Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 196
dicembre 1992 - gennaio 1993


Rivista Anarchica Online

Se non ora, quando?
di Zarabazà

Quest'ultimo decennio del '900 pare destinato a riproporre i peggiori spettri del secolo. Credevamo sepolti ma non dimenticati l'orrore nazista e l'inferno stalinista, pensavamo di poter relegare nel passato i nazionalismi e le guerre. All'alba del nuovo millennio il sogno che la cultura della convivenza e della libertà fosse ormai una vivida e feconda realtà pareva sul punto di realizzarsi, almeno in questa nostra vecchia Europa.
Inutile dirlo: ci siamo sbagliati. A due passi da noi, nella ex-Jugoslavia migliaia e migliaia di persone sono state uccise, straziate, torturate; altre migliaia hanno perso tutto: casa, lavoro, dignità. Serbi, croati e musulmani uccidono, distruggono, saccheggiano e definiscono ciò con termini tanto più orrendi quanto più asettici: operazione di pulizia etnica. Termini tanto più sinistri quanto più echeggiano la soluzione finale che nella Germania nazista segnò lo sterminio di milioni di ebrei, zingari e minoranze. Oggi che la Germania è un paese in cui gli ebrei morti sono assai più dei vivi, i nuovi nazisti si accaniscono contro i cimiteri israeliti, ne profanano le tombe, riaprendo piaghe che erano ben lungi dall'essere sanate. Nuove vittime si profilano all'orizzonte: rifugiati ed immigrati, poveracci fuggiti dai loro paesi in cerca di un'opportunità di vita, vengono aggrediti, picchiati, terrorizzati.
Troppo facile dire che si tratta di poche centinaia di esaltati, quando certi episodi avvengono sotto gli occhi di tanta gente perbene che tacitamente approva. Forse è vero che in Germania così come in Francia e in Italia i nazisti sono pochi, purché non divenga un alibi, poiché il germe del razzismo attecchisce nei modi più inaspettati. La paura del diverso, il disprezzo per chi non è come noi serpeggia ovunque. In queste nostre società democratiche libertà, uguaglianza e rispetto della diversità sono valori da sbandierare nelle manifestazioni ufficiali di propaganda, che vengono accantonati e vilipesi non appena si spengono i riflettori dei media.
Troppo spesso si vuole che dimentichiamo che in una società basata sul privilegio, le differenze vere non sono tra bianchi, neri e gialli ma tra chi opprime e chi è oppresso, tra chi ha troppo e chi non ha nulla, tra chi decide e chi no. I sistemi democratici hanno fallito, perché si sono ridotti a mero meccanismo di regolazione del ricambio delle élite, cancellando nei fatti ogni sovranità del popolo.
Solo il diffondersi di una cultura della libertà, potrà far sì che la diversità etnica e non, venga considerata un valore importante. Il dominio si fonda sull'uniformità e mira ad eliminare ogni differenza, rendendola simile a sé o emarginandola. In una cultura che ha nella libertà il suo fulcro, al contrario, la valorizzazione di ogni diversità è considerata garanzia di arricchimento culturale e di difesa contro ogni tentativo di appiattimento del corpo sociale.
Una società libera è tale perché salvaguarda le differenze, consentendo a ciascuno di avere il proprio spazio: il termine libertà è facile da pronunciare, difficile da vivere concretamente. Non si possono amare soltanto le differenze che ci piacciono, le anomalie divertenti, le simpatiche stranezze: occorre sperimentare la possibilità del dialogo, il rischio dell'incontro. La via della libertà e della convivenza è ardua, poiché richiede un forte impegno a tutti, un impegno che in quest'oscura fine di secolo non può essere rimandato o delegato ad altri. Oggi più che mai occorre chiedersi come i personaggi di un celebre romanzo di Primo Levi: se non ora quando? Se non io, chi per me?

Zarabazà,
(foglio anarchico torinese)