Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 20 nr. 173
maggio 1990


Rivista Anarchica Online

A nous la libertè
diario a cura di Felice Accame

L'investimento

Per puro esempio: ancora nelle fasi d'impostazione di Milou a maggio - L'ultimo film di Malle, che, sia detto di passaggio, alla gradevole intelligenza della satira concede qualche battuta a vuoto per eccesso d'enfasi, ma che, tuttavia, rimane la più ghiotta occasione per rivisitare gli umori della borghesia francese al tempo dell'indimenticabile "maggio"-, proprio nelle fasi d'impostazione, dicevo, veniamo a sapere che la vicenda si svolge presso una casa di campagna dotata, convenientemente, di vigneti. L'elemento "vigneti" giustificherà, più tardi - più "avanti", nell'evoluzione del film -, la scoperta di una "cantina" idonea al ricovero "amoroso" di due protagonisti.

Vi faccio un altro esempio: anche nella fase iniziale di Sorvegliato speciale - l'ennesima variazione nel genere "carcerario" (ahimè, cosa non riserva il sistema dei media: che un genere di film sia detto "carcerario"!), a firma di tal John Flynn, con Stallone negli scomodissimi panni del carcerato buono e Sutherland in quelli più agiati del feroce Direttore -, in una fase che potremmo definire di "ambientamento" alla narrazione, viene mostrata, a scopo diciamo didattico, da Direttore a Carcerato, una vetusta sedia elettrica quasi rimessa a nuovo per l'intrapresa del primo a monito del secondo. Orbene, di tal elemento narrativo non si farà più cenno nel corso del film, fino al momento conclusivo in cui all'orrido marchingegno verrà affidato l'arduo compito di sciogliere tutti gli intricati nodi della narrazione, perché questa si concluda nella soddisfazione di chi gioisce al trionfo del Giusto ed all'iniqua sorte dell'Ingiusto.

Questi elementi narrativi - il "vigneto" e la "sedia elettrica"- potremmo considerarli una sorta di "investimento": come l'interramento di un seme, nel flusso della narrazione, un seme che, prima o poi, germoglierà; come un benefico sanatore che, prima o poi, verrà ad annullare la differenza che si è creata nel lineare paradigma della narrazione più conveniente possibile. Un investimento per il futuro - un futuro che più avrà senso, più sarà coerente con quanto lo precede.

Ci sono narrazioni che non riescono a farne a meno. C'è chi fa un investimento sul carattere di un personaggio, o su di una sua particolare attitudine (o disattitudine, come le "vertigini" di James Stewart in La donna che visse due volte), o su un meccanismo dotato di un certo grado di autonomia, o sui fenomeni naturali, così plasmabili alle varie esigenze del narrare grazie alla loro completa indipendenza (piovere può in qualsiasi momento... oppure un ciclone sul mare - elemento usato pari pari sia in The Abyss che in Leviathan - può sparire con tempestività imprevista). E c'è chi, come un risparmiatore poco paziente, l'investimento se lo spende subito (meno bravo di colui che se lo fa durare, ma più bravo, forse, di colui che se lo spende a pezzi e bocconi, più volte nel corso del medesimo film). I nostri giudizi sulla narrazione dipendono in gran parte dalla disposizione di questi elementi in qualche modo privilegiati: varrebbe dunque la pena di rendersene conto approfondendo la ricerca in questa direzione.

Allora, fra gli altri, scopriamo anche il caso di colui che, improvvisamente, sorprendendoci, si spende un investimento di cui non ci aveva informato. O un investimento mai fatto, un "elemento" trovato lì, per puro caso, e utilizzato senta ritegno. Come nella vita. Infatti, nella vita non corre l'obbligo della coerenza. Se incontriamo un caro amico che, appena ci vede, servendosi della mano destra, ci pianta un coltellaccio da cucina nel costato abbiamo tutto il diritto di rimanere sorpresi, visto che l'abbiamo conosciuto mancino per tutta la vita, ma non per questo siamo autorizzati a dubitare di ciò che ha appena fatto. Sarà stato anche mancino, ora ci ha colpito servendosi della mano destra, ma ciò non toglie il coltellaccio da dove l'ha ficcato: dell'incoerenza narrativa, i casi della vita se ne fregano. In un racconto, invece, il fatterello - dissociato in "racconto di qualcuno" e "ricostruzione deduttiva" sarebbe sufficiente, invece, a far dubitare l'investigatore dell'identità di un "colpevole".

Quando al cinema un regista approfitta di uno stile narrativo troppo simile a quello della vita, la nostra tranquillità di spettatori ne viene scossa. Parliamo di inverosimiglianza, di gratuità, di sviluppi narrativi ingiustificati da quanto li precede. A volte gli diamo del matto. E qui possiamo cogliere in tutta la sua potenza la funzione consolatoria e narcotizzante della narrazione popolare - intendendo per "popolare", quella narrazione i cui elementi risolutivi siano interamente fondati e spiegati nella narrazione medesima -, mentre, di converso, possiamo cogliere il significato rivoluzionario della narrazione che tiene aperto il proprio universo, ch'è lasciata libera di attingere gli elementi del proprio sviluppo in una gamma di alternative non preordinate - non preordinate da una "logica" pretestuosamente universale, non preordinate da un "genere", non preordinate dal mercato in cui la narrazione va a mercificarsi.

Rivoluzionario, questo significato, per il rapporto che instaura con noi spettatori, cui è concessa la facoltà di sorprenderci, piacevolmente o meno, come, per l'appunto, ci capita vivendo - protagonisti di una storia che, per quanti sforzi razionalizzanti si faccia, non è stata ordinata da nessuno che valga più di tutti gli altri, "estranei" compresi, perché nel cast della vita ci siamo tutti.