Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 18 nr. 157
estate 1988


Rivista Anarchica Online

Chi la vuole d'élite
di Claudia Santi

"Cobas: verso un progetto scuola" è il tema del convegno-seminario promosso a Roma, l'11-12 giugno, dai Cobas. Ecco l'intervento presentato in quella sede da Claudia Santi, esponente della tendenza libertaria all'interno dei Cobas.

Negli accordi a latere del contratto recentemente siglato, il Governo ha assunto l'impegno di far discutere in Parlamento, entro l'88, un progetto di legge riguardante l'attribuzione a tutti gli Istituti scolastici di ogni ordine grado di personalità giuridica e di autonomia finanziaria, organizzativa, didattica. Siamo alla vigilia quindi di una profonda trasformazione del Sistema Formativo, che verrà ad assumere un nuovo assetto, che non potrà non ri-disegnarne anche le finalità.
Diventa perciò di grande interesse e di indubbia attualità il tema dell'autonomia, tema i cui contorni sono troppo spesso ancora confusi e le cui linee sono ancora riservate a pochi addetti ai lavori.
Bisogna subito dire che il diritto di primogenitura dell'ipotesi del riconoscimento dell'autonomia amministrativa alle singole unità scolastiche, spetta al Sindacato Nazionale Scuola CGIL. Nel V Congresso Nazionale, (Roma, 17-18/10/1985), infatti, fu formulata per la prima volta la proposta di una maggiore possibilità di autogoverno per gli Istituti, in relazione alle esigenze individuate di:
- "contrastare il rigido centralismo", caratteristico del sistema scolastico italiano;
- "combinare (...) standard uguali per tutti" con "flessibilizzazione ed arricchimento degli itinerari formativi";
- garantire "spazi e possibilità effettivi (fondi, competenze, diritto di convenzioni con l'esterno) per svolgere un ruolo attivo nella sollecitazione e nell'utilizzazione di opportunità esterne".
Il tutto inquadrato in una dimensione concorrenziale nei confronti di "un privato più capace, perché più libero, di garantire un rapporto diretto con le esigenze della domanda sociale e le richieste delle famiglie". In sintesi la preoccupazione che emergeva era quella di "rendere la Scuola pubblica qualitativamente competitiva rispetto al mercato; capace di utilizzare lo stesso mercato, senza farsene travolgere".
È significativo che mentre si dedicava tanta attenzione nel definire come rendere la Scuola competitiva rispetto al mercato, si trascurava di indicare quale strategia proporre e quali aggiustamenti prevedere, per evitare che la spietata legge del mercato travolgesse e stravolgesse irrimediabilmente la fisionomia della Scuola, trasformandola, chissà?, in una sorta di agenzia decentrata del lavoro. E nel frattempo la cosiddetta concorrenza, il privato, non perdeva certo tempo.
Si tiene, a distanza circa di un anno da questa uscita pubblica della CGIL, a Mantova, un Convegno dal titolo INNOVAZIONE, FORMAZIONE E SVIUPPO, promosso dalla Confindustria, che vede la partecipazione, tra l'altro, anche di F. Falcucci, G. De Michelis e V. Zanone, allora ministri del Governo Craxi.

La Confindustria propone
Giancarlo Lombardi, presidente della Federtessile e responsabile dell'Ufficio Scuola e Cultura della Confindustria, lancia da quella autorevole tribuna il suo programma, che prevede innanzitutto una battaglia tesa a sconfiggere due pregiudizi nei riguardi della Scuola, molto diffusi e radicati nel mondo degli industriali. Un primo che vede la Scuola pubblica come un Istituto in stato di abbandono, su cui risulta inutile operare qualsiasi tipo di intervento; un secondo, che discende direttamente dal primo, per cui l'industria può risolvere i suoi problemi di formazione della forza lavoro creando, con contributi statali, le proprie scuole. La posizione di Lombardi è viceversa più articolata: afferma la necessità per un'associazione industriale, come insieme di cittadini e come forza sociale, di non considerare estranee a sé le sorti del sistema formativo pubblico; riconosce degli innegabili pregi alla Scuola, accanto alle troppo spesso enfatizzate carenze; rivendica d'altra parte la volontà della Confindustria di intervenire nel dibattito sulla Scuola, esprimendo il proprio punto di vista.
Si può già parlare di una proposta organica, all'interno della quale si individuano alcuni punti di particolare rilievo:
- la necessità di legare la riforma alla concessione agli istituti di una reale autonomia, con conseguente poteri di programmazione e di gestione;
- l'esigenza di un controllo della qualità e di un miglioramento del progetto, il che implica, secondo la confindustria, la valutazione, l'incentivazione, la mobilità degli insegnanti;
- l'auspicio di un innalzamento dell'obbligo, inserendo il biennio obbligatorio "in un quadro organico, in un disegno nuovo e coerente di tutto l'insegnamento secondario".
A favore dell'autonomia si pronuncia anche il Movimento Popolare, che anzi si fa promotore di un disegno di legge di iniziativa popolare dal titolo PROGETTO PER L'INNOVAZIONE SCOLASTICA. In tale contesto l'autonomia, concessa a tutte le scuole, è solo il tassello di un mosaico molto più ampio, teso da una parte ad ottenere la piena equiparazione, in termini di finanziamento, delle scuole non statali a quelle statali; dall'altra a legittimare e ad istituire delle " isole felici dell'istruzione", le quali sole potranno accedere al Piano nazionale di Innovazione (di futura creazione) e per le quali si prevede una totale indipendenza e non più una semplice autonomia.
Fin qui le posizioni assunte dalle forze sociali riguardo al Problema Scuola in generale e alla questione dell'autonomia nello specifico. Ma come naturale, anche le forze politiche sono intervenute in merito. Va ricordata la boutade del socialista C. Martelli, che immaginando un regime di autentica libera concorrenza ipotizzava l'istituzione di "buono scuola" spendibile, a scelta dell'utente, in strutture pubbliche o private.
La proposta del P.C.I., al contrario, si situa in un quadro più complessivo di ridefinizione dell'assetto e dei poteri degli organi di funzionamento del sistema scolastico.
Coinvolte in un ampio movimento di decentramento (che prevede tra l'altro la soppressione dei Provveditorati e la valorizzazione delle strutture periferiche a livello distrettuale), alle unità scolastiche verrebbe attribuita personalità giuridica, con conseguente gestione del patrimonio e degli arredi, e inoltre con facoltà di stringere convenzioni con Enti pubblici e privati. Prevista infine, nell'ambito di una autonomia didattica, la possibilità di intervento sul monte-ore, per adattarlo a nuove richieste di formazione, e la possibilità di attuazione, dietro contratto, di interventi didattici esterni.

L'autonomia secondo Galloni
Ma la definizione più sistematica e l'espressione più formalizzata è senza dubbio contenuta nel Disegno di legge concernente l'Autonomia Scolastica, stilato dal democristiano Galloni, attuale Ministro della Pubblica Istruzione, degno erede del patrimonio di mostruosità normative consegnatogli dalla Falcucci.
Convinto che i problemi si risolvano non già producendo nuove esperienze, bensì assestando ciò che da tempo è noto, il Governo ha fatto suo questo progetto di legge come sorta di panacea, degli annosi mali della Scuola. Ma quali sono gli argomenti "noti" che supportano tale operazione legislativa?
Essendo la Scuola uno di quei pochi temi sui quali tutti si sentono autorizzati a parlare, si può affermare come in generale sia a tutti noto che:
- la Scuola deve collegarsi al mondo del lavoro (ragazzi dell'85);
- deve essere al passo coi tempi (nuove tecnologie);
- deve svincolarsi dalle eccessive pastoie burocratiche, che spesso ne ostacolano la piena esplicazione.
Da questo punto di vista (di cui ci riserviamo di dimostrare la poca o nulla validità) l'autonomia proposta da Galloni, scavalcando la pur urgente riforma delle superiori, dei loro programmi e degli esami di maturità, sembra essere il preludio ad un'autentica rivoluzione copernicana.
Se infatti fino ad ora era stato il mondo del lavoro a ruotare in qualche modo, con piccole o grandi discrepanze, intorno a quello della Scuola, sembra che in un futuro prossimo, sarà la Scuola a trasformarsi in un satellite della produzione, perdendo irrimediabilmente la sua fisionomia, destinata, come verrebbe ad essere, a brillare di luce riflessa. Se ancora non si può parlare di completa privatizzazione, è però innegabile che si aprono larghi spazi ad ingerenze di imprese a capitale pubblico e privato.
Nella preoccupazione di rendere più "variegate (sic) le fonti di finanziamento" si prevede la possibilità di reperire fondi derivanti da "contributi, legati e donazioni da parte di Enti, imprese e singoli privati, eventuali contributi delle famiglie degli alunni, nonché proventi derivanti da convenzioni con terzi".
A costituire il budget dell'unità scolastica concorreranno anche quelli che il testo molto eufemisticamente chiama contributi a carico degli alunni (leggi tasse di iscrizione) che saranno fissate anno per anno e situazione per situazione dal Consiglio di Circolo o di Istituto.
Ulteriore possibilità di iniziativa è data dalla prospettata istituzione di corsi post-secondari "per corrispondere a specifiche esigenze di specializzazione tecnica con particolare riferimento ai settori produttivi presenti nel territorio, anche al fine di favorire il passaggio dalla Scuola al lavoro".
Questi corsi comprenderanno un minimo del 40% dell'orario destinato ad attività pratiche, nelle quali è presumibile rivestirà grande importanza la presenza di esperti del mondo produttivo, chiamati dal Preside ad affiancare docenti disponibili a prestare la loro opera a tal fine, al di fuori dei normali obblighi di servizio. Al personale della Scuola che partecipi alla realizzazione di tali attività, nonché agli esperti esterni, sarà attribuito un compenso commisurato sulla base delle convenzioni stipulate.
Per quanto riguarda la possibilità per gli studenti di accesso a tali corsi, una prima selezione avverrà verosimilmente di fronte all'entità delle tasse che ciascun istituto potrà quantificare in modo autonomo - naturalmente! - e una seconda sarà effettuata sulla base della valutazione del diploma di scuola secondaria superiore.
Nel campo della didattica, l'autonomia si traduce in una certa libertà di modificazione dell'orario. Il Collegio dei Docenti potrà deliberare l'innalzamento ovvero la riduzione delle ore destinate ad insegnamenti curricolari, nonché l'introduzione di altre discipline, "anche (ma non dovrebbe essere solo?) in relazione e per corrispondere alle richieste avanzate dagli studenti".

Pesante rafforzamento
Il Preside, figura ambigua che al momento attuale partecipa della natura del pedagogo e del burocrate, si trasformerà sempre più in manager e potrà predisporre l'utilizzo per chiamata nominale di docenti in servizio presso altri istituti della provincia.
Naturalmente in un disegno di così vasta portata non potevano non essere coinvolti anche gli Organi Collegiali, che leggermente modificati finiscono per inserirsi perfettamente nel meccanismo ipotizzato dal disegno di legge. In particolare escono rafforzati i poteri della Giunta Esecutiva (eletta in seno al Consiglio di Circolo o di Istituto), "appena" ritoccata al suo interno mediante l'espulsione della componente degli studenti ed il ridimensionamento della presenza dei genitori. Naturalmente le imprese sponsor delle varie scuole avranno pieno titolo a partecipare - per ora solo in forma consultiva - alle riunioni della Giunta.
Se poi il fine di tutta l'operazione voleva essere quello di decentrare una decisionalità centralizzata e paralizzante, non meraviglia il pesante rafforzamento dei poteri dei Consigli scolastici provinciali e distrettuali. Meraviglia invece la possibilità riconosciuta a tali organismi di "compiere atti di spettanza, prescindendo dal parere o dalla proposta dell'organo collegiale" "in caso di mancata formulazione (...) entro termini predeterminati dalla legge, dal regolamento o da disposizioni amministrative". E se il Governo sarà, una volta tanto, di parola e farà discutere il progetto di legge entro il 1988 per renderlo esecutivo, in caso di approvazione, nell'A.S. seguente per le superiori, dopo 2 anni per gli altri ordini di scuole, si ravvisa la necessità, per le forze governative, fin dalla presente scadenza contrattuale di introdurre elementi che consentano il trapasso forse un po' traumatico, ma ritenuto necessario, verso questo nuovo tipo di struttura.
Preoccupa la cecità delle organizzazioni sindacali (ma del resto abbiamo visto come si realizzi una strana consonanza su questo punto fra forze politiche e sociali) che non hanno opposto la benché minima resistenza ai provvedimenti di ristrutturazione, ed in futuro di riconversione, avanzati dal governo.
Tre moduli orari per i docenti: tempo potenziato (21 h.); tempo normale (18 h.) e tempo parziale (9 h.), a partire dal '90. In particolare il part-time sembra finalizzato in primo luogo a consentire l'ingresso di quegli esperti, esponenti della realtà produttiva del territorio, previsti dal riassetto della didattica contenuto nel progetto Galloni. L'incentivazione, rifiutata dalla categoria con le lotte di questi due anni, entra alla grande (le 3 h. aggiuntive del tempo potenziato) portandosi dietro il suo corollario della mobilità interna ed esterna dei docenti, verso altri ordini di scuola, altre province e altre amministrazioni.
I suggerimenti della Confindustria sono accolti in pieno anche per quanto riguarda la valutazione della professionalità (ma forse a questo punto sarebbe il caso di parlare direttamente di produttività) del personale insegnante.
È prevista l'accelerazione, mediante concorso, della progressione economica per i docenti che si siano distinti per particolari meriti. Sia ben inteso il Paradiso terrestre dell'8° livello resta riservato al personale dei Conservatori e delle Accademie d'arte, l'Empireo del 9° livello ai direttori didattici e ai presidi.
Il misero docente che accetterà di barattare un avanzamento retributivo con la sottomissione al controllo del suo lavoro, non potrà che aspirare ad un salto di classe stipendiale sempre però restando all'interno del 7° livello.
Su un piano più generale, un filo rosso lega il progetto di Galloni a quello stilato dal suo compagno di partito Tesini, avente per oggetto la riforma del Sistema Universitario.
Se il disegno di legge Covatta-Falcucci, nell'ottica dell'autonomia finanziaria, organizzativa e normativa legittima l'istituzione di Atenei di serie A, accessibili a pochi eletti, e di serie B, per studenti meno abbienti e con titoli di studio dequalificati (vd. Francia ed U.S.A.), il progetto Tesini istituisce la differenziazione degli studenti in categorie professionali. Prevedendo infatti diversi titoli di studi, in parallelo e completamente separati l'uno dall'altro, introduce, anche all'interno della stessa facoltà, una stratificazione in base al diploma raggiunto, cui si legano diverse possibilità di sbocchi per quanto riguarda la futura occupazione.
Se quindi alla Scuola viene demandato il compito di preparare la futura mano d'opera specializzata, all'Università spetta la formazione dei quadri superiori e intermedi, con l'assunzione di tutti gli oneri da parte dello Stato (e quindi delle collettività), in stretta sudditanza però con quanto emerge dalle esigenze della produzione.
Si può a questo punto parlare di un vero e proprio programma di neocolonialismo da parte dell'industria, di bonifica della scuola pubblica, con taglio dei cosiddetti rami secchi e/o improduttivi e con conseguente razionalizzazione-omologazione-omogeneizzazione che garantisca uno standard minimo né troppo dequalificato né eccessivamente specializzato. Si tratta insomma di predisporre una preparazione di base duttile che consenta al manager come all'operaio un facile e rapido adeguamento alle esigenze imperative dell'impresa.
Se questo è vero, è vero anche che la possibilità di autofinanziamento, mediante reperimento di fondi esterni e mediante la riscossione di tasse diversificate da istituto a istituto, prelude a una divaricazione tra Scuole di serie A e di serie B (o anche C, D ecc.), in base alla maggiore o minore disponibilità di mezzi, di attrezzature, di laboratori...
È evidente quindi che anche i diplomi conseguiti avrebbero una diversa spendibilità nel mercato del lavoro, creando presumibilmente nuove diseguaglianze accanto a quelle già esistenti tra Nord e Sud, tra città e campagna (o borgata). Diseguaglianze che la Scuola al momento attuale riproduce ma che in tale contesto contribuirebbe anche a creare ex novo. Il disegno inoltre appare supportato dai principi individual-competitivi basati sul premio (merit-pay) oltre che da una visione della scienza come tecnologia, con l'assimilazione che ne deriva dal sapere al saper fare (know how), in un quadro educativo in cui identità e personalità si presuppone che si formino induttivamente da nozioni tecniche flessibili e modulari a piacere.
In sintesi si ha l'impressione di trovarsi di fronte ad un progetto di sistematico e definitivo smantellamento della scuola pubblica, in cui l'ingerenza del capitale privato nel quadro gestionale, lungi dall'essere fattore di dinamizzazione come si vorrebbe far credere, sembra farsi garante sempre più della sinistra riesumazione della "scuola di élite", veicolata da una parcellizzazione del sapere, preludio ad una sua introiezione in forme meramente esecutive.