Rivista Anarchica Online
Sabato libertario
di Ricardo Accurso
La biografia umana, letteraria e politica di Ernesto Sàbato, uno dei più noti intellettuali
argentini e latino-
americani. La tensione libertaria, l'anarchismo cristiano, l'impegno a favore degli emarginati
"...lotterò fino alla fine...per una società migliore. Ci sono crisi
nelle ideologie, ma non ci possono né ci devono
essere crisi di ideali. Da tempo sono tornato a leggere i grandi socialisti libertari del secolo scorso, e altri del
nostro tempo.(...) Mi considero una specie di anarchico-cristiano" (lettera di Ernesto Sàbato a
José Fernandez,
gennaio 1992).
In recenti interviste televisive, radiofoniche o pubblicate dalla stampa, lo scrittore argentino Ernesto
Sàbato ha
manifestato le sue simpatie o la sua diretta identificazione con le tesi essenziali dell'anarchia. Quindi, quelli che
- a nostro giudizio - sono i due più grandi scrittori e anche pensatori nella storia argentina, sono stati
attratti
dall'idea libertaria. Ci riferiamo concretamente ad Ernesto Sàbato, certo, e allo scomparso Jorge Luis
Borges.
Questi, si autodefinì un "anarchico silenzioso". Nel caso di Sàbato, una fonte inestimabile per
conoscere il suo
rapporto con l'anarchia è costituita dalla corrispondenza col veterano e paradigmatico militante
libertario José
Fernandez (che vive in un piccolo villaggio del nord est della provincia di Buenos Aires, chiamato Vina , a 150
chilometri dalla città di Rosario). Un brano della sua ultima lettera a Fernandez, chiamato il
"Socrate di Vina", per la sua saggezza e per l'etica
delle sue posizioni, è riprodotta nella citazione con cui si apre quest'articolo. Nella lettera, scritta da
Santos
Lugares (località vicina alla città di Buenos Aires), e che risale al gennaio di quest'anno,
Sàbato testimonia
chiaramente le sue affinità con l'ideale libertario. Confessa di essersi dichiarato seguace dell'ideale
anarchico
nelle interviste rilasciate ai giornalisti dei più diversi mezzi di comunicazione. L'interesse per
Sàbato aumentò
e il numero delle interviste si intensificò a partire dalla metà del 1991 quando, cioè,
lo scrittore compì 80 anni.
Riproduciamo qui ora, quasi per intero la lettera citata. "Lei, carissimo José, è sempre tanto
generoso con me, ricordandomi sempre e dandomi coraggio. Per quanto
riguarda le "Memorie", o come si intitoleranno (Sàbato si riferisce alla stesura della sua biografia), tutto
dipende
dal poco tempo che ancora mi rimane..."(...)"..lotterò fino alla fine, lei lo sa, lei mi conosce, per una
società
migliore. Ci sono crisi nelle ideologie, ma non ci possono, né ci devono essere crisi di
ideali (è l'autore
dell'articolo che sottolinea il passo, n.d.t.). Da tempo sono tornato a leggere i grandi socialisti libertari del secolo
scorso, e altri del nostro tempo. Ho detto questo nell'intervista apparsa su "La Naciòn"
(importante quotidiano
di Buenos Aires, fondato nella seconda metà del 1800 da Bartolomé Mitré, presidente
della repubblica dal 1862
al '68). Non so se lei ha letto, fra gli altri articoli, il servizio di una pagina intera che questo quotidiano mi ha
dedicato, quando compii 80 anni, lo scorso 24 giugno. Mi considero una specie di anarchico-cristiano. Le mando
un abbraccio fraterno e tutta la mia ammirazione.
Ernesto Sàbato Santos Lugares, gennaio 1992" (1)
Non è recente il rapporto di Ernesto Sàbato con l'anarchia. Se leggiamo con attenzione la
lettera che abbiamo
riportato, potremmo notare che dice come "già da molto tempo sono tornato a leggere i grandi socialisti
libertari". Ciò indica che ha ripreso una lettura che era già iniziata precedentemente negli anni
e dalla quale poi
si era allontanato. La corrispondenza fra José Fernandez e Sàbato (iniziata circa nel 1956 su
iniziativa di
Fernandez) testimonia l'avvicinamento del famoso scrittore al mondo dell'idea libertaria. Nel corso di questo
scambio epistolare (a volte più spaziato nel tempo, e in certe occasioni più fitto), in diverse
occasioni Sàbato
dichiarò di essere un simpatizzante dell'anarchia. E lo fece anche durante alcuni incontri personali con
Fernandez.
Con profondo amore L'avvicinamento di Ernesto Sàbato all'anarchia
risale ai tempi della sua adolescenza, quand'era studente a La
Plata (capitale della provincia di Buenos Aires), cioè pressapoco nel 1929. Nella controcopertina del
n.°49 di
"Guàngara Libertaria" (inverno 1992) - pubblicazione stampata dagli anarchici cubani
esuli anticastristi nello
stato della Florida, negli U.S.A. - è inserita una dichiarazione dello scrittore, in cui ricorda le origini
del suo
legame con l'anarchia. "Ora che sono vecchio mi sento ancora più anarchico di quando ero giovane.
Mi influenzarono soprattutto gli
anarchici italiani e spagnoli che si trovavano a La Plata quando ero studente. La maggioranza erano come dei
santi laici, atei sul tipo spagnolo, cioè, atei grazie a dio. Era gente che voleva giustizia, libertà,
e che le piccole
città fossero governate dagli abitanti, e possibilmente senza alcun apparato di polizia. Ora che sono
vecchio
credo più fortemente in questi ideali che, del resto, non ho mai abbandonato." In occasione di un
omaggio che gli fu reso nel giugno del 1984, organizzato dall'Istituto di Cooperazione
Iberoamericano a Madrid, aveva già dichiarato che negli anni studenteschi aveva partecipato (a La
Plata) a
quelle manifestazioni per la libertà di Sacco e Vanzetti, mettendosi in contatto con gli anarchici di La
Plata. In
questa occasione ricordò soprattutto gli anarchici di origine spagnola che aveva conosciuto ai tempi
della sua
adolescenza. Disse testualmente: "C'erano molti spagnoli fra loro (si riferisce agli anarchici di La Plata), che
ricordo con profondo amore" (2). E aggiunse: "(già da bambino) non potevo sopportare l'ingiustizia
della
società; per questa ragione mi schierai con gli anarchici (fra i quali c'erano molti vecchi spagnoli, che
ricordo
con amore: catalani, galiziani, castigliani), volli schierarmi con il mondo ideale della giustizia e col movimento
rivoluzionario." (3)
Comunista però... Questa esperienza libertaria, iniziata così
precocemente da Sàbato, si interromperà ai tempi della sua più piena
gioventù con l'adesione al partito comunista argentino. Ma lasciamo parlare lo stesso Sàbato:
"Poi alcuni amici mi convinsero - evidentemente avevano molta capacità di persuasione - che io
non ero che
un utopista e che bisognava cercare la realtà seguendo la via del comunismo e della dittatura del
proletariato.
Così entrai nel movimento comunista, e sono stato un militante per quasi cinque anni, un militante
attivo; ho
sempre detestato per motivi spirituali, non politici, i comunisti di salotto, così come ho sempre
rispettato,
nonostante la divergenza di idee, quanti hanno subíto la tortura e la morte, e c'è soprattutto un
uomo che non
posso fare a meno di ricordare con profonda emozione, il mio compatriota Ernesto Guevara..."(4). In effetti,
nei primi anni degli anni '30 Sàbato divenne un attivista fra i più impegnati nel movimento
giovanile
comunista e nel movimento studentesco "Insurrexit". Nel libro "Chiavi politiche" (1972) - che
riunisce
un'intervista a Sàbato a scritti vari in cui affermò le sue posizioni politiche - lo scrittore
riassume lo sviluppo
del suo impegno politico giovanile. Ernesto Sàbato ricorda il suo passaggio al comunismo come un
momento
molto difficile della sua vita, una specie di sorso amaro mandato giù negli anni della sua
gioventù . Ma torniamo
a dargli la parola: "Io sono passato attraverso esperienze molto dure nel corso della mia gioventù,
una di queste, anzi la più
sofferta è stata la mia esperienza di comunista; l'ho vissuta con fede, vi ho lasciato molti amici (che
curiosamente continuano ad essere amici anche oggi, nonostante le divergenze), vi ho conosciuto degli autentici
santi (sì, conobbi anche orribili burocrati, ma anche dei santi). Io abbandonai il movimento comunista
quando
iniziarono i "Processi di Mosca" e quando compresi che la mia illusione di creare una società futura
basata sulla
giustizia sociale, in cui tanta parte dovevano avere la libertà e lo spirito critico, era destinata al
fallimento." (5) Quest'unità fra libertà e giustizia sociale che Sàbato pretende per
una società più degna, è alla base del suo
allontanamento dal movimento comunista e sembra essere un'eco di quella famosa sentenza pronunciata da
Michail Bakunin più di cent'anni prima, in cui definiva l'anarchia in qualche modo come la
complementarietà
indissolubile fra la libertà e l'uguaglianza economica. Rispetto a ciò, lo stesso Sàbato
commenta: "...voglio la giustizia sociale nella libertà, perché la mia esperienza è
stata tragica, questa esperienza così
romantica che abbiamo vissuto quando ci avvicinammo alla Rivoluzione Russa. Esperienza tragica significa
che, se non si unisce la libertà alla giustizia sociale, tutto naufraga, e naufraga tragicamente...
perché allora si
sostituisce la schiavitù materiale con la schiavitù spirituale. E non voglio neanche la
libertà senza la giustizia
sociale, perché allora è apocrifa, è solo per pochi..." (6). Sàbato si allontana
in modo netto dal partito comunista quando si trova a Bruxelles, verso il 1934, per
partecipare ad un congresso internazionale contro la guerra e il fascismo, che si celebrava nella capitale belga.
Partecipava a questo congresso come delegato della Federazione Giovanile Comunista Argentina. Dopo questa
riunione doveva continuare a viaggiare per l'URSS, dove avrebbe avuto l'opportunità di restare per
diverso
tempo nelle scuole leniniste. I dubbi che iniziarono ad insinuarsi nel giovane Sàbato gli avrebbero fatto
abbandonare la causa del socialismo totalitario nel preciso momento in cui gli si aprivano le porte della
cosiddetta "patria del socialismo", cioè l'Urss. Lasciamo che sia lo stesso Sàbato a raccontarci
quanto successe
in quel periodo chiave della sua vita: "...io arrivavo con grandi dubbi, di tipo politico (a causa della politica
di Stalin) e anche di tipo filosofico...In
questo congresso entrai in contatto diretto con uno che era il segretario della gioventù comunista
francese;
dormimmo nella stessa stanza ed avemmo modo di discutere a fondo; non dico che fosse in mala fede; difendeva
strenuamente quei punti di vista in cui credeva in modo dogmatico, ma io avevo già abbandonato queste
convinzioni" (7). Sàbato "scappa", invece di andare in Unione Sovietica va a Parigi. Nella capitale
francese deve sopportare una
vita penosa che dura alcuni mesi, senza documenti, né soldi. Può far fronte a questa situazione
in un primo
momento grazie ad un portinaio della Scuola Normale Superiore che l'ospitò nella sua camera. "Il mio
passaggio
è stato molto doloroso; il mondo mi si apriva sotto i piedi", ha dichiarato l'autore di "Sobre
héróes y tumbas"
("Sopra eroi e tombe"), riferendosi a questa tappa della sua storia personale. Il saggio "Hombres y
engranajes" ("Uomini e ingranaggi") (1951) riflette questa fase : "è una specie di
documento spirituale sul fatto che io ho abbandonato il movimento comunista". Il suo allontanamento dal
bolscevismo non implicò la rinuncia al sogno di un mondo perfezionabile. Ritornando in qualche modo
ai suoi
inizi anarchici, Sàbato mostrerà d'ora in avanti sempre più le sue simpatie per i
fondamenti di un socialismo
libertario e non dogmatico. In questo senso, ad esempio si devono intendere le sue parole d'elogio nei confronti
dei kibbutz israeliani.
La lezione dei kibbuzim Vediamo così che nel n°10 della rivista
"Raíces" ("Radici") (settembre 1969), pubblicata a Buenos Aires da un
gruppo della comunità ebraica locale, Sàbato tiene un'apologia del comunismo anarchico. Nella
citata
pubblicazione, appare un'intervista al romanziere e saggista dopo la sua visita in Israele. Riportiamo una parte
di questa intervista. Alla domanda del giornalista: "Ha appena menzionato i kibbuzim. Ha avuto
l'opportunità di conoscerli? Che
ne pensa?" Sàbato dà la seguente risposta: "Siamo stati nel Kibbutz Guinosar, nel nord, sulla
costa del Mare di
Galilea. Potete immaginare l'emozione che ho provato quel giorno nella terra di Galilea, dove ogni passo ricorda
il Vangelo: Canaa, Nazareth, Magdala, Caphemaun... Dopo aver visitato i luoghi sacri della cristianità,
siamo
andati al Kibbutz per passarvi la notte. E abbiamo avuto la fortuna di ascoltare dallo stesso segretario la storia
di questo kibbutz di pionieri, messo su con sangue, sudore e lacrime a partire dal 1934. So bene che questo tipo
di comune sorse quasi come una necessità storica in quelle giornate di pionieri, di giovani animati da
una fede
incrollabile, da un coraggio oscuro e quotidiano e da una condizione umana così generosa che sembra
essere
possibile solo nelle utopie. Allora il comunismo anarchico (uso l'espressione tecnica, tradizionale, che
corrisponde a un comunismo antistatale e antitotalitario, non come volgarmente si crede come sinonimo di
disordine; dobbiamo riaffermare il senso grande, responsabile e generoso della parola "anarchia", così
come
fu concepita da chi ne espose la dottrina, non come fu usata nel senso peggiorativo e stupido dai suoi nemici),
il comunismo anarchico, come dicevo, non si è prodotto a mio giudizio, come là in forma
più pura ed esemplare
(8). Una dimostrazione, d'altra parte, che questa "utopia" è possibile. E ciò acquista oggi un
valore incalcolabile,
quando il mondo sembra abbandonarsi ad un'orgia di sangue e alle dittature, e quando il disastro spirituale
rappresentato nella sua forma estrema degli Stati Uniti, si contrappone ad un altro disastro, forse più
doloroso,
per il fatto di aver ispirato tante illusioni: quello della Russia Sovietica. Sarebbe auspicabile che i kibbuzim
riuscissero a superare i tremendi problemi con cui si trovano a fare i conti e che non soccombessero per la
tentazione di trasformare questa comunità in un'impresa tecnica e capitalistica... cosa che rovinerebbe
irrimediabilmente l'esperimento. In ogni caso, ammesso anche che si arrivi al suo fallimento, sarà
comunque
il passo più audace sperimentato dall'uomo del nostro tempo per la costruzione di un uomo veramente
nuovo." Comportamenti contraddittori In certe occasioni, e da diversi
settori, si è rimproverato a Sàbato di non essere coerente con le sue dichiarazioni
e coi suoi atteggiamenti. Lo stesso José Fernandez ha discusso con Ernesto Sàbato, per esempio,
sulla sua
posizione rispetto al peronismo. Fernandez attribuisce a Sàbato un attenuarsi di quella forte critica
sociale che
caratterizzò lo scrittore nei confronti del fenomeno peronista. A queste critiche, che gli attribuiscono
un certo
carattere "accomodaticcio" di fronte alle mutate circostanze socio-politiche, Sàbato si è difeso
appellandosi al
carattere contraddittorio dell'essere umano e alla buona fede che lo anima al di là della
possibilità di commettere
degli errori. Queste questioni devono essere trattate più dettagliatamente e speriamo di poterlo fare in
un'altra
occasione. Ernesto Sàbato, per il fatto di essere un uomo, non può sfuggire al destino proprio
degli umani, così
ben definito da Rafael Barrett - questo apostolo libertario e geniale scrittore che ha lasciato le sue tracce in molti
pensatori e letterati rioplatesi, tra i quali lo stesso Sàbato. L'autore di "Moralità attuali" seppe
dire che
l'avventura umana era un'immensa storia di miserie e sogni. Gli ideali sublimi e l'insieme delle manifestazioni
che aspirano ad una vita più degna si alzano fra queste tensioni come "grida uscite dalla nostra carne
nuda" (per
esprimersi coi termini di Barrett). Il lascito letterario di Sàbato fa parte di queste grida.
Concludiamo quest'articolo così come lo abbiamo iniziato, cedendo la parola alla persona che
abbiamo preso
in esame, perché ci parli in questo caso del motore ultimo dei suoi atti, della sua etica e dei suoi impulsi.
"...non so bene perché ho fatto le cose che ho fatto, sono stato molto irregolare, la mia vita
è irregolare.." (9) "...il mio spirito è stato sempre un campo di battaglia.." (10) "...io
sono stato sempre come al centro di una disputa fra potenze... i miei libri non sono che discussioni con
me stesso..." (11) "...prima della parola morale, ammesso che mi vogliano affibbiarne una, io vi ringrazierei
se mi aggiudicaste
la parola autenticità. Ho cercato di essere autentico; è anche difficile riuscire ad esserlo. Molte
volte ci
sorprendiamo in atti di inautenticità..." (12) "Ho cercato, per quanto possibile (è molto
difficile farlo sempre) di difendere chi è allo sbando. Sono sempre
stato contro l'ingiustizia sociale. Ho odiato ogni tipo di dittatura. Sono sempre stato dalla parte delle grandi
cause che si sono prodotte nella storia dell'umanità. Ricordo ancora il fervore, quando ero ragazzino,
per le
strade di La Plata, nelle manifestazioni che facevamo per Sacco e Vanzetti, e per Sandino." (13)
traduzione di Fernanda Hrelia
1) In questa stessa lettera dimostra anche di essere orgoglioso e contento di sentirsi
anarchico e del fatto di aver mantenuto un dialogo
con gente della Federazione Libertaria Argentina (FLA), a cui riconferma il fatto di trovarsi a studiare i
pensatori libertari a partire
da Pierre Proudhon per arrivare fino agli attuali. 2) Sàbato oral,
Madrid, Istituto di Cooperazione Iberoamericana, 1984; p. 26 3) Op. cit.,
p. 59 4) Op. cit., pp. 26-27 5) Op. cit.,
pp. 33-34 6) Op. cit., p. 35 7) Op. cit
., p.34 8) Sicuramente in quest'occasione, Sàbato non ricorda o
ignora l'esperienza dei libertari spagnoli durante gli anni 1936-39. 9)
Sàbato oral., p. 53 10) Op. cit., p. 59 11) Op. cit., p. 59 12) Op. cit., p. 76 13) Op. cit., p. 75
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