° posto
nell'elenco delle pubblicazioni preferite (era prevista la
possibilità di una sola indicazione). Al sondaggio, i cui risultati
sono stati pubblicati sul numero di febbraio di Rockerilla,
hanno risposto alcune migliaia di lettori. Per "A" si tratta
della sostanziale conferma del risultato ottenuto in un analogo
sondaggio fatto due anni fa (allora ci piazzammo al 14° posto): il
che è tanto più significativo, perché rispetto all'83 è calato
drasticamente il numero delle pubblicazioni con una connotazione
"ideologica": oltre ad "A", è rimasto -
tra le prime venti pubblicazioni indicate - solo Il Manifesto. Questo
"piazzamento" delle nostra rivista assume un significato
ancora più sorprendentemente positivo se si considerano i seguenti
fattori: 1) "A" ha, fin
dal titolo, una caratterizzazione esplicitamente "di parte"
(che non è attribuibile nemmeno a Il Manifesto, che viene
fruito come quotidiano "diverso" prima ancora che
"comunista"); 2) Rispetto alle
altre 19 pubblicazioni indicate, la nostra è l'unica ad avere
grossissimi problemi di distribuzione, che ci impediscono di essere
presenti in moltissime località dove certo troveremmo acquirenti (e
ne abbiamo quasi quotidiana conferma dalle lettere e dalle telefonate
che ci giungono in redazione, da parte di persone che ci comunicano
di aver cercato invano la rivista nelle edicole della loro zona); 3) Prosegue, lenta
ma continua, la crisi per così dire "militante" del movimento
anarchico, che si traduce anche nel calo della vendita militante (con
alcune eccezioni, che non possono modificare il quadro generale). Senza volerlo
sopravvalutare (ma sarebbe errato anche sottovalutarlo), il sondaggio
di Rockerilla rappresenta per noi della redazione un motivo di
soddisfazione ed una fonte di ottimismo. È
infatti una conferma di quanto da tempo "sentiamo",
pensiamo e andiamo scrivendo: che esiste, cioè, una vasta area
libertaria, disseminata un po' ovunque, al di fuori dei
"tradizionali" circuiti metropolitani. Si tratta di persone
perlopiù slegate dal movimento anarchico, che non hanno mai
frequentato una sede, a volte non hanno mai nemmeno letto un libro o
una pubblicazione del movimento anarchico, che sono pervenute ad una
sensibilità libertaria, antiautoritaria, partendo dalle più diverse
esperienze (o, a volte, da nessuna esperienza in particolare). Da
quest'area libertaria e, più in generale, da significativi
settori dei "nuovi" movimenti sociali - quelli impegnati
sul terreno dell'ecologia, del pacifismo, dell'antinucleare, delle
tecnologie dolci, dell'agricoltura biologica, ecc. - proviene una
"domanda" di concretezza e di coerenza individuale, di
rifiuto della politica intesa come lotta per il potere e come pratica
del compromesso, di impegno diretto, di informazione e di dibattito
al di fuori dei vecchi schematismi ideologici e partitici. Una domanda
d'anarchia? Sarebbe assurdo rispondere positivamente: l'anarchia, il
movimento anarchico, gli stessi anarchici in carne ed ossa sono
spesso per quell'area libertaria dei veri e propri u.f.o.: non
ci si può "identificare" né si può rifiutare ciò che
nemmeno si conosce. E poi, in questi termini, il problema è mal
posto. Non è questione di etichette, o almeno non è questa la
questione principale. Quel che a noi pare
assodato è che da questo insieme di persone, di sensibilità, di
esperienze che noi definiamo convenzionalmente area
libertaria (ma che in realtà non esiste coscientemente
in quanto tale) viene una poderosa conferma dell'attualità o della
vitalità della proposta anarchica, in tutta la pluralistica
ricchezza delle sue sfaccettature. Terreni come quello
dell'antimilitarismo e dell'impegno pacifista, dell'ecologia, della
pedagogia libertaria, della valorizzazione delle sperimentazioni
concrete di forme di vita/convivenza/lavoro "alternative",
battaglie come quelle per i diritti umani, per l'affermazione dei
diritti delle minoranze oppresse ed emarginate, contro la quotidiana
discriminazione degli handicappati, per la difesa delle culture
non-integrate nel sistema dominante: tutto ciò, ed altro ancora, ci
appartiene in quanto anarchici. Non è nostro patrimonio esclusivo
(figuriamoci!), ma è certo anche nostro. E non da oggi. A quest'area
libertaria, al suo esprimersi in cento modi ed in cento
situazioni diverse (dalle marce antinucleari all'obiezione di
coscienza, dalle comuni sull'Appennino alle occupazioni di case o di
terre incolte, dalla lotta per gli "spazi autogestiti" alle
iniziative indipendenti di radio/giornali/fanzine/ecc.) noi di "A"
guardiamo con particolare attenzione. Non siamo - ci pare
superfluo chiarirlo - alla ricerca di quello che una volta si sarebbe
definito "l'interlocutore privilegiato", il surrogato del
mitico proletariato e del (meno mitico) proletariato giovanile. Né
tantomeno cerchiamo aree, persone, situazioni da strumentalizzare.
Lasciamo questa pratica ai vari radicali, demoproletari, ai soliti
politici/politicanti di turno, a chi insomma si colloca,
indipendentemente dall'eccentricità degli atteggiamenti esteriori,
nella vecchia logica del potere, della sua conquista, dell'entrata
(magari solo "limitata" e "temporanea") nelle
istituzioni, e via discorrendo. Tra questi sostenitori dell'entrata
nelle istituzioni ci sono anche molti esponenti verdi, convinti -
come ha recentemente sostenuto Alexander Langer - che agli eletti
verdi alle prossime elezioni del 12 maggio spetti un compito di
cerniera tra il "movimento" e le istituzioni.
Basta con la
vecchia musica
È la solita
vecchia musica della delega, della rappresentanza, della
legittimazione del sistema gerarchico. Noi ci muoviamo su direttrici
diametralmente opposte, proprio perché siamo convinti che sia
necessaria la massima coerenza possibile tra il dire e il fare. Non
si può parlare ad ogni piè sospinto di "superamento" delle
vecchie forme del fare politica, e poi riproporre metodi di
aggregazione e di lotta accentratori e autoritari. Non è serio
teorizzare una società "aperta"/orizzontale/decentrata/ecc.
e poi riproporre di realizzarla passando attraverso i luoghi e i
valori della società gerarchica. A meno che il "verde" non
sia solo il nuovo colore con il quale riverniciare la facciata, per
rendere meno ripugnante la vecchia casa, per convincere la gente a
restarvi, per permettere in definitiva ai padroni di continuare a
restare tali. Certo per qualcuno
sarà cosi: la politica del potere è una bestia dura a morire. Ma
per molti l'esigenza di cambiare è troppo forte, sincera e profonda
per arrestarsi sulla soglia delle istituzioni. Per tutte queste
persone che non accettano più di "immaginare" la propria
vita irrimediabilmente limitata nell'ambito istituzionale, "A"
vuole sempre più essere strumento per conoscere, riflettere,
comunicare. Una voce libertaria aperta alle mille voci della libertà.
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