Rivista Anarchica Online
Noi verdi, noi
anarchici
di Murray Bookchin
Impossibilitato
ad intervenire personalmente al Convegno internazionale organizzato
dai verdi a Pescara, dal 19 al 21 settembre, l'anarchico americano
Murray Bookchin "padre" dell'ecologia sociale, ha fatto
pervenire una videocassetta, con l'intervento che qui riproduciamo.
Oggi il nostro
rapporto con il mondo naturale sta attraversando una fase critica che
non ha precedenti nella storia della specie umana. Recenti studi
sull'"effetto serra", condotti negli Stati Uniti, dimostrano
che dobbiamo trovare subito il modo di far diminuire la percentuale
di monossido di carbonio presente nell'atmosfera. In caso contrario
non si verificheranno soltanto gravi mutamenti climatici: la
sopravvivenza stessa della nostra specie sarà messa a repentaglio. Non è soltanto un
problema di inquinamento, dei veleni di cui ci cibiamo. L'alterazione
di grandi cicli geo-chimici potrebbe porre fine alla vita umana su
questo pianeta. Per quanto mi riguarda, sono consapevole della
necessità di agire subito per arrestare i processi che stanno
danneggiando il pianeta. Sono del tutto solidale con molti
ambientalisti e negli ultimi 30 anni sono stato impegnato quasi
quotidianamente in attività per la difesa dell'ambiente: contro le
centrali nucleari, la costruzione di nuove strade, la distruzione del
suolo e l'uso massiccio di pesticidi e biocidi, per promuovere il
riciclaggio e per una crescita qualitativa, non solo quantitativa. Questi problemi
ambientali mi hanno preoccupato per decenni, così come mi
preoccupano oggi. Sono d'accordo con voi sulla necessità di bloccare
i reattori nucleari e di mettere fine all'inquinamento
dell'atmosfera, dei terreni agricoli, delle colture; insomma, di
liberarci dai veleni che si stanno diffondendo su tutto il pianeta e
che mettono a repentaglio la sopravvivenza della nostra specie. Condivido tutto
questo, ma vorrei che ci spingessimo anziché più in là; anzi,
ritengo che sia essenziale spingersi sempre più avanti, perché non
possiamo continuare a mettere una pezza qua e una là. Magari una
volta riusciamo a far chiudere un impianto che inquina l'atmosfera,
ma in cambio che cosa ci ritroviamo? Una centrale nucleare! Viviamo
in un mondo basato sugli scambi, sulle contropartite, e ci
comportiamo di conseguenza. Ma in definitiva, passando da un male
all'altro, da un male maggiore a un male minore, otteniamo il
risultato peggiore. Non è soltanto una questione di impianti per la
produzione di energia, per quanto importanti essi siano; e neanche di
automobili, per quanto rilevante sia il problema degli scarichi
inquinanti; e neppure dei danni che provochiamo all'agricoltura e del
congestionamento e dell'inquinamento dei centri urbani. Il problema è un
altro: stiamo semplificando il pianeta. Stiamo disgregando gli
eco-sistemi che si sono formati in miliardi di anni. Stiamo
distruggendo le catene alimentari. Stiamo spezzando i legami naturali
e riportando l'orologio evolutivo indietro di milioni, forse di
miliardi di anni, al tempo in cui il mondo era molto più semplice e
non ancora in grado di sostenere la vita umana.
Una visione del
mondo più coerente
Ma non si tratta
soltanto di tecnologia, anche se il controllo tecnologico è
importantissimo. Certo, abbiamo bisogno di una tecnologia nuova.
Abbiamo bisogno di una tecnologia fondata sull'energia solare ed
eolica, e abbiamo bisogno di nuove forme di agricoltura. Non c'è
dubbio su questo, siamo tutti d'accordo. Ma ci sono problemi di fondo
assai più gravi di quelli creati dalla tecnologia e dallo sviluppo
moderni. Dobbiamo andare
alle radici stesse dello sviluppo. E prima di tutto dobbiamo risalire
alle origini di un'economia fondata sul concetto di crescita -
l'economia di mercato, un'economia che promuove la competizione e non
la cooperazione, che si basa sullo sfruttamento e non sul vivere in
armonia. E quando dico vivere in armonia, intendo non soltanto con la
natura, ma con la gente. Dobbiamo tendere verso una nuova società
ecologica, che cambi da cima a fondo, o almeno trasformi
radicalmente, i nostri rapporti più basilari. Finché vivremo in un
regime economico fondato sulla centralizzazione e finché vivremo in
una società tesa alla conquista e alla sopraffazione, fondata sulla
gerarchia e sulla dominazione, non faremo altro che aggravare il
problema ecologico, indipendentemente dalle concessioni che
riusciremo a ottenere. Ad esempio, in California ci hanno concesso
qualche acro di sequoia, poi hanno abbattuto un'intera foresta. In
Europa stanno facendo la stessa cosa. Promettono di far cessare o di
ridurre le piogge acide, e le piogge acide continuano. S'impegnano a
mettere in commercio alimenti naturali, meno inquinati dai pesticidi,
e in effetti la percentuale di veleno diminuisce, ma quel poco che
resta è costituito da pesticidi sempre più micidiali. Il nostro problema
non è soltanto quello di migliorare l'ambiente, o di bloccare le
centrali nucleari, di impedire la costruzione di nuove strade,
l'espansione e il sovraffollamento delle città, l'inquinamento
dell'aria, dell'acqua e degli alimenti. La questione che dobbiamo
affrontare è più profonda, basilare. Dobbiamo arrivare a
una visione del mondo più coerente. Non dobbiamo pensare a
proteggere gli uccelli dimenticandoci delle centrali nucleari, e
neppure lottare contro le centrali nucleari trascurando gli uccelli e
l'agricoltura. Dobbiamo arrivare a comprendere i meccanismi sociali e
dobbiamo farlo in modo coerente. Dobbiamo inquadrarli in una visione
del mondo coerente, logica, che prevede a lungo termine una
trasformazione radicale della società e della nostra sensibilità.
Finché questa trasformazione non si verificherà, otterremo vantaggi
di poco conto. Vinceremo qualche battaglia, ma perderemo la guerra;
miglioreremo qualcosa, ma non otterremo una vera vittoria. Oggi, nel momento
culminante di una crisi ambientale che minaccia la nostra stessa
sopravvivenza, dobbiamo perseguire l'obiettivo di una trasformazione
radicale fondata su una visione coerente, che tenga conto di tutti i
problemi. Le cause della crisi devono risultare logiche e chiare, in
modo che tutti - noi compresi - le possano capire. In altre parole,
tutti i problemi ecologici e ambientali sono problemi sociali;
problemi sociali che riguardano fondamentalmente una mentalità e un
sistema di rapporti sociali basati sulla dominazione e, a monte di
questa, sulla gerarchia. Questi sono i problemi che ci pone oggi la
massiccia diffusione della tecnologia.
Nessun dono
dallo stato
Che cosa devono
fare, allora, i Verdi? Innanzitutto dobbiamo chiarirci le idee.
Dobbiamo evidenziare il rapporto esistente tra i problemi ecologici e
i problemi sociali. Dobbiamo dimostrare che una società fondata
sull'economia di mercato, sullo sfruttamento delle cosiddette risorse
naturali e sulla competizione finirà per distruggere il pianeta.
Dobbiamo fare tutto il possibile perché la gente capisca che, se
vogliamo risolvere in modo definitivo il problema dei nostri rapporti
con la natura, dobbiamo occuparci dei rapporti sociali. Ma la gente
deve capire anche che tutto ciò deve fondersi in una visione del
mondo coerente, in una visione basata su un'analisi profonda
dell'attuale sistema di mercato; e non soltanto su un'analisi e su
una critica, ma anche su soluzioni: soluzioni a livello politico,
personale, storico. Ciò significa dare di nuovo forza al popolo. Dobbiamo creare una
cultura politica con una visione libertaria, e non limitarci a un
progetto da dare in esecuzione allo stato. Dobbiamo creare una
cultura politica che consenta alla gente di partecipare liberandosi
autonomamente da questo tipo di economia, di società e di
sensibilità. Nel movimento
femminista si comincia a discutere della dominazione tra uomini e
donne tirando in ballo la struttura stessa della famiglia. Nei
movimenti comunitari si parla di "misura d'uomo", di
"rafforzare i quartieri", le comunità, le regioni. Questi sono i
problemi più importanti di cui si discute negli Stati Uniti. Quanto
alla tecnologia, non dobbiamo preoccuparci soltanto che sia più
efficiente e rinnovabile; dobbiamo tendere ad una tecnologia
creativa, che non soltanto renda il lavoro più creativo, ma che
contribuisca a migliorare il mondo naturale nel momento stesso in cui
migliora il modo e la qualità della nostra vita. Ma tutto ciò non
può venirci dall'alto. Non può essere un dono dello stato. Non può
tradursi in una legge attuata da un parlamento. Deve essere il frutto
di una cultura popolare, di una cultura politica ed ecologica diffusa
tra il popolo. Perciò non dobbiamo elaborare soltanto strategie per
cambiare la società tramite varie organizzazioni. Dobbiamo elaborare
strategie anarchiche che consentano al popolo, alla gente, di
partecipare al processo di trasformazione sociale, perché se non
sarà la gente a cambiare la società, non vi sarà alcun reale
mutamento. Quando parliamo di
ecologia parliamo di partecipazione al mondo naturale. Diciamo che
noi, in quanto esseri umani, condividiamo la sfera della vita con
tutti gli esseri viventi, e in essa cerchiamo di instaurare un
sistema di rapporti che ci renda partecipi dell'ecosistema, non suoi
dominatori o sfruttatori. Ma io vi chiedo, amici miei: se vogliamo
essere "verdi" e vogliamo "rinverdire il pianeta",
come possiamo farlo senza "rinverdire" anche la società? E se
vogliamo "rinverdire" la società, come possiamo pensare a una
partecipazione al mondo naturale che non presupponga la
partecipazione popolare alla vita sociale? Se volessimo
soltanto conquistare il potere e cambiare la società, falliremmo, ve
lo garantisco. Non solo: molto probabilmente alcuni di noi, per
quanto bene intenzionati e in buona fede, finirebbero per essere
condizionati emotivamente e psicologicamente dal potere. È accaduto
ad alcuni dei miei migliori amici tra i verdi tedeschi, bene
intenzionati e in buona fede, che si sono ritrovati in parlamento a
cercare di formare coalizioni, a patteggiare e a cercare di usare il
potere dall'alto. In qualche modo sono diventati a loro volta leader
spirituali aspiranti al potere. Ora ragionano in termini di male
minore, sempre di male minore, di un male sempre minore, che alla
fine li conduce al peggiore tra i mali. Questo è ciò che la storia
ci insegna da sempre.
Profondo verde
Sarebbe ora che noi
- i Verdi -, proponessimo una visione libertaria, una visione
anarchica che porti la gente verso un Movimento Verde nel quale si
possa essere realmente un movimento verde nel senso più profondo del
termine. Un movimento nel quale non ci si limiti a portare avanti un
progetto verde coerente, che unifichi tutti i problemi in un
programma e in un'analisi comuni, ma un movimento del quale la gente
sia in definitiva la principale protagonista. Dovremmo instaurare,
insomma, una società libertaria ed eco-libertaria. Questo è ciò
che ci hanno insegnato le esperienze tedesche e statunitensi. Anche
qui, negli Stati Uniti, alcuni movimenti hanno cercato di perseguire
obiettivi verdi agendo dall'alto attraverso le leggi, e hanno dovuto
sempre cedere, abbandonare una posizione dopo l'altra. Con questo non
voglio dire che non dobbiamo impegnarci per attuare cambiamenti che
possano ritardare o bloccare la disgregazione della società attuale
e del mondo naturale. So bene che non abbiamo molto tempo a
disposizione. I problemi sono reali. Riguarderanno anche le prossime
due generazioni, e chissà che le prossime due generazioni non siano
quelle decisive per ciò che concerne la sopravvivenza della nostra
specie e la conservazione del nostro habitat e del nostro pianeta.
Tuttavia, se non saremo capaci di dare alla gente un'immagine
unitaria, una visione pratica ed etica al tempo stesso, che risponda
alla loro sensibilità, allora sapete chi si impadronirà del
problema? La destra, i reazionari. Oggi in America la
destra si qualifica come "maggioranza morale". Dice: "Ridiamo
significato alla vita. Ridiamo significato ai rapporti umani". E
purtroppo quel che resta della sinistra non fa altro che cianciare di
progresso, di centralizzazione e di tutte le solite cose che il
socialismo ci ha propinato da 150 anni a questa parte. Innanzitutto
dobbiamo riconquistare quel terreno sul quale la gente va in cerca di
verità, e non soltanto di sopravvivenza; di un modo di vita fondato
sulla qualità e non soltanto sulla quantità. E dobbiamo avere un
messaggio coerente da porgere; soprattutto un messaggio che si
rivolga alla base della società, che la renda partecipe, che insegni
che cosa vuol dire essere cittadini e partecipare, decidere
autonomamente. In altre parole, dobbiamo elaborare una nuova
politica; una politica verde che rimpiazzi la vecchia politica
autoritaria e centralista, fondata sulle strutture dei partiti e
sulla burocrazia. Questa è la lezione più importante che dobbiamo
imparare. Se non ci riusciremo, i movimenti verdi saranno assorbiti a
poco a poco dai vecchi movimenti tradizionali. L'obiettivo
principale svanirà dinanzi agli obiettivi a breve termine. I
compromessi sui mali minori ci porteranno a mali ancora peggiori. La
gente dirà: "Che cos'è, la solita vecchia politica?"; "Che
cos'è ancora, sempre la solita burocrazia?"; "Che cos'è, il
solito vecchio parlamentarismo che abbiamo sempre avuto? Perché
dovrei votare verde? Perché dovrei sostenere i Verdi? Perché non
dovrei continuare a dare il mio appoggio alla CDU o al partito
comunista o a un altro partito qualsiasi, che garantisca risultati
immediati, soddisfazioni immediate?". La nostra
responsabilità di Verdi in Europa come in America, in Germania come
in altre parti del mondo, e soprattutto in Italia, visto che state
cominciando ora, è di trarre insegnamento da ciò che è accaduto
negli ultimi 5 o 10 anni. Dobbiamo renderci
conto che bisogna sostituire la vecchia politica tradizionale dei
partiti con una politica verde; che bisogna impegnarsi a livello di
base nelle proprie comunità; che bisogna elaborare analisi che
vadano oltre il puro ambientalismo e oltre i problemi anche
importanti in cui ci imbattiamo quotidianamente (i pesticidi,
l'energia nucleare, Chernobyl). Dobbiamo convincerci che questa
società non è soltanto dura e insensibile, ma che la sua stessa
legge di vita prevede la distruzione del pianeta e delle basi per la
sopravvivenza della specie umana. Dobbiamo proporre queste nuove
alternative, queste nuove istituzioni fondate su una democrazia
locale, sulla partecipazione locale che può costituire un nuovo
potere contro lo stato centralizzato; che può costituire altresì un
nuovo sistema di rapporti sociali, nel quale un numero sempre
maggiore di persone prenda parte attiva in un politica realmente
libertaria, invece che nella corrotta e già rifiutata politica di
partito, che rende le persone ciniche, indifferenti, sempre più
chiuse nella propria sfera privata.
Un momento di
transizione
Consentitemi di
concludere con un ultima, importate considerazione. Non stiamo
lottando soltanto per migliorare i nostri rapporti umani. Come il
sistema di mercato, anche il sistema capitalista continua a
semplificare non soltanto l'opera complessa di milioni di anni, ma
anche lo spirito umano. Sta modificando lo spirito stesso
dell'umanità, sta privandolo della complessità e della pienezza che
contribuiscono a formare le personalità creative. Perciò la nostra
nuova politica non deve porsi soltanto l'obiettivo di salvare il
pianeta e di creare una società verde, ecologica, a carattere
libertario e un'alternativa politica a livello di base. C'è anche un'altra
posta in gioco: se non si porrà fine alla semplificazione del
pianeta, della comunità e della società, riusciranno a semplificare
lo spirito umano a tal punto (con spazzatura tipo "Dallas" e
"Dynasty" e gli altri programmi televisivi), che verrà meno
anche lo spirito di ribellione, l'unico in grado di promuovere un
mutamento sociale e il "rinverdimento" del pianeta. Oggi viviamo in un
momento di transizione, non solo da una società a un'altra, ma da
una personalità a un'altra. Grazie!
(trascrizione
di Alison Leitch, traduzione di Michele Buzzi)
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