Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 19 nr. 163
aprile 1989


Rivista Anarchica Online

Ancora Bookchin
di Salvo Vaccaro

The modern crisis (Agalev, Bologna 1988, pagg ,141, lire 13,000) raccoglie i testi di alcune conferenze tenute da Murray Bookchin nel corso degli anni '80, incentrate sui temi dell'ecologia sociale, che è l'oggetto dei suoi studi più importanti e del libro più noto ai lettori italiani, L'ecologia della libertà, già arrivato alla terza edizione (Elèuthera). In sede recensiva, è inutile risoffermarsi sulle tematiche elaborate da Bookchin intorno all'ecologia sociale; meglio sottolineare due tensioni particolarmente presenti in questo libro: la volontà tutta teoretica di pervenire ad un concetto sostantivo di bene (comune), e l'introduzione di considerazioni morali nel tessuto epistemico-razionale della scienza e della prassi economica.
Poter identificare e nominare un bene che valga universalmente per tutti, tramite una discussione razionale che dalle singole argomentazioni soggettive possa pervenire all'oggettività sia pure storicamente contingente, è un sogno forte ricorrente in coloro che non vogliono rassegnarsi all'idea di relativismo immanente in sede di elaborazione storico-materiale di idee.
Certo, essere d'accordo sul bene sarebbe un vantaggio, forse, per tutti, ed infatti conflitti e trappole d'ogni genere sono all'ordine del giorno per poter egemonicamente dirne la verità. Il tentativo è naufragato sempre, forse perché viziato alla radice: la pretesa di universalità. Comunque, da una sua dicibilità ne deriverebbe una catena fortemente gerarchica che discriminerebbe inevitabilmente ed in modo pregiudizievole tutto ciò che non rientrerebbe nei canoni dell'identità con il bene così presupposto tale. Un gelido paradiso terrestre.
Alcuni hanno ripiegato su una definizione formale, liberale, pure naufragata quando il relativismo dispiegato si è esteso a dismisura fino al cinismo che consente una efferata spietatezza a legittimare qualsiasi condotta o qualsiasi idea solo perché non può esistere un'idea di bene universale che sia comune a tutti e attraverso cui, pertanto, filtrare parole e azioni. Da un eccesso all'altro, verrebbe voglia di dire se si potessero semplificare così le cose.
Tra la Scilla di un relativismo egoistico (nel senso antitetico alla solidarietà) che giustifica Auschwitz, direbbe Adorno, paradossalmente solo perché "ciò che è reale è razionale", e la Cariddi di un'universalità piatta che sovrasta le differenze piegate e sussunte sotto una ferrea identità rivelata, si muove fragilmente l'idea di un'etica, di etiche soggettive ispirate a sistemi di valori asimmetrici rispetto alle ingiunzioni prescritte dalla totalità odierna.
Se Machiavelli aveva fondato la separazione tra politica ed etica, dalla quale discende il divorzio della morale sia dagli affari mondani (politica, economia e macchina del sapere scientifico) per relegarla sul piano ineffettuale e indiretto delle idee soggettive, sia da se stessa, in una biforcazione tra etiche in quanto bussole per condotte e stili di vita scelti, e morale in quanto sistematizzazione razionale delle motivazioni di vita, oggi Bookchin tenta di introdurre istanze morali nei giochi dell'economia.
Tentativo lodevole, in quanto la sottomissione ad imperativi morali quali la solidarietà, la tutela ecologica, la salute umana, ecc, dei meccanismi in grado di generare e far circolare ricchezza e beni (socialmente utili, di consumo, oltre che produttivi), servirebbe da fattore di freno e riequilibrio per una macchina economica che sembra aver vietato l'idea della possibilità di un modo non capitalistico di produzione, distribuzione e dissipazione di ricchezza (che poi è oggetto della scienza e della prassi economica).
La nobiltà di tali imperativi etici è al di sopra di ogni sospetto, o la loro applicazione sicuramente concorre ad inceppare una economia capitalistica vincolata alla ricerca del profitto per il profitto (e indirettamente per il progresso di tutti, come pensava il padre del liberalismo economico Adam Smith) ; inoltre, la loro applicazione apre spazi per economie che si vogliono alternative, ma che spesso sono soltanto marginali, dove situazioni e condizioni specifiche possono ben conciliare una macchina economica con scelte di carattere etico.
Tutto ciò è, grossomodo, patrimonio anche dell'Arcivescovo di Milano, il gesuita cardinale Martini, vale a dire di una certa cultura cattolica "popolare" che convive conturbata con i padroni brianzoli del capitalismo lombardo.
In effetti, a scanso di equivoci ed illusioni, il divorzio tra etica (le buone intenzioni) ed economia capitalistica è nelle cose, e non nelle volontà dei singoli; in altri termini, come un padrone può ben essere una "brava persona", che condivide morale ed etica da "buon pastore" andando a messa la domenica, non violentando i sabato sera, non bestemmiando i santi per ogni politica fiscale del governo ed evitando omicidi bianchi, così il capitalismo può opportunisticamente profittare dell'etica ecologica, sfruttandone il relativo business per alimentare la propria riproduzione.
Già Marx dimostrava a ragione che il "male" del Capitale è la sua stessa esistenza fisiologica, e non una sua degenerazione "soggettiva" imputabile a singoli capitalisti particolarmente sadici e malvagi (pur registrandone a iosa) oppure ad isolate sfere di produzione (gli armamenti, ad esempio).
Così, il tentativo di conciliare etica della solidarietà con forme di economia deve innanzitutto articolarsi fuori dai confini del Capitale; in secondo luogo, non è affidabile, se non marginalmente, al campo delle buone intenzioni, giacché tale proposito, in pratica, si salda immanentemente con una progettualità, tutta ancora da pensare e inventare, di una economia non capitalistica, che deve sorgere non tanto sul piano "astratto" dei sistemi di valore intersoggettivamente intesi e costituiti, quanto sul piano storico-materiale della sfera della produzione non capitalistica, della circolazione di ricchezza non capitalistica, della socializzazione di beni non capitalistica.
Ma qui siamo in una dimensione appena sfiorata da Bookchin, sebbene la sua ecologia sociale offra spunti di riflessione notevoli per un approfondimento progettuale collettivo.