Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 195
novembre 1992


Rivista Anarchica Online

Sabato libertario
di Ricardo Accurso

La biografia umana, letteraria e politica di Ernesto Sàbato, uno dei più noti intellettuali argentini e latino- americani. La tensione libertaria, l'anarchismo cristiano, l'impegno a favore degli emarginati

"...lotterò fino alla fine...per una società migliore. Ci sono crisi nelle ideologie, ma non ci possono né ci devono essere crisi di ideali. Da tempo sono tornato a leggere i grandi socialisti libertari del secolo scorso, e altri del nostro tempo.(...) Mi considero una specie di anarchico-cristiano" (lettera di Ernesto Sàbato a José Fernandez, gennaio 1992).

In recenti interviste televisive, radiofoniche o pubblicate dalla stampa, lo scrittore argentino Ernesto Sàbato ha manifestato le sue simpatie o la sua diretta identificazione con le tesi essenziali dell'anarchia. Quindi, quelli che - a nostro giudizio - sono i due più grandi scrittori e anche pensatori nella storia argentina, sono stati attratti dall'idea libertaria. Ci riferiamo concretamente ad Ernesto Sàbato, certo, e allo scomparso Jorge Luis Borges. Questi, si autodefinì un "anarchico silenzioso". Nel caso di Sàbato, una fonte inestimabile per conoscere il suo rapporto con l'anarchia è costituita dalla corrispondenza col veterano e paradigmatico militante libertario José Fernandez (che vive in un piccolo villaggio del nord est della provincia di Buenos Aires, chiamato Vina , a 150 chilometri dalla città di Rosario).
Un brano della sua ultima lettera a Fernandez, chiamato il "Socrate di Vina", per la sua saggezza e per l'etica delle sue posizioni, è riprodotta nella citazione con cui si apre quest'articolo. Nella lettera, scritta da Santos Lugares (località vicina alla città di Buenos Aires), e che risale al gennaio di quest'anno, Sàbato testimonia chiaramente le sue affinità con l'ideale libertario. Confessa di essersi dichiarato seguace dell'ideale anarchico nelle interviste rilasciate ai giornalisti dei più diversi mezzi di comunicazione. L'interesse per Sàbato aumentò e il numero delle interviste si intensificò a partire dalla metà del 1991 quando, cioè, lo scrittore compì 80 anni. Riproduciamo qui ora, quasi per intero la lettera citata.
"Lei, carissimo José, è sempre tanto generoso con me, ricordandomi sempre e dandomi coraggio. Per quanto riguarda le "Memorie", o come si intitoleranno (Sàbato si riferisce alla stesura della sua biografia), tutto dipende dal poco tempo che ancora mi rimane..."(...)"..lotterò fino alla fine, lei lo sa, lei mi conosce, per una società migliore. Ci sono crisi nelle ideologie, ma non ci possono, né ci devono essere crisi di ideali (è l'autore dell'articolo che sottolinea il passo, n.d.t.). Da tempo sono tornato a leggere i grandi socialisti libertari del secolo scorso, e altri del nostro tempo. Ho detto questo nell'intervista apparsa su "La Naciòn" (importante quotidiano di Buenos Aires, fondato nella seconda metà del 1800 da Bartolomé Mitré, presidente della repubblica dal 1862 al '68). Non so se lei ha letto, fra gli altri articoli, il servizio di una pagina intera che questo quotidiano mi ha dedicato, quando compii 80 anni, lo scorso 24 giugno. Mi considero una specie di anarchico-cristiano. Le mando un abbraccio fraterno e tutta la mia ammirazione.

Ernesto Sàbato
Santos Lugares, gennaio 1992" (1)

Non è recente il rapporto di Ernesto Sàbato con l'anarchia. Se leggiamo con attenzione la lettera che abbiamo riportato, potremmo notare che dice come "già da molto tempo sono tornato a leggere i grandi socialisti libertari". Ciò indica che ha ripreso una lettura che era già iniziata precedentemente negli anni e dalla quale poi si era allontanato. La corrispondenza fra José Fernandez e Sàbato (iniziata circa nel 1956 su iniziativa di Fernandez) testimonia l'avvicinamento del famoso scrittore al mondo dell'idea libertaria. Nel corso di questo scambio epistolare (a volte più spaziato nel tempo, e in certe occasioni più fitto), in diverse occasioni Sàbato dichiarò di essere un simpatizzante dell'anarchia. E lo fece anche durante alcuni incontri personali con Fernandez.

Con profondo amore
L'avvicinamento di Ernesto Sàbato all'anarchia risale ai tempi della sua adolescenza, quand'era studente a La Plata (capitale della provincia di Buenos Aires), cioè pressapoco nel 1929. Nella controcopertina del n.°49 di "Guàngara Libertaria" (inverno 1992) - pubblicazione stampata dagli anarchici cubani esuli anticastristi nello stato della Florida, negli U.S.A. - è inserita una dichiarazione dello scrittore, in cui ricorda le origini del suo legame con l'anarchia.
"Ora che sono vecchio mi sento ancora più anarchico di quando ero giovane. Mi influenzarono soprattutto gli anarchici italiani e spagnoli che si trovavano a La Plata quando ero studente. La maggioranza erano come dei santi laici, atei sul tipo spagnolo, cioè, atei grazie a dio. Era gente che voleva giustizia, libertà, e che le piccole città fossero governate dagli abitanti, e possibilmente senza alcun apparato di polizia. Ora che sono vecchio credo più fortemente in questi ideali che, del resto, non ho mai abbandonato."
In occasione di un omaggio che gli fu reso nel giugno del 1984, organizzato dall'Istituto di Cooperazione Iberoamericano a Madrid, aveva già dichiarato che negli anni studenteschi aveva partecipato (a La Plata) a quelle manifestazioni per la libertà di Sacco e Vanzetti, mettendosi in contatto con gli anarchici di La Plata. In questa occasione ricordò soprattutto gli anarchici di origine spagnola che aveva conosciuto ai tempi della sua adolescenza. Disse testualmente: "C'erano molti spagnoli fra loro (si riferisce agli anarchici di La Plata), che ricordo con profondo amore" (2). E aggiunse: "(già da bambino) non potevo sopportare l'ingiustizia della società; per questa ragione mi schierai con gli anarchici (fra i quali c'erano molti vecchi spagnoli, che ricordo con amore: catalani, galiziani, castigliani), volli schierarmi con il mondo ideale della giustizia e col movimento rivoluzionario." (3)

Comunista però...
Questa esperienza libertaria, iniziata così precocemente da Sàbato, si interromperà ai tempi della sua più piena gioventù con l'adesione al partito comunista argentino. Ma lasciamo parlare lo stesso Sàbato:
"Poi alcuni amici mi convinsero - evidentemente avevano molta capacità di persuasione - che io non ero che un utopista e che bisognava cercare la realtà seguendo la via del comunismo e della dittatura del proletariato. Così entrai nel movimento comunista, e sono stato un militante per quasi cinque anni, un militante attivo; ho sempre detestato per motivi spirituali, non politici, i comunisti di salotto, così come ho sempre rispettato, nonostante la divergenza di idee, quanti hanno subíto la tortura e la morte, e c'è soprattutto un uomo che non posso fare a meno di ricordare con profonda emozione, il mio compatriota Ernesto Guevara..."(4).
In effetti, nei primi anni degli anni '30 Sàbato divenne un attivista fra i più impegnati nel movimento giovanile comunista e nel movimento studentesco "Insurrexit". Nel libro "Chiavi politiche" (1972) - che riunisce un'intervista a Sàbato a scritti vari in cui affermò le sue posizioni politiche - lo scrittore riassume lo sviluppo del suo impegno politico giovanile. Ernesto Sàbato ricorda il suo passaggio al comunismo come un momento molto difficile della sua vita, una specie di sorso amaro mandato giù negli anni della sua gioventù . Ma torniamo a dargli la parola:
"Io sono passato attraverso esperienze molto dure nel corso della mia gioventù, una di queste, anzi la più sofferta è stata la mia esperienza di comunista; l'ho vissuta con fede, vi ho lasciato molti amici (che curiosamente continuano ad essere amici anche oggi, nonostante le divergenze), vi ho conosciuto degli autentici santi (sì, conobbi anche orribili burocrati, ma anche dei santi). Io abbandonai il movimento comunista quando iniziarono i "Processi di Mosca" e quando compresi che la mia illusione di creare una società futura basata sulla giustizia sociale, in cui tanta parte dovevano avere la libertà e lo spirito critico, era destinata al fallimento." (5)
Quest'unità fra libertà e giustizia sociale che Sàbato pretende per una società più degna, è alla base del suo allontanamento dal movimento comunista e sembra essere un'eco di quella famosa sentenza pronunciata da Michail Bakunin più di cent'anni prima, in cui definiva l'anarchia in qualche modo come la complementarietà indissolubile fra la libertà e l'uguaglianza economica. Rispetto a ciò, lo stesso Sàbato commenta:
"...voglio la giustizia sociale nella libertà, perché la mia esperienza è stata tragica, questa esperienza così romantica che abbiamo vissuto quando ci avvicinammo alla Rivoluzione Russa. Esperienza tragica significa che, se non si unisce la libertà alla giustizia sociale, tutto naufraga, e naufraga tragicamente... perché allora si sostituisce la schiavitù materiale con la schiavitù spirituale. E non voglio neanche la libertà senza la giustizia sociale, perché allora è apocrifa, è solo per pochi..." (6).
Sàbato si allontana in modo netto dal partito comunista quando si trova a Bruxelles, verso il 1934, per partecipare ad un congresso internazionale contro la guerra e il fascismo, che si celebrava nella capitale belga. Partecipava a questo congresso come delegato della Federazione Giovanile Comunista Argentina. Dopo questa riunione doveva continuare a viaggiare per l'URSS, dove avrebbe avuto l'opportunità di restare per diverso tempo nelle scuole leniniste. I dubbi che iniziarono ad insinuarsi nel giovane Sàbato gli avrebbero fatto abbandonare la causa del socialismo totalitario nel preciso momento in cui gli si aprivano le porte della cosiddetta "patria del socialismo", cioè l'Urss. Lasciamo che sia lo stesso Sàbato a raccontarci quanto successe in quel periodo chiave della sua vita:
"...io arrivavo con grandi dubbi, di tipo politico (a causa della politica di Stalin) e anche di tipo filosofico...In questo congresso entrai in contatto diretto con uno che era il segretario della gioventù comunista francese; dormimmo nella stessa stanza ed avemmo modo di discutere a fondo; non dico che fosse in mala fede; difendeva strenuamente quei punti di vista in cui credeva in modo dogmatico, ma io avevo già abbandonato queste convinzioni" (7).
Sàbato "scappa", invece di andare in Unione Sovietica va a Parigi. Nella capitale francese deve sopportare una vita penosa che dura alcuni mesi, senza documenti, né soldi. Può far fronte a questa situazione in un primo momento grazie ad un portinaio della Scuola Normale Superiore che l'ospitò nella sua camera. "Il mio passaggio è stato molto doloroso; il mondo mi si apriva sotto i piedi", ha dichiarato l'autore di "Sobre héróes y tumbas" ("Sopra eroi e tombe"), riferendosi a questa tappa della sua storia personale.
Il saggio "Hombres y engranajes" ("Uomini e ingranaggi") (1951) riflette questa fase : "è una specie di documento spirituale sul fatto che io ho abbandonato il movimento comunista". Il suo allontanamento dal bolscevismo non implicò la rinuncia al sogno di un mondo perfezionabile. Ritornando in qualche modo ai suoi inizi anarchici, Sàbato mostrerà d'ora in avanti sempre più le sue simpatie per i fondamenti di un socialismo libertario e non dogmatico. In questo senso, ad esempio si devono intendere le sue parole d'elogio nei confronti dei kibbutz israeliani.

La lezione dei kibbuzim
Vediamo così che nel n°10 della rivista "Raíces" ("Radici") (settembre 1969), pubblicata a Buenos Aires da un gruppo della comunità ebraica locale, Sàbato tiene un'apologia del comunismo anarchico. Nella citata pubblicazione, appare un'intervista al romanziere e saggista dopo la sua visita in Israele. Riportiamo una parte di questa intervista.
Alla domanda del giornalista: "Ha appena menzionato i kibbuzim. Ha avuto l'opportunità di conoscerli? Che ne pensa?" Sàbato dà la seguente risposta: "Siamo stati nel Kibbutz Guinosar, nel nord, sulla costa del Mare di Galilea. Potete immaginare l'emozione che ho provato quel giorno nella terra di Galilea, dove ogni passo ricorda il Vangelo: Canaa, Nazareth, Magdala, Caphemaun... Dopo aver visitato i luoghi sacri della cristianità, siamo andati al Kibbutz per passarvi la notte. E abbiamo avuto la fortuna di ascoltare dallo stesso segretario la storia di questo kibbutz di pionieri, messo su con sangue, sudore e lacrime a partire dal 1934. So bene che questo tipo di comune sorse quasi come una necessità storica in quelle giornate di pionieri, di giovani animati da una fede incrollabile, da un coraggio oscuro e quotidiano e da una condizione umana così generosa che sembra essere possibile solo nelle utopie. Allora il comunismo anarchico (uso l'espressione tecnica, tradizionale, che corrisponde a un comunismo antistatale e antitotalitario, non come volgarmente si crede come sinonimo di disordine; dobbiamo riaffermare il senso grande, responsabile e generoso della parola "anarchia", così come fu concepita da chi ne espose la dottrina, non come fu usata nel senso peggiorativo e stupido dai suoi nemici), il comunismo anarchico, come dicevo, non si è prodotto a mio giudizio, come là in forma più pura ed esemplare (8). Una dimostrazione, d'altra parte, che questa "utopia" è possibile. E ciò acquista oggi un valore incalcolabile, quando il mondo sembra abbandonarsi ad un'orgia di sangue e alle dittature, e quando il disastro spirituale rappresentato nella sua forma estrema degli Stati Uniti, si contrappone ad un altro disastro, forse più doloroso, per il fatto di aver ispirato tante illusioni: quello della Russia Sovietica. Sarebbe auspicabile che i kibbuzim riuscissero a superare i tremendi problemi con cui si trovano a fare i conti e che non soccombessero per la tentazione di trasformare questa comunità in un'impresa tecnica e capitalistica... cosa che rovinerebbe irrimediabilmente l'esperimento. In ogni caso, ammesso anche che si arrivi al suo fallimento, sarà comunque il passo più audace sperimentato dall'uomo del nostro tempo per la costruzione di un uomo veramente nuovo."

Comportamenti contraddittori
In certe occasioni, e da diversi settori, si è rimproverato a Sàbato di non essere coerente con le sue dichiarazioni e coi suoi atteggiamenti. Lo stesso José Fernandez ha discusso con Ernesto Sàbato, per esempio, sulla sua posizione rispetto al peronismo. Fernandez attribuisce a Sàbato un attenuarsi di quella forte critica sociale che caratterizzò lo scrittore nei confronti del fenomeno peronista. A queste critiche, che gli attribuiscono un certo carattere "accomodaticcio" di fronte alle mutate circostanze socio-politiche, Sàbato si è difeso appellandosi al carattere contraddittorio dell'essere umano e alla buona fede che lo anima al di là della possibilità di commettere degli errori. Queste questioni devono essere trattate più dettagliatamente e speriamo di poterlo fare in un'altra occasione. Ernesto Sàbato, per il fatto di essere un uomo, non può sfuggire al destino proprio degli umani, così ben definito da Rafael Barrett - questo apostolo libertario e geniale scrittore che ha lasciato le sue tracce in molti pensatori e letterati rioplatesi, tra i quali lo stesso Sàbato. L'autore di "Moralità attuali" seppe dire che l'avventura umana era un'immensa storia di miserie e sogni. Gli ideali sublimi e l'insieme delle manifestazioni che aspirano ad una vita più degna si alzano fra queste tensioni come "grida uscite dalla nostra carne nuda" (per esprimersi coi termini di Barrett). Il lascito letterario di Sàbato fa parte di queste grida.
Concludiamo quest'articolo così come lo abbiamo iniziato, cedendo la parola alla persona che abbiamo preso in esame, perché ci parli in questo caso del motore ultimo dei suoi atti, della sua etica e dei suoi impulsi.
"...non so bene perché ho fatto le cose che ho fatto, sono stato molto irregolare, la mia vita è irregolare.." (9)
"...il mio spirito è stato sempre un campo di battaglia.." (10)
"...io sono stato sempre come al centro di una disputa fra potenze... i miei libri non sono che discussioni con me stesso..." (11)
"...prima della parola morale, ammesso che mi vogliano affibbiarne una, io vi ringrazierei se mi aggiudicaste la parola autenticità. Ho cercato di essere autentico; è anche difficile riuscire ad esserlo. Molte volte ci sorprendiamo in atti di inautenticità..." (12)
"Ho cercato, per quanto possibile (è molto difficile farlo sempre) di difendere chi è allo sbando. Sono sempre stato contro l'ingiustizia sociale. Ho odiato ogni tipo di dittatura. Sono sempre stato dalla parte delle grandi cause che si sono prodotte nella storia dell'umanità. Ricordo ancora il fervore, quando ero ragazzino, per le strade di La Plata, nelle manifestazioni che facevamo per Sacco e Vanzetti, e per Sandino." (13)

traduzione di Fernanda Hrelia

1) In questa stessa lettera dimostra anche di essere orgoglioso e contento di sentirsi anarchico e del fatto di aver mantenuto un dialogo con gente della Federazione Libertaria Argentina (FLA), a cui riconferma il fatto di trovarsi a studiare i pensatori libertari a partire da Pierre Proudhon per arrivare fino agli attuali.
2) Sàbato oral, Madrid, Istituto di Cooperazione Iberoamericana, 1984; p. 26
3) Op. cit., p. 59
4) Op. cit., pp. 26-27
5) Op. cit., pp. 33-34
6) Op. cit., p. 35
7) Op. cit ., p.34
8) Sicuramente in quest'occasione, Sàbato non ricorda o ignora l'esperienza dei libertari spagnoli durante gli anni 1936-39.
9) Sàbato oral., p. 53
10) Op. cit., p. 59
11) Op. cit., p. 59
12) Op. cit., p. 76
13) Op. cit., p. 75