Rivista Anarchica Online
Repressione ieri e oggi
di Marco Massignan
"Se gli uomini fossero fatti per dominarsi l'un l'altro, allora il mondo, invece che
avere forma circolare, sarebbe
fatto a gradini,"
Lance Henson (Poeta Cheyenne)
Questo è l'anno in cui ricorre il cinquecentenario dell'inizio della scoperta dell'America ma già
da diverso
tempo, qui in Italia, ci tocca sopportare i nefandi effetti delle tanto strombazzate Colombiadi, tra nuove
autostrade inutili e Taviani "superesperti". Ma ciò che sta accadendo qui in Italia è nulla in
confronto alle offese,
alle dimenticanze e alle uccisioni neanche tanto metaforiche che i popoli Nativi Americani subiscono al giorno
d'oggi. La discriminazione e l'odio di cui sono fatti oggetto nel Nordamerica non sono che l'ombra di ciò
che
accadde nei cinque secoli passati.
Il famoso Generale Custer scriveva poco più di cento anni fa: "l'indiano è un selvaggio nel
pieno senso della
parola, ed ha una natura crudele e feroce che supera di molto quella di qualsiasi bestia selvatica del deserto. La
bella fiaba del nobile uomo rosso è erronea come quella che attribuisce all'indiano forma umana. Inoltre
queste
bestie feroci non devono essere giudicate con nessuna delle leggi o delle regole applicabili ad altre razze
umane".
Di tale portata erano dunque i pregiudizi e l'ignoranza che venivano intenzionalmente alimentati tra l'enorme
quanto disperata massa di pionieri da individui come George A. Custer, ed i risultati si possono condensare
nella
seguente descrizione del massacro di Sand Creek (1863), resa da un luogotenente che non vi prese parte:
"Attraversando il campo di battaglia il giorno dopo non vidi corpo di indiano (uomo, donna o bambino) che
non
fosse stato scalpato, e in molti casi i cadaveri erano mutilati nel modo più orribile: genitali di uomini,
donne e
bambini tagliati, ecc...Un soldato aveva asportato i genitali ad una donna e li aveva appesi in bella mostra su
di un bastone (...)".
E fu con un altro massacro (Wounded Knee, 1890) che la resistenza armata degli indiani delle praterie venne
sconfitta. Gli anni che seguirono rappresentano la parte più buia della loro storia: in tutti gli Stati Uniti,
nel
1910, non si contano più di 500.000 superstiti, per la maggior parte rinchiusi nelle riserve e costretti
a condurre
una vita senza futuro e senza prospettive, tra le continue minacce delle epidemie e delle morti per fame. I fondi
destinati dal governo al sostentamento degli sconfitti non arrivano quasi mai, e quando arrivano sono le chiese
e il B.I.A. (Bureau of lndian Affairs, l'organo governativo preposto al "trattamento" degli Indiani) a sfruttarli.
In questa epoca "nera" l'unica via per sopravvivere almeno fisicamente appare l'integrazione. Sono in molti
coloro che, non vedendo altra strada, scelgono di "civilizzarsi" e di entrare a far parte del mondo dei bianchi.
Tra questi Charles A. Eastman (un Santee Lakota il cui vero nome era Ohyiesa, "Il Vincitore"), che prende la
laurea in medicina e sposa una bianca tentando poi di aiutare la sua gente, sia scrivendo diversi libri che
praticando
la sua professione nella riserva di Pine Ridge.
Ma anche Eastman, disperando di poter convincere i bianchi della validità della sua lotta, si
ritirerà a vita
solitaria per ritornare alle sue radici native.
Nel lasso di tempo tra il 1910 e gli anni '60 sono principalmente due le politiche con le quali il governo federale
statunitense cerca di liquidare ciò che rimane dell'organizzazione sociale dei Nativi: innanzitutto si
frazionano
le riserve, dividendo la terra e distribuendola alle singole famiglie. Ciò facendo si voleva cancellare il
concetto
che la terra non potesse essere posseduta dall'uomo (concezione considerata "non americana"), cercando di
trasformare gli indiani in piccoli coltivatori. Questa politica, portata avanti sopratutto in Oklahoma, ebbe
risultati contraddittori. In un secondo tempo, con il presidente Eisenhower, venne varata l'infame campagna
denominata "Termination policy", con la quale si tentava di eliminare lo status giuridico particolare che gli
Indiani
godono in seguito ai trattati. I bambini venivano portati fuori dalle riserve ed educati a seguire le regole della
società industrializzata. Veniva loro proibito di parlare la lingua madre, veniva cancellata la religione
tradizionale.
Fortunatamente questa forma di genocidio culturale istituzionalizzato venne fermata, grazie anche a ciò
che a
posteriori viene definito "Rinascimento indiano".
Siamo alla fine degli anni '60: le università sono percorse, oltre che dal movimento che tutti
conosciamo, anche
dai nipoti di coloro che combatterono le giacche blu. Cresciuti in massima parte dai nonni, che trasmettono
loro
le tradizioni e la lingua dei rispettivi popoli, questi "nuovi" Indiani non disdegnano l'uso della tecnologia.
Essa però viene utilizzata per tentare di riprendersi ciò che è stato rubato, per
rivendicare una propria
appartenenza culturale, religiosa, linguistica. Da questo punto in poi i Nativi saranno in grado di difendersi da
soli contro l'impero bianco, non dovranno più dipendere dalle donazioni dei benpensanti con senso di
colpa. Vi
saranno avvocati indiani a difendere i propri consanguinei durante i processi. Sorgeranno un po'
dappertutto
comitati di solidarietà, gruppi di donne contro la rapina ambientale, ecc...
Ma la vera chiave di svolta è la formazione, a Minneapolis nel 1968, dell'American Indian Movement
(AIM).
Inizialmente costituito da soli studenti, questo gruppo pan-indiano conosce una rapida espansione in tutto il
paese. E' il momento di tornare a gridare la propria identità, il momento a lungo atteso di dire N0 al
più grande
genocidio della storia, E così nel 1969 membri dell'AIM occupano per alcuni mesi l'isola di Alcatraz,
nella baia
di San Francisco, ex sede del famoso carcere. Secondo un trattato l'isola appartiene agli Indiani. Nonostante le
richieste degli occupanti vengano ignorate e alla fine l'isola venga sgomberata, L'AIM si rende conto
dell'influenza esercitata dall'occupazione sull'opinione pubblica.
L'occasione storica non viene lasciata sfuggire: abbiamo così, nel 1972, 1'occupazione della sede del
Bureau
of Indian Affairs a Washington.
Ma l'evento che riesce a risvegliare l'attenzione del mondo intero è la drammatica occupazione di
Wounded
Knee del 1973. Fu un piccolo Vietnam, in cui l'esercito USA utilizzò carri armati, elicotteri, cecchini,
squadre
di rinnegati mezzosangue.
Nonostante i media se ne occupino solo come curiosità, la lotta dei Nativi è oggi più
viva che mai. Un esempio
per tutti può essere l'occupazione di Oka, avvenuta nel 1990 da parte della tribù Mohawk (che
vive sul fiume
San Lorenzo). In tale occasione la causa del conflitto è stata la pretesa di costruire un campo da golf
su di un
cimitero antichissimo della tribù. La situazione era tanto palesemente ingiusta da non meritare neanche
commento,
eppure c'era chi, in Italia, definiva pubblicamente "testardi" i Mohawk che non si piegavano servilmente al
volere dei padroni bianchi. Inutile dire che, grazie all'intervento dell'esercito, il campo da golf è ora
sorto in
barba a qualsiasi diritto umano...
Oggi il tentativo di genocidio da parte dei governi statunitense e canadese si svolge in maniera più
subdola e
nascosta che in passato.
Tra le numerose etnie che compongono la Babilonia americana, gli "Indians" sono i più rappresentati
tra la
popolazione carceraria: 10 a 1 in proporzione rispetto ai bianchi, contro il 5 a 1 dei neri. Sono il gruppo etnico
con più alta percentuale di morti violente, il più alto tasso di alcoolismo, il più alto
fattore di disoccupazione
(con punte del 90% nelle riserve). Molto frequenti sono i suicidi, specialmente tra i giovani che si trovano in
bilico tra due mondi non potendo appartenere a nessuno dei due. Ma non è tutto: secondo stime
attendibili il 42% delle donne native ha subito la sterilizzazione forzata,
soprattutto a causa dell'opera dell'Indian Health Service, la tristemente famosa struttura sanitaria governativa
che in molti casi serve ai medici per fare apprendistato. E per terminare questo allucinante ma incompleto
quadro vanno ricordate le torture psicologiche cui vengono sottoposti in carcere gli attivisti dell'AIM (oltre ai
membri di gruppi come le Pantere Nere).
Tra i tanti mi preme segnalare il caso di James Weddell, uno Yankton Sioux attualmente detenuto nel carcere
di massima sicurezza di Marion, Illinois, per un delitto che non ha mai commesso (lettere di protesta che
chiedano il riesame del caso di James R. Weddell [detenuto 04138-037] possono essere inviate a:
The Director of State Prison, P.0. Box 1000,
Marion, Illinois 62959, USA). Un tale scenario potrebbe addirittura assomigliare ad una distopia
fantascientifica all'italiano medio che, tra
telefonini ed esternazioni varie, è abituato all'immagine di un'America opulenta ed efficiente, certo un
po'
"invadente" ma comunque un posto "dove fai quello che vuoi"... Sempre se non sei indiano, nero, portoricano,
sovversivo, arabo, anarchico, ecc.
Lo "Zio Sam" è la nazione egemone di una civiltà che secondo Russell Means (Piede Leggero)
dell'American
Indian Movement, "somiglia a delle cellule cancerogene che distruggono tutto intorno a sé e
probabilmente
distruggeranno se stesse".
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