Rivista Anarchica Online
Anarchia e cristianesimo
di Mimmo Franzinelli
È uscito in queste settimane il libro «Anarchia e cristianesimo» del francese Jacques Ellul, pubblicato
da
Elèuthera. Pubblichiamo (quasi integrale) la prefazione del libro a cura di Mimmo Franzinelli, autore
di vari
studi sulla chiesa ed il clericalismo.
Anarchia e cristianesimo: difficilmente si potrebbero accostare termini
così antitetici. Le potenzialità iconoclaste
ed anti-istituzionali dell'anarchismo si sono variamente dispiegate - e non solamente a livello teorico - contro
il concetto stesso di religione, in quanto esso implica la sottomissione dell'individuo ad una presunta
entità
superiore e quindi il riconoscimento di un'inevitabile dipendenza gerarchica. Tutta la tradizione libertaria
testimonia una continua contestazione nei confronti dei sedicenti rappresentanti della spiritualità
cristiana,
programmaticamente riassunta dal celebre proposito di impiccare l'ultimo sovrano con le budella dell'ultimo
ecclesiastico (ad inizio secolo Elisée Reclus rettificò quel vecchio proposito, ritenendo
preferibile operare
affinché «né re né prete possano nascere nell'atmosfera purificatrice della novella
società»). Assai diverso il quadro dei rapporti cristianesimo-socialismo: emblematica la rilevante
fortuna incontrata, tra
Otto e Novecento, dalla mitologia di «Gesù primo socialista», avvalorata dalle fonti più
disparate (incluso il
foglio anticlericale «L'Asino», sulle cui pagine campeggiava un ascetico Cristo tradito da panciuti ecclesiastici
che lo vendevano ai carabinieri come un subdolo sovversivo).
Dai dolciniani a Münzer Nonostante la strenua lotta ingaggiata nella
prima metà del Novecento tra Chiesa e collettivismo, anche nel
nostro Paese non sono mancati tentativi di conciliare cattolicesimo e comunismo: dai gruppi della Sinistra
Cristiana nei primi anni Quaranta sino agli ultimi bagliori di catto-comunismo nel periodo del «compromesso
storico» berlingueriano, passando, negli ambienti della sinistra extraparlamentare, per il movimento dei Cristiani
per il Socialismo, spiccatamente orientato in senso evangelico e marxista-terzomondista. A livello di
riflessione filosofica, Ernst Bloch ha scommesso sulla possibilità che dal cristianesimo possa
scaturire il principio della speranza, in grado di unirsi proficuamente con le aspettative del marxismo e ribaltare
così gli assetti del potere. Ebbene, relativamente all'anarchismo non risulta si siano mai prospettate
organiche ipotesi di fusione col
pensiero cristiano. Mikhail Bakunin volle chiudere la questione affermando che la fede in dio (definito «il nulla
assoluto») comporta l'inevitabile mortificazione delle potenzialità umane ed impedisce lo sviluppo di
un
pensiero libertario, tanto più che non può esservi Stato senza religione (e l'ateismo di Stato
confermerà queste
previsioni). Il problema non può tuttavia essere sbrigativamente liquidato, per una serie di ragioni
con le quali chiunque
intenda conoscere il variegato e tutt'altro che monolitico patrimonio ideologico dell'anarchismo dovrà
necessariamente confrontarsi. A partire dalle ascendenze libertarie rinvenibili nel millenarismo ereticale del
Medio Evo. Si è infatti ravvisato in taluni animatori della rivolta religiosa gli anticipatori della ribellione
anarchica del secolo diciannovesimo. In Thomas Münzer, capofila della sollevazione contadina vinta nel
1525
dai principi tedeschi e da Martin Lutero, si è ad esempio individuato il prototipo del rivoluzionario per
il quale
l'atto della rivolta conta assai più che non il consolidamento - ovvero il «farsi Stato» - della ribellione
antiautoritaria. Ancor prima di Münzer, agli albori del secolo quattordicesimo, il movimento dei
dolciniani - avversato da
principi e da vescovi - professò tematiche di un libertarismo radicale, tramandatesi nella
clandestinità per varie
generazioni e riemerse poi nell'anarchismo. Diversi storici hanno convenuto sull'essenziale importanza
esercitata dai movimenti ereticali nei confronti degli
agitatori che nel secolo scorso gettarono le basi teorico-pratiche del movimento libertario. Comune la tensione
etica ed analoghe le reazioni dell'establishment, riecheggianti gli interdetti scagliati secoli addietro contro gli
eterodossi (tacciati di immoralità e asocialità). Dall'Italia e dalla Germania all'Inghilterra:
Gerard Wistanley radicalizzò le istanze cristiane, sino alla negazione
libertaria di autorità e di proprietà. I movimenti dei Levellers e dei Diggers (sui quali è
disponibile un'ampia
produzione storiografica) si mossero in analoga direzione. Dalle frange della protesta religiosa del
Settecento francese usciranno figure quali l'abate Jean Meslier, autore
di un caustico Testament che costituisce uno tra i più possenti attacchi mai sferrati alle
religioni (non a caso
recentemente riproposto dall'editrice anarchica La Fiaccola). Sul finir del secolo il sacerdote Jacques Roux
incita i parrocchiani a levarsi, armi alla mano, contro i proprietari terrieri. Ravvisato nella rivoluzione
l'inveramento dello spirito cristiano, egli s'inserirà senza esitazioni nel movimento eversivo. Vale
la pena di ricordare che anarchici del calibro di William Godwin, di Domela Niewenhuis e di Sébastien
Faure erano usciti dai seminari (ma non necessariamente si disertavano i collegi religiosi per contestare il
cristianesimo da posizioni libertarie: si pensi a Iosif Vissarionovic Dzugasvili - più noto come Stalin
- mancato
prete di campagna). Istanze para-religiose e millenariste sono confluite a più riprese
nell'anarchismo, interagendo con la razionalità
illuministica per dar luogo ad una miscela esplosiva che per qualche tempo parrà in grado di appiccare
il fuoco
alle fondamenta della società borghese. Ingenerando un senso di panico in maturi prelati e in vegliardi
pontefici,
inorriditi dinanzi a quanti, «rompendo ogni vincolo col mondo civile, con le leggi, con la religione, con la
morale, prendono il nome di anarchici, proponendosi di distruggere, con tutti i mezzi che può suggerire
una
passione cieca e feroce, da cima a fondo l'ordinamento sociale. E siccome questo riceve unità e vita
dall'autorità
imperante, contro l'autorità sono principalmente rivolti i suoi colpi» (Leone XIII, enciclica Vigesimo
quinto
anno, 19 marzo 1902). I teorici dell'anarchismo si sono occupati di questioni di indole religiosa
generalmente per respingere ogni
pretesa intromissione ultraterrena nelle vicende umane. Pierre-Joseph Proudhon ha indicato nella
«rivelazione» dei dieci comandamenti uno dei momenti decisivi del
formarsi del principio di autorità, imposto sul popolo prosternato ai piedi del Sinai. Da qui la
schiavitù del
governo. Ma - aggiunse il filosofo - alla rivelazione subentrerà la Rivoluzione. Petr Kropotkin si
è soffermato in più occasioni sul cristianesimo, riconoscendo nelle sue origini un formidabile
impulso collettivista, presto tradito dalla casta ecclesiastica e rivoltato in una totalitaria ed oppressiva Chiesa
ufficiale. Malatesta contrappose alla «volontà di credere» la «volontà di sapere» che -
lungi dall'annullare la ragione -
dischiude dinanzi all'umanità l'orizzonte sterminato della ricerca e della scoperta. Nei suoi ultimi scritti,
quando
l'Italia scivolava verso la dittatura mussoliniana, riaffermò la propria incredulità religiosa,
mentre auspicava che
nell'anarchismo vi fossero più «uomini di fede sicura», intendendo l'aggettivo come «volontà
ferma e forte
speranza» per distinguerlo dalla «cieca credenza in cose che appaiono o incomprensibili o assurde» (La
fede
e la scienza, in «Pensiero e Volontà», 15 settembre 1924). Le problematiche religiose
attirarono pure l'attenzione di Camillo Berneri, che vi dedicò un gran numero di
saggi ed articoli, oggi purtroppo negletti e difficilmente reperibili non essendo mai stati raccolti organicamente
in volume. Si aggiunga che i rapporti anarchia-religione sono stati scarsamente indagati dagli stessi studiosi
dell'anarchismo. Il titolo scelto dall'autore per questo saggio non coglie appieno il contenuto del volume.
La monografia non
consiste in un organico raffronto del cristianesimo con l'anarchia e solo di sfuggita si occupa delle critiche via
via rivolte dagli anarchici alla religione. Anarchia nel cristianesimo ci pare rendere meglio la monografia di
Ellul, valorizzando i fermenti libertari da lui ravvisati nell'originario messaggio biblico. Oppure, con un pizzico
di provocazione in più, si sarebbe potuto escogitare un titolo apparentemente paradossale: L'anarchia
del
cristianesimo, considerato che gli sforzi dello studioso francese si focalizzano per l'appunto sulla funzione
«eversiva» delle scritture e culminano nell'esigenza di liberare Gesù ... dal cristianesimo. Queste
pagine di «anarchismo cristiano» sono pervase da una spiccata avversione verso lo Stato, concepite sotto
il pungente stimolo della delusione per le occasioni perse dalla sinistra comunista, sorrette dalle trascorse
simpatie dell'autore per il situazionismo e dal ricordo dei rapporti personali allacciati in tempi diversi con
militanti del movimento anarchico. In relazione a quest'ultimo fattore, è curioso ricordare l'episodio di
un
giovane intellettuale protestante di nazionalità elvetica, che nel 1907 - dopo aver presenziato ad una
conferenza
di Luigi Bertoni sulla morale del lavoro - si affrettò a comunicare ad un correligionario le forti
impressioni
riportate nell'ascoltare l'animatore del periodico anarchico bilingue «Il Risveglio - Le Réveil»:
«C'était
merveilleux, un véritable sermon, meilleur que ceux que nous entendons dans nos églises» (1).
Cristianesimo e messaggio biblico Il lettore dovrà tenere ben
presente la particolare prospettiva dalla quale si muove l'autore: militante antifascista
di orientamento marxista negli anni Trenta, poi avvicinatosi alle tematiche dell'anarchismo ed oggi vicino
all'ecologismo radicale, partecipe delle mobilitazioni sociali antigovernative e delle «azioni marginali» dirette
dal basso contro le proteiformi articolazioni del potere. Giurista e storico delle istituzioni, convinto pacifista
e sincero assertore dell'utilità del dialogo, il pastore protestante è assolutamente convinto della
validità
universale della Bibbia, ma estraneo alla metodologia della conversione. L'interesse che ha spinto Ellul verso
una simile ricerca è pure di natura personale: come si può scordare la frustrazione di sentirsi
emarginato dai
movimenti della sinistra a ragione della propria ispirazione religiosa? Sperimentato il cristianesimo come
ragione di vita ed al contempo avendolo suo malgrado avvertito come un ostacolo alla propria dimensione
politica, egli ha inteso conciliare dimensione religiosa e militanza sociale, tanto più che reputa i
presupposti
spirituali della sua fede affini alla visione nonviolenta dell'anarchismo. Se il nucleo della Bibbia è
l'annunzio di salvezza universale - argomenta Ellul -, in quanto messaggio di
liberazione il Libro dovrà per forza di cose servire da prezioso strumento per quanti intendono
perseguire ideali
anarchici. Dalla sua particolare angolatura il cristianesimo ha senso unicamente in quanto «dottrina della
libertà». Tutt'altro che ingenuo o sprovveduto, egli afferma che il «cristianesimo reale» non ha nulla
da spartire
col messaggio biblico; condanna le Chiese e sostiene che si debbano «cancellare duemila anni di errori
cristiani», per riscoprire la dimensione utopica e l'anelito libertario delle origini. Due le incrollabili certezze
dell'autore: l'imprescindibilità della Bibbia per la liberazione dell'umanità e la centralità
di Cristo. «La
rivelazione di Cristo non avrebbe dovuto dar vita ad una religione»: a suo avviso, l'organizzazione della
religione costituisce l'esatto opposto del messaggio di Gesù. Un lavoro improbo quello assunto dallo
studioso
francese, dato che per sua stessa ammissione si dovrebbero eliminare - per rendere credibile un'interpretazione
anarchica del cristianesimo - i «malintesi» sorti in «quasi duemila anni di errori cristiani»: che cioè la
cosiddetta
morale cristiana si fondi sulla Bibbia, che il clero debba ergersi ad intermediario tra credenti e Dio, e via di
questo passo (Senza considerare una stringente obiezione di parte anarchica: valutato che le religioni hanno da
sempre costituito la base delle istituzioni statali, perché mai si dovrebbe far ricorso ad un'istanza
teologica per
costruire una società senza Stato?). Nel suo arduo cammino Ellul è comunque confortato
dall'eletta schiera dei pensatori (come Kierkegaard) che
prima di lui scoprirono il carattere antiautoritario del cristianesimo e rincuorato dall'esistenza di una «corrente
di religiosità sotterranea» alternativa al volto ufficiale della cristianità. La prima parte del
saggio presenta un suggestivo quadro d'insieme in cui Ellul delinea metodi di lotta ed
alleanze per un'azione anarchica contro le istituzioni statali, evidenziando - ma questo non è certamente
un
limite che ci sentiremmo di rimproverargli - una maggiore propensione per la dimensione movimentista che non
per un'analisi del pensiero anarchico elaborato dai principali ideologi in rapporto al fattore religioso.
Convincente la spiegazione del bisogno di riscoprire l'anarchismo alle soglie del Duemila, dal momento
che -
differentemente dal marxismo - esso è privo di una «teoria del potere» e consente all'individuo, tramite
l'azione
diretta, una possibile difesa dalle prevaricazioni istituzionali. Funzione vieppiù rilevante visto che partiti
e
sindacati hanno clamorosamente mancato i loro obiettivi e tutt'al più si sono ridotti al rango di
organismi
meramente corporativi. Ellul non è certo tenero verso le religioni, ritenute esiziali sul piano storico
in quanto fonti di terribili guerre,
ed ancor meno simpatia dimostra per le Chiese. Lo studioso considera del tutto valide le forti critiche indirizzate
dagli anarchici al carattere violento della religione, alla sua imposizione forzata, alla tentazione di instaurare
uno «Stato cristiano», alla giustificazione teocratica del potere. Egli demistifica, insieme al potere statale, una
prassi ed una copertura teologica che hanno funzionato da supporto per il dominio della casta ecclesiastica:
l'elemento di maggiore stabilità e continuità del cristianesimo storicamente inverato. La
riflessione critica
dell'autore si sposta poi sull'interpretazione di alcuni passi biblici in chiave libertaria e squisitamente
antigerarchica.
Discutere le certezze In Anarchia e cristianesimo, beninteso,
figurano pure non poche affermazioni con le quali il lettore laico
difficilmente potrà trovarsi d'accordo. Le caratteristiche del saggio, nel quale l'esigenza della
sintesi è preponderante, hanno indotto l'autore a liquidare
sbrigativamente talune questioni di non poco conto: il quadro attuale dei rapporti chiese-potere, ad esempio,
affrontato secondo un'impostazione ottimistica che non crediamo di poter condividere. A suo avviso, infatti, «la
situazione si è chiarita ed è migliorata da quando le Chiese non hanno più il potere, da
quando non vi sono più
legami tra il potere politico e le Chiese e da quando il numero dei membri delle Chiese è
considerevolmente
diminuito grazie al fatto che tutti coloro che ne facevano parte per interesse o paura se ne sono andati».
Purtroppo il contesto internazionale è ben lungi dal confermare una simile analisi. Dall'Italia alla
Polonia, la
logica del cattolicesimo è centrata sul rapporto privilegiato con lo Stato, per ritagliare ambiti di potere
nella
gestione oligopolistica (ma tendenzialmente monopolistica) della «spiritualità». Anche le Chiese
protestanti si
avvalgono generosamente degli spazi aperti dagli Stati all'azione dei pastori: basti accennare al crescente ruolo
rivestito nei Paesi dell'Alleanza Atlantica dai cappellani militari cattolici ed evangelici, che dopo il crollo dei
regimi comunisti hanno coordinato la loro azione e si ritrovano periodicamente in convegni interconfessionali
e sovranazionali. Le differenti anime del cristianesimo troveranno nell'inserimento dei ministri di culto nelle
forze armate un elemento di ecumenismo e di dialogo interconfessionale? Anche l'affermazione che
l'apparato inquisitoriale si sia rivelato ben più sanguinoso nelle mani dello Stato che
non in quelle della Chiesa richiederebbe quantomeno una messa a punto, in direzione dell'analisi dei rapporti
Stato-Chiesa e dell'ascendenza genuinamente ecclesiastica di una struttura talmente raffinata da venire poi
adottata dal potere civile come miglior ausilio per il dominio sui sudditi. Ulteriori osservazioni si
potrebbero avanzare su altri punti del saggio, che comunque mira non già a stabilire
nuovi - per quanto eterodossi - approdi dogmatici, quanto a porre in discussione certezze consolidate. Per questo
vale la pena di soffermarsi sugli elementi di radicale novità prospettati da Ellul, più importanti
delle «ricadute»
su posizioni tradizionaliste proprie anche dell'ufficialità della Chiesa cattolica (che si potrà
accusare di tutto,
tranne che di nutrire simpatie anarchiche). E' intorno alla seconda parte di Anarchia e
cristianesimo che si accentreranno prevedibilmente le critiche di
parte laica, in relazione al ruolo della Bibbia nell'auspicabile processo di liberazione dal potere e da ogni
gerarchia (...). Saggi e folli, tradizionalisti e rivoluzionari si rifanno alla medesima fonte, trovandovi la
conferma di intuizioni
spirituali e di teorie socio-politiche. L'antropologo Alfonso Maria Di Nola spiega fuor di metafora le
ragioni di tanto accanimento a riaccostarsi alla
Bibbia per scoprire la chiave esplicativa dei destini universali: «E' un pozzo dove si può trovare materia
per
qualsiasi dichiarazione e per il suo esatto contrario, proprio come succede nel Corano. Bisogna fare come
Voltaire, Kant, Rousseau o Croce: la leggevano trovandola bella ma piena di segnali contrastanti. Il rischio
è
insomma di farne di volta in volta materia per una neo-teologia della libertà. O della schiavitù».
Nella suggestiva e stimolante analisi di Ellul la Bibbia diviene lo strumento per eccellenza del riscatto
libertario
di un'umanità dominata dalla piramide gerarchica, soffocata dalla logica burocratica, asservita alle
strategie del
potere. Lo studioso d'oltralpe non nasconde peraltro che, su alcuni brani biblici da lui spiegati in una prospettiva
eversiva, la maggior parte dei teologi (incluso il suo maestro Karl Barth) fornisce interpretazioni opposte a
quelle qui avanzate. I contrasti, del resto, non si limitano alla ristretta cerchia degli esegeti: la storia dell'utilizzo
della Bibbia è difatti intrecciata e sovrapposta in mille ingarbugliati fili che di volta in volta hanno visto
il Libro
impugnato come una clava dai detentori del potere od invocato dagli oppressi come sicuro annunzio della
prossima liberazione.
L'Apocalisse e il fascismo
La Chiesa cattolica, timorosa delle valenze antiautoritarie della Bibbia, ne ha interdetta la
lettura autonoma
rivendicando a sé la sola interpretazione veridica, ed in questo comportamento Ellul ritroverà
di certo ulteriori
motivi per avvalorare la sua particolare visione libertaria del «Testo». Gliene vogliamo offrire un inedito
esempio (ricavato dalle carte di polizia conservate presso l'Archivio Centrale
dello Stato), a riprova della fertilità della corrente di «religiosità sotterranea» alla quale egli
si richiama. Premesso che nel ventennio mussoliniano Stato e Chiesa cooperarono nella repressione delle
comunità
evangeliche italiane, sottoposte ad incredibili vessazioni (si veda l'esemplare e documentatissimo studio di
Giorgio Rochat, Regime fascista e chiese evangeliche, Claudiana, Torino, 1990), durante gli ultimi
anni del
regime i cristiani non cattolici furono ancor più intensamente pedinati e tra le imputazioni elevate contro
di loro
vi fu l'interpretazione della Bibbia in chiave di attualità politica. La polizia segreta appurò ad
esempio nell'estate
1940 che un gruppo di popolani di Siracusa era solito riunirsi nella bottega di un calzolaio per discutere alcuni
passi dell' Apocalisse, secondo un particolare codice per il quale Agnello stava per Stalin, Stella per nazione,
Sole per Inghilterra, Notte per Africa, Babilonia per Roma, Meretrice per Chiesa cattolica, Cavalleria per carri
armati, Bestia che sale dal Mare per Vittorio Emanuele III (proveniente dalla ricchezza), Bestia che sale dalla
Terra per Mussolini (di umili origini sociali), ecc. Ecco dunque come - nell'immaginario degli antifascisti
evangelici di Siracusa - l'Apocalisse avrebbe preconizzato il secondo conflitto mondiale con la caduta della
Francia, la distruzione di una parte dell'Inghilterra e ogni altro evento appena accaduto o di prossima
realizzazione. I questurini, i quali grazie ad intercettazioni ed appostamenti riuscivano a mantenersi
aggiornati sul contenuto
delle riunioni di ... esegesi biblica, allibirono e l'Ispettore generale di Pubblica Sicurezza ragguagliò il
capo della
Polizia con espressioni stupite: «poiché trattasi di un sistema di propaganda, almeno per me, nuovo,
e potendo
esso rispondere a direttive d'ordine generale, ne informo l'Eccellenza Vostra per doverosa notizia» (rapporto
del 28 agosto 1940). La questione impensierì le autorità e venne deferita al giudizio di
Mussolini, che ordinò
la massima vigilanza. Trascorsi pochi mesi, un dettagliato rapporto riassunse le «confabulazioni sulla Bibbia
protestante», reputate alla stregua di «propaganda comunista a mezzo della Bibbia» e di disfattismo antifascista:
«attribuendosi a nomi, cose e fatti da tale capitolo emergenti, significato, più che arbitrario, fantastico,
si veniva
alla conclusione che la Russia entrerà in guerra contro le potenze dell'Asse, scatenerà la
rivoluzione mondiale
ed instaurerà un'era di giustizia e di benessere» (rapporto del 2 febbraio 1941). Appurate le dimensioni
della
«setta» e conosciute le tematiche agitate dai protestanti di Siracusa, il potere passò finalmente
all'azione:
l'arresto degli evangelici si accompagnò al sequestro di Bibbie e di quaderni di appunti. Il materiale in
tal modo
recuperato permise di appurare che, secondo i «congiurati», cinque dei sette re profetizzati dall' Apocalisse (da
Carlo Felice sino a Umberto I) erano caduti, il sesto (Vittorio Emanuele III) stava per perdere il trono e l'ultimo
(il principe Umberto) «quando salirà, durerà poco». Analogamente, le locuste che nel testo
biblico uscivano dal
fumo della terra rappresentavano i cannoni sovietici; il passo nel quale stava scritto «che niuno potesse
comperare o vendere, se non chi avesse il carattere o il nome della bestia o il numero del suo nome» veniva
spiegato in modo estremamente semplice: «non si può vivere se non si ha la tessera fascista», mentre
il numero
della bestia era scomposto e decifrato come segue: 5+5+1+50+500+5+100=666, ovvero - secondo la
numerazione romana - VV.I.L.D.V.C.E.; infine, la caduta di Babilonia e la visione della meretrice seduta sulla
bestia erano rese con la prossima caduta di Roma e con l'immagine della Chiesa cattolica sostenuta dal fascismo.
Sintesi anarco-cristiana? Ci siamo soffermati su questo episodio per almeno
due ordini di motivazioni: esso dimostra esemplarmente la
spontanea tendenza a reinterpretare i versetti biblici a seconda delle circostanze e delle personali aspirazioni,
oltre a riferirsi a passaggi utilizzati da Ellul per mostrare le valenze antiautoritarie della Bibbia. I popolani di
Siracusa, privi della cultura teologica accumulata dallo studioso francese, spiegarono nella medesima chiave
la Bibbia ed allorquando non riuscirono ad escogitare soddisfacenti criteri esplicativi se la cavarono con
commenti ingenui quanto significativi: a margine del dettato evangelico di obbedire «alle podestà
superiori,
talché chi resiste alle podestà resiste all'ordine di Dio» venne annotato: «No, non può
essere! Così nasce un
gregge di pecoroni». Ancor più sintetico, salace ed antiautoritario il giudizio apposto ai margini del
versetto del
Libro in cui si citavano i «Re e tutti i dignitari»: «Cornuti». In quelle medesime temperie belliche, peraltro,
la Bibbia venne impiegata da Chiese e governi per pungolare
all'obbedienza i sudditi: solerti ecclesiastici di ogni Paese diffusero il Testo tra milioni di militari, sicuri che la
lettura della «parola di Dio» avrebbe alimentato nei soldati sentimenti di patriottismo e di combattività
(analogamente a quanto si era verificato tra il 1914 ed il 1918). Ad attestazione del fatto che nella
tradizione culturale occidentale la Bibbia rimaneva, in pieno secolo
ventesimo, un riferimento obbligato e di come i poteri ecclesiastico e politico riuscirono a piegare la «voce di
Dio» alle proprie strategie mortifere. Ma torniamo a Jacques Ellul, mettendo per un momento da un canto
le sacre scritture. Lo studioso
appropriatamente richiama l'attenzione dei lettori sulla centralità - oggi non meno che nel passato - del
potere,
e leva alta la sua voce per chiamare ognuno ad opporsi alle trame dei governanti: in campo politico quanto nel
«dominio» dei religiosi. Pur muovendo da una posizione che per brevità potremmo definire
«cristocentrica», egli scrive che Gesù non
si definì mai «Cristo» e nemmeno si attribuì una mansione sacerdotale, per concludere che dal
suo insegnamento
in Palestina non avrebbe dovuto sorgere alcuna religione. Come non convenirne? Ellul delinea i motivi
ispiratori di un'utopica sintesi anarco-cristiana. Scartato il metodo della
«evangelizzazione», ovviamente estraneo a chiunque nutra aspirazioni libertarie, rimane l'intento di porre una
serie di interrogativi e di problemi. Una robusta iniezione di anarchismo, si sostiene in questo saggio,
sottrarrebbe i cristiani alla deprimente influenza delle ideologie dominanti ed a risorgenti suggestioni
misticheggianti che al rimando all'aldilà accoppiano il conformismo nell'aldiquà. Sull'altro
fronte, i libertari potrebbero riconsiderare il proprio atteggiamento verso una spiritualità che - rigettate
le opzioni di potere e dismessi i rapporti privilegiati con gli Stati - laicamente favorisca una sovversione
nonviolenta degli assetti sociali. Tenendo ben fermo che proclamarsi cristiano richiede ciò che ben
difficilmente
un anarchico sarà mai disposto a concedere: un atto di fede. In definitiva, la lettura di queste
pagine, ispirate ad una radicale «teologia negativa», tornerà di indubbia utilità
per quanti siano disposti a rivangare i campi trincerati delle opposte certezze, sterminate distese dove giace
sepolto il germoglio libertario. Dopo una simile opera di scavo sarà probabilmente più agevole
separare i semi
della libertà e della tolleranza dal loglio del vieto dogmatismo. Alcune brusche reazioni che
l'apparire del testo ha sollevato in Francia paiono improntate a sentimenti di
fastidio per l'indebita intromissione del «religioso» nel baluardo del pensiero laico. Al di là di un certo
provincialismo, le risentite repliche alle argomentazioni di Ellul denotano le difficoltà - affioranti anche
tra i
libertari - di porre pacatamente in discussione i fondamenti del proprio «credo», di abbandonare posizioni
fideistiche nel dibattito con i sostenitori di opzioni «altre» e di accettare piena libertà di ricerca.
Può darsi che in Italia, stante il maggiore peso rivestito dalla Chiesa cattolica (tanto che
cristianesimo e
cattolicesimo, agli occhi dei più, sarebbero la medesima cosa), questo saggio solleverà
commenti ancor più
irritati. Ma anche tra i più arrabbiati anticlericali dovrà farsi strada la convinzione che irrisione
e denigrazione
sono inconciliabili con le ragioni della tolleranza .. Chiudendo questo trattato - nel quale Ellul sostiene che
Dio non è conoscibile, che i cristiani ne hanno
fabbricato false immagini e che le Chiese (d'intesa col potere politico) sono riuscite a ribaltare il messaggio di
Gesù nel suo contrario - verrebbe da raccomandare a quei disinvolti laicisti pronti a trattare
sprezzantemente
autore e saggio (magari senza conoscere l'uno né avere letto l'altro) l'ascolto di una canzone dedicata
dall'iconoclasta Georges Brassens ad un curato umanitario, conclusa da questa strofa: «Anticléricaux
fanatiques, / Gros mangeurs d'ecclésiastiques, / Quand vous vous goinfrerez un plat / De cureton, je vous
exhorte, / Camarades, à faire en sorte / Que ce ne soit pas celui-là» (2) (La messe au pendu).
Quanto a Jacques Ellul, il medesimo artista suo conterraneo aveva risposto ad un religioso amico suo, da
bravo
anarchico miscredente, nei seguenti termini: «Si l'Eternel existe, en fin de compte, il voit / Qu'je m'conduis
guèr'plus mal que si j'avais la foi» (3) (Le mécréant).
1) È stato eccezionale, un vero e proprio sermone, meglio di quelli che si sentono nelle nostre
chiese. 2) Anticlericali fanatici, grandi mangiapreti, quando vi abbufferete con un piatto di pretonzolo, vi
esorto, compagni, a fare
in modo che non sia lui. 3) Se l'Eterno esiste, in fin dei conti, vede che non mi comporto per nulla peggio
che se avessi la fede.
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