Dieci anni fa - il 7 aprile 1982 - moriva nella sua Cesena, dopo mesi di sofferenze
per un brutto cancro, Pio
Turroni. Oggi, dopo dieci anni senza Pio possiamo verificare quanto fossero vere le parole con cui si concludeva
il necrologio apparso su "A" 101: parlavamo di vuoto davvero incolmabile che la sua scomparsa ha
lasciato,
oltre che nel cuore di chi l'ha amato, nel nostro movimento. Chi, come alcuni di noi, si è
avvicinato al movimento anarchico negli anni '60 ed ha poi vissuto in tutta la sua
intensità l'avventura di "A" negli anni '70, ricorda che PIO è stato un punto di riferimento, mi
verrebbe da dire
un maestro - nell'accezione più nobile del termine - se non mi si parasse dinnanzi subito il volto bonario
di Pio,
con quel suo sarcasmo a volte caustico, a dirmi "Ma va là, patacca, lascia perdere certe parole, che mi
fan venire
la maronite". Era questa sua intrinseca modestia, che - come pochi altri "vecchi" - lo avvicinava a noi giovani:
aveva le sue idee, il suo modo di vedere l'anarchismo, e per difenderle non risparmiava né passione
né ironia,
ma gli era del tutto estranea la sindrome del "taci tu che sei giovane, certe cose non le hai viste, ecc.". La
sua vita militante era di quelle a tutto tondo, impegno antifascista fin dalla giovinezza, esilio in Francia,
impegno al fianco della Spagna antifascista contro Franco, poi traversata in Marocco nascosto nella stiva di una
nave, poi in Messico, poi il rientro nell'Italia del Sud liberata dagli alleati, l'attività per la ripresa della
presenza
specifica anarchica ostacolata dal nuovo potere, e poi, per sette lustri dopo la fine della guerra un impegno
costante, quotidiano, per la propaganda e l'organizzazione anarchica. Anche se diffidava delle posizioni
ultra-organizzatrici, Pio è sempre stato - ai miei occhi - la concretizzazione di quanto Malatesta
già sosteneva vari
decenni prima, e cioè che aldilà delle etichette vi sono tra gli anarchici organizzatori che non
sanno organizzare
niente ed anti-organizzatori che costruiscono, con il loro impegno quotidiano, la presenza organizzata degli
anarchici. E Pio era davvero un punto di riferimento, uno snodo. Per tutta la vita ha fatto il muratore (e
quando, negli anni
'50, per una crisi nell'edilizia nella sua zona c'erano da costruire solo chiese, piuttosto che piegarsi
preferì
emigrare in Svizzera e lavorare per qualche anno lì, a costruire case), con la sua bici come mezzo di
locomozione. La sera, a casa, la sua macchina per scrivere e le sue lettere (in carta velina, così poteva
farne tante
copie e far circolare le informazioni) lo tenevano in contatto con mille realtà, con i militanti anarchici
emigrati
in America come con la vedova di un antifascista di Giustizia e Libertà caduto in Spagna, con i parenti
dei
compagni come con i molti dal volto anonimo che gli scrivevano per le Edizioni Antistato di cui era l'animo ed
il motore. Caro Pio, tu così lontano da qualsiasi intellettualismo, sanamente diffidente di paroloni
e astruserie, sei stato
tra i più attivi promotori della ripresa culturale anarchica in questo dopoguerra - con le Edizioni
Antistato (poi
passate - nei primi anni '70 - al nostro gruppo milanese, quando ormai a Cesena non c'erano più le
energie per
portare avanti l'impegno), ma anche con la rivista "Volontà", con il periodico "L'Internazionale" e con
le tante
iniziative di propaganda e di cultura anarchica che ti hanno avuto - perlopiù "dietro alle quinte" -
instancabile
motore. Eppure dietro a tanta parte dei giri di conferenze effettuati da oratori anarchici in giro per l'Italia come
dietro a tanti giornali c'era il tuo impegno quotidiano di sostegno, la sollecitazione del contributo economico,
la critica pungente ma costruttiva. Noi ci sentiamo ancora oggi molto legati a Pio, che ci è sempre
stato vicino con il suo spirito critico (che a volte
pure ci appariva eccessivo), con la sua stima e con il suo affetto. E il nostro pensiero torna spesso a lui anche
perché in redazione, accanto al computer su cui sto scrivendo, c'è ben in vista la grande rubrica
marrone di Pio,
donataci da Natalia (la sua compagna, che anche da queste colonne salutiamo con affetto) quella con scritti tutti
i "suoi" indirizzi e i numeri di telefono: centinaia, forse più. Più passa il tempo, più
quella rubrica diventa obsoleta, piena di indirizzi inutilizzabili, inesistenti. Eppure il suo
valore resta intatto, perché ci ricorda un uomo buono, semplice, operoso - un vero "muratore
dell'anarchia".