Rivista Anarchica Online
Svizzera: una storia che si ripete?
di Croce Nera Anarchica Ticino
La Croce Nera Anarchica, organismo di difesa delle vittime della repressione di
Stato operante in Ticino dal
1976 (Caso Petra Krause) denuncia la sistematica persecuzione messa in atto nei confronti di Giorgio Bellini
e Marina Berta da parte della magistratura. Bellini, già arrestato nel 1975 a Zurigo nell'ambito di
un'inchiesta risoltasi con un non luogo a procedere, chiamato in causa, con un nulla di fatto, dal governo
egiziano nel 1978 in relazione all'inchiesta Mantovani, detenuto illegalmente per 9 mesi in Germania nel 1981
in quanto ricercato dall'Italia per motivi politici e poi liberato con tante scuse è oggi di nuovo agli
arresti. A suo carico ci sarebbero documenti della polizia politica della Germania dell'Est, ossia quei documenti
che per decenni le borghesie occidentali hanno considerato lo specchio infamante delle dittature dell'Est e che
oggi improvvisamente diventano fonti sicure e probanti per mandare in prigione i cittadini dell'Ovest. Rimane
un mistero quale possa essere la differenza di affidabilità rispetto alle dichiarazioni del pentito Fioroni
che nel 1981 avevano portato la Svizzera a respingere la richiesta di estradizione presentata dall'Italia a carico
del Bellini per la completa mancanza di qualsivoglia riscontro oggettivo. Francamente, ci chiediamo se questa
mania persecutoria nei confronti di Giorgio Bellini non abbia a che fare con un semplice dato di fatto
già rilevato a suo tempo dal "Tages-Anzeiger" di Zurigo: "le disavventure giudiziarie di Bellini hanno
soltanto una ragione certa: si tratta di un cittadino scomodo". Talmente scomodo che il suo impegno politico
e sociale libertario, la sua costante denuncia dell'imperialismo, la sua attività culturale come giornalista
e libraio a qualcuno continua a dare fastidio. Ora, nel timore che si ripeta un'altra volta il copione farcito di
cumuli di congetture e speculazioni che ha caratterizzato più di un'istruttoria contro presunti autori di
reati politici (dalle "prove" dei Tribunali di Stalin alle "prove" contro Valpreda ... ); che si utilizzino fonti
illatorie per costruire un teorema di colpevolezza tanto privo di riscontri da risultare infalsificabile, costringendo
gli inquisiti in un'assurda inversione dei ruoli, a dover dimostrare la propria innocenza; e che il fantasma delle
schedature torni a colpire con le armi delle più arbitrarie connessioni, del "reato di conoscenza" e delle
fantastiche deduzioni; chiediamo la revoca dei fermi e il ripristino delle garanzie di tutela dei diritti
dell'individuo teoricamente sanciti dalla legge. Mentre lo stato di detenzione dei due ticinesi e dei due militanti
antinucleari ginevrini arrestati lo scorso settembre su ordine del Ministero Pubblico della Confederazione si
protrae ormai da oltre un mese, si moltiplicano anche in ambienti moderati le voci che ne chiedono la
scarcerazione. Alle denunce di ostacolazione dei diritti della difesa da parte degli avvocati degli accusati si
è aggiunta la ferma protesta della Lega Svizzera dei Diritti dell'Uomo. Al Pubblico Ministero si
rimprovera in particolare il fatto di negare alla difesa l'accesso all'insieme dei dossier, il ritardo con il quale
è stato concesso il primo colloquio dei detenuti con i legali che hanno il mandato di rappresentarli,
l'incoscienza dell'accusa ("cattive fotocopie di pretesi documenti della STASI", afferma l'avvocato ginevrino
Laurent Moutinot) e, per quanto concerne Olivier de Marcellus, il trasferimento arbitrario da Ginevra alla
prigione vodese di Bois-Mermet, dove è trattenuto in isolamento. Per il professore di diritto Dominique
Poncet, si tratta di una "procedura inammissibile, in contraddizione con i patti internazionali sui diritti civili",
Secondo l'avvocato Dominique Barone, che difende la detenuta ginevrina, "Il Pubblico Ministero non sa
nemmeno quali accuse formulare" e Tuto Rossi, avvocato di Bellini, precisa di "non aver visto ancora nessuna
prova a carico del suo cliente". Anche negli ambienti degli esperti in giurisprudenza si fa largo l'ipotesi che i
quattro arresti siano avvenuti sulla base di una mentalità inquisitoria per la quale prima si arrestano
presumibili sospetti di reati e poi si cercano indizi o prove a giustificazione dell'arresto. Si assiste così
a una curiosa inversione dei ruoli per cui non sta più alla magistratura provare la colpevolezza, ma
all'accusato dimostrare la propria innocenza, cosa tanto più difficile in quanto non è nemmeno
dato a sapere esattamente in cosa consistono le accuse. Nella trasmissione "Zehn vor Zehn" mandata in
onda venerdì scorso dalla Televisione della Svizzera Tedesca, avvocati e giuristi hanno concordemente
affermato come a questo punto la procedura del pubblico ministero violi la Convenzione per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950,
entrata in vigore per la Svizzera nel 197 4. Così, mentre si attende a giorni una sentenza del Tribunale
Federale in merito alla legittimità del prolungamento della carcerazione, dall'avvocato Barbara Hug di
Zurigo è stato inoltrato un ricorso contro il Ministero della Confederazione. Altre iniziative pubbliche
di solidarietà con i carcerati hanno avuto luogo a Zurigo, con un meeting al Centro Kanzlei, a Lugano
al Centro degli Orti e a Ginevra.
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