Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 16 nr. 141
novembre 1986


Rivista Anarchica Online

Non solo natura
di Carla Atlante

Anche affrontando la questione della necessaria convivenza tra differenti etnie, è emerso che per molti verdi il problema ecologico ha un esclusivo versante naturalistico, trascurando "l'ecologia dell'uomo". Va invece riaffermato con la massima chiarezza che se rispetto della natura deve esserci, tanto più di rispetto dell'uomo si deve parlare.

A Pescara, al Convegno Internazionale dei Verdi, era stata offerta, finalmente, l'occasione per parlare dell'uomo inteso non solo come parte in causa nel dualismo con la natura, ma come entità culturale ed etnica.
E certo il problema che si proponeva di affrontare il forum "Una questione di identità - Italia plurietnica e cultura della convivenza" non era cosa da poco. Che non lo fosse non lo devono avere pensato in molti, perché, oltre ai due relatori, c'erano solo sei partecipanti.
Mi è subito sorta spontanea una domanda: che, come spesso accade, il problema ecologico abbia, per molti verdi, un aspetto limitatamente "naturalistico", trascurando l'"ecologia dell'uomo"? Non è mia intenzione essere riduttiva. Ma non posso esimermi dal notare, negativamente, come in realtà sia mancata la convinzione che serva sempre una "cultura" a preparare il terreno in cui diffondere i principi ed i presupposti di una diversa società e di una sana riappropriazione di tutti quei valori ed elementi etnici verso i quali, spesso, c'è solo un approccio di "conquista".
Indubbiamente i due relatori hanno evidenziato più di un punto degno di attenzione, ponendo le basi per affrontare in maniera innovatrice il problema delle diverse etnie e dei modi di fare cultura che in ognuna di esse si forma. Tavo Burat è uno studioso che da molti anni si occupa del problema delle minoranze linguistiche del nord-Italia, riferendosi in particolare agli insediamenti alpini. Egli era molto preoccupato per una possibile approvazione della Legge N. 6, - proposta da alcuni rappresentanti di minoranze etniche - che chiede la tutela istituzionale di tali gruppi redigendo una lista ben precisa di "tutelati". La sua presenza al forum si è conclusa con la proposizione di una nuova legge in contrapposizione a quella cui ho accennato sopra.
Arno Teutsch, l'altro relatore, fa parte della lista indipendente di Bolzano ed è quello che, almeno nelle intenzioni, mi è parso avesse maggiormente centrato il tema del forum. È stato anche il solo che ha posto l'accento sul pericolo di ricadere in un "revival folkloristico" della cultura originaria, che altro non è se non un modo di svilire, attraverso i mass-media, le realtà culturali.
Viste le premesse, è stato un vero peccato che tutto il dibattito si sia esaurito in una schematica esposizione di relazioni. Il confronto è mancato ed i temi del forum sono stati sfiorati a malapena. Insomma un gruppo di lavoro che poteva rivelarsi estremamente proficuo si è concluso con un nulla di fatto. Ciò quasi a dimostrazione del fatto che anche gli stessi "esperti" del problema, che pure si erano lamentati dello scarso interesse dei verdi al proposito, in fondo non hanno le idee molto chiare su cosa sia necessario fare e proporre.
Ed è qui che sorgono i problemi, Burat e la sua nuova proposta di legge altro non sono che la via più facile e superficiale di affrontare la tematica della plurietnicità del nostro paese e del resto del mondo. E soprattutto mi pare un modo coercitivo di indurre gli individui a prendere coscienza di un problema. Non si tratta tanto di legiferare il riconoscimento dell'esistenza di diverse culture, quanto piuttosto di far crescere nella gente la convinzione che di "diritto" si tratta e come tale deve inserirsi in un'interazione di rapporti sociali che non devono essere legittimati da un'imposizione "tout-court". Molta gente non sa neppure cosa sia un gruppo etnico, e pensa alla convivenza delle diverse culture come ad un generico "vogliamoci bene", che in realtà si conclude con una inesorabile integrazione.
Una cultura della convivenza dovrebbe fornire gli elementi per far sì che i diversi messaggi ed i bagagli culturali possano interagire tra loro, creando uno scambio di conoscenze e di rapporti; un interscambio che permetta l'affermazione dell'individuo e la consapevolezza che nessuno può essere portatore di un'unica fonte storico-culturale. Essere diversi significa innanzitutto "essere", esistere. Avere coscienza che ciò che ci distingue è anche ciò che ci unisce perché può darci una visione più ampia di quello che abbiamo e di quello che potremmo avere; di ciò che abbiamo sottratto e di ciò che ci è stato sottratto. Ed in tutto questo panorama che fa vergogna in una "civiltà altamente avanzata", i verdi dove si sono messi? Come si sono posti il problema i difensori dell'ambiente, dell'habitat, della natura sopraffatta; gli oppositori di uno sviluppo distruttore delle risorse elementari della vita umana?
Ma fino a che punto servirà e quanto varrà - sul piano dei valori etici ed umani - salvare flora, fauna e un cemento meno brutalizzante, se le sconvenienti "torme" di zingari saranno costrette ad accamparsi ai limiti delle metropoli, senza alcun diritto ai più elementari servizi igienici, "costretti" a sporcare le strade e guardati a vista per quel loro vivere "incivile" e così inquietante?
A cosa saranno valse le crociate ecologiche quando, dalle campagne, i figli di quegli eterni contadini - che tra loro non si sono mai posti il problema della lingua o la vergogna di un"'altra" cultura - entrando nelle "educatrici" scuole dovranno scontare il fio della loro "umile origine" e si sentiranno diversi. Dovranno "inserirsi" senza neanche sapere cosa significa e non riusciranno a capire ed a farsi capire fino in fondo.
Se rispetto della natura deve esserci, tanto più di rispetto dell'uomo si deve parlare. E non tanto nel senso biologico del termine ma in quello di "entità umana" che, nella sua accezione più vasta, va riconosciuta, rivendicata e protetta.