Rivista Anarchica Online
Il mio signornò!
Mi chiamo Andrea Cagnoli, sono nato a Cittiglio (VA) il 6.3.'72. Sono studente
inscritto al 3° anno di Architettura presso il Politecnico di Milano. La ragione per la quale scrivo questa
lettera è di informare le autorità competenti del mio rifiuto di rispondere
alla chiamata di leva; rifiuto altresì di usufruire della opzione alternativa civile prevista dalla legge 722.
Reputando di essere un libero cittadino mi sento autorizzato dalla mia coscienza a fare questa scelta
assumendomene le responsabilità anche giuridiche. Non posso tuttavia nascondere una certa
perplessità per
essere, di fatto, condannabile a una pena carceraria semplicemente per le idee che professo. Idee personali
che, pur derivando da innumerevoli e «complessi» ragionamenti, non possono che essere
estremamente semplici: a prescindere dalla mia profonda avversione per la violenza in qualsiasi forma essa si
presenti (diretta o indiretta, psicologica o fisica, strutturale o apertamente manifesta) e quindi anche per le armi
in generale e per le istituzioni che ne giustificano l'uso e la produzione, e considerando l'obiezione
istituzionalizzata nient'altro che una forma di passiva accettazione, se non di collaborazione con l'attuale stato
delle cose, mi chiedo quale significato possa avere la coercizione legalizzata della mia volontà da parte
dello
Stato. La risposta a questo quesito non sta certo nelle pretesa di poter difendere la Patria, non
realisticamente almeno.
Piuttosto cercherei la risposta nella stessa domanda: il mio contributo non deve essere altro che quello di
accettare una imposizione annullando o perlomeno sospendendo la mia volontà, il mio libero arbitrio,
il mio
pensiero di fronte all'istituzione militare. Questa è una cosa che, francamente, anche per il tipo di
educazione cristiana e repubblicana impartitami da
piccolo, non posso assolutamente accettare volontariamente. Nel pieno possesso delle mie facoltà
mentali non posso concepire di mettere neanche per un momento la mia
capacità di ragionare e di agire in mano a qualcuno che, tra l'altro, neanche conosco. Chi, del resto,
darebbe le
chiavi della sua macchina ad uno sconosciuto? Come si può chiedere ad un uomo di rinnegare i
sacri valori personali datigli dalla cultura personale e
dall'esperienza, per altri valori preconfezionati dei quali non potrei negare la validità, ma che certo nella
mia
Scala Personale dei Valori non occupano certo le prime posizioni. Da qui nasce la mia determinazione, il
rifiuto che i principi fondamentali della mia esistenza (che potrei definire
di «nonviolenza attiva») vengano annullati o sostituiti. Tra il rinunciare incondizionatamente alla
libertà di pensare e agire come meglio credo (nei limiti della
convivenza civile), e il rinunciare «soltanto» alla libertà fisica mantenendo però intatti
saldamente i principi di
vita e libertà che animano la mia mente e il mio cuore, preferisco la seconda ipotesi. Se per questa
scelta di coerenza con me stesso, per il rifiuto di tradire me stesso, subirò un processo e sarò
imprigionato non posso fare altro che allargare le braccia e constatare la fallibiltà delle leggi degli
uomini.
Davanti all'uomo che avrà il compito di giudicarmi abbasserò la testa, ma durante le mie
preghiere potrò parlare
con Dio guardandolo negli occhi. Non nutro rancore per alcuno, e non ne nutrirò neanche per colui che
si
troverà nella non facile posizione di dover giudicare le mie azioni guidate da opinioni diverse dalle sue
e dal
coraggio di sostenerla. A colui che leggerà queste righe chiedo soltanto di avere rispetto e
comprensione per le mie idee che in linea
generale non sono né più e né meno valide di quelle di qualsiasi altro uomo.
In fede Andrea Cagnoli (Varese)
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