Rivista Anarchica Online
Ma quale sinistra?
di Andrea Papi
Sinistra? Destra? Sono ancora categorie utili per capire e per trasformare il mondo? Secondo Andrea Papi, no.
Il dibattito è aperto
Il 17 giugno del 1789 a Parigi, nella sala delle sedute plenarie dove si riuniva il
terzo stato, con 491 voti contro
89 i rappresentanti del popolo si proclamarono e si legittimarono assemblea nazionale. Fu l'avvio di fatto per
la grande rivoluzione che portò al potere la borghesia e al tramonto definitivo l'antichissimo regime
feudale,
giunto così al capolinea. La disposizione dei seggi di questo storico parlamento divenne da allora il
simbolo
delle tendenze e delle tensioni politiche, che proprio la rivoluzione francese aveva messo in moto. A destra, di
fronte al presidente, i nobili e i prelati assolutisti, cioè il blocco degli aristocratici, al centro i deputati
liberali
conservatori o "monarchici", a sinistra i "patrioti", ancora sostenitori della monarchia, ma soprattutto timorosi
della controrivoluzione, quindi dalla parte del progresso contro la restaurazione e la conservazione, all'estrema
sinistra il gruppo dei democratici, tra cui Robespierre, intransigenti sui due punti della sovranità
nazionale e
dell'eguaglianza civile, per la cui vittoria erano anche disposti all'uso della violenza. Da allora, conformemente
alle antichissime leggi non scritte della formazione di miti, sono state considerate di sinistra tutte le formazioni
politiche che, in qualche modo, propugnavano cambiamenti sostanziali degli assetti politici nel senso
dell'eguaglianza e dell'equità; di estrema sinistra quelle che auspicavano a una trasformazione radicale
in senso
socialista attraverso la rivoluzione.
Riunificare la sinistra? Sono passati ormai più di due secoli da quel
mitico momento in cui gli esseri umani senza potere a pieni
polmoni respirarono un'aria nuova di liberazione. Il popolo francese insorto contro la tirannia monarchica e
feudale, capitanato dai politici provenienti dalla borghesia, da qualche aristocratico illuminato e sorretto
idealmente dal vasto movimento di pensiero dell'illuminismo, era veramente convinto di muoversi verso un
futuro di libertà ed eguaglianza in seno alle relazioni sociali e politiche. Non fu così! Una volta
preso
saldamente il potere, ormai sicura che la decaduta aristocrazia fosse stata debellata, la classe borghese, a volte
in forma monarchica a volte repubblicana, con la forza delle polizie e degli eserciti impose una feroce
restaurazione per sottomettere a sé le masse dei deboli e dei diseredati che, prima della rivoluzione
dell'ottantanove, aveva dovuto subire il giogo dell'aristocrazia feudale. Ne è trascorsa di acqua sotto
i ponti; i miti e le illusioni di due secoli fa sono ora completamente storicizzati,
disincagliati dal divenire storico contemporaneo, che sembra ormai marciare verso mutazioni che nulla hanno
più a che fare con gli ideali sorti allora per trasformare il mondo. Anche il cammino teorico e pratico
per una
trasformazione radicale in funzione della giustizia e dell'uguaglianza ha subito varie mutazioni, fino a una vera
e propria metamorfosi che, per certi versi, lo ha reso irriconoscibile. Così è stato della sinistra,
che durante tutto
l'arco di tempo fino ai nostri giorni ha subito tali divisioni, revisioni e trasformazioni fino al punto da non essere
più la stessa. Anzi! nel senso mitico cui ancora simbolicamente si finge di far riferimento non esiste
più. È
diventato impossibile, oltre ad essere del tutto errato, tentare di farla risorgere, magari attraverso esorcismi che
si avvalgono di ragionamenti sofistici, completamente sradicati dalla realtà di riferimento. Nel
momento in cui si parla da più parti di riunificare la sinistra, mi sembra importante cercare una
chiarezza
interpretativa che permetta di capire di cosa si sta parlando. Una riunificazione infatti presuppone che esistano
parti diverse che a suo tempo si separarono per divergenze profonde, ma che al momento, essendo cadute le
ragioni della separazione di allora e rimanendo intatto il fine per cui il ceppo originario era sorto, si
rimettono insieme perché non ha più senso stare separate. Attualmente il problema non
può essere affrontato in questo modo. Le diverse formazioni politiche residue, oltre
ad essere irrimediabilmente diverse e separate tra loro, né dal punto di vista teorico, né da quello
strategico, né
tanto meno da quello finalistico c'entrano più con le motivazioni ideali e pratiche delle origini. Mentre
da una
parte esiste un suo percorso storico ormai storicizzato, nei fatti la sinistra non esiste più, proprio
perché durante
il travaglio del suo divenire bisecolare ha progressivamente annullato sé stessa, fino a non riconoscersi
più nelle
motivazioni attorno alle quali era sorta e che hanno dato senso al suo esistere finché c'è stata,
pur con tutte le
sue frastagliature, le sue diversità contrapposte e le sue battaglie interne. Più che di sinistra
vera e propria, mi sembra più consono e utile alla comprensione del problema parlare di
derivati della sinistra storica quale risultato di un processo tuttora in atto, almeno se si vuole continuare ad
attribuire i significati ideali e politici che ne permisero la genesi e il livello di identificazione. Quale riferimento
mitico e presupposto utopico, esiste ancora senz'altro nelle menti di qualche piccola aggregazione e qualche
individualità, completamente emarginate però dal contesto sociale e dal dibattito in atto. Ma
ciò è evidentemente
ben altra cosa dal grosso e maggioritario movimento di masse, capace di incidere profondamente per cambiare
alle radici il sistema politico ed economico contro cui sorse e negli ultimi secoli lottò. La sinistra reale,
radicatasi nel corso della storia, non esiste più. Può essere solo studiata, analizzata e sviscerata,
per riuscire a
comprendere meglio cosa fare nell'oggi, usufruendo della sua esperienza. Al di là di tutto, proposte e
intenzioni
dichiarate di riunificarla non vengono certamente da realtà emarginate, bensì proprio da quelle
forze e quei
partiti, suoi eredi storici, che nei fatti rappresentano il suo affossamento.
A parte bordighisti, anarchici, ecc. In modo molto più adeguato
cominciamo allora a parlare di sinistra storica e basta, senza preoccuparci
ovviamente, come sembra continui ad essere il vizio di molti "sinistresi", di distribuire patenti di appartenenza,
motivate soprattutto da considerazioni più che altro moralistiche. Mi limiterò al panorama di
casa nostra che,
pur essendo particolare, a mio avviso rispecchia ugualmente bene il processo trasformativo che ha avviluppato
nel suo procedere la storia che ci interessa. Sono figli della sinistra storica i repubblicani, i partiti derivati
dall'ideologia marxista, cioè PSI, PSDI, PDS e Rifondazione Comunista e, con qualche distinguo, i
pensatori
del pensiero liberale autentico, cosa ben diversa dal PLI, il quale da sempre si autocolloca al centro
nell'emisfero delle tendenze politiche. Ai margini, ormai disarticolati dal dibattito e dai movimenti di massa,
i bordighisti, qualche sparuto gruppo e
individualità quartinternazionaliste, la frastagliata rete della cosiddetta autonomia e, anche se con una
sua storia
che lo rende una cosa a parte, il movimento anarchico. Una precisazione merita il PSI, perché non sorse
marxista nel senso stretto della parola, bensì propugnatore dell'entrismo parlamentarista, con l'intento,
come
dichiarò Andrea Costa ai suoi esordi parlamentari, di distruggere il parlamento stesso. Le
formazioni più recenti, legate all'area anch'essa variegata del pacifismo e dell'ecologismo, nonostante
i
continui tentativi dei "sinistresi" di recuperarle a se stessi, a mio avviso sono frutto di una fase contemporanea
che ben poco ha da spartire con le tensioni e le idealità di due secoli fa. Le loro preoccupazioni e i loro
programmi sono infatti soprattutto tesi alla salvaguardia dell'ambiente e al ripudio della violenza come
strumento della lotta politica, ben lontani dalla centralità della giustizia sociale e dell'eguaglianza che
invece
caratterizzano l'area della sinistra storica. Come abbiamo visto, questa sorse per realizzare la proiezione
utopica di una trasformazione radicale della
società e della politica nel senso dell'eguaglianza e dell'equità socialista. Nella sua parte
estrema, preponderante
per tutto l'ottocento e la prima parte del novecento, fu essenzialmente rivoluzionaria, mentre il socialismo
riformista e le socialdemocrazie europee, pur ripudiando l'insurrezione, dichiaravano di voler sovvertire l'ordine
esistente in senso socialista, anche se dall'interno del sistema con mezzi parlamentari e pacifici. In ogni caso,
aldilà delle diverse posizioni e delle diversità ideologiche, finché è esistita,
è stata caratterizzata dalla tensione
per la trasformazione globale della società, al fine di superare lo sfruttamento e l'oppressione dell'uomo
sull'uomo. Oggi le forze della sinistra storica, derivate tra mille dibattiti e mille lacerazioni da
quell'esperienza, non
propugnano più la trasformazione alle radici della società, mentre considerano irrealizzabile
il tipo di
eguaglianza e di giustizia sociale, assurte a forza propulsiva con l'illuminismo e la rivoluzione dell'ottantanove
e propugnate per tutto l'ottocento e la prima metà del novecento. Oggi quegli eredi si riconoscono nei
principi
della democrazia capitalista e, quando lo fanno, tentano al massimo di riformarla per renderla più
accettabile,
o addirittura, come nel caso del PSI, del PSDI e del PRI, fanno di tutto per conservare l'ordine esistente,
perché
non venga delegittimato. Tutto ciò, come abbiamo visto, è il contrario dei motivi per cui la
sinistra ebbe luogo.
Ma la storia non è affatto finita Solo i gruppi e le
individualità emarginate, quartinternazionalisti, bordighisti, autonomi e, non certamente
ultimo, il movimento anarchico, continuano a riconoscersi, seppur in modi diversi, in un ambito teorico e
utopico che, per molti versi, rientra nella tradizione della sinistra storica. Ma essi, oltre ad essere estremamente
frammentati e divisi, non solo non ne auspicano la riunificazione, bensì ne teorizzano la divisione,
perché non
riconoscono possibilità di accordi ideologici. In ogni modo rappresentano ormai un universo a parte
disarticolato
dal corpo sociale, più avvertibili come residui di una guerra che non c'è più. Più
che altro danno l'idea di essere
gli ultimi rantoli di un'agonia della sinistra sempre più veloce. La sinistra dunque non esiste
più come entità politica rilevante, mentre esiste una sua eredità storica che, o è
emarginata e ghettizzata, o non produce più né pensiero né pratica trasformativa
perché è diventata un'altra cosa.
Al di là delle aspettative e dei desideri non è quindi possibile riunirla, proprio perché
non si può ricomporre ciò
che non ha più corpo. Ma le ragioni e i motivi ideali per cui sorse esistono ancora, anche se non sono
più
motivabili dalle stesse cause e situazioni di due secoli fa. Dal momento che le varie strade scelte dalla sinistra
storica per realizzare quegli ideali sono fallite, per poterli riprendere e riproporli dovrà sicuramente
sorgere
qualcosa d'altro. Si può così ancora sperare perché la storia non è affatto
finita.
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