Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 23 nr. 205
dicembre 1993 - gennaio 1994


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Alcune considerazioni

Cari amici,
non voglio salarvi la mente, perché tutti leggiamo i giornali e guardiamo la TV. Per quanto concerne il cosidetto
«caso ex-yugoslavo», vorrei richiamare la vostra attenzione a una cosa che trovo per l'essenziale: il problema del militarismo, come la chiave per lo spiegamento di tutto ciò che succede nei questi Balcani penosi, terribili e sanguinosi.
La cosidetta Armata popolare yugoslava aveva una posizione eccezionale nella società yugoslava durante 45 anni del regime titoista. L'esercito era una casta intoccabile, fuori discussione, una casta enormemente privilegiata come guardiano (custode)-chiave della Yugoslavia, della fraternita-unita, considerata del tutto ideologicamente, si capisce.
Quando dopo quasi mezzo secolo di tale posizione, nella quale l'esercito era un «tessuto connettivo» della Yugoslavia e il «girante decisivo» della sua unità (quasi un potere paramilitare), parallelmente con la crisi economica e politica crescente, a causa dei cambiamente politici nell'Est europeo ed anche naturalmente nella Yugoslavia stessa, ha diventato evidente che tale posizione della casta militare non potrà più mantenersi, che
l'esercito perderà la gran parte dei suoi privilegi enormi, la cosidetta Armata popolare yugoslava ha inventato la guerra come l'unico mezzo del mantenimento di sé stessa.
All'inizio, ancora durante la crisi politica crescente yugoslava, nella quale la dissoluzione del Partito comunista fra le repubbliche federali diventava sempre più forte, l'esercito si dichiarava come il guardiano (custode, conservatore) della Yugoslavia, cioè della Yugoslavia centralista nella forma rigida dello stato-partito. Ma da quando diventava evidente che la Federazione si disfa, l'esercito si è posto nel ruolo del preteso difensore della nazione serba, cioè sulla parte del nazionalismo serbo, che già quattro anni strombettava che la sua etnia sia da dappertutto e da ognuno minacciata.
Così, difendendo pretesamente dapprima la Yuguslavia e poi l'etnia serba, l'esercito iugoslavo ha distrutto la buona metà della Yugoslavia stessa (dapprima la Croazia, e poi, ancor più fondamentalmente, la Bosnia e l'Herzegovina).
Ebbene, qualcuno potrebbe porsi la domanda: perché l'esercito yugoslavo per il suo alleato ha scelto proprio il nazionalismo serbo, perché non ha scelto un altro dei tanti nazionalismi sudslavi?
La risposta è molto semplice: perché l'etnia serba era la più numerosa nell'ex-Yugoslavia e perché, logicamente, aveva nello stesso esercito il più grande numero dei ufficiali. Se fossero, per esempio, Macedoni i più numerosi, l'esercito senza dubbio sceglierebbe proprio lì.
Che adesso succede nei Balcani, dopo due anni e mezzo della guerra, sapete anche stessi, non c'è bisogno di leggervi dai giornali.
Ma voglio soltanto, cari amici, che traiate un insegnamento, una lezione da questi avvenimenti sanguinosi balcanici per il futuro, cioè che capiate qual male è il militarismo, fino a che cosa esso può condurre (e fino a che cosa nella regola anche sta conducendo e condurrà) e quanto è importante di combattere, in avanti, contro esso, contro il militarismo che è sempre pronto per i suoi scopi egoistici, per il mantenimento del potere, condurre i popoli interi fino alla sterminazione mutua.
Nada mas!

Dubravko Grbesic (Croazia)