Rivista Anarchica Online
A nous la libertè diario a cura di Felice Accame
Contro la predicazione antropomorfica
C'è qualcosa di sottilmente urtante che accomuna la maggior parte dei prodotti cinematografici
concernenti la
cosiddetta «vita animale». Fra i vari classici - Deserto che vive, Sesto
Continente, i primi che mi vengono in
mente e le attualissime trasmissioni televisive (tipo Nel regno degli animali, dove pur
è coinvolta una persona
seria come Giorgio Celli) tutte inclini al rispetto etologico ed alla genuflessione ecologica. Ne parlerei
come della «predicazione antropomorfica» che, in parole povere, sarebbe quello schema ideologico
secondo il quale l'uomo tende a descrivere i mondi altrui in termini del proprio. Facciamo un esempio: «il
piccolo rinoceronte rincorre non senza perplessità l'incauta lucertola, mentre la damigella di Numidia
osserva
divertita la scena». È il tipico commento della voce fuori campo alla sequenza visiva, quando non sia
anche
accompagnato da un'«acconcia» colonna musicale che sottolinea l'incedere dell'uno e dell'altra. Orbene, che
un
animale «rincorra» od «osservi» già per un osservatore esterno - ed estraneo! - può esser
dubbio, ma che un
rinoceronte sia «perplesso» o che una lucertola sia «incauta», o che una gru sia «divertita», di certo, se non
illegittima asserzione in linea di principio, è affar loro. A maggior ragione quando la sequenza sia
palesemente
falsificata, ovvero allorché soltanto in sede di montaggio si inserisce l'immagine di una gru
immediatamente
dopo l'immagine di un rinoceronte e di una lucertola nel medesimo spazio scenico. Affinché l'immagine
e la
parola si fondano e facciano la coerenza del racconto (e quando manca la parola viene chiamata a provvedere
la musica, che, nel conferire tempi percettivi del movimento e della situazione in cui il movimento avviene,
interpreta, cioé riconduce l'ignoto o gli «affari suoi» dell'animale al noto ed agli affari nostri). Allora
questa
frammentata sequenza di espressioni biologiche che, giustamente, fanno gli affari loro, assurge al compito di
rappresentare il più solenne compendio che ci piace di chiamare «vita degli animali». Con il
presupposto di
averli «colti» nella loro libertà (così come certi registi hanno preteso di fare del «cinema
verità» e certi illusi
della «televisione verità»), si costruisce loro un contesto in cui spendere la propria quotidianità,
li si immerge
d'autorità in un racconto la cui logica deve rispettare canoni a loro del tutto estranei ed a noi fin troppo
cari. Che
qualcuno, in strada, osservi il litigio fra il panettiere e il salumaio e che non abbia difficoltà ad
interpretarlo
come tale - e dunque a divertirsene - è luogo comune obbligato delle nostre modalità narrative,
così come al
movimento accelerato di qualcuno siamo soliti attribuire il senso di una rincorsa (se gli presupponiamo qualcuno
altro davanti), o di una fuga (se gli presupponiamo qualcuno altro di dietro). Contestualizzazione e surrettizie
interpretazioni, insomma, fanno spettacolo di ciò che, di principio, spettacolo non è: rendono
appassionante,
divertente, sorprendente, commovente quel che documentalmente rimarrebbe asettico, spiegazione
scientifica
a volte plausibile, a volte implausibile ed a volte, ahimé, mistero irrisolto - tutti esiti che al «pubblico»
non
vanno mostrati. Come di una partita di calcio in tv - dove di uno sport si è fatto uno spettacolo -,
così
dell'etologia si fa scempio consolatorio, telenovelas, fiction sentimentaloide (e, non a caso, l'etologo, quando
c'è, è relegato al ruolo di chi proferisce una frase trait d'union fra una sequenza e l'altra, di chi
apre e chiude
narrazioni autonome). Tutto ciò, oltre che ovvia condiscendenza verso il mercato della subcultura,
costituisce
anche un residuo ideologico più grave: l'uomo Signore del Creato, Sommo Interprete e Dispensatore
di Menti
e di Comportamenti agli Esseri Inferiori - Esseri Inferiori che vivono soltanto vicende riflesse in quelle del loro
Padrone, come le famose stelle che «non brillano di luce propria».
P.S.: A rincarare la dose ed a precisare la tesi, mi sovviene un esempio di biologia marina. Quella sostanza
tradizionalmente nota, e tanto ammirata, come «porpora» è sintetizzata da alcuni murici altrimenti
definibili
come molluschi. Chi si chiedesse cosa se ne fanno questi animali della porpora non troverebbe facilmente una
risposta, ma si dovrebbe guardare comunque bene dal considerarla per la bellezza o per la vistosità del
suo
colore. Infatti, la porpora è tale solo a mollusco morto e stecchito; quando, invece, è ancora vivo
e vegeto,
questa stessa porpora è una secrezione della ghiandola ipobranchiale e non è affatto «porpora»
bensì biancastra.
Il che valga ad evitare di attribuire virtù estetiche ai fratelli a mollo.
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