Rivista Anarchica Online
Parola di sordomuto
In riferimento al recente ingresso, per la prima volta, in Parlamento di un deputato
sordomuto, ho scritto queste
righe come testimonianza delle mie esperienze e per sostenere che, oltre al miglioramento delle condizioni
sociali
ed economiche dei sordi, è fondamentale rispettare e riconoscere la loro cultura "visiva" e la loro lingua
"ufficiale". Sono "sordo profondo" dall'età di due anni in seguito ad una encefalite prodotta dalla
vaccinazione
antivaiolosa. Per la società sono "sordomuto" (Legge 381/1970), termine - secondo me - improprio
in quanto stabilisce una
relazione di complementarietà tra sordità e mutismo. Ho acquistato l'uso della parola con il
metodo "oralista" e
sono addestrato alla "labiolettura". Nel buio della sordità emergono sprazzi di ricordi, quando a
Parigi con Madame Borel iniziai le prime lezioni
(stimolazione/educazione acustico-fonologica) e poi giocavo con i bambini nei prati. Ricordo a Roma le facce
severe ma amorose di mia zia e mia madre che mi insegnavano a parlare, a scrivere, a saper leggere sulle labbra
altrui e a capire il vero concetto e il vero senso delle parole. Dopo le elementari, di cui poco ricordo, alle
scuole medie inferiori i compagni mi volevano bene, ma nelle scuole
superiori iniziai a sentire l'emarginazione e la coscienza di non poter partecipare attivamente alla vita
informativa
e comunicativa degli udenti. All'Università, Facoltà di Scienze biologiche, raggiungo un ottimo
rendimento
intellettivo, cognitivo e linguistico, ma trovo difficoltà a gestire la mia "prestazione fonatoria" (non
porto più le
protesi acustiche), anche perché i miei interessi si rivolgono a un profondo desiderio di conoscenza.
E' un periodo in cui mi isolo, studio, leggo molti testi di fisica, filosofia e biologia. Comincio a sentire in
me un
dissenso verso la biologia "ufficiale," e una ribellione interiore verso tutte le forme di potere, dominio e
discriminazione del più forte sul più debole, non solo tra gli umani, ma anche da parte degli
umani sulla natura
e sugli animali (come nel caso specifico della sperimentazione). Mi laureo con una tesi sui metodi che nella
ricerca scientifica non usino animali. La mia sofferenza e quella di
tutti coloro che sono malati, incompresi, diversi e discriminati, mi insegnano che la fratellanza universale
è l'unica
realizzazione della nonviolenza sulla terra per eliminare la prepotenza, il possesso e la speculazione su qualsiasi
"altro" che sia debole o insicuro o differente. Così divento un "sordo animalista" scavalcando, in
un certo senso, gli ostacoli della mia sordità, per essere
protagonista umano di un processo attivo di cambiamento di vita per tutti gli esseri viventi che soffrono,
vengono
torturati, uccisi e/o sfruttati da esseri umani incoscienti. Inizio anche un lavoro non nel campo della
biologia, ma dell'informatica nella gestione e nel controllo di dati
informativi in una importante società di ingegneria e impiantistica, inserendomi senza problemi
nell'ambiente tra
simpatici colleghi e dirigenti comprensivi. Ora che ho quarant'anni , e già la barba grigia, di queste mie
esperienze
posso dire che, nonostante gli aspetti positivi e fortunati della mia vita, resta anche in me, come in tutti i sordi,
la difficoltà di inserimento nella comunicazione con gli udenti (e anche con i sordi che praticano la
lingua dei
segni, perché le mie "maestre" non me l'hanno insegnata). Esiste una barriera "comunicativa" tra
sordi e udenti. Da una parte, i sordi addestrati alla labiolettura trovano
difficoltà a concentrarsi per capire i collegamenti tra le parole nelle conversazioni e nei dibattiti, mentre
quelli
che usano la lingua dei segni sono emarginati e ambedue tendono a diventare irritabili, diffidenti e antipatici
fino
ad isolarsi, "chiusi" in varie comunità. Dall'altra parte gli udenti si trovano in comprensibile
difficoltà a parlare
con i sordi per evitare di soffrire e/o far soffrire, quasi provando un senso di vergogna di fronte alle urla
incomprensibili dei "sordomuti". Eppure, così come i "normali" fanno uno sforzo per andare
incontro a tutti coloro che hanno handicap, un po' di
pazienza dovrebbe essere dedicata anche ai non udenti, che - privi di sensazioni uditive e di controllo del tono
della propria voce - potenziano al massimo la percezione cinestetico-tattile e le capacità
visivo-gestuali. Spesso i normo-udenti sono indifferenti perché non rispettano e non conoscono i
veri e propri linguaggi spontanei,
naturali, non verbali o comunque "diversi" in quanto espressioni di culture "diverse" sia per quanto riguarda gli
altri umani (come ad esempio la lingua mimico-gestuale degli indiani del Nord-America), ma anche riguardo
ai
vari linguaggi dei non umani. Credo che nessuna lingua (ad es. quella "parlata") sia superiore ad un altra lingua
(ad es. quella "segnica") perché ogni lingua o linguaggio esprime la propria cultura con modalità
diverse. Così la LIS (lingua italiana dei segni) dei sordi profondi, è oggi una lingua a tutti
gli effetti, tutt'ora in fase di
miglioramento della grammatica e della sintassi "spaziale" e di arricchimento del lessico. Pur non essendo
ancora
considerata una lingua nazionale, perché suddivisa in tante lingue regionali con varianti personali,
subisce le
stesse trasformazioni ed evoluzioni di quella verbale, di cui ha già le stesse competenze comunicative
(regole per
costruire frasi) e linguistiche (regole per produrre un numero potenzialmente infinito di frasi corrette). Il
linguaggio gestuale è codice naturale di comunicazione nei primi due anni di vita di qualsiasi bambino,
che
esprime desideri, emozioni e sentimenti con grande varietà di gesti e con la mimica facciale. Nel
bambino sordo
che viene addestrato all'apprendimento oralista, il divieto di usare il linguaggio gestuale, se può rendere
facile la
rieducazione alla parola, può reprimere, fino a creare disturbi, la sua personalità e a volte
può inaridire la sua
spontaneità e spiritualità. Per questo sono favorevole al metodo bimodale-bilingue (LIS,
lingua italiana dei segni + italiano parlato) perché
rispetta e potenzia le tendenze del bambino sordo, metodo sostenuto e promosso in particolare dall'Istituto di
Psicologia del CNR di Roma, il quale studia gli aspetti psico-linguistici della comunicazione visivo-gestuale.
Seguendo e ampliando in più vasti campi tale direzione penso - ed è la mia Utopia - che si
potrà arrivare alla
Comunicazione Totale con una lingua di gesti-segni-suoni accessibile e comprensibile da quanti più
individui
possibili. La Comunicazione Totale rispetta i diritti di umani e non umani, alla diversità,
all'eguaglianza, all'identità e
all'integrità dando a tutti la possibilità di comunicare in modo essenziale e semplice con il
proprio linguaggio
orale, parlato, segnico, mimico-gestuale, sensitivo, scritto, tattilico, braillico, tadomico, ideografico e
pittografico.
La comunicazione essenziale, la comprensione, l'attenzione alla diversità dei linguaggi nella sintesi di
uno, valido
per tutti, ci potrebbero liberare dalle catene dell'esistenza materiale e sollevare in un mondo aereo per un
abbraccio empatico verso tutto ciò che è vita, sensibilità, libertà.
Giovanni Peroncini (Roma)
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