Quando si deve affrontare un qualche problema, un esame, una situazione
difficile, spesso facciamo un gran sospiro. Non risolve i problemi, ma calma, placa per un attimo la tensione
ed aiuta. Noguez, docente di estetica della letteratura e del cinema alla Sorbona, non nuovo ad operazioni
culturali dove gioca tutto sul filo tagliente della penna, ci invita ad un gran sospiro liberatorio. Lenin
Dada (di D. Noguez, Edizioni L'Affranchi, Salorino, Svizzera, Lire 15.000), iniziato nel 1987, dopo
l'esperienza de Les Trois Rimbaud nel quale fa vivere Rimbaud fino ad ottant'anni anziché
i suoi effettivi trentasette (1854-1891), continua sulla sperimentazione del falso d'autore con una ilarità,
un umorismo ed assieme una meticolosità assolutamente non comuni. La paranoia dello storico,
del ricercatore, attaccato a microscopici fili d'Arianna nel tentativo estremo di riconnetterne trame e di
ricostruire condizioni, è qui rappresentata al meglio. La demitizzazione di Lenin passa attraverso
la propria appartenenza al movimento Dada, alla permanenza nell'Europa ante-diciassette, dei
Caffè, del cabaret Voltaire, di Zurigo e le frequentazioni di Hugo Ball, di Richard Huelsenbeck, Hans
Richter, Tristan Tzara ecc. Non mancano Capri, le feste, i ricevimenti, i balli, le bevute, i
canti. L'immersione è totale, i riferimenti, i documenti introvabili, le immagini, le
interviste e tutto l'armamentario caro a chiunque faccia ricerca storica anche non professionale, è
sapientemente mostrato, didascalicamente, in un lungo esempio di come fare indagine. Indaga (come si
dice) a trecentosessanta gradi, a tutto tondo, ci immerge nelle piccole questioni che renderanno grande la
scoperta, la microstoria essenziale per capire e correggere la grande storia, ecc.. Quindi Noguez ci
dimostra "come si fa" e va oltre, "rappresenta" teatralmente la scoperta storica del
cavillo tanto caro agli storici. E' un libro da leggere tutto d'un fiato e da rileggere prima di iniziare una
qualsiasi ricerca e prima di stenderne i risultati, un sospirone che elimina l'ansia, che ridimensiona
l'opera da intraprendere e ne distrugge la solita "eccezionale importanza". Sarà
doveroso ricordarsi a mo' d'esempio quanto l'autore declama nel capitolo "Una sconvolgente scoperta
grafologica" a pp. 67 sgg. Dopo aver perfino inquadrato il luogo della ricerca, il periodo storico, lo stato
d'animo ed il clima meteorologico si appresta a descrivere "l'evento discovritore". Quando dalla
biblioteca Doucet di Parigi gli proviene in mano il mitico fascicolo richiesto; storico-feticisticamente
"(...) Lo apriamo un po' a caso, con la cautela della deferenza unita al tremore dell'impazienza, quando
all'improvviso, la folgore si abbatte su di noi, nella quieta e protettiva penombra della biblioteca, su quell'angolo
di tavolo in legno lucido dove adesso si sparpagliano i foglietti ingialliti del manoscritto TZR 6,1. Una lente?
Inutile, è troppo chiaro. Un errore di catalogazione? Nessun errore possibile, la facciata retrostante porta
l'intestazione del "Mouvement Dada-Zurich" e davanti sono riportati, con delle cancellature che
indicano senza possibilità di dubbio un originale, i tre quarti della poesia "Arc" (...). Il
fulmine! Perché questo manoscritto HA LA CALLIGRAFIA DI LENIN!"