Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 141
novembre 1986


Rivista Anarchica Online

Noi verdi, noi anarchici
di Murray Bookchin

Impossibilitato ad intervenire personalmente al Convegno internazionale organizzato dai verdi a Pescara, dal 19 al 21 settembre, l'anarchico americano Murray Bookchin "padre" dell'ecologia sociale, ha fatto pervenire una videocassetta, con l'intervento che qui riproduciamo.

Oggi il nostro rapporto con il mondo naturale sta attraversando una fase critica che non ha precedenti nella storia della specie umana. Recenti studi sull'"effetto serra", condotti negli Stati Uniti, dimostrano che dobbiamo trovare subito il modo di far diminuire la percentuale di monossido di carbonio presente nell'atmosfera. In caso contrario non si verificheranno soltanto gravi mutamenti climatici: la sopravvivenza stessa della nostra specie sarà messa a repentaglio.
Non è soltanto un problema di inquinamento, dei veleni di cui ci cibiamo. L'alterazione di grandi cicli geo-chimici potrebbe porre fine alla vita umana su questo pianeta. Per quanto mi riguarda, sono consapevole della necessità di agire subito per arrestare i processi che stanno danneggiando il pianeta. Sono del tutto solidale con molti ambientalisti e negli ultimi 30 anni sono stato impegnato quasi quotidianamente in attività per la difesa dell'ambiente: contro le centrali nucleari, la costruzione di nuove strade, la distruzione del suolo e l'uso massiccio di pesticidi e biocidi, per promuovere il riciclaggio e per una crescita qualitativa, non solo quantitativa.
Questi problemi ambientali mi hanno preoccupato per decenni, così come mi preoccupano oggi. Sono d'accordo con voi sulla necessità di bloccare i reattori nucleari e di mettere fine all'inquinamento dell'atmosfera, dei terreni agricoli, delle colture; insomma, di liberarci dai veleni che si stanno diffondendo su tutto il pianeta e che mettono a repentaglio la sopravvivenza della nostra specie.
Condivido tutto questo, ma vorrei che ci spingessimo anziché più in là; anzi, ritengo che sia essenziale spingersi sempre più avanti, perché non possiamo continuare a mettere una pezza qua e una là. Magari una volta riusciamo a far chiudere un impianto che inquina l'atmosfera, ma in cambio che cosa ci ritroviamo? Una centrale nucleare! Viviamo in un mondo basato sugli scambi, sulle contropartite, e ci comportiamo di conseguenza. Ma in definitiva, passando da un male all'altro, da un male maggiore a un male minore, otteniamo il risultato peggiore. Non è soltanto una questione di impianti per la produzione di energia, per quanto importanti essi siano; e neanche di automobili, per quanto rilevante sia il problema degli scarichi inquinanti; e neppure dei danni che provochiamo all'agricoltura e del congestionamento e dell'inquinamento dei centri urbani.
Il problema è un altro: stiamo semplificando il pianeta. Stiamo disgregando gli eco-sistemi che si sono formati in miliardi di anni. Stiamo distruggendo le catene alimentari. Stiamo spezzando i legami naturali e riportando l'orologio evolutivo indietro di milioni, forse di miliardi di anni, al tempo in cui il mondo era molto più semplice e non ancora in grado di sostenere la vita umana.

Una visione del mondo più coerente
Ma non si tratta soltanto di tecnologia, anche se il controllo tecnologico è importantissimo. Certo, abbiamo bisogno di una tecnologia nuova. Abbiamo bisogno di una tecnologia fondata sull'energia solare ed eolica, e abbiamo bisogno di nuove forme di agricoltura. Non c'è dubbio su questo, siamo tutti d'accordo. Ma ci sono problemi di fondo assai più gravi di quelli creati dalla tecnologia e dallo sviluppo moderni.
Dobbiamo andare alle radici stesse dello sviluppo. E prima di tutto dobbiamo risalire alle origini di un'economia fondata sul concetto di crescita - l'economia di mercato, un'economia che promuove la competizione e non la cooperazione, che si basa sullo sfruttamento e non sul vivere in armonia. E quando dico vivere in armonia, intendo non soltanto con la natura, ma con la gente. Dobbiamo tendere verso una nuova società ecologica, che cambi da cima a fondo, o almeno trasformi radicalmente, i nostri rapporti più basilari. Finché vivremo in un regime economico fondato sulla centralizzazione e finché vivremo in una società tesa alla conquista e alla sopraffazione, fondata sulla gerarchia e sulla dominazione, non faremo altro che aggravare il problema ecologico, indipendentemente dalle concessioni che riusciremo a ottenere. Ad esempio, in California ci hanno concesso qualche acro di sequoia, poi hanno abbattuto un'intera foresta. In Europa stanno facendo la stessa cosa. Promettono di far cessare o di ridurre le piogge acide, e le piogge acide continuano. S'impegnano a mettere in commercio alimenti naturali, meno inquinati dai pesticidi, e in effetti la percentuale di veleno diminuisce, ma quel poco che resta è costituito da pesticidi sempre più micidiali.
Il nostro problema non è soltanto quello di migliorare l'ambiente, o di bloccare le centrali nucleari, di impedire la costruzione di nuove strade, l'espansione e il sovraffollamento delle città, l'inquinamento dell'aria, dell'acqua e degli alimenti. La questione che dobbiamo affrontare è più profonda, basilare.
Dobbiamo arrivare a una visione del mondo più coerente. Non dobbiamo pensare a proteggere gli uccelli dimenticandoci delle centrali nucleari, e neppure lottare contro le centrali nucleari trascurando gli uccelli e l'agricoltura. Dobbiamo arrivare a comprendere i meccanismi sociali e dobbiamo farlo in modo coerente. Dobbiamo inquadrarli in una visione del mondo coerente, logica, che prevede a lungo termine una trasformazione radicale della società e della nostra sensibilità. Finché questa trasformazione non si verificherà, otterremo vantaggi di poco conto. Vinceremo qualche battaglia, ma perderemo la guerra; miglioreremo qualcosa, ma non otterremo una vera vittoria.
Oggi, nel momento culminante di una crisi ambientale che minaccia la nostra stessa sopravvivenza, dobbiamo perseguire l'obiettivo di una trasformazione radicale fondata su una visione coerente, che tenga conto di tutti i problemi. Le cause della crisi devono risultare logiche e chiare, in modo che tutti - noi compresi - le possano capire. In altre parole, tutti i problemi ecologici e ambientali sono problemi sociali; problemi sociali che riguardano fondamentalmente una mentalità e un sistema di rapporti sociali basati sulla dominazione e, a monte di questa, sulla gerarchia. Questi sono i problemi che ci pone oggi la massiccia diffusione della tecnologia.

Nessun dono dallo stato
Che cosa devono fare, allora, i Verdi? Innanzitutto dobbiamo chiarirci le idee. Dobbiamo evidenziare il rapporto esistente tra i problemi ecologici e i problemi sociali. Dobbiamo dimostrare che una società fondata sull'economia di mercato, sullo sfruttamento delle cosiddette risorse naturali e sulla competizione finirà per distruggere il pianeta. Dobbiamo fare tutto il possibile perché la gente capisca che, se vogliamo risolvere in modo definitivo il problema dei nostri rapporti con la natura, dobbiamo occuparci dei rapporti sociali. Ma la gente deve capire anche che tutto ciò deve fondersi in una visione del mondo coerente, in una visione basata su un'analisi profonda dell'attuale sistema di mercato; e non soltanto su un'analisi e su una critica, ma anche su soluzioni: soluzioni a livello politico, personale, storico. Ciò significa dare di nuovo forza al popolo.
Dobbiamo creare una cultura politica con una visione libertaria, e non limitarci a un progetto da dare in esecuzione allo stato. Dobbiamo creare una cultura politica che consenta alla gente di partecipare liberandosi autonomamente da questo tipo di economia, di società e di sensibilità.
Nel movimento femminista si comincia a discutere della dominazione tra uomini e donne tirando in ballo la struttura stessa della famiglia. Nei movimenti comunitari si parla di "misura d'uomo", di "rafforzare i quartieri", le comunità, le regioni. Questi sono i problemi più importanti di cui si discute negli Stati Uniti. Quanto alla tecnologia, non dobbiamo preoccuparci soltanto che sia più efficiente e rinnovabile; dobbiamo tendere ad una tecnologia creativa, che non soltanto renda il lavoro più creativo, ma che contribuisca a migliorare il mondo naturale nel momento stesso in cui migliora il modo e la qualità della nostra vita.
Ma tutto ciò non può venirci dall'alto. Non può essere un dono dello stato. Non può tradursi in una legge attuata da un parlamento. Deve essere il frutto di una cultura popolare, di una cultura politica ed ecologica diffusa tra il popolo. Perciò non dobbiamo elaborare soltanto strategie per cambiare la società tramite varie organizzazioni. Dobbiamo elaborare strategie anarchiche che consentano al popolo, alla gente, di partecipare al processo di trasformazione sociale, perché se non sarà la gente a cambiare la società, non vi sarà alcun reale mutamento.
Quando parliamo di ecologia parliamo di partecipazione al mondo naturale. Diciamo che noi, in quanto esseri umani, condividiamo la sfera della vita con tutti gli esseri viventi, e in essa cerchiamo di instaurare un sistema di rapporti che ci renda partecipi dell'ecosistema, non suoi dominatori o sfruttatori. Ma io vi chiedo, amici miei: se vogliamo essere "verdi" e vogliamo "rinverdire il pianeta", come possiamo farlo senza "rinverdire" anche la società? E se vogliamo "rinverdire" la società, come possiamo pensare a una partecipazione al mondo naturale che non presupponga la partecipazione popolare alla vita sociale?
Se volessimo soltanto conquistare il potere e cambiare la società, falliremmo, ve lo garantisco. Non solo: molto probabilmente alcuni di noi, per quanto bene intenzionati e in buona fede, finirebbero per essere condizionati emotivamente e psicologicamente dal potere. È accaduto ad alcuni dei miei migliori amici tra i verdi tedeschi, bene intenzionati e in buona fede, che si sono ritrovati in parlamento a cercare di formare coalizioni, a patteggiare e a cercare di usare il potere dall'alto. In qualche modo sono diventati a loro volta leader spirituali aspiranti al potere. Ora ragionano in termini di male minore, sempre di male minore, di un male sempre minore, che alla fine li conduce al peggiore tra i mali. Questo è ciò che la storia ci insegna da sempre.

Profondo verde
Sarebbe ora che noi - i Verdi -, proponessimo una visione libertaria, una visione anarchica che porti la gente verso un Movimento Verde nel quale si possa essere realmente un movimento verde nel senso più profondo del termine. Un movimento nel quale non ci si limiti a portare avanti un progetto verde coerente, che unifichi tutti i problemi in un programma e in un'analisi comuni, ma un movimento del quale la gente sia in definitiva la principale protagonista. Dovremmo instaurare, insomma, una società libertaria ed eco-libertaria. Questo è ciò che ci hanno insegnato le esperienze tedesche e statunitensi. Anche qui, negli Stati Uniti, alcuni movimenti hanno cercato di perseguire obiettivi verdi agendo dall'alto attraverso le leggi, e hanno dovuto sempre cedere, abbandonare una posizione dopo l'altra.
Con questo non voglio dire che non dobbiamo impegnarci per attuare cambiamenti che possano ritardare o bloccare la disgregazione della società attuale e del mondo naturale. So bene che non abbiamo molto tempo a disposizione. I problemi sono reali. Riguarderanno anche le prossime due generazioni, e chissà che le prossime due generazioni non siano quelle decisive per ciò che concerne la sopravvivenza della nostra specie e la conservazione del nostro habitat e del nostro pianeta. Tuttavia, se non saremo capaci di dare alla gente un'immagine unitaria, una visione pratica ed etica al tempo stesso, che risponda alla loro sensibilità, allora sapete chi si impadronirà del problema? La destra, i reazionari.
Oggi in America la destra si qualifica come "maggioranza morale". Dice: "Ridiamo significato alla vita. Ridiamo significato ai rapporti umani". E purtroppo quel che resta della sinistra non fa altro che cianciare di progresso, di centralizzazione e di tutte le solite cose che il socialismo ci ha propinato da 150 anni a questa parte. Innanzitutto dobbiamo riconquistare quel terreno sul quale la gente va in cerca di verità, e non soltanto di sopravvivenza; di un modo di vita fondato sulla qualità e non soltanto sulla quantità. E dobbiamo avere un messaggio coerente da porgere; soprattutto un messaggio che si rivolga alla base della società, che la renda partecipe, che insegni che cosa vuol dire essere cittadini e partecipare, decidere autonomamente. In altre parole, dobbiamo elaborare una nuova politica; una politica verde che rimpiazzi la vecchia politica autoritaria e centralista, fondata sulle strutture dei partiti e sulla burocrazia. Questa è la lezione più importante che dobbiamo imparare. Se non ci riusciremo, i movimenti verdi saranno assorbiti a poco a poco dai vecchi movimenti tradizionali.
L'obiettivo principale svanirà dinanzi agli obiettivi a breve termine. I compromessi sui mali minori ci porteranno a mali ancora peggiori. La gente dirà: "Che cos'è, la solita vecchia politica?"; "Che cos'è ancora, sempre la solita burocrazia?"; "Che cos'è, il solito vecchio parlamentarismo che abbiamo sempre avuto? Perché dovrei votare verde? Perché dovrei sostenere i Verdi? Perché non dovrei continuare a dare il mio appoggio alla CDU o al partito comunista o a un altro partito qualsiasi, che garantisca risultati immediati, soddisfazioni immediate?".
La nostra responsabilità di Verdi in Europa come in America, in Germania come in altre parti del mondo, e soprattutto in Italia, visto che state cominciando ora, è di trarre insegnamento da ciò che è accaduto negli ultimi 5 o 10 anni.
Dobbiamo renderci conto che bisogna sostituire la vecchia politica tradizionale dei partiti con una politica verde; che bisogna impegnarsi a livello di base nelle proprie comunità; che bisogna elaborare analisi che vadano oltre il puro ambientalismo e oltre i problemi anche importanti in cui ci imbattiamo quotidianamente (i pesticidi, l'energia nucleare, Chernobyl). Dobbiamo convincerci che questa società non è soltanto dura e insensibile, ma che la sua stessa legge di vita prevede la distruzione del pianeta e delle basi per la sopravvivenza della specie umana. Dobbiamo proporre queste nuove alternative, queste nuove istituzioni fondate su una democrazia locale, sulla partecipazione locale che può costituire un nuovo potere contro lo stato centralizzato; che può costituire altresì un nuovo sistema di rapporti sociali, nel quale un numero sempre maggiore di persone prenda parte attiva in un politica realmente libertaria, invece che nella corrotta e già rifiutata politica di partito, che rende le persone ciniche, indifferenti, sempre più chiuse nella propria sfera privata.

Un momento di transizione
Consentitemi di concludere con un ultima, importate considerazione. Non stiamo lottando soltanto per migliorare i nostri rapporti umani. Come il sistema di mercato, anche il sistema capitalista continua a semplificare non soltanto l'opera complessa di milioni di anni, ma anche lo spirito umano. Sta modificando lo spirito stesso dell'umanità, sta privandolo della complessità e della pienezza che contribuiscono a formare le personalità creative. Perciò la nostra nuova politica non deve porsi soltanto l'obiettivo di salvare il pianeta e di creare una società verde, ecologica, a carattere libertario e un'alternativa politica a livello di base.
C'è anche un'altra posta in gioco: se non si porrà fine alla semplificazione del pianeta, della comunità e della società, riusciranno a semplificare lo spirito umano a tal punto (con spazzatura tipo "Dallas" e "Dynasty" e gli altri programmi televisivi), che verrà meno anche lo spirito di ribellione, l'unico in grado di promuovere un mutamento sociale e il "rinverdimento" del pianeta.
Oggi viviamo in un momento di transizione, non solo da una società a un'altra, ma da una personalità a un'altra. Grazie!

(trascrizione di Alison Leitch, traduzione di Michele Buzzi)