Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 201
giugno 1993 - luglio 1993


Rivista Anarchica Online

Anarchia e cristianesimo
di Mimmo Franzinelli

È uscito in queste settimane il libro «Anarchia e cristianesimo» del francese Jacques Ellul, pubblicato da Elèuthera. Pubblichiamo (quasi integrale) la prefazione del libro a cura di Mimmo Franzinelli, autore di vari studi sulla chiesa ed il clericalismo.

Anarchia e cristianesimo: difficilmente si potrebbero accostare termini così antitetici. Le potenzialità iconoclaste ed anti-istituzionali dell'anarchismo si sono variamente dispiegate - e non solamente a livello teorico - contro il concetto stesso di religione, in quanto esso implica la sottomissione dell'individuo ad una presunta entità superiore e quindi il riconoscimento di un'inevitabile dipendenza gerarchica. Tutta la tradizione libertaria testimonia una continua contestazione nei confronti dei sedicenti rappresentanti della spiritualità cristiana, programmaticamente riassunta dal celebre proposito di impiccare l'ultimo sovrano con le budella dell'ultimo ecclesiastico (ad inizio secolo Elisée Reclus rettificò quel vecchio proposito, ritenendo preferibile operare affinché «né re né prete possano nascere nell'atmosfera purificatrice della novella società»).
Assai diverso il quadro dei rapporti cristianesimo-socialismo: emblematica la rilevante fortuna incontrata, tra Otto e Novecento, dalla mitologia di «Gesù primo socialista», avvalorata dalle fonti più disparate (incluso il foglio anticlericale «L'Asino», sulle cui pagine campeggiava un ascetico Cristo tradito da panciuti ecclesiastici che lo vendevano ai carabinieri come un subdolo sovversivo).

Dai dolciniani a Münzer
Nonostante la strenua lotta ingaggiata nella prima metà del Novecento tra Chiesa e collettivismo, anche nel nostro Paese non sono mancati tentativi di conciliare cattolicesimo e comunismo: dai gruppi della Sinistra Cristiana nei primi anni Quaranta sino agli ultimi bagliori di catto-comunismo nel periodo del «compromesso storico» berlingueriano, passando, negli ambienti della sinistra extraparlamentare, per il movimento dei Cristiani per il Socialismo, spiccatamente orientato in senso evangelico e marxista-terzomondista.
A livello di riflessione filosofica, Ernst Bloch ha scommesso sulla possibilità che dal cristianesimo possa scaturire il principio della speranza, in grado di unirsi proficuamente con le aspettative del marxismo e ribaltare così gli assetti del potere.
Ebbene, relativamente all'anarchismo non risulta si siano mai prospettate organiche ipotesi di fusione col pensiero cristiano. Mikhail Bakunin volle chiudere la questione affermando che la fede in dio (definito «il nulla assoluto») comporta l'inevitabile mortificazione delle potenzialità umane ed impedisce lo sviluppo di un pensiero libertario, tanto più che non può esservi Stato senza religione (e l'ateismo di Stato confermerà queste previsioni).
Il problema non può tuttavia essere sbrigativamente liquidato, per una serie di ragioni con le quali chiunque intenda conoscere il variegato e tutt'altro che monolitico patrimonio ideologico dell'anarchismo dovrà necessariamente confrontarsi. A partire dalle ascendenze libertarie rinvenibili nel millenarismo ereticale del Medio Evo. Si è infatti ravvisato in taluni animatori della rivolta religiosa gli anticipatori della ribellione anarchica del secolo diciannovesimo. In Thomas Münzer, capofila della sollevazione contadina vinta nel 1525 dai principi tedeschi e da Martin Lutero, si è ad esempio individuato il prototipo del rivoluzionario per il quale l'atto della rivolta conta assai più che non il consolidamento - ovvero il «farsi Stato» - della ribellione antiautoritaria.
Ancor prima di Münzer, agli albori del secolo quattordicesimo, il movimento dei dolciniani - avversato da principi e da vescovi - professò tematiche di un libertarismo radicale, tramandatesi nella clandestinità per varie generazioni e riemerse poi nell'anarchismo.
Diversi storici hanno convenuto sull'essenziale importanza esercitata dai movimenti ereticali nei confronti degli agitatori che nel secolo scorso gettarono le basi teorico-pratiche del movimento libertario. Comune la tensione etica ed analoghe le reazioni dell'establishment, riecheggianti gli interdetti scagliati secoli addietro contro gli eterodossi (tacciati di immoralità e asocialità).
Dall'Italia e dalla Germania all'Inghilterra: Gerard Wistanley radicalizzò le istanze cristiane, sino alla negazione libertaria di autorità e di proprietà. I movimenti dei Levellers e dei Diggers (sui quali è disponibile un'ampia produzione storiografica) si mossero in analoga direzione.
Dalle frange della protesta religiosa del Settecento francese usciranno figure quali l'abate Jean Meslier, autore di un caustico Testament che costituisce uno tra i più possenti attacchi mai sferrati alle religioni (non a caso recentemente riproposto dall'editrice anarchica La Fiaccola). Sul finir del secolo il sacerdote Jacques Roux incita i parrocchiani a levarsi, armi alla mano, contro i proprietari terrieri. Ravvisato nella rivoluzione l'inveramento dello spirito cristiano, egli s'inserirà senza esitazioni nel movimento eversivo.
Vale la pena di ricordare che anarchici del calibro di William Godwin, di Domela Niewenhuis e di Sébastien Faure erano usciti dai seminari (ma non necessariamente si disertavano i collegi religiosi per contestare il cristianesimo da posizioni libertarie: si pensi a Iosif Vissarionovic Dzugasvili - più noto come Stalin - mancato prete di campagna).
Istanze para-religiose e millenariste sono confluite a più riprese nell'anarchismo, interagendo con la razionalità illuministica per dar luogo ad una miscela esplosiva che per qualche tempo parrà in grado di appiccare il fuoco alle fondamenta della società borghese. Ingenerando un senso di panico in maturi prelati e in vegliardi pontefici, inorriditi dinanzi a quanti, «rompendo ogni vincolo col mondo civile, con le leggi, con la religione, con la morale, prendono il nome di anarchici, proponendosi di distruggere, con tutti i mezzi che può suggerire una passione cieca e feroce, da cima a fondo l'ordinamento sociale. E siccome questo riceve unità e vita dall'autorità imperante, contro l'autorità sono principalmente rivolti i suoi colpi» (Leone XIII, enciclica Vigesimo quinto anno, 19 marzo 1902).
I teorici dell'anarchismo si sono occupati di questioni di indole religiosa generalmente per respingere ogni pretesa intromissione ultraterrena nelle vicende umane.
Pierre-Joseph Proudhon ha indicato nella «rivelazione» dei dieci comandamenti uno dei momenti decisivi del formarsi del principio di autorità, imposto sul popolo prosternato ai piedi del Sinai. Da qui la schiavitù del governo. Ma - aggiunse il filosofo - alla rivelazione subentrerà la Rivoluzione.
Petr Kropotkin si è soffermato in più occasioni sul cristianesimo, riconoscendo nelle sue origini un formidabile impulso collettivista, presto tradito dalla casta ecclesiastica e rivoltato in una totalitaria ed oppressiva Chiesa ufficiale.
Malatesta contrappose alla «volontà di credere» la «volontà di sapere» che - lungi dall'annullare la ragione - dischiude dinanzi all'umanità l'orizzonte sterminato della ricerca e della scoperta. Nei suoi ultimi scritti, quando l'Italia scivolava verso la dittatura mussoliniana, riaffermò la propria incredulità religiosa, mentre auspicava che nell'anarchismo vi fossero più «uomini di fede sicura», intendendo l'aggettivo come «volontà ferma e forte speranza» per distinguerlo dalla «cieca credenza in cose che appaiono o incomprensibili o assurde» (La fede e la scienza, in «Pensiero e Volontà», 15 settembre 1924).
Le problematiche religiose attirarono pure l'attenzione di Camillo Berneri, che vi dedicò un gran numero di saggi ed articoli, oggi purtroppo negletti e difficilmente reperibili non essendo mai stati raccolti organicamente in volume. Si aggiunga che i rapporti anarchia-religione sono stati scarsamente indagati dagli stessi studiosi dell'anarchismo.
Il titolo scelto dall'autore per questo saggio non coglie appieno il contenuto del volume. La monografia non consiste in un organico raffronto del cristianesimo con l'anarchia e solo di sfuggita si occupa delle critiche via via rivolte dagli anarchici alla religione. Anarchia nel cristianesimo ci pare rendere meglio la monografia di Ellul, valorizzando i fermenti libertari da lui ravvisati nell'originario messaggio biblico. Oppure, con un pizzico di provocazione in più, si sarebbe potuto escogitare un titolo apparentemente paradossale: L'anarchia del cristianesimo, considerato che gli sforzi dello studioso francese si focalizzano per l'appunto sulla funzione «eversiva» delle scritture e culminano nell'esigenza di liberare Gesù ... dal cristianesimo.
Queste pagine di «anarchismo cristiano» sono pervase da una spiccata avversione verso lo Stato, concepite sotto il pungente stimolo della delusione per le occasioni perse dalla sinistra comunista, sorrette dalle trascorse simpatie dell'autore per il situazionismo e dal ricordo dei rapporti personali allacciati in tempi diversi con militanti del movimento anarchico. In relazione a quest'ultimo fattore, è curioso ricordare l'episodio di un giovane intellettuale protestante di nazionalità elvetica, che nel 1907 - dopo aver presenziato ad una conferenza di Luigi Bertoni sulla morale del lavoro - si affrettò a comunicare ad un correligionario le forti impressioni riportate nell'ascoltare l'animatore del periodico anarchico bilingue «Il Risveglio - Le Réveil»: «C'était merveilleux, un véritable sermon, meilleur que ceux que nous entendons dans nos églises» (1).

Cristianesimo e messaggio biblico
Il lettore dovrà tenere ben presente la particolare prospettiva dalla quale si muove l'autore: militante antifascista di orientamento marxista negli anni Trenta, poi avvicinatosi alle tematiche dell'anarchismo ed oggi vicino all'ecologismo radicale, partecipe delle mobilitazioni sociali antigovernative e delle «azioni marginali» dirette dal basso contro le proteiformi articolazioni del potere. Giurista e storico delle istituzioni, convinto pacifista e sincero assertore dell'utilità del dialogo, il pastore protestante è assolutamente convinto della validità universale della Bibbia, ma estraneo alla metodologia della conversione. L'interesse che ha spinto Ellul verso una simile ricerca è pure di natura personale: come si può scordare la frustrazione di sentirsi emarginato dai movimenti della sinistra a ragione della propria ispirazione religiosa? Sperimentato il cristianesimo come ragione di vita ed al contempo avendolo suo malgrado avvertito come un ostacolo alla propria dimensione politica, egli ha inteso conciliare dimensione religiosa e militanza sociale, tanto più che reputa i presupposti spirituali della sua fede affini alla visione nonviolenta dell'anarchismo.
Se il nucleo della Bibbia è l'annunzio di salvezza universale - argomenta Ellul -, in quanto messaggio di liberazione il Libro dovrà per forza di cose servire da prezioso strumento per quanti intendono perseguire ideali anarchici. Dalla sua particolare angolatura il cristianesimo ha senso unicamente in quanto «dottrina della libertà». Tutt'altro che ingenuo o sprovveduto, egli afferma che il «cristianesimo reale» non ha nulla da spartire col messaggio biblico; condanna le Chiese e sostiene che si debbano «cancellare duemila anni di errori cristiani», per riscoprire la dimensione utopica e l'anelito libertario delle origini. Due le incrollabili certezze dell'autore: l'imprescindibilità della Bibbia per la liberazione dell'umanità e la centralità di Cristo. «La rivelazione di Cristo non avrebbe dovuto dar vita ad una religione»: a suo avviso, l'organizzazione della religione costituisce l'esatto opposto del messaggio di Gesù. Un lavoro improbo quello assunto dallo studioso francese, dato che per sua stessa ammissione si dovrebbero eliminare - per rendere credibile un'interpretazione anarchica del cristianesimo - i «malintesi» sorti in «quasi duemila anni di errori cristiani»: che cioè la cosiddetta morale cristiana si fondi sulla Bibbia, che il clero debba ergersi ad intermediario tra credenti e Dio, e via di questo passo (Senza considerare una stringente obiezione di parte anarchica: valutato che le religioni hanno da sempre costituito la base delle istituzioni statali, perché mai si dovrebbe far ricorso ad un'istanza teologica per costruire una società senza Stato?).
Nel suo arduo cammino Ellul è comunque confortato dall'eletta schiera dei pensatori (come Kierkegaard) che prima di lui scoprirono il carattere antiautoritario del cristianesimo e rincuorato dall'esistenza di una «corrente di religiosità sotterranea» alternativa al volto ufficiale della cristianità.
La prima parte del saggio presenta un suggestivo quadro d'insieme in cui Ellul delinea metodi di lotta ed alleanze per un'azione anarchica contro le istituzioni statali, evidenziando - ma questo non è certamente un limite che ci sentiremmo di rimproverargli - una maggiore propensione per la dimensione movimentista che non per un'analisi del pensiero anarchico elaborato dai principali ideologi in rapporto al fattore religioso.
Convincente la spiegazione del bisogno di riscoprire l'anarchismo alle soglie del Duemila, dal momento che - differentemente dal marxismo - esso è privo di una «teoria del potere» e consente all'individuo, tramite l'azione diretta, una possibile difesa dalle prevaricazioni istituzionali. Funzione vieppiù rilevante visto che partiti e sindacati hanno clamorosamente mancato i loro obiettivi e tutt'al più si sono ridotti al rango di organismi meramente corporativi.
Ellul non è certo tenero verso le religioni, ritenute esiziali sul piano storico in quanto fonti di terribili guerre, ed ancor meno simpatia dimostra per le Chiese. Lo studioso considera del tutto valide le forti critiche indirizzate dagli anarchici al carattere violento della religione, alla sua imposizione forzata, alla tentazione di instaurare uno «Stato cristiano», alla giustificazione teocratica del potere. Egli demistifica, insieme al potere statale, una prassi ed una copertura teologica che hanno funzionato da supporto per il dominio della casta ecclesiastica: l'elemento di maggiore stabilità e continuità del cristianesimo storicamente inverato. La riflessione critica dell'autore si sposta poi sull'interpretazione di alcuni passi biblici in chiave libertaria e squisitamente antigerarchica.

Discutere le certezze
In Anarchia e cristianesimo, beninteso, figurano pure non poche affermazioni con le quali il lettore laico difficilmente potrà trovarsi d'accordo.
Le caratteristiche del saggio, nel quale l'esigenza della sintesi è preponderante, hanno indotto l'autore a liquidare sbrigativamente talune questioni di non poco conto: il quadro attuale dei rapporti chiese-potere, ad esempio, affrontato secondo un'impostazione ottimistica che non crediamo di poter condividere. A suo avviso, infatti, «la situazione si è chiarita ed è migliorata da quando le Chiese non hanno più il potere, da quando non vi sono più legami tra il potere politico e le Chiese e da quando il numero dei membri delle Chiese è considerevolmente diminuito grazie al fatto che tutti coloro che ne facevano parte per interesse o paura se ne sono andati». Purtroppo il contesto internazionale è ben lungi dal confermare una simile analisi. Dall'Italia alla Polonia, la logica del cattolicesimo è centrata sul rapporto privilegiato con lo Stato, per ritagliare ambiti di potere nella gestione oligopolistica (ma tendenzialmente monopolistica) della «spiritualità». Anche le Chiese protestanti si avvalgono generosamente degli spazi aperti dagli Stati all'azione dei pastori: basti accennare al crescente ruolo rivestito nei Paesi dell'Alleanza Atlantica dai cappellani militari cattolici ed evangelici, che dopo il crollo dei regimi comunisti hanno coordinato la loro azione e si ritrovano periodicamente in convegni interconfessionali e sovranazionali. Le differenti anime del cristianesimo troveranno nell'inserimento dei ministri di culto nelle forze armate un elemento di ecumenismo e di dialogo interconfessionale?
Anche l'affermazione che l'apparato inquisitoriale si sia rivelato ben più sanguinoso nelle mani dello Stato che non in quelle della Chiesa richiederebbe quantomeno una messa a punto, in direzione dell'analisi dei rapporti Stato-Chiesa e dell'ascendenza genuinamente ecclesiastica di una struttura talmente raffinata da venire poi adottata dal potere civile come miglior ausilio per il dominio sui sudditi.
Ulteriori osservazioni si potrebbero avanzare su altri punti del saggio, che comunque mira non già a stabilire nuovi - per quanto eterodossi - approdi dogmatici, quanto a porre in discussione certezze consolidate. Per questo vale la pena di soffermarsi sugli elementi di radicale novità prospettati da Ellul, più importanti delle «ricadute» su posizioni tradizionaliste proprie anche dell'ufficialità della Chiesa cattolica (che si potrà accusare di tutto, tranne che di nutrire simpatie anarchiche).
E' intorno alla seconda parte di Anarchia e cristianesimo che si accentreranno prevedibilmente le critiche di parte laica, in relazione al ruolo della Bibbia nell'auspicabile processo di liberazione dal potere e da ogni gerarchia (...).
Saggi e folli, tradizionalisti e rivoluzionari si rifanno alla medesima fonte, trovandovi la conferma di intuizioni spirituali e di teorie socio-politiche.
L'antropologo Alfonso Maria Di Nola spiega fuor di metafora le ragioni di tanto accanimento a riaccostarsi alla Bibbia per scoprire la chiave esplicativa dei destini universali: «E' un pozzo dove si può trovare materia per qualsiasi dichiarazione e per il suo esatto contrario, proprio come succede nel Corano. Bisogna fare come Voltaire, Kant, Rousseau o Croce: la leggevano trovandola bella ma piena di segnali contrastanti. Il rischio è insomma di farne di volta in volta materia per una neo-teologia della libertà. O della schiavitù».
Nella suggestiva e stimolante analisi di Ellul la Bibbia diviene lo strumento per eccellenza del riscatto libertario di un'umanità dominata dalla piramide gerarchica, soffocata dalla logica burocratica, asservita alle strategie del potere. Lo studioso d'oltralpe non nasconde peraltro che, su alcuni brani biblici da lui spiegati in una prospettiva eversiva, la maggior parte dei teologi (incluso il suo maestro Karl Barth) fornisce interpretazioni opposte a quelle qui avanzate. I contrasti, del resto, non si limitano alla ristretta cerchia degli esegeti: la storia dell'utilizzo della Bibbia è difatti intrecciata e sovrapposta in mille ingarbugliati fili che di volta in volta hanno visto il Libro impugnato come una clava dai detentori del potere od invocato dagli oppressi come sicuro annunzio della prossima liberazione.

L'Apocalisse e il fascismo
La Chiesa cattolica, timorosa delle valenze antiautoritarie della Bibbia, ne ha interdetta la lettura autonoma rivendicando a sé la sola interpretazione veridica, ed in questo comportamento Ellul ritroverà di certo ulteriori motivi per avvalorare la sua particolare visione libertaria del «Testo».
Gliene vogliamo offrire un inedito esempio (ricavato dalle carte di polizia conservate presso l'Archivio Centrale dello Stato), a riprova della fertilità della corrente di «religiosità sotterranea» alla quale egli si richiama.
Premesso che nel ventennio mussoliniano Stato e Chiesa cooperarono nella repressione delle comunità evangeliche italiane, sottoposte ad incredibili vessazioni (si veda l'esemplare e documentatissimo studio di Giorgio Rochat, Regime fascista e chiese evangeliche, Claudiana, Torino, 1990), durante gli ultimi anni del regime i cristiani non cattolici furono ancor più intensamente pedinati e tra le imputazioni elevate contro di loro vi fu l'interpretazione della Bibbia in chiave di attualità politica. La polizia segreta appurò ad esempio nell'estate 1940 che un gruppo di popolani di Siracusa era solito riunirsi nella bottega di un calzolaio per discutere alcuni passi dell' Apocalisse, secondo un particolare codice per il quale Agnello stava per Stalin, Stella per nazione, Sole per Inghilterra, Notte per Africa, Babilonia per Roma, Meretrice per Chiesa cattolica, Cavalleria per carri armati, Bestia che sale dal Mare per Vittorio Emanuele III (proveniente dalla ricchezza), Bestia che sale dalla Terra per Mussolini (di umili origini sociali), ecc. Ecco dunque come - nell'immaginario degli antifascisti evangelici di Siracusa - l'Apocalisse avrebbe preconizzato il secondo conflitto mondiale con la caduta della Francia, la distruzione di una parte dell'Inghilterra e ogni altro evento appena accaduto o di prossima realizzazione.
I questurini, i quali grazie ad intercettazioni ed appostamenti riuscivano a mantenersi aggiornati sul contenuto delle riunioni di ... esegesi biblica, allibirono e l'Ispettore generale di Pubblica Sicurezza ragguagliò il capo della Polizia con espressioni stupite: «poiché trattasi di un sistema di propaganda, almeno per me, nuovo, e potendo esso rispondere a direttive d'ordine generale, ne informo l'Eccellenza Vostra per doverosa notizia» (rapporto del 28 agosto 1940). La questione impensierì le autorità e venne deferita al giudizio di Mussolini, che ordinò la massima vigilanza. Trascorsi pochi mesi, un dettagliato rapporto riassunse le «confabulazioni sulla Bibbia protestante», reputate alla stregua di «propaganda comunista a mezzo della Bibbia» e di disfattismo antifascista: «attribuendosi a nomi, cose e fatti da tale capitolo emergenti, significato, più che arbitrario, fantastico, si veniva alla conclusione che la Russia entrerà in guerra contro le potenze dell'Asse, scatenerà la rivoluzione mondiale ed instaurerà un'era di giustizia e di benessere» (rapporto del 2 febbraio 1941). Appurate le dimensioni della «setta» e conosciute le tematiche agitate dai protestanti di Siracusa, il potere passò finalmente all'azione: l'arresto degli evangelici si accompagnò al sequestro di Bibbie e di quaderni di appunti. Il materiale in tal modo recuperato permise di appurare che, secondo i «congiurati», cinque dei sette re profetizzati dall' Apocalisse (da Carlo Felice sino a Umberto I) erano caduti, il sesto (Vittorio Emanuele III) stava per perdere il trono e l'ultimo (il principe Umberto) «quando salirà, durerà poco». Analogamente, le locuste che nel testo biblico uscivano dal fumo della terra rappresentavano i cannoni sovietici; il passo nel quale stava scritto «che niuno potesse comperare o vendere, se non chi avesse il carattere o il nome della bestia o il numero del suo nome» veniva spiegato in modo estremamente semplice: «non si può vivere se non si ha la tessera fascista», mentre il numero della bestia era scomposto e decifrato come segue: 5+5+1+50+500+5+100=666, ovvero - secondo la numerazione romana - VV.I.L.D.V.C.E.; infine, la caduta di Babilonia e la visione della meretrice seduta sulla bestia erano rese con la prossima caduta di Roma e con l'immagine della Chiesa cattolica sostenuta dal fascismo.

Sintesi anarco-cristiana?
Ci siamo soffermati su questo episodio per almeno due ordini di motivazioni: esso dimostra esemplarmente la spontanea tendenza a reinterpretare i versetti biblici a seconda delle circostanze e delle personali aspirazioni, oltre a riferirsi a passaggi utilizzati da Ellul per mostrare le valenze antiautoritarie della Bibbia. I popolani di Siracusa, privi della cultura teologica accumulata dallo studioso francese, spiegarono nella medesima chiave la Bibbia ed allorquando non riuscirono ad escogitare soddisfacenti criteri esplicativi se la cavarono con commenti ingenui quanto significativi: a margine del dettato evangelico di obbedire «alle podestà superiori, talché chi resiste alle podestà resiste all'ordine di Dio» venne annotato: «No, non può essere! Così nasce un gregge di pecoroni». Ancor più sintetico, salace ed antiautoritario il giudizio apposto ai margini del versetto del Libro in cui si citavano i «Re e tutti i dignitari»: «Cornuti».
In quelle medesime temperie belliche, peraltro, la Bibbia venne impiegata da Chiese e governi per pungolare all'obbedienza i sudditi: solerti ecclesiastici di ogni Paese diffusero il Testo tra milioni di militari, sicuri che la lettura della «parola di Dio» avrebbe alimentato nei soldati sentimenti di patriottismo e di combattività (analogamente a quanto si era verificato tra il 1914 ed il 1918).
Ad attestazione del fatto che nella tradizione culturale occidentale la Bibbia rimaneva, in pieno secolo ventesimo, un riferimento obbligato e di come i poteri ecclesiastico e politico riuscirono a piegare la «voce di Dio» alle proprie strategie mortifere.
Ma torniamo a Jacques Ellul, mettendo per un momento da un canto le sacre scritture. Lo studioso appropriatamente richiama l'attenzione dei lettori sulla centralità - oggi non meno che nel passato - del potere, e leva alta la sua voce per chiamare ognuno ad opporsi alle trame dei governanti: in campo politico quanto nel «dominio» dei religiosi.
Pur muovendo da una posizione che per brevità potremmo definire «cristocentrica», egli scrive che Gesù non si definì mai «Cristo» e nemmeno si attribuì una mansione sacerdotale, per concludere che dal suo insegnamento in Palestina non avrebbe dovuto sorgere alcuna religione. Come non convenirne?
Ellul delinea i motivi ispiratori di un'utopica sintesi anarco-cristiana. Scartato il metodo della «evangelizzazione», ovviamente estraneo a chiunque nutra aspirazioni libertarie, rimane l'intento di porre una serie di interrogativi e di problemi. Una robusta iniezione di anarchismo, si sostiene in questo saggio, sottrarrebbe i cristiani alla deprimente influenza delle ideologie dominanti ed a risorgenti suggestioni misticheggianti che al rimando all'aldilà accoppiano il conformismo nell'aldiquà.
Sull'altro fronte, i libertari potrebbero riconsiderare il proprio atteggiamento verso una spiritualità che - rigettate le opzioni di potere e dismessi i rapporti privilegiati con gli Stati - laicamente favorisca una sovversione nonviolenta degli assetti sociali. Tenendo ben fermo che proclamarsi cristiano richiede ciò che ben difficilmente un anarchico sarà mai disposto a concedere: un atto di fede.
In definitiva, la lettura di queste pagine, ispirate ad una radicale «teologia negativa», tornerà di indubbia utilità per quanti siano disposti a rivangare i campi trincerati delle opposte certezze, sterminate distese dove giace sepolto il germoglio libertario. Dopo una simile opera di scavo sarà probabilmente più agevole separare i semi della libertà e della tolleranza dal loglio del vieto dogmatismo.
Alcune brusche reazioni che l'apparire del testo ha sollevato in Francia paiono improntate a sentimenti di fastidio per l'indebita intromissione del «religioso» nel baluardo del pensiero laico. Al di là di un certo provincialismo, le risentite repliche alle argomentazioni di Ellul denotano le difficoltà - affioranti anche tra i libertari - di porre pacatamente in discussione i fondamenti del proprio «credo», di abbandonare posizioni fideistiche nel dibattito con i sostenitori di opzioni «altre» e di accettare piena libertà di ricerca.
Può darsi che in Italia, stante il maggiore peso rivestito dalla Chiesa cattolica (tanto che cristianesimo e cattolicesimo, agli occhi dei più, sarebbero la medesima cosa), questo saggio solleverà commenti ancor più irritati. Ma anche tra i più arrabbiati anticlericali dovrà farsi strada la convinzione che irrisione e denigrazione sono inconciliabili con le ragioni della tolleranza ..
Chiudendo questo trattato - nel quale Ellul sostiene che Dio non è conoscibile, che i cristiani ne hanno fabbricato false immagini e che le Chiese (d'intesa col potere politico) sono riuscite a ribaltare il messaggio di Gesù nel suo contrario - verrebbe da raccomandare a quei disinvolti laicisti pronti a trattare sprezzantemente autore e saggio (magari senza conoscere l'uno né avere letto l'altro) l'ascolto di una canzone dedicata dall'iconoclasta Georges Brassens ad un curato umanitario, conclusa da questa strofa: «Anticléricaux fanatiques, / Gros mangeurs d'ecclésiastiques, / Quand vous vous goinfrerez un plat / De cureton, je vous exhorte, / Camarades, à faire en sorte / Que ce ne soit pas celui-là» (2) (La messe au pendu).
Quanto a Jacques Ellul, il medesimo artista suo conterraneo aveva risposto ad un religioso amico suo, da bravo anarchico miscredente, nei seguenti termini: «Si l'Eternel existe, en fin de compte, il voit / Qu'je m'conduis guèr'plus mal que si j'avais la foi» (3) (Le mécréant).

1) È stato eccezionale, un vero e proprio sermone, meglio di quelli che si sentono nelle nostre chiese.
2) Anticlericali fanatici, grandi mangiapreti, quando vi abbufferete con un piatto di pretonzolo, vi esorto, compagni, a fare in modo che non sia lui.
3) Se l'Eterno esiste, in fin dei conti, vede che non mi comporto per nulla peggio che se avessi la fede.