Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 22 nr. 196
dicembre 1992 - gennaio 1993


Rivista Anarchica Online

Vecchie distinzioni e nuovi trasformismi
di Carlo Oliva

Anni di cambiamento, questi anni '90. Annunciati dalla caduta del muro di Berlino, hanno sconvolto, oltre alla carta geografica, abitudini, costumi e valori, particolarmente a livello politico. Ci hanno insegnato a riverire il nuovo che avanza, a non adagiarci sulle consuetudini, a disprezzare un poco chi si ostina a farlo, a non dar niente per garantito.
A fare a meno dell'Unione Sovietica (e passi), dell'assistenza sanitaria, delle pensioni di anzianità, del voto proporzionale (per chi votava), delle aziende pubbliche e della distinzione tra destra e sinistra. Di quest'ultimo feticcio di un modo superato di far politica, a dire il vero, non ci siamo ancora sbarazzati del tutto. Ma manca poco. Ormai, a difendere la necessità di un impegno a sinistra sono pochi, e altamente sospetti (l'ultimo a impegnarsi in merito è stato, figuriamoci, Craxi) e a spiegarci che la sinistra non c'è (e la destra, di conseguenza, neanche) sono parecchi. E' un argomento prediletto dei vari pattisti e trasversalisti, dei Segni, dei Bianco, degli Ayala, dei Martelli, dei Pannella e dei Rutelli, dei fautori del partito che non c'è e di quello che dovrebbe esserci, delle reti e delle liste per, dei rinnovatori e dei riciclatori. E, a quanto pare, costoro trovano orecchie attente in ogni settore dello schieramento ideologico, se anche sul penultimo numero di "A" si poteva leggere una esortazione, altrettanto convinta, sia pure diversamente motivata, a fare a meno di quelle superatissime categorie.

Una certa utilità
Ma sì, in fondo, chi ce lo vieta ? Che quella di sinistra sia una definizione affatto estrinseca, poco più di una metafora, lo sappiamo tutti. Non occorre essere dei grandi studiosi per sapere che deriva semplicemente dalla collocazione (spaziale, non ideale) dei deputati rispetto alla presidenza nelle assemblee legislative, e risale ai tempi della Rivoluzione Francese. Ora, quelle spaziali sono categorie eminentemente relative, e questo può renderle particolarmente utili ai fini di metafora politica. Ci sarà ben un motivo se non ha avuto altrettanta fortuna storica la metafora giacobina, sempre riferita alla collocazione parlamentare, di "montagna" e "palude", e se in Sudamerica non si usa più certamente la distinzione tra "blancos" e "colorados" che, pure, dominò per circa un secolo le vicende politiche di molti paesi di quel continente, perdendo via via ogni riferimento all'originaria connotazione razziale.
Erano coppie di termini, diciamo così, descrittivi, legati a circostanze particolari, mentre ognun sa che "destra" e "sinistra" esprimono semplicemente la propria contrapposizione, dal che deriva una flessibilità d'uso in cui sta probabilmente la chiave della diffusione del loro impiego. Questo, naturalmente, significa che vanno utilizzate con molta cautela per definire dei valori che si intende considerare assoluti. Insomma. Chiunque può essere, spazialmente e metaforicamente, a sinistra di qualcuno e a destra di qualcun altro e tra la sinistra di un partito di destra e la destra di un partito di sinistra dovrebbe esserci più contiguità che tra due partiti uno più a sinistra (o più a destra) dell'altro: in fondo, in questo consiste la tragedia storica delle socialdemocrazie. Chi invece vorrà affermare di essere solo ed esclusivamente di sinistra (o di destra) si caccerà fatalmente in un deplorevole vicolo chiuso, come è successo a certe tendenze estremizzanti, anarchismo compreso.
E allora come si fa ? Forse è meglio davvero farci una croce sopra. Purtroppo, neanche quella di farci una croce sopra è un'operazione ideologicamente neutra, visto che nessuno rinuncia a una distinzione comoda solo perché la trova teoricamente insoddisfacente. Le distinzioni si fanno secondo certi criteri, che spesso sono in correlazione con gli obiettivi e gli interessi di chi le definisce. La distinzione classificatoria degli animali in vertebrati e invertebrati è altrettanto lecita di quella in commestibili e non commestibili, ma è molto probabile che chi adotta la seconda abbia certi specifici fini, di natura gastronomica o commerciale.
Quella tra destra e sinistra si è conservata, dopo la Rivoluzione Francese, perché era comoda per organizzare gli schieramenti tra le forze che appoggiavano e quelle che ostacolavano i programmi che pretendevano di continuare quello rivoluzionario (inteso come l'abolizione di un sistema storico di privilegi e la creazione di una società su basi politiche egualitarie). Il suo perpetuarsi per due secoli significa che quel criterio, mutatis mutandis, ha conservato a lungo una certa utilità. Personalmente, credo che sia ancora utilizzabile con profitto proprio perché, anche se il sistema cui si opponevano i giacobini non esiste più, non mi sembra che l'organizzazione attuale della società sia particolarmente egualitaria, ed è questo un valore cui tengo particolarmente.

Soltanto dei nomi
Tutto ciò non esclude ogni sorta di complicazioni: problemi di definizione operativa degli obiettivi (come funziona, in sostanza, una società democratica? E con quali leggi elettorali?); dilemmi di adeguamento mezzi-fini (è proprio democratico eliminare i nemici della democrazia?); casi di falsa coscienza (io credo che il mio programma politico faccia progredire la democrazia, ma sono un inetto); casi di simulazione (io sostengo che il mio programma politico farà progredire la democrazia, ma sono un mentitore), eccetera.
La lotta politica non è mai facile. Ma nessuna di queste specificazioni esonera veramente dagli obblighi di schieramento. Io posso decidere che la tal forza organizzata con la sinistra non ha più nulla a che fare, in quanto totalmente asservita al padronato o alla plutocrazia internazionale (confesso che un tempo di queste private scomuniche mi dilettavo più del lecito), ma non ho motivo di inferirne che la categoria di "sinistra" in sé abbia cessato di esistere. Se lo faccio, avrò anch'io i miei motivi, e farò meglio a dichiararli. Per esempio, i pattisti/ traversalisti/riciclatori sono in genere personaggi che, provenendo dalla sinistra, hanno deciso di schierarsi a destra e, non desiderando esplicitare questa pur legittima opzione, preferiscono eliminare le categorie attraverso cui la si descrive, che, in fondo, è un'ingegnosa variante di quello che una volta si definiva "opportunismo". Altri (come, a quanto mi è sembrato di capire, fa Andrea Papi sul n. 194 di questa rivista) vogliono dire semplicemente che bisogna considerarsi liberi, d'ora in poi, di cercarsi alleati e compagni di strada in tutto l'arco politico, senza privilegiare delle formazioni ormai degenerate e senza pagare un inutile tributo a vecchi pregiudizi. Un punto di vista lodevole, cui sono disposto a plaudire senza riserve, purché naturalmente gli obiettivi proposti siano a) identificabili e b) compatibili con i miei.
Destra e sinistra, dicevamo dianzi, sono termini che non esprimono altro che la loro reciproca contrapposizione, ma non tutti, in politica, siamo disposti a rinunciare all'idea di contrapposizione. Finché esiste un blocco sociale e politico finalizzato alla conservazione, con tutte le tecniche disponibili, del privilegio economico e della gestione autoritaria della cosa pubblica, la necessità di opporglisi mi sembra abbastanza ragionevole. Il rischio di trovarci fianco fianco di gruppi e persone di cui non apprezziamo l'ideologia e non approviamo l'articolazione tattica è meno grave di quello di allearci, in nome di qualche fumosa "modernità", con chissà chi.
E' vero che il modello consociativo ha una lunga tradizione nel paese, specie al livello dell'amministrazione, ma questo è appunto uno dei motivi per cui il paese va come va. Dal trasformismo non è mai venuto niente di buono. Insomma, i nomi sono soltanto dei nomi, figuriamoci, e nessuno è attaccato alle etichette. Ma se volete proprio convincerci a non dirci più di sinistra, dire che il termine è vecchio non basta. Dovrete esplicitare, con una certa larghezza, criteri e obiettivi. Perché se quel vecchio termine in sé significa poco, non è detto che significhi poco il volersene sbarazzare a tutti i costi.